Ho pensato un po' a se scrivere questo post oppure no.
Se parlare del mio turpe segreto di scribacchina.
Se fosse interessante condividere qualche ragionamento su questo oppure no.
Allora, il mio turpe segreto.
Negli ultimi ho scritto e pubblicato un sacco di fanfiction.
Perché?
Perché volevo. Perché dovevo, suppongo. Per giocare, provare, sperimentare.
Perché volevo
Perché si scrive una fanfiction? Beh, per creare un seguito a qualcosa che non ce l'ha.
Credo che sia un desiderio piuttosto comune, prendere una storia che ci piace e immaginarne una continuazione. Io, devo dire, l'ho fatto sempre molto poco. L'ho fatto, in un certo senso, con Sherlock Holmes, andando a riempire quelli che percepivo come dei vuoti narrativi. Di solito, però, se una storia mi piace davvero aspetto un seguito ufficiale, o mi accontento di quello che è dato. Se non mi piace del tutto, mi fa arrabbiare, penso a come la scriverei io, ma da zero, rifacendo da capo i personaggi.
Con Sherlock Holmes era successa una cosa strana. C'è un vuoto, tra il primo romanzo, Uno studio in rosso e il resto della storia, da Il segno dei quattro in poi. Un vuoto che la mia mente ha riempito alla sua maniera. E poi c'era un gioco codificato di scrittura e riscrittura. Anni fa, quando era uscita la serie Sherlock della BBC, avevo scritto un paio di fanfiction, in parte per giocare e in parte per riempire i vuoti. Una di queste è il primo giallo vero che io abbia mai scritto, con tutto uno studio sull'arma del delitto e le dinamiche. Riletta adesso è imbarazzante, ma, insomma, le cose che nascono dalle fanfiction...
Ormai un anno e passa fa, mi sono imbattuta in questa
serie animata, su cui vi avevo tediato. Che mi era piaciuta tanto, che per certi aspetti non mi era piaciuta, e di cui sono abbastanza certa faranno un prequel, ma mai il promesso seguito. Per assurdo non lo faranno mai per colpa del successo della serie stessa. Perché si è compenetrata a tal punto con lo sport che racconta da avere, secondo me, una serie di imprevisti effetti collaterali. Primo non si può reggere due serie animate con solo personaggi che sono tutti delle bravissime persone, ma dato che tutti i personaggi sono ispirati a persone reali (o sono stati nel mentre fatti propri da degli atleti) si finirebbe inevitabilmente per offendere qualcuno. E poi c'è quel bruttissimo affare del fatto i protagonisti sono due lui e alla fine della serie si fidanzano tra gli applausi generali e uno dei due è russo. E alcune ragazze della nazionale russa vanno a fare le gare col peluche del personaggio (quando non è direttamente la federazione giapponese a regalarlo) e continuare quella storia finirebbe per creare degli imbarazzi internazionali, visto come vanno le cose. Insomma, un raro caso di una storia che non può andare avanti in modo dignitoso seguendo le proprie premesse perché troppo di successo (invece col prequel malinconico pieno di omaggi si caveranno benissimo dall'impaccio). E quindi, nel modo più banale, da ragazzina di quattordici anni, volevo sapere come sarebbe andata avanti la storia. Come sarebbe andata avanti non nel mondo idealizzato del cartone, ma in quello reale. E quindi, in modo infantile, ho scritto il mio proseguo.
Perché dovevo
Perché io ho bisogno di scrivere, di buttare il mio cuore in parole. Perché ero stufa di inseguire gli editori in un momento in cui non avevo il tempo per farlo. Perché se una cosa va fatta, che sia fatta per gioco, nel senso migliore del termine.
Perché non avevo mai scritto una storia di relazioni, sulle relazioni (infatti si vede), con dei risvolti sentimentali e melò.
Perché non avevo mai scritto una storia di sport e questa, seguendo le premesse iniziali, mi serviva su un piatto d'argento le olimpiadi del 2018, quelle dello scandalo doping, con due protagonisti russi. E io, da ex atleta, volevo tantissimo scrivere una storia sportiva con rivalità, ripicche, cattiverie, rispetto, amicizia e tutti i cliché delle storie di sport.
Cavolo. Di amore e di sport non avevo mai scritto. E dovevo farlo.
Ho quasi sempre scritto, in un modo o nell'altro, seguendo strutture. Il giallo. Il fantasy. Regole imparate a scuola. Ma nella fanfiction vale tutto. Perché è una fanfiction, mica devi vincerci lo Strega. E proprio per questo sei libero. Ah, che meraviglia!
Per giocare, provare, sperimentare
Nessuna regola, nessun limite, nessun impegno. Nel senso, se scrivo per lasciare nel mio computer ok, ma se scrivo per far leggere e faccio pagare, anche 0,99 centesimi, mi faccio un sacco di problemi. Finisce che rimango nel mio territorio conosciuto, le strutture che bene o male padroneggio, le storie che so già scrivere.
E quindi mi sono trovata a progettare una serie di storie che, nel corpus principale, si dipanano dal 2015 al 2022, in cui si alternano sei punti di vista, anche se quattro sono quelli base. Personaggi di diversissima estrazione sociale, nazionalità, interessi e psicologia. Personaggi di fatto da fare da zero, perché non è che il materiale di partenza fosse il massimo dello spessore, ecco.
Ambientazioni bloccate, che sono quelle e stop. Da studiare a tavolino, con mappe, cartine, foto, reportage di amici che ci sono stati. Chi non ha mai sognato di ambientare una scena in parco naturale kazako o su una spiaggia coreana?
Storie sportive e quindi bene o male sempre legate a una gara, quindi con orari, tempi, climi il più possibile presi dalla realtà. Che durano il tempo di una gara, quindi tre settimane se sono le olimpiadi, tre giorni o poco più se è altro, ma che devono spesso tener conto che tra una storia e l'altra sono passati anni e quindi ci si inventa strani giochi di struttura.
Non tutto è venuto bene, qualcosa è decisamente venuto male. Di alcune cose sono contenta, altre molto meno. In tutte ho messo tutta me stessa.
Una di queste storie ve l'ho già proposta, ma era una deviazione, un percorso secondario. Era Padrone del tuo destino, che ho proposto quest'inverno, con i nomi tagliati.
Tutto questo mi ha regalato di nuovo una gran voglia di scrivere, di sperimentare, di uscire dai territori conosciuti e di confrontarmi. Insomma, il gusto del gioco per il gioco, che è più bello e più importante di qualsiasi riconoscimento esterno.
E se qualcuno avesse la malaugurata idea di voler leggere una saga sentimal-sportiva basata su personaggi rubati, la trovate
qui