Eccoci qua, ancora dentro alla bolla che, lo ammetto, inizia a andarmi un po' stretta.
Sia chiaro, continuo a essere una privilegiata e il prato che si intravede nella foto ne è un esempio lampante. Il prato ora è un bene di lusso.
La stanchezza dopo un po' si accumula, però. Mi sono sorpresa a invidiare al marito una cosa piuttosto assurda da invidiare. Quando è in telelavoro e in videoconferenza o al telefono con i colleghi ogni tanto sbotta, o si lamenta. Ecco, facendo la prof/mamma/maestra d'asilo non si può mai sbottare. Alla figlia e agli alunni bisogna comunicare serenità, ottimismo e entusiasmo, praticamente h24. I bambini sono ovviamente sensibilissimi e in questa situazione captano con radar di rara efficienza qualsiasi turbolenza in arrivo. Quindi bisogna sorridere quando ti comunicano al telefono brutte novità, quando i tuoi sono preoccupati e lo diventi anche tu di riflesso, quando le notizie non sono quelle che vorresti sentire. Non puoi avere mal di testa, essere stanco o peggio senza scatenare il panico nella prole. Gli alunni non sono poi così diversi. Sono stanchi, preoccupati, a volte esauriti loro pure e la prof deve essere una figura granitica che dia loro certezze. Persino i compiti sono delle certezze che, se vengono a mancare, disorientato ("prof, ma come? Non ci carica niente il 1 maggio?" giuro).
Inaspettatamente, quindi, perché nei fatti cambia poco o niente per me, attendo la fase due. Per uscire con la figlia nei boschi. Andare a trovare gli asinelli dello zio. Andare a vedere, da lontano, all'aperto, con la mascherina, i miei, che non vedo credo dal 15 febbraio.
La fase due, intanto sta mandando in panico le famiglie. Ora forse noi ce la caveremo sempre con i nostri orari assurdi, perché, forse, l'azienda di mio marito, dopo aver già messo in quarantena un intero turno, pare mantenere un regime di cautela. Ma come se la caverà chi non avrà la stessa fortuna?
Il baby sitter a due metri di distanza con la mascherina? Davvero?
Ora, mi rendo conto che non ci sono soluzioni semplici, ma qui vedo un rapido ritorno agli anni '50 (per non dire '20), con le donne che per causa di forza maggiore, una volta confrontati gli stipendi, decidono di rinunciare al loro in quanto inferiore. E ciao ciao anni di conquiste sociali.
Le soluzioni sono difficili, l'unica che mi viene in mente è il part time a orari alternati per entrambi i genitori (se si ha la fortuna di averne due, di lavori e di genitori). Non so se sia fattibile, ma mi piacerebbe che si battesse almeno un po' la strada della sicurezza e delle pari opportunità.
D'altro canto anche la riapertura delle fabbriche qui da noi, con i contagi ancora belli vivi e tante piccole aziende, con pochi spazi e (diciamolo) una propensione a seguire le regole molto italiana mi preoccupa assai.
Vorrei dire che mi consolo leggendo. In realtà leggo molto poco e mi scuso per altro con le blog amiche di cui desidero davvero leggere le opere. Al momento sono ancora lì, in attesa, ma il loro momento arriverà.
Sono comunque riuscita a terminare tre romanzi, assai diversi tra loro, che, in modo altrettanto diverso mi sono (chi più e chi meno) piaciuti e il cui ricordo rimarrà per sempre legato alla pandemia.
Conclave
Ogni tanto torno a Robert Harris, che è sempre una garanzia. Questa volta l'autore di Fatherland immagina il prossimo conclave. Sì, proprio il prossimo, perché il defunto papa di cui non viene fatto il nome è inevitabilmente Bergoglio. Un Bergoglio di fantasia, certo, ma mi chiedo quanto lontano dal vero. Un papa intransigente con i suoi principi (per altro sacrosanti), che ha mosso guerra alla curia, rimanendo isolato, deluso e quasi paranoico.
La sua morte e il relativo conclave sono raccontati proprio dal punto di vista di un uomo della curia, il decano dei cardinali. Un uomo che, inaspettatamente, viste le premesse, è dotato di una squisita sensibilità e di una fede, per quanto minata dal dubbio, cristallina. Un uomo, insomma, che è bello pensare esista davvero. È lui che, in quel covo di intrighi che è la curia, disfa un nodo dopo l'altro per far sì che il nuovo papa non si l'espressione di una sporca guerra di potere. E il nuovo papa... Beh, il libro finisce con un colpo di scena che di per sé è abbastanza improponibile, ma che non sono riuscita a non apprezzare.
Una lettura agile. Molto più leggera di quanto il titolo lasci presagire, che riesce quasi, sul finale, a prendere in giro le autorità della Chiesa senza mancare davvero di rispetto.
1793
Tra le mie letture forse il romanzo con più potenzialità e quindi quello che mi ha più deluso.
Il romanzo svedese, scritto da un autore che ha un cognome che sembra una maledizione nella lingua di Mordor, forse non si presentava come un buon libro da pandemia, ma mi ha subito preso.
Nella Stoccolma del 1793, l'anno che in Francia è quello del Terrore, viene ritrovato un cadavere con tutti e quattro gli arti amputati. A occuparsene un giovane giudice integerrimo che sta morendo di tubercolosi e un reduce di guerra disilluso che ha perso un braccio in battaglia. L'atmosfera è quindi cupissima, da "qualsiasi cosa accada andrà malissimo" eppure è la cosa che più mi è piaciuta. I due protagonisti funzionano molto bene insieme, secondo la regola degli opposti che si compensano. Il giovane illuminista che si aggrappa alla ragione anche alla fine della vita e l'uomo disilluso, semplice a cui la vita ha però dato una seconda possibilità.
Quello che non funziona è la parte gialla. Ma proprio le basi. Capisco che con uno dei detective malato terminale in un mondo senza tecnologia era un problema, ma il memoriale che spiattella tutti i retroscena oggi non si può leggere. Così come l'assassino psicopatico che si consegna senza colpo ferire (perché se muoveva un dito ammazzava i nostri volenterosi protagonisti senza neanche una goccia di sudore). Insomma, l'atmosfera e i personaggi fanno tanto, ma non tutto.
Il vangelo secondo Biff
Devo questo libro alla mia amica e consigliera letteraria di fiducia Elena.
Ogni giorno Elena mi manda una recensione di un libro che le è piaciuto e appena ho visto il nome dell'autore di questo ho avuto un'esperienza proustriana.
Perché Moore io l'avevo letto credo alle medie, con un altro romanzo (che ho ora recuperato) e mi era piaciuto alla follia. Ne ricordavo uno stile molto simile a quello di un certo Gaiman.
Pur con queste premesse avevo delle perplessità. Si può scrivere un libro comico su Gesù senza essere (troppo) blasfemi? Perché, pur essendo io tendenzialmente agnostica, la blasfemia mi disturba.
Si può.
Perché se gli angeli sono assolutamente dei decelebrati (pare che sia stato questo a spingere Dio a creare gli uomini), Gesù si può solo amare.
Ma andiamo con ordine. Biff è un bambino di Nazaret. Un bimbo del tutto normale, anche un po' sbruffone, ma il suo migliore amico si chiama Gesù. Gesù è un bimbo strano, che la fissa della giustizia, finirebbe facilmente per essere il più bullizzato di Nazaret, ma Biff ne diventa l'angelo custode. La forza di Biff, come personaggio e come narrazione, è tutta qui. Biff è un bambino e poi un uomo comune, vuole avere soldi e successo con le donne (almeno successo con le donne) ma sente che Gesù è qualcosa di diverso e di prezioso e va protetto. Attraverso i suoi occhi non si possono non provare gli stessi sentimenti per una creatura che è umanissima, ma dotata di un candore e di un senso di giustizia divino. La parte sull'infanzia è godibilissima. Gesù si esercita con miracoli più o meno riusciti (le resurrezioni danno sempre problemi), sia lui che Biff si innamorano senza speranza della bella Maddalena, detta Maddi, e si cacciano nei guai nel tentativo di circoncidere una statua romana. Segue una parte che ho trovato un po' meno riuscita sui viaggi in oriente alla ricerca dei tre re magi e della loro saggezza. Poi c'è il ritorno, dove il romanzo si riprende alla grande e dove la risata si fa amara. Perché Biff non ha nessuna intenzione di arrendersi alla più volte predetta morte di Gesù. Oltre tutto il Gesù dei vangeli appare in questa parte di narrazione ancora più umano, concreto e amabile (delizioso il momento in cui scaccia i demoni, mandandoli a infestare dei maiali, scordando che i maiali appartengono a dei non ebrei che non apprezzano vedere indemoniati i loro futuri salami). E quindi Biff fa di tutto per salvarlo, inventa ogni sorta di piano per scongiurare la crocefissione e, quando l'ineluttabile accade, non regge. Anche se la cornice offre un lieto fine, quello del "vangelo secondo Biff" è amarissimo e, proprio per questo, perfetto.