"Stenderò il mio rapporto come se fosse una storia. Mi è stato insegnato, quand'ero bambino, sul mio pianeta natale, che la Verità è una questione di immaginazione" U.K.Le Guin - La mano sinistra delle tenebre
martedì 29 marzo 2022
Da dove nascono le storie
venerdì 18 marzo 2022
Libri di donne per il mese delle donne
Non è una scelta consapevole, ma negli ultimi tempi sto leggendo (o ascoltando) molti più libri scritti da donne, molto diversi tra loro. Ma marzo è il momento migliore per presentare tre tra le mie ultime letture.
Karoline Kanmartedì 8 marzo 2022
L'autunno dei cinghiali assassini
Come si racconta una pandemia?
Posso mai io raccontare tutta una pandemia? No, ovviamente. L'autunno scorso, però, ho preso una decisione. Avrei raccontato la pandemia che mi si stava scatenando intorno. E gli eroi della mia storia sarebbero stati dei ragazzini, quelli che vedevo ogni giorno, i miei alunni. Eroi silenziosi e bistrattati, chiusi in casa, con le loro aspirazioni sociali o sportive negate, con regole sempre più ostili da seguire a scuola. La zona rossa, in cui si va a scuola solo se si ha Bisogni Educativi Speciali, se no si segue da casa. E in entrambi i casi si è scontenti.
Mentre prendevo questa decisione c'è stato un alluvione, che si è portato via parecchie cose, un ponte importante vicino a dove abito, ma anche un cimitero. Ecco, quella era una meravigliosa idea per un racconto. Che sarebbe stato un horror che iniziava con un cimitero portato via da un alluvione.
Poi i miei genitori si sono ammalati di covid e io sono finita in quarantena a casa loro. Ne siamo usciti tutti. Io in quei quindici giorni avevano preso accordi per prendere un gattino e avevo finito il racconto. Ha quindi una genesi avventurosa ed è stato scritto "in tempo reale", aggiornando gli eventi narrati all'ambientazione che intanto si evolveva.
A scuola stiamo lavorando sul progetto "Capsula del tempo", vogliamo fare una cassetta da aprire in futuro per ricordare questi anni strani, dolorosi e a tratti surreali. Se ne facessi una io ci metterei dentro questo racconto.
Per me è importante, per come è nato, per cosa racconta, perché, insieme a un racconto scritto poco dopo, ha dato il via a una serie di nuove narrazioni che spero vedranno via via la luce (una che mi inorgoglisce particolarmente vedrà la luce tra qualche mese).
Credo, in tutta onestà, che sia un buon racconto, uno di quelli che invecchierà bene e che, leggendolo anche tra qualche anno, farà appassionare alle avventure di Tom e Lars e farà riflettere su quanto abbiamo vissuto.
Voi però leggetelo ora!
Nel link qui sotto trovate tutti i formati in cui è disponibile (cioè tutti o quasi)
L'autunno dei cinghiali assassini
Delos Digital - collana Innsmouth
Come sempre, un grazie speciale a tutto lo staff di Delos Digital e in particolare a Luigi Pachì, che si è occupato di questa pubblicazione.
venerdì 4 marzo 2022
Tutto troppo vicino
Questa foto è di mercoledì 23 febbraio.
I bambini, mia figlia e i miei due nipoti giocavano in cortile vestiti da carnevale, piccola compensazione delle tante feste anche quest'anno cancellate a causa covid. Io, mia cognata, docente di lingua e letteratura russa ,e la vicina ucraina discutevamo della situazione. La Russia che avrebbe allentato la tensione con la promessa che l'Ucraina non sarebbe entrata nella NATO e il riconoscimento dell'autonomia di Crimea e Donbass. Preoccupazione presente, ma moderata.
Lunedì la mia vicina era quasi in lacrime. Sua mamma, circa ottant'anni, che abita a quattro ore d'auto dalla Polonia ha dormito in cantina. Non si era messa in macchina giovedì al deflagrare del conflitto: alla sua età non se l'era sentita di mettersi in auto. Così lontana dal confine russo non pensava che il conflitto la raggiungesse e, per lo stesso motivo, sua figlia non era partita per recuperarla. Ora suonavano gli allarmi e la benzina scarseggiava.
Mercoledì a casa del figlio della vicina è arrivata una mamma con due bambine, stessa cosa da una conoscente di un collega.
Tutte le guerre sono crudeli allo stesso modo e tutte le vittime sono solo vittime. Non si può fare una classifica della sofferenza e queste persone di cui sono a conoscenza sono molto meno allo sbaraglio di molte altre. E tuttavia persino nel Vangelo esiste un concetto di prossimità come propria area di influenza. Fa parte della nostra natura umana essere più colpiti da ciò che è vicino. E qui le cose si stanno facendo tutte troppo vicine.
Non riesco a rimanere serena ed equidistante in questo momento. Giovedì scorso a scuola i ragazzi volevano approfondire la situazione. E io, scellerata, ho ripetuto il mio mantra "andiamo direttamente alle fonti". Andiamo a leggere una traduzione affidabile del discorso di Putin. Ok. Da che l'ho fatto sono disposta ad ascoltare tutti i i discorsi sugli errori dell'occidente (e a dare anche ragione) solo nel momento in cui nessuno più mi minaccerà con le armi atomiche.
Detto questo, rimane il fatto che non c'è una classifica del dolore. Una mamma russa in ansia per un figlio al fronte di cui non ha notizie è vittima tanto quanto chi scappa senza avere notizie dei propri cari. Sono ignorante in materia. Lo ammetto. Ho bisogno di pensieri semplici. Se hai perso la tua casa per la guerra sei un profugo e stai dalla parte delle vittime da aiutare. Non importa che lingua parli, ucraino, russo, afgano, fosse pure venusiano.
Intanto si moltiplicano iniziative di dubbio buon senso o addirittura di dubbia onestà. Per una raccolta di beni di prima necessità indetta dal comune e che ha uno scopo e una destinazione precisa, iniziano raccolte fondi per soldi che finiranno chissà a chi per chissà cosa. Per azioni di boicottaggio più o meno sensate, ma di cui comunque vedo il senso (rimuovere gli atleti russi dalle competizioni sportive può far sorgere domande di patria ma tutela anche gli atleti stessi che non possono essere obbligati a prendere posizioni né essere esposti a gesti inconsulti) e altre che di senso non ne hanno proprio. Davvero non è il caso di parlare di autori russi? Davvero bisogna accostargli degli autori ucraini? E quindi? Sempre un libro di un autore tedesco e uno di autore ebreo? Uno statunitense e un cubano? Uno cinese e uno tibetano? Facciamo piuttosto vodka e coca cola, che la capisco di più e, di questi tempi anche l'alcol ha il suo richiamo (nota per genitori di miei alunni: non sono astemia, ma non mi sono mai ubriacata, tranquilli).
È tutto troppo vicino perché sia "solo una delle tante altre guerre per cui non hai mosso un dito" (che poi, che dito mai potrei muovere che abbia un effetto, per questa o altre guerre?). A scuola io e una mia collega abbiamo deciso di parlarne in compresenza. Perché se non rimane l'elefante nella stanza. Non ha senso studiare il settecento, i torti e le ragioni nella rivoluzione francese e non dedicare nemmeno un minuto ai fatti che comunque imperano nella nostra informazione. E tuttavia è difficile trovare le parole giuste, le distanze giuste. Per questo lo facciamo insieme, per correggerci a vicenda, compensarci, cercare di fare in modo che il buon senso prevalga.
Non so bene che buon senso possa prevalere. È tutto troppo veloce e troppo vicino. Ma alcune cose le so.
Leggere e conoscere una cultura non fa mai male. Ci vogliono più conferenze che parlino di libri. Russi. Ma anche armeni, nigeriani, equadoregni. Leggere e parlare di libri non può mai fare male. Chi perde la propria casa e fugge va aiutato, a prescindere dal colore della pelle, della lingua e dalla provenienza. Confondere una parte per il tutto è sempre sbagliato. Un singolo non è una nazione o uno stato. Come io sono italiana, ma non mafiosa, così è assurdo parlare di ucraini nazisti o di russi guerrafondai. Tutto ciò è di una banalità disarmante e tuttavia posso solo raccomandare a me stessa quello che raccomando ai miei alunni quando stanno scrivendo una risposta di storia o di geografia. Parti dall'ovvio, non dare nulla per scontato, non dimenticarti le basi. Neppure quelle dell'umanità.
Se qualcuno non si fosse ancora stancato di leggere qualcosa di mio, ecco il nuovo capitolo del L'assedio degli angeli.
Tra qualche mese qualcos'altro di mio arriverà su carta. Poche pagine, ma di cui sono davvero felice, perché significa, almeno una volta, almeno con un racconto, stare a fianco dei giganti.