Quando scrivo, do sempre l'impressione di scrivere velocemente, di getto. Perché di fatto quello che si vede da fuori è che mi metto al computer e scrivo, per tutto il tempo che ho a disposizione (che di questi tempi può essere dieci minuti, ma va beh). Cambia però il tempo che è passato tra quando ho iniziato a pensare alla storia a quando ho iniziato a scriverla.
Ho finito da poco un racconto che è decisamente contagocce. I primi appunti sono dell'inverno 2017. Adesso è uscito un racconto e ho il sospetto che ci sia ancora qualcosa che cova, da qualche parte.
Anche la cosa che ho scritto prima è stata decisamente contagocce. La trama era già delineata prima di Natale, ma ci ho messo fino ad aprile prima di scriverla, montandola e rimontandola nella mia testa.
C'è qualcosa di rassicurante nelle storie contagocce. Sono snervanti in fase di ideazione, perché le idee vengono a pezzi a bocconi. Le metti lì, nel Magazzino nelle Storie Possibili e non sai bene se le userai mai. Immagini una scena, senti che non funziona, ti innervosisci, la guardi e la riguardi, fino a che non ti convince un po' di più.
Però quando finalmente ti siedi e scrivi, ne conosci perfettamente i confini. Sai che arriverai in fondo, sai che alcune parti, magari, ti faranno stare male. Sai quali sono, quante sono, prendi le necessarie contromisure.
Ci sono invece storie che escono di getto.
Io non credo tanto al discorso dell'ispirazione improvvisa. Credo piuttosto che, semplicemente, abbiano covato a lungo nell'inconscio, abbiano strisciato nel profondo dell'animo e poi qualcosa, all'improvviso, le fa uscire fuori.
Solo che una storia che arriva così, non prevista, dal profondo, non sai bene cosa tiri fuori.
Non ne conosci i confini, non sai se la finirai.
Non ne conosci davvero i contenuti. Quanto starai male scrivendola, quali tombini dell'inconscio possa aprire.
Non mi piace al cento per centro scrivere queste storie. Essendo io cauta, preferisco le storie contagocce, che ho succhiato a poco a poco e arrivano sulla pagina già elaborate. Però non sono io che scelgo. Le storie arrivano.
Ora sono nella strana condizione di essere stata raggiunta da una storia di getto, del tutto inaspettata, arrivata all'improvviso mentre pensavo di covare una storia contagocce (che poi spero ancora di riuscire a far condensare) e allo stesso tempo di star revisionando un'altra storia di getto, scritta un po' più di un anno fa.
Rileggendo quella mi rendo conto di quante cose ci ho messo dentro di cui assolutamente non volevo parlare. Alcune non le avrei mai scritte "a mente fredda" perché sono tematiche che non padroneggio, di altre cose pensavo non avrei scritto mai, neppure sotto tortura. Che poi, per carità, sono nascoste bene, però fa strano rileggere qualcosa che mi ero ripromessa espressamente di non scrivere.
E poi c'è l'altra storia. Quella che mi sono trovata a scrivere in due giorni. Che vorrei tanto fosse una storia contagocce. Perché ha una struttura per me nuova e vorrei pensarci bene, prima di improvvisare. Perché vorrei montarla e rimontarla nella testa, per essere sicura di arrivare in fondo. Perché non è così piacevole essere scaraventati da una storia subito dopo la parte peggiore di un'adolescenza, nel momento in cui si devono raccogliere i cocci. Perché alcuni cocci, anche per interposto personaggio, può darsi che taglino ancora.
Ma quando la voce di un personaggio arriva nitida e precisa, c'è poco da fare. Ci si mette al computer e si inizia scrivere. E si spera in bene.
Ed eccola qui, dunque, la mia A.L.
Avete presente certi regali che fanno le vecchie zie o le nonne, di assoluto pessimo gusto o che magari vi sarebbero anche piaciuti, quando avevate cinque anni in meno? Quei regali che non ve la sentite di buttare, perché magari la zia poi è morta e quella è l’ultima cosa che vi ha dato? Finiscono tutti in fondo agli armadi, dietro ai vestiti in cui non entrate più e vi dimenticate di averli.
Ecco, io sono uno di quei regali.
E voi, se scrivete, siete più da storie contagocce o di getto?
Ormai, per forza di cose, da contagocce. A volte arrivo a fine giornata senza aver avuto mezzo secondo a disposizione per rilassarmi un attimo, figuriamoci scrivere... Devo ritagliare il tempo disponibile dopo cena, sabato mattina, domenica mattina, e cercare di mantenere viva la continuità della scrittura, almeno quella. Ma un'intera giornata dedicata alla scrittura è un lusso ormai dimenticato per me...
RispondiEliminaBeh, certo... Forse sono io che mi sono spiegata male. Parlavo di tempo di ideazione, non di scrittura. Io scrivo col contagocce, per ovvie ragioni di tempo. Ma ci sono storie che ci metto mesi, anni, a pensare prima di scrivere e storie che mi trovo a scrivere dopo due giorni dall'ideazione.
Elimina(Non credo di aver mai dedicato in vita mia una giornata dedicata alla scrittura. Una volta pensavo fosse necessario avere almeno mezz'ora. Adesso un quarto d'ora va bene per mettercisi)
Parlando di tempi di ideazione, quando un'idea comincia a fermentare in testa dopo qualche giorno prendo appunti per fare un elenco di spunti potenziali, obiettivi, opzioni, possibilità narrative. Normalmente nel giro di poco inizio a lavorarci sopra, a meno che non sto già lavorando su un altro progetto... in tal caso lo metto in coda (anche se talvolta, seppur raramente, lavoro su due progetti contemporaneamente).
EliminaIo decisamente di getto. Quando la storia arriva me la giro in testa x pochissimo tempo, solo fino a quando non posso mettermi al pc.
RispondiElimina... Non so se invidiarti o no. Per certi versi le storie di getto sono le più intense, ma anche le più difficili da gestire.
EliminaSicuramente appartengo al genere che scrive col contagocce: tante scene, spunti, gesti dei personaggi che piano piano si chiamano e prendono forma. La scrittura di getto non mi è congeniale, al limite posso prendere qualche appunto, ma la storia ha bisogno di sedimentare dentro di me, prima.
RispondiEliminaQuasi sempre è così anche per me. E poi qualche volta no...
EliminaScrivo col contagocce ed anche troppo lentamente.
RispondiEliminaCi sono notti però in cui mi ritrovo ad affrontare sogni estremane dettagliati e strutturati che nei giorni seguenti non posso che isolarmi dal mondo e scriverli di getto.
Provenendo da sogni probabilmente hanno avuto tutto il tempo di formarsi. Per la loro struttura di sogno, un po' delirante e a volte frammentaria non posso considerarle delle storie fatte, ma un lavoro parzialmente finito, che poi (col contagocce)sarà limato qui e lì.
Ah, questa storia dei sogni mi è capitata un paio di volte. In un caso ne è uscita una storia particolarmente inquietante che magari prima o poi poterò qui.
EliminaContagocce. L'idea nasce da qualcosa che mi colpisce, ma poi costruirci attorno una storia mi prende tempo: so da dove voglio farla partire, so come voglio che finisca, ma tutto quello che devo metterci nel mezzo soffre di lunghissime meditazioni.
RispondiEliminaChe bello "voglio". Io voglio un sacco di cose dalle mie storie, ma decidono sempre loro... Pensa che adesso volevo scrivere una quattordicenne e invece mi sono accorta che stavo scrivendo una sedicenne...
EliminaGià, le storie hanno idee tutte loro su quando e in che forma comparire. In passato cercavo di farle stare alle mie regole, adesso ho l'impressione di dovermi adeguare alle loro.
RispondiEliminaNiente da fare. Comandano loro.
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