domenica 27 settembre 2020

Al gran ballo del tampone


 L'autunno è tempo di funghi e di malanni. Sotto le prime foglie cadute abbiamo trovato entrambi. Ma se i funghi finiscono rapidi in padella, in tempi di pandemia con i malanni è tutto un po' più complicato.

E se si prende il raffreddore?

Questa è la domanda che aleggia su ciascuno dei genitori che in queste settimane ha riportato il pargolo a scuola. Non si può frequentare, norme alla mano, con una varietà di sintomi che vanno dalla congestione nasale al mal di testa, passando per il mal di pancia. Insomma, lo spauracchio della febbre è in realtà l'ultimo dei problemi perché nessun genitore sano di mente manderebbe il figliolo con la febbre a scuola già in tempi normali, figuriamoci con una pandemia globale. Ma il mal di testa? Sta cercando di scavallare la verifica o sta per scatenare il contagio su tutta una comunità? Quanti starnuti ci vogliono per definire una "congestione nasale"? Se tossisce in pubblico verrà linciato? E, sopratutto, una volta che questi sintomi si presentano, cosa succede?

Tutte queste domande da teoriche si sono fatte pratiche martedì sera, quando la nostra pargola è andata a dormire col mal di testa. Sì, tesoro, ma quanto mal di testa? Dove il mal di testa? E lei, a quattro anni, che cercava di fare un'auto anamnesi degna della miglior Dottoressa Peluche. E poi noi che ci guardiamo. Che si fa? Asilo sì o asilo no? E se asilo no dove? Non certo dai nonni, soggetti fragili, che sai mai, ma quindi? Dove lo trovi un baby sitter alle 10 di sera per le otto del giorno dopo? Che permesso prendiamo?

Tutte queste domande risultano superflue il giorno dopo. La nostra piccola non soffre di indecisione, se deve fare una cosa la fa bene e per intero. 38.3 di febbre che diventa 39 da lì a poco. Procedura chiara. Casa, pediatra e sperare in bene. 

A scuola siamo ancora sotto organico e io ho la prima ora. Le classi non si possono accorpare, i bidelli devono misurare la febbre e distribuire le mascherine. Se non vado un qualche mio collega, che magari abita distante e che entra più tardi dovrà caracollarsi a scuola. Quindi mollo il marito promettendogli di poter prendere permesso più tardi e tornare, permettendogli di andare al lavoro. Così è lui che telefona alla pediatra. Con 39 di febbre ci vuole il tampone negativo anche solo per visitarla. Dovrebbero chiamare in giornata, si fa, si fa il tampone e dopo qualche ora c'è l'esito. Ovviamente la figlia deve essere nel mentre affidata a un genitore e incautamente il marito da il proprio nome. Quindi scopre che ha diritto a un permesso, sì, ma non retribuito e che l'attesa è a tempo indeterminato.

Perché nel mentre succedono diverse cose.

Il nostro nominativo viene perso e la pediatra deve rifare la segnalazione. Viene messo l'obbligo di tampone al rientro dalla Francia e quindi i tamponi fisicamente migrano verso il confine. Nel paese in cui dovrebbe andare a fare il tampone risulta positiva una maestra d'asilo che lavorava non su uno ma su tre plessi, con conseguente numero abnorme di persone da testare. 

Quindi passa il mercoledì, passa il giovedì e passa anche il venerdì con noi che sollecitiamo la pediatra e la pediatra che sollecita la ASL. Perché, al di là del fatto che il marito è bloccato a casa non pagato, la figlia senza il tampone non può essere visitata. Se si dovesse aggravare l'unica possibilità è il pronto soccorso, con le sue attese geologiche. Per fortuna nostra figlia è un tipo deciso e la febbre le passa da sola.

Mentre il marito è bloccato in casa a giocare con le principesse, che nel frattempo sono diventate delle speculatrici immobiliari e hanno due castelli e una torre, io non lo sono. Siamo in una pandemia mondiale, stiamo seguendo una procedura antipatica, ma che ha un suo senso, e quelli che mi vengono offerti sono principalmente consigli su come evitare il tampone. Nomi di pediatri che visitano privatamente e non segnalano alla ASL e rimedi della nonna per far passare la febbre. Sono scocciata per l'attesa e capisco che in altre situazioni lavorative sia più di un disagio. Però siamo in una pandemia mondiale e stiamo parlando di 39 di febbre, non di un naso che cola.

Finalmente, sabato, ci chiamano. Ci dirottano verso il capoluogo di provincia, quasi a un'ora d'auto, perché l'ambulatorio più vicino è saturo, appuntamento domenica mattina alle 11.15.

Alle 11 siamo puntuali al padiglione A, ingresso 4 e scopriamo le seguenti cose: non c'è un vero appuntamento, ci sono un tot di famiglie, a occhio una ventina, convocate per le 11.15, in coda dietro a quelle convocate alle 11, non sarà umanamente possibile rispettare i tempi, la coda si fa all'aperto, al vento di fine settembre, l'ideale per bimbi febbricitanti. Perché, ovviamente, in coda ci sono solo bambini con sintomi riconducibili al covid, chi ha la tosse, chi la febbre, chi mal di pancia, farli aspettare tutti insieme nello stesso cortile, mi sembra davvero un'ottima idea. Ma potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere. Non oso immaginare come sarà l'attesa tra un mese o due, sotto zero e col maltempo.

Dopo un'ora finalmente è il nostro turno. Il personale è davvero molto gentile, anche se ha lo sguardo disperato di chi è stato precettato di domenica per torturare i bambini. Perché comunque di una piccola tortura si parla. Quando siamo arrivati i bambini uscivano con dei palloncini in premio, a noi invece è toccato solo l'attestato, ma tra quello, le caramelle e la promessa di un ovetto kinder (così tra una settimana dovrò portarla anche dal dentista) ce la siamo cavata. Con la consapevolezza che la prossima volta (che potrebbe essere tra una settimana) sarà molto più difficile convincerla a sottoporsi al tampone.

Per inciso, l'attestato è chiaramente di recupero e sembra che alla figlia sia stato strappato un dente.



Adesso aspettiamo l'esito. Che forse arriverà domani. Forse. Nel frattempo abbiamo tutti un po' la tosse, ma in attesa di essere riammessi in società farà tempo a passarci. Perché domani, è evidente, siamo ancora bloccati. Per fortuna il lievito e la farina per ora non mancano...


17 commenti:

  1. Che bella procedura, magari non ci sono alternative ma capisco che così è complicato e come dici tu come si faranno le attese all'aperto col freddo invernale? A Milano c'è un drive in all'ospedale S Paolo, perlomeno si aspetta in auto. Immagino l'ansia. Facci sapere esito.

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    1. Da noi non c'è il drive in per i bambini, anche perché, con un ritmo di oltre duecento tamponi al giorno per ambulatorio si intaserebbe la città. Speriamo che arrivino i test salivari! Intanto per questo giro ne siamo usciti negativi, il che. in questo mondo strano, è positivo.

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  2. comunque in generale è odioso quando ti dicono un'ora e fanno la stessa cosa con altre 20 persone. Ma perchè?? Dovreebbero darvi un attestato di forza e coraggio a tutti quanti.
    E' doloroso fare il tampone?

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    1. Piacevole non è. Il commento di mia figlia è lapidario "Non voglio farlo mai più"!
      Poi è chiaro che nella vita c'è di peggio, però speriamo in una soluzione un po' più pratica per tutti

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  3. Sì, tutti avete dimostrato grande coraggio e soprattutto immane pazienza e un attestato che ve lo riconoscesse sarebbe davvero il minimo.
    Qui abbiamo avuto un calo di temperatura di venti gradi e i raffreddori si sprecano. La prima caduta sul campo, sabato pomeriggio, si è messa a letto e ha chiamato la guardia medica - che le ha detto di contattare il medico di famiglia per farsi fare il tampone.
    E mi viene il caritatevole pensiero che se dopo otto mesi di pandemia non siamo ancora riusciri a organizzarci una procedura rapidissima per tamponare chiunque avverta un sia pur lieve malessere esistenziale meritiamo di estinguerci tutti.
    Un saluto a voi e alla vostra coraggiosa e risoluta figlia.
    Approposito, ti ho cancellato l'ultimo commento sul mio blog per un disguido, sorry 😔

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    1. Sì, non ha molto senso fare una procedura che preveda un tampone a ogni starnuto su poi non si hanno i laboratori per elaborare il tutto. Però mi pare che gli altri paesi europei non è che siano messi così tanto meglio, quindi, pur con un po' di malumore, proviamo a sopravvivere.

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  4. Ecco, hai appena descritto il mio incubo. Stamattina: "mamma, ho male alla pancia"; dopo un minuto pareva che stesse benissimo. E quindi? Quanto è affidabile un bambino di tre anni, considerando che tempo fa ha detto anche "ho male ai capelli"?
    Sarà un lungo inverno...
    PS.
    E' doloroso il tampone? E' una procedura lunga o almeno si riesce a sbrigarla in fretta (non parlo dell'attesa, ma proprio del sondino da infilare nel naso)? Grazie e in bocca al lupo a Laura (e a voi)!

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    1. Il tampone non è piacevole (Non voglio farlo mai più!) e se finisco i palloncini premio tre bimbi prima la cosa non aiuta. Però non è la fine del mondo, l'importante è non farlo vivere con troppa ansia e aver pronto un bel premio di consolazione dopo. In sé ci vogliono dieci secondi. Speriamo comunque di non rifarlo troppo in fretta...

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  5. Mi stavo proprio domandando come gestiremo i normali malanni invernali. Con il covid tutto diventa più complicato e potenzialmente preoccupante. Il tuo racconto conferma i miei timori.

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  6. Mi è venuto prurito dappertutto a leggere questa storia!
    Costringere le persone a barcamenarsi così crea un disagio e livelli di stress tali da far più morti del covid.
    I bambini malati devono stare a casa e non in macchina o fuori al freddo.
    Dare appuntamento a venti bambini malati alla stessa ora... ma che furbacchioni!
    Ci credo che la gente cerca sotterfugi. Mi dan noia ma d'altra parte anche la pediatra che non vede una bimba con la febbre a 39 mi dà noia.
    Non se ne esce. Comunque hai tutta la mia comprensione e mi immagino con che spirito andrai a lavorare questa settimana!
    Della serie "Dio dammi la pazienza perché se mi dai la forza faccio una strage"!
    Se avevo un dubbio sulla mia decisione di posticipare il mio rientro in Italia me l'hai tolto, non perché altri paesi siano più organizzati, ma a questo punto preferisco rischiare di incontrare l'orso nei boschi sperduti piuttosto che fare la fila per il tampone!

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    1. Se sei ben isolata rimani lì. In realtà la proceduta non è sbagliata in sé. Un bimbo piccolo ci mette un attimo a strappare una mascherina a un pediatra, capisco che prima li testi e poi li visiti. Il problema è che sono passati 5 giorni dalla segnalazione al test e poi altre 30 ore per il risultato. La pediatra poveretta è reperibile veramente h24 o poco meno, qui il problema è che si è proprio ingolfato il meccanismo al primo freddo.

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  7. Leggendo il post ed i commenti non c'è da stare allegri: tutto quello che è successo nei mesi passati sembra che abbia insegnato molto poco a chi deve organizzare la gestione di questa emergenza infinita. Intanto le famiglie sono lasciate a loro stesse e gli operatori sanitari che devono occuparsi della situazione sul campo hanno le risorse contingentate! Una sola cosa rimane sempre uguale: la burocrazia italiana che con le sue procedure complicate e l'assoluta mancanza di buonsenso genera situazioni al limite del grottesco; in tutto questo ecco quindi comparire la solita soluzione "di sotterfugio" che sarà, temo, gettonatissima da tutte le famiglie esasperate e sull'orlo di una crisi di nervi! Buona vita e tanta tanta pazienza a tutti!

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    1. Il problema è che in attesa dei test rapidi salivari è difficile vedere una luce. La procedura in teoria ha un suo senso, ma così è ingestibile, anche perché non sono previsti speciali per i genitori in attesa che il figlio venga "tamponato". Così, oltre al fatto che il pargolo non viene visitato prima dell'esito, rimani nel dubbio, lo affido a qualcuno (cosa che credo sia anche ai limiti del lecito, dato che è in isolamento) o perdo giorni di lavoro (o imploro di essere lasciato a casa)? Insomma, armiamoci di mooolta pazienza e speriamo in bene.

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  8. Già è un incubo per i genitori di figli ormai grandi (come il mio) e per se stessi, la tua esperienza con una bambina piccola è un incubo moltiplicato per dieci. Ho due nipoti piccoli, la bimba ha avuto un raffreddore ed è stata tenuta a casa dall'asilo in attesa di certificato pediatrico per il rientro. Le tue parole confermano che il tampone è traumatico, ora sento anch'io parlare di questi test rapidi salivari... In generale comunque la confusione è alle stelle.

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    1. Il tampone in sé è un disagio. Un minuto di lacrime e poi grande disappunto perché quando siamo arrivati i bambini uscivano con un palloncino e quando è stato il nostro turno erano finiti. Quella che è stata traumatica è stata l'attesa di giorni murati in casa, la coda chilometrica al fretta e l'attesa snervante dell'esito. C'è da dire che qui da noi i protocolli sono stringenti. Con il raffreddore si fa il tampone, tutti, grandi e piccini. Da diverse fonti mi pare di capire che in Lombardia non sia così. Ecco non so se questa discrepanza di protocolli mi piaccia...

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