lunedì 1 aprile 2013

Letture - Magico Vento


Approfitto di questa Pasquetta miracolosamente letargica per una segnalazione a cui tenevo particolarmente.

Non fingerò di essere oggettiva. Magico Vento è il mio fumetto preferito. Da questo momento torna in edicola in un'edizione che ci ripropone in versione colorata tutti gli album della serie.
Compratelo.

Fort gosth, l'album che trovate in edicola, uscì nel lontano 1997 con l'infelice definizione di "horror western", quasi un ibrido artificiale tra Dylan Dog e Tex e questo titolo non proprio felice. Pochi numeri bastano a far cambiare idea al lettore.

Magico Vento è una narrazione tutta incentrata sull'idea di frontiera.

Ned Ellis è un uomo diviso. Un giovane soldato ferito, senza memoria, adottato da una tribù Lakota che ne fa il proprio sciamano. Riconosce gli indiani come la sua gente, dei quali è il guardiano delle tradizioni, ma non può fare a meno di essere attratto dal suo passato da bianco, incapace di non innamorarsi di donne bianche. Maledetto da visioni che forse sono solo allucinazioni, Ned Ellis non è un eroe infallibile, è un uomo lacerato, pieno di contraddizioni, costretto a scelte che non sono mai facili.

Willy Richard, detto Poe (che in lingua Lakota significa "Nebbia" e diventa a tutti gli effetti il suo nome) non è una spalla, ma un secondo protagonista. Giornalista alcolizzato in cerca di una causa a cui legarsi, adotta e viene adottato dalla tribù di Ned. E' uno sguardo occidentale e acuto su un mondo di cui si innamora, ma che vede destinato alla sconfitta. Disincantato, ironico e lucido, Poe cresce numero dopo numero. Rompendo lo stereotipo dell'"amico indivisibile" così caro alle narrazioni Bonelli, Poe acquisisce autonomia e spesso da vita a narrazioni parallele, lui nelle città dell'est, Ned nel territorio indiano, che sono i punti più felici della sceneggiatura di Manfredi.

Una storia di frontiera, si diceva. Frontiera intesa in più di senso. Frontiera tra due mondi, quello dei nativi e quello dei bianchi, raccontato da entrambi i punti di vista. Frontiera tra noto e ignoto, tra reale e possibile. Leggende che prendono vita, deliri della mentre che prendono corpo e sostanza. Storia di frontiera che non ha paura, a un certo punto a diventare La Storia della Frontiera.
Quello che ammiro in Magico Vento è il mantenere rigore storico anche nelle narrazioni fantastiche e il suo diventare, pian piano, una narrazione storica. Quella di Ned, infatti, diventa la storia delle guerre indiane, raccontate con raro rigore e estrema delicatezza. Icone come Cavallo Pazzo e Custer sono ritratte nella loro umanità non priva di contraddizioni. Anche per il lettore è difficile scegliere una parte, tanta è l'abilità di Manfredi di mostrare le ragioni di tutti e creare personaggi a cui non ci si può non affezionare.
In questa vocazione storica cresciuta pian piano sta la grandezza e il limite di questa serie. Da una serie di episodi autoconclusivi, Magico Vento diventa una narrazione fiume, in cui ogni elemento è parte di un tutto e che termina con gli splendidi e irripetibili album 97-98-99-100-101.
Il tentativo di far sopravvivere il protagonista al proprio popolo non poteva che essere fallimentare e la serie si è conclusa qualche numero dopo.

Magico Vento è un fumetto di sceneggiatura. Salvo un paio di album, tutte le storie sono firmate da Manfredi, che ha potuto così curarne ogni particolare. Tutti i personaggi sono cesellati con cura. Che appaiano solo per un episodio o diventino personaggi ricorrenti, si stagliano nella memoria. La trama diventa ben presto un romanzo corale dove non ci sono figure statiche, ma tutto è in costante mutamento.
Diversi disegnatori si alternano a dare corpo alle storie, ciascuno con uno stile peculiare. Si parte con il tratto sporco di Ortiz, che disegna un west cupo, dove anche gli eroi, ammesso che esistano, sono figure sofferte. Il mio disegnatore preferito è Pasquale Frisenda, in grado di raccontare una frontiera splendida proprio per le sue contraddizioni e i forti chiaroscuri.
La nuova edizione è tutta a colori, operazione la cui riuscita si valuterà, probabilmente, caso per caso. Alcuni autori avevano giocato talmente bene sul bianco e nero da farmi preoccupare per alcuni risultati possibili. Il primo numero è, in ogni caso, promosso.
Avrei detto che il tratto di Ortiz non poteva beneficiare dalla colorazione. Ne esce fuori, invece, una storia ancora più scura (alcune tavole forse troppo scure), crepuscolare e ambigua.

2 commenti:

  1. Io non sono appasionata di fumetti, o meglio, mi lascio attrarre più dalle doti grafiche dei disegnatori che non dalla storia, ma quando mi è capitato fra le mani un volume di "Aria" disegnato da Anacleto, allora la musica è cambiata!
    E' come vedere la spettacolare versione cinematografica di un emozionante ed eccellente romanzo: immagine e storia si compenetrano, danno spessore l'una all'altra.......ma capita così raramente.
    Non ti facevo appassionata di fumetti......
    baci cara!

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    Risposte
    1. Essendo negata per il disegno, amo alla follia il fumetto, anche se conosco molto poco i manga e gli americani. Adoro Pratt (sopratutto Corto Maltese), ho amato alla follia Persepolis, qualche manga mi è entrato nel cuore (Full Metal Alchemist).
      Manfredi è senza alcun dubbio il mio sceneggiatore italiano vivente preferito, non tutti i numeri di Magico Vento sono capolavori, ma quelli riusciti sono eccezionali. Per quanto riguarda i disegni, poi, Frisenda è riuscito a dare a questa storia un'eleganza senza pari, ma tanti altri artisti hanno contribuito a renderla speciale.
      Se vuoi cimentarti nella lettura, tieni presente che la serie ci mette un po' a prendere una strada precisa, ma poi vola e si fa amare.

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