Leggere è una delle attività più pericolose che si possano fare in situazioni di apparente sicurezza.
Ogni volta che apriamo un libro ci troviamo in un mondo altro, in balia di eventi incontrollabili e sopratutto soli. Quando leggiamo abbiamo l'illusione di essere circondati da personaggi, di essere nella testa di uno o più personaggi, ma in realtà siamo soli. E il mondo altro in cui avvengono eventi incontrollabili altro non è che il nostro mondo interiore.
Il rischio concreto che accettiamo, ogni qual volta apriamo un libro è quello di entrare in contatto con aspetti nascosti del nostro io e quindi di emergere dalle pagine irrimediabilmente cambiati. Un cambiamento non meditato, non previsto, dagli esiti incontrollabili.
Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il diasiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
Paolo e Francesca leggevano "per diletto" e "senza alcun sospetto". Non erano consapevoli di essere innamorati. Lo erano già, naturalmente, ma non lo sapevano. Senza quella lettura avrebbero potuto continuare, magari per anni a ignorare una verità su loro stessi. Magari vi sarebbero arrivati lo stesso, ma più avanti, magari più preparati. Si mettono, però, a leggere. Una cosa interessante da notare è che non leggono alta letteratura, leggono "di Lancialotto e di come amor lo strinse", vale a dire l'equivalente dell'epoca dell'Harmony.
Non ci sono letture sicure, ogni libro, anche il più disimpegnato, non può che condurci all'interno di noi stessi, a fare i conti con il nostro io e, magari, con le verità che non vogliamo vedere.
Paolo legge di Lancillotto, riconosce in se stesso gli stessi sentimenti che il cavaliere prova per Ginevra e trova il coraggio per baciare Francesca.
Gli effetti, lo sappiamo, sono drammatici, il marito di Francesca li scopre e li uccide. Tutti e tre finiranno all'Inferno.
Per Dante il colpevole è uno e lo indica senza esitazione Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse. La colpa è del libro e della lettura, che ha costretto Paolo a fare i conti con sé stesso troppo presto. La lettura ha condannato tre anime alla dannazione eterna. Eppure Dante stesso, raccontando la storia di Paolo e Francesca ha certamente indotto altri lettori a riconoscersi in loro e, magari, a dichiarare il loro amore. Qualcuno ha sicuramente pensato, leggendo Dante, che è meglio la dannazione eterna che rinunciare a vivere un amore proibito.
Anche a me, nel mio piccolo, è capitato qualcosa del genere, sia pure al contrario. Anche a me con un libro del tutto disimpegnato, non scritto certo per cambiare vite. Era un romanzo di fantascienza e la protagonista era una donna che si era sposata molto giovane, arrivata ai trent'anni si accorgeva di non amare più il marito. Questi era un imbranato arrangione, ma, tutto sommato, sincero e sinceramente innamorato di lei. Un uomo scialbo, ma non cattivo. Era similissimo al mio fidanzato di allora. E io mi sono vista trentenne, infelice, sposata a un uomo sincero, ma che non era fatto per me.
Paolo e Francesco sono stati dannati dalla loro lettura, io probabilmente sono stata salvata. Di certo la mia vita è cambiata. Senza quella lettura forse non mi sarei accorta in tempo della mia nascente infelicità.
Se è tanto pericoloso inoltrarsi in un libro da lettori, per l'autore è tutto ancora più complicato.
Da autori, dobbiamo renderci conto che chiediamo una cosa non banale. Chiediamo al lettore di darci la sua completa attenzione per partire per un viaggio pericoloso che potrebbe cambiargli la vita. La possibilità di tale cambiamento è insita nella natura stessa dell'esperienza della lettura. Come abbiamo visto non ci sono "libri sicuri" tutti i libri sono pericolosi.
Come autori dobbiamo rispetto al lettore che si fida di noi a tal punto da intraprendere questo viaggio interiore cullato dalle nostre parole.
Dobbiamo essere consapevoli di altre cose ancora.
Il viaggio di ogni lettore è unico. In un libro può trovare solo se stesso. Lettori diversi interpreteranno uno stesso brano in modo anche opposto a seconda del loro vissuto e della propria sensibilità. Per questo non ha senso che l'autore se la prenda se il lettore "non ha capito" il suo testo. Un testo esiste perché un lettore ci si possa perdere e possa trovare una parte di sé. Secondo me (ma questa è un'opinione puramente mia) la parte interpretativa non spetta all'autore.
Per certi verso l'autore è come un'agenzia di viaggio. Prepara le tappe, i pernottamenti, prepara anche alcune esperienze come "visite guidate". Può mettere delle avvertenze "rischio emozioni forti" invece che "rischio piogge nella stagione dei monsoni", ma non può prevedere fino in fondo quello che un lettore troverà in un testo.
E se è così imprevista e pericolosa l'esperienza del lettore è ancora più imprevedibile l'esperienza emotiva dell'autore.
Se il lettore potrà scegliere in quale personaggio riconoscersi di più, l'autore dovrà trovare tutti i personaggi e tutte le situazioni dentro se stesso. Ci sono gialli che, da lettrice, non trovo spaventosi, perché l'autore ci tiene lontano dalla testa dell'assassino. Ma lo scrittore, inevitabilmente, nella testa dell'assassino ci è entrato. Ha progettato il perché e il come. Ha visto il mondo dai suoi occhi. In altre parole, ha trovato l'assassino dentro di sé.
Inevitabilmente l'autore si muoverà attraverso angoli nascosti e pericolosi del proprio animo, esplorando una gamma di emozioni e sensazioni che magari neppure sapeva di avere dentro di sé. Non sono mai stata in analisi, ma non posso non pensare che la scrittura sia una sorta di auto analisi, che ci fa venire a patti con il nostro inconscio senza quella rete di protezione data dalla presenza di un psicologo o di uno psichiatra specializzato. Scrivendo andiamo ad aprire le botole dell'inconscio senza sapere cosa vi potremmo trovare.
C'è una sola attività più pericolosa della lettura che si può praticare in apparente totale sicurezza, la scrittura.
L'aspetto tecnico della scrittura, l'operazione che ci permette di filtrare il personale per renderlo universale e quindi comprensibile al lettore è, per certi versi ciò che ci salva. L'unico scudo che abbiamo per proteggerci, per addomesticare le nostre emozioni e riversarle su carta in modo che non feriscano troppo noi e che siano fruibili al lettore.
Domenica, alla prima lezione del corso di scrittura, cercherò di iniziare da qui, da Paolo e Francesca e dagli inaspettati esiti della lettura e della scrittura.
Ovviamente, voglio sapere cosa ne pensate e se vi è mai capitato che un libro vi abbia cambiato davvero la vita.