lunedì 9 febbraio 2015

La mia realtà


Ogni tanto ci riprovano. Amici, esperti, gente che mi incontro per caso. Persone convinte, immagino in ottima fede, che ci sia bisogno di autori che raccontino "la realtà vera", "i problemi delle persone comuni", intendendo per questo storie più o meno deprimenti di persone più o meno depresse in periferie più o meno tristi.
Non nego che ci possa essere l'esigenza di questo genere di storie. Ma io non posso scriverle. Non è che non voglia. Non posso. Perché quella non è la mia realtà.

Mio marito dice che se fossi un personaggio di un gioco di ruolo avrei la caratteristica attirare stranezze, una cosa che recita più o meno così: "se ti rechi in un luogo che era stato maledetto in antico, tale antica maledizione si risveglia proprio quando ci entri. Se c'è un fantasma nella stanza se tu quella che lo vede. Se un fatto insolito deve accadere in un luogo, accadrà proprio quando tu sei lì".
Qualcun altro dice che alcune cose me le vado a cercare. Di certo mi piace frequentare persone che siano uno stimolo intellettuale, che abbiano passioni/mestieri interessanti e che mi parlino di cose che non conosco.
Infine mi è stato consigliato di fare una rubrica regolare sul blog per segnalare i fatti più improbabili in cui incappo (almeno quelli che possono essere resi pubblici). Non so se avrò in effetti materiale per una rubrica regolare, ma non vedo perché non seguire il consiglio.

Premio Fantarealtà gennaio 2015 – Cyberattacco!
Per scrivere la mia ormai famigerata tesi di abilitazione in storia medioevale sono andata a chiedere asilo, come il mio solito, presso l'associazione con cui collaboro abitualmente, che vanta anche una ben fornita biblioteca.
Per contestualizzare meglio va detto che si tratta di un'associazione culturale che si occupa di valorizzazione del territorio, vi lavorano tre persone e, per quanto in effetti allevino draghi (giuro!) non mi risulta sia di copertura per alcunché. 
Fatto sta che, proprio il giorno in cui mi sono istallata nella biblioteca per lavorare alla mia tesi, i computer dell'associazione hanno iniziato a fare sciopero. A nulla è valso l'intervento dell'amministratore del sistema informatico, né l'intervento del tecnico da remoto.
Mentre io mi inoltravo negli oscuri retroscena di un evento bellico avvenuto nel 962 e chiedevo informazioni circa metodi d'assedio e armate altomedioevali, il tecnico, giunto sul posto, ha dichiarato che era in corso, ai danni del sistema informatico dell'associazione, un cyberattacco partito dalla Cina.
La notizia, oltre a domande contingenti (è possibile bloccarlo?) ha suscitato tutta una serie di altri interrogativi:
– Chi mai, dalla Cina, può decidere che vale la pena di mettere sotto attacco il sistema informatico di un'associazione culturale che si occupa di valorizzare il lago d'Orta?
Numerose le possibili risposte tra cui quelle ritenute più probabili sono state:
– Un errore di traduzione ha travisato il contenuto di uno degli ultimi documenti pervenuti (uno studio sulle ostriche d'acqua dolce) ritenendolo di importanza strategica (vi prego di visualizzare lo sguardo degli esperti militari cinesi quando invece di un sistema d'arma si sono trovati a leggere di molluschi).
– Un compito affidato a un aspirante hacker di 7 anni che ha pescato a caso il sistema occidentale da bloccare (blocco che poi è stato aggirato dal tecnico, quindi supponiamo che il piccolo sia andato in contro quanto meno alla derisione dei compagni).

Motivi di privacy mi impediscono di raccontare il secondo classificato, una torbida storia di vendetta che ha per oggetto un gatto bianco. Come in un dramma d'altri tempi prevede sostituzioni, errori di identità e un deus ex machina che ha provveduto (fino ad ora) affinché il peggio non accadesse.

Per avere un'idea della "vera realtà" in cui sono stata immersa nelle ultime settimane, vorrei aggiungere che sono andata a lavorare nel contesto che vedete in foto (corredato, però, da meno romantiche strade ghiacciate) e che gran parte dei miei problemi riguardava eventi vecchi almeno 800 anni.
Non c'è da stupirsi, poi, che scriva racconti su mummie ritenute miracolose e non sui drammi dell'oggi. Ho più esperienza diretta di mummie miracolose che di un sacco di altre cose!

Qual è, invece, la vostra realtà, quella da cui prendete spunto per le vostre storie?

NOTA TECNICA: sul Delos Store, qui, è possibile acquistare la Sherlock Magazine 33, contenente il mio racconto sulla Morta di Agrano, in formato digitale.

15 commenti:

  1. Per i drammi attuali mi offro volontario. Finora ho totalizzato: un rapporto d'amore assai problematico con annessa malattia letale; una storia di mafia; una doppia storia di malattia e tradimento e (ci sto lavorando in questi giorni) una storia che, travestendosi da fantascienza, esplora i problemi di oggi legati all'uso della rete e dei social network.
    Può bastare? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bene, indirizzerò verso di te i prossimi che mi suggeriranno di scrivere storie simili!

      Elimina
  2. ok ai problemi quotidiani, di cui scrivo, no no no alla depressione obbligatoria. Perché la gente coi problemi ci fa i conti ogni giorno, ma non è che poi cada in depressione per forza. Ci sono le malinconie, gli ostacoli, le rogne, e si superano e si riparte e si cade si nuovo. Di questo io scrivo e, capirai, che gli spunti sono ovunque. Il tradimento di Ragione e pentimento nasce da una tresca proprio triste in azienda, la single di Frollini a colazione ero io (più o meno), i 10 e passa amici di Cene tempestose sono un sacco di gente che conosco, mischiate, rielaborate, con dettagli inventati. Insomma la mia "missione" è rendere narrativa la quotidianità, parlare di ciò che ho in tasca, o ha in tasca il mio vicino di scrivania, facendolo sembrare appetibile al lettore. Un bacione Sandra

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ognuno racconta la propria realtà. Le mie storie sono spesso surreali, eppure hanno sempre un sottofondo di malinconia. Altri raccontano eventi più comuni, ma con tanto brio.

      Elimina
  3. Beh, le mie storie sono esattamente quelle da cui fuggi tu! A me piace raccontare il contesto della quotidianità che a mio avviso offre numerosi spunti di evasione mentale. Certo, poi il piatto va condito: per colpire l'attenzione ci vuole un buon mix di ingredienti che anche la realtà può offrire.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, io non fuggo. È quello che non riesco a spiegare. È che io incappo regolarmente in automi meccanici, mummie miracolose, improbabili matrimoni di ricchi giapponesi con tanto di attore che interpreta un finto prete (giuro). Io la realtà degli altri, quella che viene considerata lo quotidianità non la conosco. Racconto quello che per me è normale (e di solito devo anche epurarlo dei particolari più folli, che vengono considerati troppo improbabili dagli editori...).

      Elimina
    2. Quello che dici ha qualcosa di insolitamente straordinario! :)

      Elimina
    3. è vero, confermo tutto quello che ha detto Tenar. Ed è sempre necessario epurare!!

      Elimina
  4. Allora anche per te la realtà è fantasy! Io lo dico da sempre, ma nessuno mi crede. Quasi nessuno, diciamo. ;)

    RispondiElimina
  5. Finalmente ho tra le mie mani l'uomo meccanico! :D

    RispondiElimina
  6. Io sono cresciuta in una ridente cittadina di mare, in una famiglia di liberi professionisti (padre avvocato, madre farmacista), fra vacanze in Inghilterra e studi di liceo classico, eppure mi piace raccontare il disagio.
    Con le storie che tu non racconteresti mai, vado a nozze. Certo non le racconto in modo melenso e triste, questo te lo posso giurare. Uso ironia e cerco di valorizzare la trama, però le racconto e mi piacciono anche.
    Certo, non parlo solo di quello.
    Mantengo fedeltà al contesto dell'ambientazione, ma i miei personaggi sono svariati, provengono da ambiti molto diversi fra loro.
    La mia vita però non appartiene a nessuno di questi.
    Semplicemente mi piace raccontarli e studiarli.
    Forse però ho capito male, e tu fai riferimento alla realtà letteraria e non alla vita quotidiana?
    Ad esempio, io non potrei mai scrivere uno di quei polpettoni sulla malattia nelle sue varie forme, di un protagonista o di un parente. Non appartiene alla mia realtà letteraria, ma a quella fisica sì.
    Potrei però raccontare (e lo faccio) di una persona che dipende da eroina. Questo tema fa parte della mia realtà letteraria, ma non di quella fisica, perché è un'esperienza che non ho mai vissuto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi riferivo a quella terra di mezzo tra letteratura e realtà (ci farò un post, prima o poi). Non scrivo storie autobiografiche, ma non posso scrivere di ciò che non conosco per niente. Ed è un dato di fatto che un po' per interessi e un po' per caso la mia vita tenda all'insolito e al surreale. Ho più esperienze dirette di mummie che di tante altre cose. Non sono mai stata nel più grande centro commerciale delle vicinanze, per esempio, ma ho dormito in una chiesa sconsacrate e ho visto dormire (io non mi ci sono azzardata) in un sarcofago pre romano aperto dentro una tomba rupestre. Ecco potrei raccontare con più facilità una notte in una tomba rupestre che un pomeriggio a un centro commerciale, perché conosco più la prima ambientazione della seconda.

      Elimina
    2. Okay, ora ho più chiaro cosa intendi. :)
      Anche io sono condizionata dai miei studi. Mi affascinano molto le subculture, mi affascinano i fenomeni di massa, mi affascina la creatività simbolica e... insomma, tanti altri aspetti socio-psicologici.

      Questo commento mi ha regalato un'intuizione. Te la giro via e-mail. ;)

      Elimina