martedì 3 maggio 2016

Lo chiamavano Jeeg robot – Visioni


Contrariamente a quanto si può pensare vista la mia assenza dal web tutto, sono ancora viva. Almeno credo. Diciamo che lo spero. 
Il periodo è incasinato a livelli epocali (non drammatico, sono incasinato) e quando appena rallento mi addormento. Questo è il motivo per cui non sto leggendo, non ho aggiornato il blog come d'abitudine e ho abbandonato a sé stesso fb. Da qui in poi dovrebbe iniziare ad andare meglio, o almeno lo spero, ma tra gite, scambi culturali e altre amenità non so quanto il tempo a mia disposizione potrà aumentare.

Venerdì sera stavo per addormentarmi anche prima dell'inizio di Lo chiamavano Jeeg robot, anzi, credo di aver perso tra le braccia di morfeo i trailer che hanno preceduto la pellicola, ma poi mi sono costretta a svegliarmi.

Nel suo piccolo è un film evento. La via italiana ai super eroi che diventa prima un piccolo cult e poi fa incetta di premi ai David di Donatello e viene pertanto riproposto in sala.
Insomma, un film che può piacere oppure no, ma che non si può non vedere.

La prima impressione è che sia un film profondamente italiano e lontanissimo dal cinema italiano. 
Più vicino a serie tv come Gomorra che a qualsiasi altra cosa passata sui grandi schermi, racconta, di primo impatto, l'Italia brutta della periferia squallida, della micro delinquenza feroce, che vorrebbe non essere poi così micro, ma a cui manca forza e intelligenza.
Ecco dunque tre personaggi accomunati dallo stesso squallore esistenziale, il ladruncolo di scarso ingegno e scarsa prospettiva Enzo, Sergio, ladruncolo di appena una tacca sopra, con figlia psicotica a carico, umano a parole e pragmatico a fatti e lo Zingaro, piccolo boss di borgata dall'enorme ego. Il destino, però, ci mette lo zampino e se Sergio finisce male in un lavoro sfortunato e lo Zingaro deve così scontrarsi con boss più boss di lui, Enzo finisce a mollo nel Tevere. In perfetto stile supereroistico, finisce dritto dritto in mezzo a liquami radioattivi che gli donano una forza sovrumana e straordinarie capacità di guarigione.
Enzo, però, non è Peter Parker, non pensa che a grandi poteri conseguano grandi responsabilità e invece che per difendere i deboli i poteri servono per rubare un bancomat o rapinare un porta valori. Imprese che per altro lo rendono assai popolare nel quartiere. Solo la figlia di Sergio vede in lui un potenziale super eroe, l'incarnazione del protagonista della serie Jeeg Robot. Per lo Zingaro, invece, l'apparire di un super qualcosa nel quartiere è un affronto personale. Lui che vuole emergere a tutti i costi e in qualsiasi modo non può certo farsi scippare quel poco di potere e fama che ha da un tizio qualunque, solo perché può portarsi via un bancomat a mani nude!

Il tocco di genialità di questo film è quello di non abbandonare mai il tono da racconto di borgata, quasi neorealistico e allo stesso tempo ricalcare perfettamente il modello narrativo delle storie di super eroi. Abbiamo tutto, la trasformazione dell'eroe, il progressivo scoprire i propri poteri, l'essere indirizzato da un mentore, la nascita e lo scontro con il super cattivo. Il tutto in una Tor Bella Monaca squallida, in una storia di piccola delinquenza, con la violenza estrema dei crudi fatti di cronaca. 
Se l'america racconta storie di super eroi patinate, in cui paladini senza macchia e senza paura prendono a mazzate cattivi macchiettistici senza quasi spargimenti di sangue, qui abbiamo corrieri della droga che muoiono d'overdose, incontri con trans, un eroe che solo una psicotica sognatrice potrebbe considerare tale e un super cattivo tanto sopra le righe quanto calato nel proprio contesto.
Se c'è una cosa che Lo chiamavano Jeeg Robot ha capito sui film dei super eroi quasi meglio dell'America è proprio l'importanza della costruzione del cattivo. Allo Zingaro viene riservato quasi lo stesso spazio che a Enzo. Risulta stranamente allo stesso modo sia sopra le righe, nella sua crudeltà, nel suo essere personaggio stravangante, che perfettamente calato nel contesto. Un ragazzo di borgata che vuole disperatamente uscire dallo squallore che lo circonda, costi quel che costi, e che, tuttavia, non ha esperienza che di squallore.
Se proprio dobbiamo trovare un limite al film, alla fine, è proprio questo. Lo Zingaro risulta più interessante e meglio costruito di Enzo, che rimane un ragazzone un po' tonto, senza grosse possibilità di evoluzione o spunti narrativi (tanto che, in bocca a lui, la riflessione su Tor Bella Monaca risulta un po' forzata, come se di colpo gli si fossero accesi dei neuroni sopiti che poi subito vanno a spegnersi). 
Anche il finale risulta un po' troppo legato alla tradizione supereroistica e troppo poco affine allo spirito di un film che, comunque, la speranza l'ha uccisa in ogni modo possibile.

Lo chiamavano Jeeg robot è un film da vedere, sicuramente senza dei bambini, senza pensare a un film di super eroi per come siamo abituati a pensarli. 
È l'incrocio quasi perfetto tra Gomorra e l'uomo ragno. 
Tenete però presente che vince Gomorra.

17 commenti:

  1. I provini non mi attirarono molto, poi ha avuto un certo successo tanto che ora lo ripropongono. Comunque originale nel senso positivo del termine.
    Manchi un po' in giro, ecco. Sandra

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    1. Sono un po' assente, sì, ma ti assicuro che ne farei volentieri a meno. Inizio a vedere la luce in fondo al tunnel, però.

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    2. felice per la luce, non era un rimprovero, ci mancherebbe, solo che insomma sei importante per me! Sandra

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  2. Gran bel film, finalmente UN film italiano invece del SOLITO film italiano.

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  3. L'ho visto tempo fa e ammetto che sono entusiasta. Questo é il genere di storie che desidero oggi dall'Italia. Né imitazione scialba dei canoni esteri e né il solito provincialismo asfittico che ci taglia fuori dal presente.

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    1. Sicuramente una boccata d'aria per il cinema italiano. Perché è stato così difficile arrivare a un prodotto del genere?
      E, sopratutto, speriamo che non rimanga una mosca bianca.

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  4. Finalmente, si potrebbe dire. Il cinema italiano presenta solo raramente opere degne di essere menzionate, e questo parrebbe già un cult, in effetti. Non l'ho ancora visto, so che lo farò.

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    1. Da vedere, anche se può non piacere per alcune scelte sopra le righe.
      Io personalmente, però, l'ho apprezzato.

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  5. Ne ho sentito parlare benissimo e ho una gran voglia di vederlo! Sono molto felice che il cinema italiano produca pellicole come queste. Anche se lo fa all'italiana, lo fa. E per un'amante del genere come me è una gran bella cosa. :)

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    1. Deve per forza farlo all'italiana, se non vuole essere una mera copia. Questo film non ha nulla da invidiare e qualcosa da insegnare persino agli americani.

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  6. non l'ho visto, spero che rimanga fuori anche la settimana prossima, così da farmi un'idea... ne sto leggendo solo e solamente bene

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    1. È girato molto bene, c'è poco da dire su questo.

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  7. Voglio vederlo assolutamente... ma com'è che l'hai visto al cinema? Lo stanno riproponendo?

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  8. Visto e piaciuto, qualche cosa si muove nel mortorio nostrano. Non scimmiotta nessuno, è altro. Bello, bello, bello.

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