giovedì 28 ottobre 2021

La mano sinistra del buio – Letture


 È il mio libro preferito. Dopo anni è di nuovo disponibile con una nuova traduzione. Non posso non dedicargli un approfondimento.


La mano sinistra del buio

Ursula K. Le Guin


Un libro sul tema dell'altro

Questo è un libro strano. Ogni sinossi, anche quella ottima di questa edizione, ne darà comunque un'impressione sfalsata. È uno di quei libri che andrebbe letto senza saperne niente, ma questo non è possibile. Si presenta, quindi, come un libro sul genere. Anzi come IL libro sul genere. Questo perché la trama, ridotta ai minimi termini è "inviato terrestre si trova su un pianeta abitato da una popolazione androgina". È, quindi, non potrebbe non essere, un libro sul genere. Ma principalmente è un libro sull' ALTRO, sull'alieno, sull'incontro di culture. 

La sua ispirazione, infatti, ha poco a che vedere con i discorsi sul genere. Il padre di Ursula era Alfred Kroeber, uno dei papà dell'antropologia culturale (l'unica materia per cui avrei tradito i miei studi di archeologa) e l'assistente di Alfred, nei primi decenni del '900, era Ishi. Ishi era l'ultimo sopravvissuto della sua etnia nativo americana, l'ultimo parlante della sua lingua. Ishi era l'altro, l'alieno. Un uomo che conosce e sa muoversi nella cultura degli invasori (Ishi lavora in università), ma che non è la sua. Anzi, maneggiare la cultura dell'invasore è l'unico modo per lasciare traccia della propria. E in qualche modo suppongo che il rapporto tra Alfred e Ishi fosse quel genere di rapporto personale che riesce a gettare un ponte attraverso il buio che separa i mondi differenti. Non solo Ishi frequenta la casa dei Kroeber (non è "il buon selvaggio" è una persona di cui viene riconosciuto il valore intellettuale in un periodo in cui raramente questo accadeva ai nativi), ma la fattoria dei Kroeber in Oregon diventa una sorta di "luogo di passaggio sicuro" per nativi e altre strane personalità (gli anarchici pacifisti che saranno fonte di altra narrazione di Ursula). Sempre il buon Alfred ha anche altri amici, che di professione fanno i fisici. Uno dei suoi migliori amici è Oppenheimer (Ursula scriverà di essere troppo poco intelligente per capire davvero la fisica moderna, considerando con chi si confrontava, va beh, forse aveva ragione). Solo la fantascienza sociale poteva tenere insieme tutte queste ispirazioni!

La mano sinistra del buio nasce da queste esperienze. È il racconto di un uomo che è solo, separato dalle barriere del tempo e dello spazio, in un mondo che è altro. Ed è il racconto di un essere umano di quel mondo che incontra l'alieno, che è infinitamente diverso da lui, per alcuni tratti persino ripugnante, e decide di fidarsi O, meglio, per usare una metafora interna, di trainare insieme la stessa slitta per un fine in cui credono entrambi. In mezzo a questo c'è tutto lo spaesamento del confronto con l'ALTRO. Un altro verso cui tutte le abituali categorie mentali sono inutili. L'incontro con l'altro è difficile, destabilizzante e foriero di disgrazie personali. La potenza di questo libro, il motivo principale per cui lo amo, è il fatto che riesca a rendere tutto ciò e che l'altro sia l'alieno e sia il terrestre. In molti romanzi i punti di vista si intrecciano. Ma in questo l'effetto è di rara potenza.


Un libro sul genere

Nell'immaginare un mondo in cui le nostre categorie mentali non fossero applicabili, Ursula immaginò un pianeta di androgini. Perché la prima cosa che spesso una persona sa di un'altra è se è maschio o femmina (la prima cosa che si chiede di un nascituro) e inevitabilmente questo incide nei rapporti, nel modo di porsi. Fu chiaro immediatamente alla stessa autrice che questa scelta spostava la sua narrazione su un piano differente, quella della riflessione sul genere. Questo è diventato IL romanzo sul genere. Non so se volevo esserlo. Di certo Ursula ha capito e accettato la sfida.

Come dicevo, ogni sinossi tende a essere sbagliata. La prima che lessi, quando avevo vent'anni, mi spaventò parecchio. Conoscevo e amavo già l'autrice e comprai il libro non potendo credere che fosse un porno spaziale come quelle poche righe lasciavano a intendere. Non lo è, infatti, nella maniera più assoluta. La questione del genere è trattata da un punto di vista molto intellettuale (persino troppo, secondo alcuni). È affidata alle osservazioni degli scienziati e a quelle del protagonista terrestre, Genly Ai, che cerca di avere alla cosa un approccio molto freddo (cerca, senza riuscirci del tutto). Meno sappiamo di cosa ne pensi il protagonista androgino, se non che a un certo punto ne è sconvolto.

Genly Ai sa che il suo lavoro consiste nell'essere ambasciatore in un mondo di androgini. Lo sa. Lo ha studiato. Eppure non lo capisce. Continua ad attribuire inconsciamente a ciascun individuo un genere preciso e questo ne sfalsa la sua percezione e i rapporti. Non può nascondere un certo istintivo disprezzo per la condizione androgina. Via via che la narrazione prosegue, le osservazioni si susseguono le une sulle altre. Questo non è un libro a tesi. Immagina e pone domande.

Quanto cambiamo nel nostro atteggiamento nel rivolgerci a un uomo o a una donna? Quanto vogliamo che le caratteristiche attribuite al nostro genere siano apprezzate? Quanto ci condiziona sapere che una donna sarà mediamente sempre meno forte fisicamente di un uomo? Quanto ci condiziona sapere che solo le donne possono partorire?

Come sarebbe una società senza tutto questo?

Le società di Gheten non sono perfette. E Ursula è figlia di un antropologo. Immagina Gheten come un pianeta gelido e il freddo condiziona le società forse più del genere. Come spesso viene notato, è difficile attribuire una caratteristica della società a una causa precisa. Però su Gheten nessuno nasce con un pregiudizio biologico. Nessuno su Gheten nasce con le etichette "più debole, dotata di istinto materno, poco portata per la matematica, portata per l'accudimento" o "fisicamente più forte, dotato per il comando e le discipline astratte, con istinto alla violenza". Tutti possono essere madre a tutti è chiesto, pertanto, l'accudimento. Nessuno ha un ruolo precluso. La società di Gheten è, anche, terribile. Ma non ci sono stupri, i bambini sono sacri per tutti e non ci sono guerre. Quest'ultimo dato è analizzato e smentito all'interno della narrazione stessa che è, anche, la storia di come qualcuno si adoperi per sventare una guerra. E tuttavia la suggestione che ci viene data è che in un mondo così paritario la sopraffazione fisica sia molto più rara che nel nostro. 

La cosa che colpisce, però, è quanto siano radicati i pregiudizi culturali legati al genere. Genly Ai è un uomo, vive da due anni su Gheten, ma ancora si aspetta che ogni interlocutore tenga conto del fatto che lui è un uomo e di ciò che questo comporta. Quando lavora con un ghetiano entra in competizione fisica e si aspetta di essere apprezzato in quanto più forte, si vergogna nel mostrarsi debole o di farsi vedere piangere. Ragiona da uomo perché è un uomo o perché gli è stato insegnato così? Il libro è del 1969. Offre molte più domande che risposte. Ma sono domande importanti. 

In questo libro è stato scelto di usare il maschile per riferirsi ai ghetiani neutri. È molto difficile immaginare Estraven, il protagonista ghetiano, se non come un "lui". Questo è parte del pregiudizio di Genly Ai, che lo pensa come un uomo. Anni dopo questo romanzo, Ursula decise di scrivere un racconto ambientato su Gheten (vado a memoria, Re d'Inverno nell'antologia Il diario della rosa) usando per tutti i ghetiani il femminile. L'ho letto. Vi assicuro che cambia moltissimo la percezione del lettore. Anche questo esperimento genera più domande che risposte. E un'unica certezza. Le parole sono importanti. Riferirci a qualcuno o a qualcosa o a una carica con il maschile o il femminile ne cambia la percezione. Ha a che fare con quella questione di immaginazione che plasma la Verità. Non è una questione oziosa.

Una questione di immaginazione

Questo libro è, per i primi due terzi, molto intellettuale e nell'ultimo terzo tutto legato all'azione e all'emotività. È uno squilibrio voluto. Questo è un libro che racconta di gente che vuole cambiare il mondo in modo radicale. Non si può portare cambiamento senza prima operare un proprio cambiamento interiore. E per cambiare il proprio modo di vedere il mondo fino a rimescolare le proprie categorie mentali ci sono alcuni passaggi da fare. La conoscenza intellettuale è il primo. Ma senza coinvolgimento emotivo non ci può essere comprensione profonda. Oggi per questa comprensione profonda abbiamo una terminologia "intelligenza emotiva". Vent'anni fa, quando lo lessi, non avevo mai sentito parlare di intelligenza emotiva e immagino che il termine fosse del tutto sconosciuto nel 1969 quando questo romanzo è stato pubblicato. Quindi Ursula se la cava con una frase bellissima, La Verità è una questione dell'immaginazione. Intende con immaginazione quell'empatia che ci permette di immaginare, sentire i sentimenti altrui fino a comprendere altre visioni del mondo. Ma questo non è facile, né indolore.

Per due terzi del libro i due protagonisti, il terrestre e il ghetiano si rincorrono, si parlano senza capirsi e si insultano senza volerlo. Senza fare spoiler, si troveranno poi, letteralmente, a trainare la stessa slitta. Isolati. Non più due alieni, ma due esseri umani che devono bastare l'uno a all'altro (o morire nel tentativo). Non sono persone qualsiasi. Genly Ai ha studiato per tutta la sua vita e ha fortissimamente scelto di essere l'inviato su Gheten. Estraven, il ghetiano ha scelto da tempo di puntare tutto sulla sincerità di Genly Ai. È anche un individuo peculiare, che riesce a infrangere due dei tre tabù che il suo popolo, straordinariamente privo di tabù, osserva. Pur con tutta la loro apertura mentale, tutti i precedenti tentativi di comprensione erano falliti. Per capire l'altro come categoria bisogna passare dal singolo e probabilmente dal trauma.  Non so se ci sia altra via, del resto quasi tutte le conversioni sono dolorose. Perché la paura dell'altro è quasi sempre paura di se stessi. Di quella parte che non vogliamo perdere, mettere in discussione per non far crollare l'idea che che avevamo di noi. Piccolo avviso spoiler. Nell'ultima parte di questo libro si piange. Almeno, io piango, tutte le volte.

Che dire ancora su questo libro? È il mio preferito. Probabilmente perché l'ho letto a vent'anni, quando cercavo una chiave di lettura per molte questioni e il tema dell'Altro mi affascinava profondamente (del resto studiavo archeologia e ero tentata proprio da antropologia culturale). E siccome sono lenta, ostinata e fedele lo amo tutt'ora. Non è un libro, ovviamente, d'azione. Chi si aspetta intrighi su pianeti ghiacciati con sparatorie e inseguimenti resterà deluso. Ha una forte componente intellettuale astratta che può risultare pedante. E tuttavia ha cambiato il mio modo di vedere il mondo. Io voglio, nell'incontrare chiunque altro, incontrare un altro essere umano e considerarlo in primo luogo come tale, cercando di dimenticarmi (anche se, proprio come Genly Ai non sempre ci riesco) di tutte le categorie preconcette che mi spingono ad etichettarlo. Dopo vent'anni continua a ritenere che sia uno sforzo che vale la pena di fare.

Qualche considerazione sulla nuova edizione

Per ragioni affettive il mio cuore rimarrà con la vecchia traduzione il cui titolo era La mano sinistra delle tenebre e che era stata letta e approvata da Ursula stessa.

Quando è uscita l'anteprima della nuova copertina ho avuto una mezza crisi isterica. Sapevo che il titolo sarebbe cambiato, ma così, con quell'impronta di mano viola mi sembrava orribile. La mano sinistra del buio - un horror tra i ghiacci. Questo era quello che mi suscitava.

Devo dire che il titolo continuo a trovarlo orribile. Mi sono state offerte spiegazioni. Non me le aspettavo e sono molto grata a Nicoletta Vallorani, che ha scritto la postafazione, di aver speso qualche minuto del suo tempo per interagire su facebook in proposito. Capisco, ma non comprendo e il titolo continua a non piacermi. La copertina, invece, dal vivo, con il viola molto meno evidente, mi sembra un pochino più presentabile. Non bella. Ma meno respingente.

Sulla traduzione in sé non ho le competenze linguistiche per sbilanciarmi. C'è una parte dell'incipit che mi genera grande perplessità (io questo incipit lo cito ovunque e quindi la cosa mi disturba parecchio), ma poi devo dire che scorre bene. Amavo la precedente, ma questa la posso tollerare. Alcune scelte però non le capisco. Siamo su un pianeta altro. Alcuni nomi sono in lingua locale, altri hanno un significato. perché questi ultimi devono essere in inglese? Perché devo avere l'impressione che ovunque su Gheten, a dispetto della varietà delle culture che l'autrice ha voluto presentarci, si parli inglese?


Se dopo aver letto tutto questo volete ancora leggere qualcosa di mio ecco in link per il 

secondo capitolo

terzo capitolo 

de L'assedio degli angeli

8 commenti:

  1. Libro amatissimo anche da me. Sono molto incerta se comprarlo nuovo o cercarlo usato. "La mano sinistra delle tenebre" è un endecasillabo, niente può suonare altrettanto bene in italiano, qualunque sia il motivo che sta dietro alla scelta di cambiare titolo.

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    1. Anche a me il vecchio titolo piaceva di più. Sono comunque stra felice che questo libro sia di nuovo disponibile

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    2. Anch'io. E devo ammettere che la poesia in esergo scorre meglio con "buio"; a quel punto inevitabilmente andava cambiato anche il titolo. Da qualche parte dovrei avere il Diario della rosa, ora lo cerco - m'è venuta voglia di rileggere anche quello

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  2. Faccio fatica a immaginare una storia in un mondo senza genere, immagino sia stata una grande sfida per l’autrice.

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    1. Enorme! Per altro ci presenta non una ma due società, diversissime tra loro.

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  3. Ricordo che ne fui entusiasta, e ogni volta che ne sento parlare mi viene voglia di rileggerlo (ma poi non lo faccio mai, lo confesso, sono un debole :D )

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    1. La nuova traduzione è una buona scusa per la rilettura :)

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  4. Letto l'anno scorso, e mi piacque molto. Sapevo, quando l'ho aperto, che era un romanzo sul gender, ma me ne dimenticai presto e confesso che per me è rimasto un romanzo sulle difficoltà dell'incontro tra le culture ma soprattutto sul potere. Il nuovo titolo... mah, ancora ancora capisco cambiare un titolo che era completamente diverso nell'originale, come "La svastica sul sole" che è tornato "L'uomo nell'alto castello", ma così è QUASI identico, e riesce solo a disturbare i vecchi lettori.
    Editori, gente strano...

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