Come vedi ti chiamo "scrittore" e non "aspirante scrittore", perché lo sei già. Lo so che lo sei già. Dobbiamo solo accorgercene noi. Con noi non intendo un noi generico "noi lettori" ma "noi pre giuria dei concorsi letterari". Chi siamo?
Siamo il tuo primo ostacolo da superare, quelli che dobbiamo stabilire se il tuo racconto non sia l'uno su mille che ce la fa, ma l'uno su dieci/venti/trenta che ha la possibilità di farcela.
Il concorso a cui stai per spedire il tuo racconto non ha una pre giuria? Cambia concorso.
Devi sapere, dunque, che i concorsi seri sono conosciuti come tale e quindi la gente partecipa. A centinaia. A diverse centinaia. Serve quindi che qualcuno inizi a separare il grano dalla pula in modo da arrivare a una rosa di finalisti (cinque, dieci, venti, dipende dai casi e dai concorsi) tra i quali la giuria, quella vera e spesso titolata, sceglierà il prescelto. L'Eletto. Siamo, quindi, il livello 1 del videogioco, il mostro appena fuori dalla locanda, il primo ostacolo che il tuo racconto dovrà superare. Per quanto il goblin zoppo sia molto più trattabile di un drago, è comunque il primo mostro da superare. Non lo puoi eludere o ingannare. E anche la sua affettacani arrugginita (tipica arma in dotazione al goblin zoppo) i suoi danni li può fare. Quindi lascia che il goblin stesso ti dia qualche consiglio.
La grammatica ti è amica. Hai la grande idea innovativa? Benissimo. Facciamo dal secondo racconto. Magari anche dal terzo. Tutti i pittori d'avanguardia sono partiti dall'accademia. Lo so, la colpa è nostra, non della tua geniale istanza di rinnovamento della lingua. Ma capiscici. Al centoquattresimo racconto ci parte l'embolo al terzo congiuntivo sbagliato. Di fronte alla punteggiatura atipica non riconosciamo il genio. I nostri vicini, però, potrebbero riconoscere la bestemmia.
È questo il concorso che stai cercando? Cioè, è molto interessante la tua introspezione esistenziale che parte da quella volta che ti sei reso conto di essere andato al lavoro con i calzini spaiati. Ma se il concorso è sul giallo devi darci un giallo. Al centosessantesimo racconto il mistero del calzino scomparso e tutta la sua metafora dello smarrimento interiore ci prende poco. Siamo gente grezza. Se il racconto è horror dacci un horror, se è fantascienza, fantascienza. Siamo gente gretta, che predilige l'ovvio e il prevedibile. Certo. Ma comunque da noi dei passare.
Qual è l'occhio che sta guardando? Chi racconta la storia? Tu? Il demiurgo onnisciente che sta sopra le pagine? Benissimo. Un narratore impersonale che segue i personaggi come un documentarista neutro che deve guardare il leone inseguire la gazzella senza tifare per l'uno o per l'altro e senza conoscere l'esito della caccia? Benissimo. Siamo dentro la testa di un personaggio e guardiamo il mondo con i suoi occhi nonostante la terza persona? Benissimo. Siamo il personaggio, è il suo sguardo che vediamo, la sua voce che sentiamo, in una sorta di estatica comunione mistica? Benissimo. Ma il minestrone no. Le montagne russe narrative in cui da dio onnisciente in tre righe ci incarniamo in uno sguardo per poi rifletterci in un altro e infine frammentarci in infinite identità? Grazie, no. Lo so, lo so, ci sono sperimentazioni, ci sono grandi scrittori. Facciamo al secondo racconto, dai. Questa volta no.
Dacci un finale che sia un finale. Il finale aperto, apertissimo, in cui sta al lettore capire chi è l'assassino, fino magari a sospettare di essere lui stesso il carnefice? Bello, ma facciamo al prossimo. L'horror vago e inquietante, così vago e inquietante che forse c'è un mostro in cantina, forse in cantina c'è un cimitero indiano, forse la cantina esiste solo nella mente del personaggio, forse il personaggio è la cantina, forse il lettore alla fine deve capire di essere una cantina? Bello, ma facciamo al prossimo. Il super paradosso temporale in cui forse il figlio ha partorito il nonno, l'uomo del futuro è stato l'avo fondatore che ha inseminato un ominide per dare origine ai sapiens, ma magari è tutto un sogno dovuto alla peperonata? Bello, ma facciamo al prossimo. Non è un racconto, ma il primo capitolo della tua grande saga in dieci volumi in cui tutto sarà chiaro all'ultima pagina delle cinquecento tre del tomo conclusivo? Abbi pazienza. Un racconto è un racconto, una cosa piccola e finita in sé. Può avere tante chiavi di lettura, un finale moderatamente aperto, ma non può essere un antipasto di un banchetto che non mangeremo mai. Siamo gretti e limitati, dici? Beh, cosa ti aspetti da un globlin zoppo?
Dacci una storia, uno sguardo o un personaggio. Possibilmente tutto di questo, ma almeno una cosa. Cosa ci rimane in testa a lettura finita? Cosa ci farà ricordare proprio il tuo racconto tra le centinaia? Basta un guizzo, un lampo d'emozione, un personaggio per cui tifare, un motivo per girare pagina. Perché ti dirò la verità. Al duecentosedicesimo racconto siamo stanchi. La tentazione di leggere solo le prime dieci righe è enorme. Siamo pigri, dici? Beh, siamo al duecentosedicesimo, direi che siamo stanchi. Siamo umani. Quindi se il tuo genio sta nel narrare la noia in modo noioso, beh, forse riuscirai ad annoiarci. Tieni desta la nostra attenzione e forse riuscirai a passare.
Dopo tutto noi siamo goblin zoppi un po' particolari. Quello che desideriamo è essere sconfitti da un racconto degno. Che ci rimanga dentro anche mesi, anni, dopo la lettura. Qualcuno a cui inchinarci e da far passare. Qualcuno di degno di andare ad affrontare i draghi.
Buona fortuna!
Piccole note finali per i lettori abituali.
Portate pazienza, ho poco tempo per tutto, compresa la web sfera. Vi penso, vi leggo anche se spesso non commento.
Per chi volesse, ecco un nuovo capitolo (ancora non passato al vaglio di nessun goblin zoppo) de L'assedio degli angeli
In realtà credo sia un'esperienza molto affascinante. Anche se, mi sembra di capire, porta via un pochino appena di tempo ^__^ E naturalmente, in qualità di lettrice non troppo amante delle sperimentazioni, condivido assolutamente tutto.
RispondiEliminaAuguri di buona Pasqua e aspettiamo con fiducia la colomba, sperando che non sia rimasta impallinata da qualche parte
Arrivo in ritardo per gli auguri e purtroppo sono brutti tempi anche per le colombe.
EliminaPer quanto riguarda il concorso, invece, è interessante a volte al limite del surreale. Per il tempo... Beh, per fortuna ho una modalità di lettura veloce molto veloce.
Mi sembrano ottimi consigli soprattutto per aspiranti scrittori, concordo soprattutto sul finale aperto.
RispondiEliminaMi irrito terribilmente quando arrivo in fondo e non capisco cosa sia successo e mi sento stupida. A volte è un limite mio, ma non sempre.
EliminaNella mia attuale esperienza come giurata (non abbiamo goblin zoppi, è un piccolo concorso) abbiamo problemi più fondamentali, tipo l'agonia del trapassato prossimo (R.I.P.) e una certa carenza di logica... ma sono ragazzi di terza media e delle superiori, quindi ci sta. Però non dimenticherò il momento in cui il protagonista di un racconto usciva dalla capanna che si era costruito nella giungla in cinque minuti e si guardava intorno pensando: "Vediamo un po' cosa c'è da mangiare qui...". ;)
RispondiEliminaUna prece per il trapassato (anche congiuntivo e condizionale non se la stanno passando molto bene). Diciamo che qui la logica di solito c'è, ma alcune cose mi fanno sanguinare gli occhi ancora a un anno di distanza. Ad esempio un racconto che iniziava con "Quegli roditori"...
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