Non finirò mai di ringraziare il gruppo di lettura che quasi ogni mese mi butta fuori dalla mia confort zone e mi porta a leggere libri che non solo io da sola non avrei mai scelto, ma di cui a volte ignoravo persino l'esistenza. A volte mi schianto contro queste letture come una canoa sugli scogli, a volte mi si aprono dei mondi. Questo è un libro del secondo gruppo.
Chinua Achebe
Le cose crollano
Appare nel 1958 questo romanzo che, pur essendo scritto in lingua inglese, racconta per la prima volta al pubblico occidentale cosa sia stato per un villaggio del corso del Niger l'incontro con la cultura europea.
Chinua Achebe scriveva, io credo, principalmente per la propria gente, per raccontare un mondo ancora vivo nella memoria dei più anziani, ma destinato a sparire per sempre, sostituito non solo dalla modernità, ma, sopratutto, da una narrazione eurocentrica. Quel tipo di narrazione che dice in primis agli africani stessi, che gli europei hanno portato la civiltà e la scienza facendoli uscire da uno stato di natura primitivo in cui vivevano come animali.
Achebe ci porta quindi in un villaggio igbo dove facciamo la conoscenza con Okonkwo, un personaggio sfaccettato e tutt'altro che primitivo. Figlio di un uomo debole e povero, Okonkwo vuole infatti diventare uno stimato capo villaggio, essere un emblema di successo e virilità. È ossessionato dall'idea di mostrarsi debole ed è quindi inflessibile con tutti, anche con se stesso. È violento con le mogli, ma allo stesso tempo ama teneramente la figlia più cagionevole, è incline a scoppi d'ira, ma si sottomette senza proteste alle leggi del clan. Seguendo l'ascesa di Okonkwo entriamo nel suo mondo. Si tratta di una società tribale perfettamente funzionante. Il mondo degli uomini e quello delle donne hanno sfere d'influenza diverse. Coltivazioni maschili e coltivazioni femminili, culti e leggi differenziate. Una società che non si può definire "primitiva", ma è stratificata e complessa. Ha durezze difficilmente comprensibili per noi, i gemelli che vengono abbandonati nella foresta, le dispute tra clan risolte con il sacrificio di un ragazzo. D'altro canto una donna maltrattata può ricorrere contro il marito o anche ripudiarlo. Il tocco del grande scrittore fa sì che tutta questa parte non sia per nulla noiosa. Il romanzo conta meno di duecento pagine, e l'autore riesce a prendere il lettore per mano e fargli percepire come assolutamente naturale il mondo di Okonkwo. I numerosi termini in lingua igbo sono ben contestualizzati e quasi non è necessario utilizzare il glossario finale.
A causa di un omicidio involontario Okonkwo rimane in esilio sette anni. Al proprio ritorno scopre che i missionari bianchi sono giunti nel suo villaggio. E le cose crollano.
I missionari, esattamente come gli abitanti del villaggio, sono sempre descritti come individui. C'è chi cerca di capire la cultura locale, chi si pone come autorità superiore, chi impone leggi che neppure vengono spiegate. Non è uno scontro violento, non è un'invasione. E tuttavia le cose crollano ugualmente. Tutta la società tradizionale si basava sul sacro, erano gli dei e gli oracoli ad amministrare la giustizia e a regolare i conflitti. Se la sfera del sacro viene messa in discussione anche la violenza non è più arginata. Crollano i tabù. Persino il serpente sacro può essere ucciso. Achebe è molto attento a non distribuire merito o colpe. I gemelli vengono salvati, i fuori casta vengono accolti nella chiesa, ma tutta la società tradizionale non può che soccombere, e Okonkwo con essa.
La lettura di questo romanzo mi ha profondamente affascinato e ne è evidente l'importanza storica. È stata la prima volta che nel panorama letterario in lingua inglese un africano raccontava la propria gente dal proprio punto di vista. I personaggi de Le cose crollano non sono eroi, non sono vittime e non sono selvaggi. Sono semplicemente persone, esponenti di una cultura altra che finirà schiacciata dal colonialismo. Il tutto è raccontato con una prosa estremamente scorrevole e moderna. Tutti noi del gruppo di lettura abbiamo approcciato il libro con un certo timore. L'età del testo e la distanza culturale ci faceva temere in classico "mattonazzo" e invece ce lo siamo bevuti tutti d'un fiato. Achebe è un grande scrittore, di quelli in grado di rendere accessibile qualsiasi narrazione. A tutto si aggiunge l'urgenza comunicativa. Abbiamo discusso sull'intento dell'autore. Probabilmente ne aveva più di uno. Achebe scrive negli anni '50 di eventi di sessant'anni prima, di un mondo già scomparso di cui stavano sparendo gli ultimi testimoni. C'è, per certi versi, la stessa urgenza delle testimonianze della seconda guerra mondiale, la consapevolezza che quello era l'ultimo momento utile per raccontare qualcosa di cui si rischiava di perdere la memoria per sempre. È un libro necessario. Lo era quando è stato scritto, ma lo è ancora.
Voi lo avete letto?
Che rapporto avete con la letteratura africana?
Se invece volete leggere qualcosa di decisamente più disimpegnato, ecco il nuovo capitolo de L'assedio degli Angeli
non ho letto nulla di letteratura africana, prima o poi devo cominciare, credo che in questi casi la lettura comporti la possibilità di imparare cose nuove e ampliare la propria cultura
RispondiEliminaDecisamente. Io ti consiglio di partire proprio da questo romanzo
EliminaGoogle è ancora incerto sulla mia identità e rifiuta di riconoscermi come blogspot e la vita è complicata per noi dame hejan che vorremmo solo coltivare la nostra raffinata interiorità.
RispondiEliminaHo letto "Le cose cadono" qualche anno fa, prima della malattia, ma non ho ancora continuato la trilogia. Senz'altro un bel romanzo, anche se non molto allegro - non tanto nel tono quanto perché chi legge sa benissimo come va a finire la storia e insomma per prendere il secondo romanzo della trilogia dovrei trovare un momento in cui riesco a sopportare i sensi di colpa... Per chi non soffre di questo problema è una lettura più che consigliata!
Infatti anch'io sono indecisa se continuare o non la trilogia perché ho il sospetto che il proseguo sia ancora più cupo... Ma magari mi sbaglio.
EliminaE sono Murasaki, ero convionta di averlo scritto in apertura :(
RispondiEliminaAnche questo romanzo dunque ambientato in Niger. Credo di averlo visto fra le proposte di libri in Instagram. Io finora mi sono addentrata in questo scenario nuovo con Americanah di Ngozi Adichie. È stata un'esperienza che consiglio a tutti.
RispondiEliminaUn'amica esperta di letteratura africana ci diceva che la Nigeria è lo stato a sud del Sahara meglio rappresentato e i cui libri più facilmente sono stati tradotti e apprezzati in occidente. Probabilmente il merito è anche di questo autore che ha dimostrato al mondo che la letteratura nigeriana esiste e ha intessuto contatti editoriali di cui ancora oggi si vedono i frutti.
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