Ecco qui.
Quella che si vede in fotografia è la schermata dell'ultima pagina del romanzo che venerdì ho inviato al Premio Urania, il principale concorso italiano per romanzi inediti di fantascienza.
Mentre preparavo la busta mi ha colto una sensazione di malessere inusuale. La sensazione che questo sia il mio ultimo tentativo a disposizione. Perché la vita mi incalza sempre più e c'è un limite alle energie che si possono incanalare in qualcosa che, il più delle volte mi da come risposta: "brava, ci sei quasi". Probabilmente la sensazione è dovuta per lo più alla stanchezza che sto provando in questo momento, che nulla a che fare con la scrittura. Forse c'è anche un po' del retrogusto dell'attesa del responso dell'ultimo concorso a cui avevo partecipato (vedasi due post fa) che ancora una volta mi ha detto che il traguardo era lì, abbastanza vicino a poterlo toccare, quasi.
Tutto ciò è ingiusto nei confronti del romanzo che stavo inviando, che è il mio primo tentativo di romanzo di fantascienza e che quindi non deve vedersela con nessun pregresso. Anzi, dovrei amarlo per quello che è: un esperimento che può funzionare oppure no.
La cosa che onestamente dovrei dire che la fantascienza è il genere più faticoso che abbia mai sperimentato.
Il giallo richiede rigore, il fantasy attenzione ai dettagli e inventiva, la fantascienza richiede dedizione. Più dedizione di qualsiasi altra cosa.
Quello che invio è il testo su cui ho lavorato di più in assoluto, conta quattro revisioni complete e due parziali e probabilmente ne necessiterebbe una terza.
Ho già scritto di fantascienza, qualche mese fa su Urania è uscito un mio racconto, ma un romanzo pone delle difficoltà tutte diverse e, almeno di questo caso, di un ordine del tutto differente.
La fantascienza, è lapalissiano dirlo, unisce il fantastico alla scienza. Ha cioè una base di plausibilità che non può essere trascurata. È un genere che lavora sul perché delle cose.
In un fantasy fatto bene bisogna ragionare sul ruolo di ogni elemento: qual è la nicchia ecologica dei draghi? Come mangiano, quanto mangiano? Cosa comporta a livello ecologico, storico ed economico il fatto che un drago debba mangiare così tanto? Però tendenzialmente si può evitare di soffermarsi sul fatto che a livello meccanico un drago in realtà non possa volare. Una bestia di quelle dimensioni risulta troppo pensante per alzarsi da terra. In un fantasy i draghi possono valere. Anche senza ali.
Ecco, nella fantascienza questo non può capitare. Bisogna sapere perché i draghi volano. Come possiamo risparmiare peso, quanto grandi devono essere le ali? E se sputano fuoco perché lo fatto? Quali sono i processi chimici che portano alla produzione di fiamme. Non importa se il drago appare tanto o poco. Nel fantasy bisogna preoccuparsi delle conseguenze del drago, nella fantascienza il drago va spiegato. Ma, ovviamente, non bisogna appesantire la narrazione con la suddetta spiegazione.
La fantascienza, ho scoperto, è un genere che vive di dettagli e che richiede dedizione totale.
Per questo romanzo ho fatto una revisione per le basi scientifiche generali su cui si basa la storia. Ho fatto una revisione per la plausibilità dei costrutti sociali. Ho fatto una revisione per l'aspetto biologico. Venerdì sera, giorno dell'invio, ero ancora lì che mi interrogavo sull'infiammabilità di alcuni gas. Ci sarà magari un modo per cui degli organismi viventi possano produrre elio?
Da questa esperienza di scrittura la mia stima per i grandi della fantascienza è cresciuta in modo esponenziale. Perché capisco il lavoro di introspezione psicologica, la ricerca stilistica dei grandi della letteratura, ma forse non si ha davvero idea del mazzo che deve farsi l'autore di fantascienza per costruire i suoi futuri lontani. Non ho mai scritto niente che richiedesse questa mole di documentazione. E, attenzione, uno dei miei romanzi editi è ambientato nel 1881/1882, fatto con in mano le carte geografiche dell'epoca e incentrato sulle innovazioni tecnologiche di quegli anni. Per questo ho letto alcuni saggi di fisica quantistica, ho cercato di approfondire alcuni aspetti della teoria della relatività e mi sono guardata tutta una serie di documentari sulle plausibili forme di vita extraterrestri.
Quando di questo è approdato sulle pagine? Molto poco in realtà.
Mi intrigano alcune sperimentazioni degli ultimi anni (come La quinta stagione) dove l'aspetto fantascientifico "classico" non è, almeno a una prima lettura, preponderante. Dove la storia, le dinamiche sociali e tra i personaggi prendono decisamente il sopravvento. Un mondo narrativo dove la fantascienza sociale incontra il romanzo d'avventura e i personaggi contano più del "e se" della fantascienza classica.
Quindi alla fine quello che ho scritto è un romanzo di fantascienza che termina con una citazione dalla Divina Commedia, che sembra molto poco fantascienza, senza astronavi o super computer.
Non so ovviamente come andrà, essendo un esperimento è plausibile che possa non essere riuscito e anche il mio piccolo gruppo di lettura mi ha dato giudizi contrastanti ("è strano", "non si capisce bene che sia un romanzo di fantascienza").
Però ci provo. Ancora una volta. Magari per l'ultima volta. Però ci provo ancora.
Alla fine tutti sogniamo di tornare a riveder le stelle.
L'importante è provarci sempre, non capisco perché dovrebbe essere l'ultima, fin quando c'è la passione perché smettere, in fondo è anche per quello che si scrive. In bocca al lupo :)
RispondiEliminaBeh, è piuttosto diverso scrivere per passione e farlo cercando di rivolgersi a un grande editore. È un po' come praticare sport per divertirsi e tentare di entrare in nazionale, l'impegno e il tempo da dedicare cambiano e a un certo punto bisogna decidere cosa fare. La passione e la scrittura faranno sempre parte di me, il tempo e le energie per preparare un romanzo per un concorso importante, beh, quello è un altro discorso.
EliminaIn effetti (e lo posso dire, avendo alle spalle 6 romanzi di quel genere) la fantascienza richiede un rigore che altri generi non richiedono; una coerenza ferrea e guai a perdere di vista qualche dettaglio! Ti faccio i migliori auguri per il Premio Urania (io ci ho provato due volte, ma è andata buca...).
RispondiEliminaCiao!
Crepi il lupo!
EliminaCapisco la fatica e la sensazione data dalla vita che incalza sempre più, un romanzo di fantascienza deve essere molto impegnativo, concordo pienamente sulla fiducia, credo che tu abbia i numeri per potercela fare per questo ti auguro con affetto sincero in bocca al lupo!
RispondiElimina:)
EliminaImmagino la mole di lavoro, proprio perché ogni dettaglio deve avere una sua spiegazione plausibile, benché legata all'immaginazione. Quello che trovo interessante nella fantascienza è sempre lo sguardo sull'uomo, sui mondi possibili e il loro deragliamento. Questa grande metafora delle possibilità umane. In bocca al lupo, Antonella.
RispondiEliminaAnche a me interessa quello della fantascienza. Io già vado in crisi con le auto: figuriamoci se capisco qualcosa del funzionamento di un'astronave!
EliminaSono Murasaki. Spero che tu sia piacevolmente scomparsa perché stai scrivendo, oppure perché le feste ti hanno ingoiato nei loro piacevoli ingranaggi...
RispondiElimina(In tutti i casi: AUGURI!)
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