Di solito cerco di tenermi lontana dalle ultime polemiche, riservando il blog allo scopo per cui è nato, parlare di di libri ed i scrittura. Tuttavia, da ex atleta, educatrice e appassionata di sport, mi sento di dire la mia su quanto sta succedendo (non solo) nella ginnastica ritmica.
I fatti sono noti a tutti, credo. Non una, ma una serie di atlete, facenti parti della nazionale della ginnastica ritmica, in alcuni casi con importanti palmares alle spalle, hanno accusato gli allenatori di essere state vessate e derise e oggetto di pesantissime pressioni psicologiche. Al centro spesso il peso, eccessivo di pochi etti, motivo che giustificava pubbliche derisioni. A pioggia stanno uscendo tante altre segnalazioni, spesso relative a centri tecnici assai meno blasonati, con oggetto anche delle bambine. Personalmente non credo neppure che la situazione sia circoscritta alla sola ginnastica ritmica.
Per approfondire il discorso, è necessario fare alcune necessarie premesse. Lo sport agonistico è un affare crudele. Non lo si fa per divertirsi (o non solo) né per rimanere in salute, l'obiettivo è portare risultati. Il proprio corpo è il proprio strumento di lavoro e pertanto bisogna averne una cura maniacale. A volte, tuttavia, nonostante tutta la passione, l'impegno e i sacrifici non si è conformi alle aspettative. Io insegno alle medie e la fascia d'età 11-14 anni coincide per molte discipline al momento in cui si inizia a fare sul serio. Nonostante mi sembra che l'atteggiamento degli allenatori sia in generale incoraggiante e sempre più società accolgono volentieri i ragazzi e le ragazze che vogliono continuare a praticare pur senza far parte del gruppo d'élite, ogni anno qualcuno vive il piccolo dramma di non essere più titolare, non venire più convocato, non essere più all'altezza. L'agonismo purtroppo non fa sconti e andare avanti significa mettere la pratica prima delle amicizie, il divertimento e in molti casi anche lo studio. Significa sottoporsi a diete e conoscere la realtà dell'infortunio. Lo so, ci sono passata, dai 15 ani 20 anni tutte le mie giornate erano focalizzate sugli allenamenti e le gare e tutto il resto si incastrava dove si riusciva, se si riusciva. Per chi fa questa vita, gli allenatori sono dei. Il loro compito specifico è portare l'atleta oltre quelli che riteneva i propri limiti e alcuni per farlo ritengono che ogni mezzo sia lecito. Per fortuna il confine tra rigore e prevaricazione ai più è chiaro.
La seconda premessa è che il peso è un fattore non secondario in molte discipline non solo nella ginnastica ritmica. Il mio amato pattinaggio di figura è spesso scossa da scandali simili (alcune pattinatrici hanno rilasciato interviste agghiaccianti). Essere leggeri è un vantaggio in moltissime discipline, se ci pensate di sicuro non avete mai visto un maratoneta che non fosse magrissimo, così come un saltatore d'asta.
La terza premessa è che, secondo me, in qualsiasi gruppo umano un 10% di cretini è endemico. In qualsiasi sport almeno il 10% degli allenatori, quindi, è un cretino e si permette comportamenti inappropriati, tanto più pericolosi perché rivolti per lo più a giovani o a giovanissimi. In generale lo sport è, da questo punto di vista, assai meno controllato dell'educazione. Un allenatore può permettersi frasi e comportamenti che porterebbero enormi guai a qualsiasi insegnante o educatore.
Detto questo, le interviste delle ragazze che ho letto hanno delle specificità, che ritrovo in interviste analoghe di pattinatrici artistiche (sopratutto estere) e di ginnaste (per lo più estere). Ci sono delle condizioni, a mio avviso, che rendono alcuni ambienti più a rischio di altri e, in realtà poco hanno a che fare con le caratteristiche della disciplina.
Innanzi tutto le vittime sono sempre ragazzine molto giovani. Sempre femmine. Eppure il peso è importante in un sacco di sport. Ma ecco, ora immaginate la scena. Campo di atletica, un saltatore d'asta barbuto sui vent'anni o più, a cui venga detto di togliersi i pantaloni e correre in modo che tutti possano vedere il suo "grasso sedere da maialone". Come prosegue la scena nella vostra mente? Probabilmente con l'asta usata per malmenare l'allenatore o gli sguardi perplessi, tutt'altro che complici degli altri atleti presenti. Al saltatore verrà probabilmente spiegato perché deve perdere peso e gli verrà fatto conoscere un nutrizionista. Sempre che la perdita di peso sia la questione. Perché la questione a me sembra sia il potere, e la sudditanza psicologica in cui queste giovani donne devono stare. A 15, 16, 17 anni una ragazza è un soggetto debole che si controlla con più rapidità e più efficacia tramite la paura e l'umiliazione. Il peso è solo un pretesto facile e a portata di mano. Pesare un'atleta 4 volte al giorno è del tutto inutile a qualsiasi fine pratico, serve solo a tormentarla. Le ragazze, poi, ahimé, reagiscono "meglio" a questi trattamenti. Sono più resilienti, più inclini a sentirsi in colpa, meno pronte a denunciare dei coetanei maschi, che è più facile che se ne vadano sbattendo la porta (magari da tecnici più sensati).
La seconda cosa che mi salta all'occhio è che in questi casi le ragazze in questioni vengono sempre trattate come se fossero intercambiabili. L'importante non sono loro, è la squadra. Le vittorie sono della squadra, dello staff, non loro. C'è un ricambio veloce al vertice e le ragazze sono messe le une contro le altre per primeggiare anche a scapito delle più elementari norme di autoconservazione. Attenzione, se si ha davvero trovato "un metodo" questo è un sistema estremamente efficace. Le ragazze vendono spremute per non più di un paio d'anni fino al totale logoramento psicofisico e poi si passa ad altre. Gli allenatori stroncano sul nascere delle personalità dominanti, le star sono loro, i tecnici, non le atlete, la cui autostima deve anche per questo essere tenuta bassa. Le atlete non devono mai pensare di essere uniche e speciali, in caso contrario detterebbero legge, esprimerebbero personalità e i rapporti di forza verrebbero rovesciati. Questo sistema non prevede stelle che brillino per più di un paio d'anni, atlete simili non sono né cercate né desiderate. Per questo l'infortunio non è un momento spiacevole ma fisiologico della vita dell'atleta, ma un errore imperdonabile dell'allieva da scartare. Non c'è il tempo materiale per attendere il fisiologico recupero. La scuola, lo staff non aspettano, un'altra medaglia, vinta da un'altra atleta deve essere appesa alla bacheca.
In conclusione, no, queste accuse non vanno prese alla leggera. Ma hanno poco a che fare con la disciplina in sé, quando con il disturbo narcisistico di persone messe in condizioni di potere. Le ragazze sono "vittime perfette", giovani, con una scarsa propensione alla denuncia, una bassa autostima e un disperato desiderio di compiacere gli allenatori. Proprio per questo non credo che siano casi circoscritti allo sport di vertice.
Due consigli, quindi, per i genitori che si trovino a instradare i pargoli allo sport. La ginnastica ritmica, il pattinaggio e qualsiasi altro sport ritenuto "a rischio" sono discipline bellissime e non c'è nessun motivo razionale per starci lontani. Però, in qualsiasi disciplina, ci si può porre alcune domande. Come sono trattati gli atleti non di vertice? C'è spazio per loro, hanno la possibilità di continuare per puro divertimento? Com'è il clima all'interno della squadra? Come vengono trattati gli atleti infortunati? C'è attenzione, ci sono medici e fisioterapisti convenzionati o sono considerati una colpa dell'atleta? È possibile assistere agli allenamenti?
E per chi pensa che tutto sommato un allenatore sia giustificato ad andare un po' oltre per amore di risultato, lascio le parole di un'allenatrice di uno stato notoriamente cattivissimo, la Russia, Tamara Moskvina, che a più di ottant'anni è ancora in grado di guidare i propri pattinatori verso le medaglie olimpiche: "Ritengo di avere una proprietà di linguaggio tale da riuscire a spiegare cosa non vada nell'esercizio di un allievo senza scadere mai nell'insulto".
Io quasi quasi questo post lo leggo in classe, per Civica. Ufficialmente parla di sport, ma io ci vedo soprattutto la questione femminile e l’ansia da prestazione, e trovo che parecchi dei miei ragazzi potrebbero trarne importanti spunti di riflessione. Si può? In caso, ti cito per nome o come Inchiostro? Murasaki
RispondiEliminaUna storia raccapricciante, sì. Una storia che mi ha fatto adirare perché sospettavo quello che tu scrivi, conta non il singolo ma la squadra, il team, la federazione. Il singolo che deve annullarsi per il blasone. Ma voglio andare oltre, mettiamo che questo sia il sistema e dobbiamo accettarlo come tale. Bene, allora le selezioni sono durissime, devono esserlo, chi entra sa che deve sottoporsi a regole ferree. Del resto è lo stesso sistema della danza classica, non stupisce. Quello che fa inorridire è il metodo. L'annullare chi ti sta davanti, ragazzine nel fiore degli anni, fragili, e coprirle di insulti. È come se io nel mio laboratorio teatrale applicassi sistemi nazisti per il raggiungimento di una performance di eccellenza (il che è pour parler, perché non si gareggia né siamo professionisti del settore sportivo). Lo sport sta diventando una cosa che mi piace sempre meno. Alla fin fine ha pienamente ragione l'allenatrice russa, gente che non possiede le parole per dirlo scade nello scurrile. Io fare chiudere tutte le palestre sospettate di questo sistema sporco.
RispondiEliminaNon credo che lo sport stia diventando peggiore, anzi. Il fatto che ora si denunci è un grande passo in avanti. Nella maggioranza dei casi le allenatrici abusanti sono state a loro volta atlete abusate e non conoscono un altro modo per raggiungere i risultati. Oltre tutto questa situazione specifica ha delle caratteristiche. Ci sono delle persone in posizione di potere con un evidente disturbo della personalità e delle ragazzine giovani, lontane da casa, che desiderano disperatamente eccellere. Ci sono molte situazioni extra sportive (tu hai citato il balletto, io aggiungere i conservatori, le scuole d'élite...) in cui possono crearsi le stesse condizioni. È questo che mi fa arrabbiare. Non c'è alcuna motivazione legata allo sport per questi comportamenti. Pesare una ragazza quattro volte al giorno non ha alcun fine pratico, ad esempio. Le ragazze in quelle condizioni sono soggetti deboli e qualcuno ha approfittato di quella debolezza.
EliminaQuesta storia fa davvero venire i brividi, ma come affermi, ce ne sono probabilmente molte altre nel campo dello sport. Che lo sport implichi sacrificio è un concetto assolutamente necessario ma ottenerlo con le umiliazioni, denigrando delle ragazze giovanissimi è un abuso di potere. Mi piace molto la frase dell’allenatrice russa, è importante spronare senza scadere nell’insulto, è un confine neanche troppo sottile che nessuno dovrebbe superare in qualsiasi ambito, a maggior ragione quando si ha a che fare con giovani menti che resteranno segnate per sempre.
RispondiEliminaCe ne sono sicuramente molte altre e non solo nel campo dello sport. Per molti terrorizzare è più facile che non valorizzare.
EliminaCome dici tu, penso che tutto dipenda da cosa si intende per sport: un fine (lo faccio perché mi fa stare bene, è una pratica sana che trasmette valori) o un mezzo per procacciare medaglie e gloria alla società/istruttore/insegnante?
RispondiEliminaPer dire, quando ero alle medie, la prof di ginnastica si dedicava solo alle quattro-cinque ragazzine che frequentavano il suo corso di hip hop. Le portava in un angolo della palestra e faceva provare le coreografie per durante tutta l'ora di lezione, mentre il resto della classe era libero di fare quello che voleva. Ecco, questo di certo non è un abuso, ma è un atteggiamento che esprime - e trasmette ai ragazzi - una certa concezione dell'attività sportiva: se non vinci, se non brilli, lo sport è inutile.
Una mentalità che, purtroppo, ho ritrovato in quasi tutti gli ambienti sportivi frequentati negli anni successivi (pallavolo, judo, equitazione). Quella sensazione umiliante di esclusione me la porto addosso da allora, e oggi sono allergica agli sport. Un enorme peccato.
Ho già molta paura per mio figlio, che è un bambino molto sensibile al giudizio degli altri (all'asilo si rifiuta categoricamente di disegnare perché dice di non essere capace). Speriamo incontri istruttori in gamba...
Io ho vissuto lo sport agonistico fino al primo anno di università e ad un certo punto è evidente che bisogna iniziare "a fare sul serio". Non dimentichiamo che lo sport rimane ancora uno dei pochi ambienti in cui l'eccellenza è premiata e che spesso si traduce anche in sbocchi professionali. In Italia anche gli sport minori danno accesso ai gruppi sportivi delle forze dell'ordine da cui poi deriva un inquadramento lavorativo. Però a quel "fare sul serio" bisogna arrivare a un'età in cui sia davvero scelta consapevole dell'atleta. In un mondo ideale ci dovrebbe essere spazio per tutti, per chi vuole raggiungere l'élite e chi vuole semplicemente divertirsi e stare bene. Ma in ogni caso, anche se si punta all'élite, ci sono dei limiti che non devono e non si possono superare. Quando facevo atletica ero terrorizzata da un'allenatrice che insultava sistematicamente le atlete durante le gare. Dal momento che una delle sue atlete era più o meno al mio livello mi sentivo anch'io tutti gli insulti rivolti a lei dato che le passavamo davanti in contemporanea. Io ho avuto allenatori esemplari sotto ogni aspetto, dal rispetto della persona allo stabilire con l'atleta degli obiettivi concordati (io ho sempre messo in chiaro che per me lo studio veniva prima). La riflessione fatta in quegli anni era proprio che le atlete di quell'allenatrice non avevano alcun vantaggio rispetto a noi. L'insulto non ha portato alcun valore aggiunto. L'unica differenza è che io (e credo di parlare per tutta la mia squadra) non sono mai andata ad allenarmi con paura dell'allenatore, ma spinta dal piacere di mettermi alla prova.
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