Per tre volte il Lombardia nell'ultimo periodo abbiamo avuto neonati trovati nelle culle termiche o comunque lasciati alle forze dell'ordine e un neonato trovato morto. Di questi neonati sappiamo quasi tutto, il peso, l'etnia, lo stato di salute, il colore degli occhi, le parole lasciate per loro dalla madre biologica, il nomee dato loro dalla madre biologica o dal personale ospedaliero. E questo non va bene NON VA BENE. Perdonatemi se da prof salgo in cattedra, del resto è il mio lavoro, e spiego a spiegare il perché.
Perché non è giusto divulgare i dati dei neonati trovati nelle culle termiche o lasciati dopo parto in anonimato o trovati in altre circostanze?
Per una serie di motivi validi.
1 - Il bambino è un individuo e i dati sensibili di qualsiasi individuo diffusi solo col il consenso suo o del suo tutore o di chi esercita la patria potestà. Se ve lo state chiedendo, il personale ospedaliero non appartiene a queste categorie, il tutore lo stabilisce il giudice ed è preferibilmente una persona con competenze giuridiche. Questo è un principio basilare. Vorremmo che qualcun altro di diverso da noi famigliari diffondesse le foto del nostro neonato prima ancora che i genitori abbiano la possibilità di avvisare i parenti del lieto evento? Ricoverati in ospedale vorremmo che un estraneo diffondesse informazioni sul nostro peso, la qualità del nostro sonno e il nostro stato di salute? Un neonato senza nessuno che ne eserciti la patria podestà è indifeso anche su questi diritti fondamentali.
2 – Tracciabilità. Intorno a questi neonati si è acceso un interesse che non è detto che sia sano. C'è chi ritiene che il bambino dovrebbe essere adottato da loro. C'è chi ritiene che siano stati strappati ingiustamente alla madre. Lo capiamo che esporre dati che li rendono riconoscibili (data di nascita+luogo di nascita+nome) li mette in pericolo ora e in futuro? Lasciamo perdere i casi limite. La tracciabilità non va bene. Non si può crescere con l'etichetta "io sono Enea, quello lasciato nella culla termica". Presto Enea andrà al nido, all'asilo e, mantenendo il nome (non lo manterrà), con quella data di nascita, sarà facile ricordare che è proprio quel bambino. Tra tre anni lui sarà all'asilo e la nonna benintenzionata della compagna all'uscita potrà uscirsene con "ma alla fine la tua vera mamma è tornata?". Pensate che non possa accadere? Siete ingenui. Pensate che comunque lui sia piccolo e non possa capire? Mia figlia a tre anni in una chiesa mi ha chiesto di spiegarle cos'è il Diritto d'Asilo (aveva visto mesi prima Il gobbo di Notre Dame). Infine, queste notizie sono ormai sul web. A che età può venire la curiosità di controllare cosa è successo il giorno in cui si è nati? A sette, otto anni? Sei? Che effetto fa trovarsi sommersi da una massa di articoli sulla propria nascita, sbattuti in prima pagina? (I bambini non dovrebbero avere accesso al web è un'altra bella favola che non comprende nonni, amici più grandi, cuginetti più grandi, baby sitter disperate e altre casistiche).
Perché non è giusto divulgare le lettere lasciate dalle madri biologiche?
Perché quelle parole sono forse l'unica cosa che questi bambini avranno della loro madre biologica. Vi sembra giusto che migliaia di persone le abbiano lette prima di loro su un giornale? Voi vorreste leggere dopo migliaia di persone le ultime parole per voi pronunciate da uno di vostri genitori? Davvero?
Il fatto che siano state lasciate delle lettere vuol dire che la madre biologica vuole ripensarci? Non lo so. È l'autorità giudiziaria che deve indagare, non l'Ezio Greggio della situazione non un appello in prima serata. Vi assicuro che non è così raro che una donna che non voglia crescere il figlio che ha partorito (possibilità garantita dalla legge) lasci qualcosa. Sta al giudice decidere cosa farne e di solito le scelte sono due. Creare un fascicolo segretato in tribunale a cui l'(ex)bambino accederà al compimento dei 25 anni (se vorrà). Oppure affidare quelle parole ai genitori adottivi, che le passeranno al figlio nei tempi e nei modi che riterranno più opportuno. Non so e non sta a me sapere cosa porti a una decisione o all'altra. Ma so che la può prendere solo il giudici (in dei tempi, quindi, che sono più lenti di quelli giornalistici) e che le parole di una madre biologica che sta rinunciando alla propria potestà genitoriale non devono essere lette da chiunque.
Ma la madre biologica può ripensarci?
Sì, ha venti giorni di tempo. Dopo di che il bambino viene dichiarato adottabile. Esiste un'ulteriore tempo entro cui altri parenti possono farsi vivi, dopo di che l'adozione diventa definitiva. Molti tribunali scelgono di far stare il bambino in ospedale, comunque accudito, per i venti giorni, altri di affidarlo subito a una coppia. In alcuni casi la coppia è già quella che diventerà la famiglia adottiva, in altri casi è una coppia che ha dato apposita disponibilità per essere "famiglia ponte" e aiutare il tribunale in queste situazioni (si tratta di famiglie ben consapevoli del loro ruolo, che hanno dato una specifica disponibilità ad affidi brevissimi).
Ho letto che il tribunale ha imposto di cambiare il nome a Enea. Non è ingiusto?
Sì, ma è il male minore. Intorno a questo bambino si è creato un interesse morboso e per proteggerlo è bene spostarlo lontano da Milano e cambiargli il nome. Se il suo nome non fosse stato divulgato non sarebbe stato cambiato e al giusto momento avrebbe saputo che chi l'ha messo al mondo l'ha pensato con quel nome.
Questi articoli almeno servono a diffondere la conoscenza delle culle termiche...
Certo, ma allora parliamo di culle, non di neonati. La culla però attira meno like.
È importante che si sappia delle culle termiche...
Sì, ma è ancora più importante sapere che si può partorire in anonimato in ospedale. Senza rischi, con assistenza medica per sé e per il neonato. Mi sembra meglio. La culla termica è l'estrema razio, deve esistere ed è giusto che si sappia. Ma ci sono altre possibilità. Nessuna donna deve essere obbligata ad essere madre e pertanto deve poter partorire in sicurezza.
Ma almeno questi bambini avranno una famiglia?
Sì, grazie al cielo. Una famiglia che i servizi sociali hanno formato, con, si spera, un supporto psicologico ad hoc per loro e per il bambino. E se la madre biologica si rifacesse viva interranno i servizi sociali per capire cos'è meglio per il bambino.
E quindi come ne devo parlare di questi eventi?
Come ti pare, ma ricordando che i bambini sono individui.