domenica 26 febbraio 2023

Parole mobili e parole inamovibili - La mia opinione sul caso delle correzioni a Roald Dahl


 Mi inserisco di nuovo a gamba tesa in una polemica in corso per esporre la mia ininfluente opinione.
Il caso è questo. Le nuove edizione alle opere per ragazzi di Roald Dahl, il famoso autore de La fabbrica di cioccolato conterranno delle modifiche linguistiche (non ci saranno parole come "grasso", "brutto" o "nano") e, almeno in un caso, contenutistiche. La protagonista del libro Matilda, ad esempio, da oggi in poi leggerà Jane Austen e non autori maschi in odore di colonialismo.
La scelta è motivata dal fatto che Dahl è sì un eccezionale scrittore per bambini e ragazzi, ma non sempre politicamente corretto, anzi, per dirla tutta alcune sue opinioni erano del tutto censurabili. Si vuole quindi proporre ai ragazzi di oggi testi che non usino difetti fisici come spregiativi e portino messaggi positivi e più inclusivi.
La polemica è scattata per due motivi. I cambiamenti sono stati fatti sugli originali e non su edizioni ridotte, adattate o tradotte. Inoltre le nuove versioni saranno a breve le uniche in commercio. In altre parole la nuova versione sostituirà del tutto quella vecchia e non sarà possibile recuperare i testi originali.

Menti migliori della mia hanno già affrontato la questione in lungo o in largo e, tuttavia, mi sembra che le varie argomentazioni proposte abbiano mancato un punto.
Ho cercato di guardare la questione da un'angolazione leggermente diversa.
Il punto per me non è che queste modifiche sono state fatte. Testi ridotti e adattati sono sempre esistiti. Da ragazzina tutti i Dumas che ho letto erano in versione ridotta e adattata. Nessuno sano di mente darebbe i Tre Moschettieri in versione integrale a una bambina di nove anni. Più avanti ho avuto accesso agli originali e infine ho avuto in mano anche la versione in francese. La cosa inquietante è che le modifiche sostituiscono del tutto l'originale. Mettiamo il caso le vecchie edizioni pian piano spariscano. La nuova versione sarà l'unica nota. Matilda avrà letto sempre e solo Jan Austen. Se da un lato mi intriga la visione di un filologo del futuro che ricostruisce il testo de La fabbrica di cioccolato come si fa con un'opera parziale di Aristotele, dall'altro mi inquieta.

In quali casi un'opera viene modificata in via definitiva senza il consenso dell'autore?
Nel campo delle arti figurative gli esempi non mancano. Basti pensare alle famose foglie di fico che di fatto tante opere le hanno salvate, rendendole tollerabili. 
Ma in letteratura?
Nessuno, mai, modificherebbe in via definiti Dante o Manzoni. 
Qualcuno potrebbe obiettare che Dante o Manzoni si riferiscono a un pubblico adulto, che a quindi più strumenti per contestualizzare l'opera.
Io rispondo che forse c'è un altro motivo. Dante o Manzoni sono considerati letteratura. I loro libri hanno un valore estetico. Pertanto le parole che li compongono sono inamovibili. Possono essere tradotti, ovviamente, adattati e ridotti, ma non modificati in originale
E Dahl?
Beh, Dahl scrive per bambini, suvvia. Non importa che La fabbrica del cioccolato sia in giro dal 1964, costantemente edita e letta, mentre un sacco di romanzi vincitori di importanti riconoscimenti siano stati nel mentre del tutto dimenticati. Che valore estetico potranno mai avere le sue parole? Insomma, non è proprio letteratura.
Se fatichiamo a riconoscere una validità letteraria e quindi estetica alla letteratura di genere, alla fantascienza, al giallo, vorremo mica porci il problema per la letteratura per l'infanzia.
Perché è evidente: se un libro è considerato letteratura, le parole con cui è stato scritto sono importanti. Anche quando solo disturbanti. Anche quando sono palesemente obsolete. A volte gli si mette a fianco la versione in lingua moderna. Ma si continua a proporre l'originale per il suo valore estetico.
Se una parola è interscambiabile con un'altra allora non ha alcun valore artistico. A Dahl si riconosce l'intuizione del buon artigiano, dell'onesto intrattenitore che viene quindi adattato al gusto corrente. Non è, però, uno scrittore.
È questo l'aspetto che più di ogni altro mi amareggia in questa vicenda.

Se scrivi per ragazzi non fai letteratura, neppure se sei Roald Dahl.

21 commenti:

  1. A 8 anni ho letto l'Iliade intégrale. Più o meno a quell'età i 3M. Qualche trauma nella vita c'è stato, decisamente i libri non c'entravano. Non riesco francamente a capire cosa ci sia di inadatto. Un po' di sesso castissimo che mette in crisi l'ipocrisia irrisolta degli adulti? Dahl l'ho letto poco e per obbligo, mi ha fatto quello sì fastidio e paura, avevo trent'anni ormai. Non lo cambierei ovviamente, anche in questo caso la trovo un'ossessione paternalista che la dice lunga sui complessi dei censori, più che sugli autori. P.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cio' posto, tempo che la tua brillante riflessione sia ottimista, a me pare si tratti di ottuso conformismo alla moda.

      Elimina
    2. Da prof mi rendo conto che i ragazzi sono tanti e diversi, non tutti sono pronti alla stessa età a leggere la stessa cosa, quindi le riduzioni non le critico a priori. Io i Tre Moschettieri li ho letti in riduzione, perché il tomo arrivava a stento alle trecento pagine, ma li ho amati e quella riduzione mi ha avvicinato a Dumas. Diverso sarebbe stato il caso se quella edizione da trecento pagine fosse diventata l'unica accessibile e io fossi rimasta per tutta la vita a chiedermi quale stato straniero aveva invaso La Rochelle (la mia edizione, chissà perché non trovava sconveniente Milady ma le guerre di religione). In ogni caso sì, è solo ottuso conformismo.

      Elimina
    3. E comunque hanno censurato per ragazzi pure Calvino e l’ha fatto proprio Einaudi, quindi temo che o la casa editrice non riteneva il suo stesso autore vera letteratura o c’è una catto-pruderie di fondo, che va al di là del valore letterario. P.

      Elimina
  2. Anch'io ho letto i tre moschettieri a nove anni (di mio genio), e pure i Promessi sposi, e ho sempre condiviso la disapprovazione di casa per le edizioni ridotte per bambini, anche se in effetti hanno in loro il piacere delle scoperte future "Oh guarda, dunque per un bambino era considerato inadatto leggere questo è quello". Le ri-narrazioni (tipo Storie della storia del mondo c'è racconta Iliade e dintorni, per intendersi) invece le approvo. E tutto ciò lascia il tempo che trova.
    Ma temo che tu abbia centrato il punto: non c'è rispetto per lettori, né per chi ai bambini-lettori si rivolge, anche se è Dahl, perché nessuno (tra gli intellettuali adulti) pensa sia Arte, tipo Shakespeare e il suo Moro di Venezia o Medea che ammazza i figli.
    BTW difendere la categoria dei bambini (come le altre) mi sembra tempo perso perché le insidie sono dappertutto e il passato ha artigli lunghi (e la censura non è mai per sempre).
    Ah, ecco cosa mi torna in mente: le censure Mediaset degli anime, perché i bambini sarebbero rimasti confusi a sapere che in Giappone c'era lo shintoismo e si usavano gli yen. C'è sempre tantissimo da imparare, dalle censure indirizzate ai bambini.
    Buona settimana e grazie da Murasaki 😃

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, il tuo esempio è calzante. Gli anime non venivano considerate opere di valore e si potevano tagliare e modificare a piacimento (al punto da rendere alcune puntate incomprensibili a forza di taglia e cuci). Kubrick , per dire, non lo tagli, ti limiti a non metterlo in fascia protetta.

      Elimina
  3. Sempre contraria alla censura, questa poi la trovo preoccupante e ridicola. A 10 anni ho letto Olocausto per conto mio, saltando le parti più truci, non faccio testo sulla mia esperienza su cosa si possa affidare alla mente in crescita di un piccolo lettore, ho affrontato meglio Olocausto di quanto a 40 anni ho affrontato e abbandonato Le celebri cinquanta sfumature (anche proporre di continuo modelli femminili di sottomissione non mi pare un grande affare). Desidero, visto che tu hai proposto un punto di vista nuovo e apprezzabile, soffermarmici. Vero, verissimo, siccome non è letteratura le tue opere possono essere stravolte. Il confine tra narrativa e letteratura innanzitutto non sia bene chi dovrebbe stabilirlo, se Bob Dylan ha preso il Nobel non vedo perché non darlo a Rodari. I libri per l'infanzia hanno un compito che quelli per adulti non hanno, o comunque hanno molto meno, indirizzare un pensiero in formazione, offrire spunti e sguardi a lettori che la vita non ha ancora smaliziato, non mi pare poco per niente, continuare a trattarla come qualcosa di serie B è sbagliato e offensivo. La qualità di un libro non c'entra nulla col pubblico di riferimento. Sandra

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non credo sia censura, ma semplice stupidità. Un tentativo di inseguire le mode del mercato che parte dal presupposto che quella per ragazzi non sia letteratura. Lo squallore totale.

      Elimina
  4. Sono d'accordo, e aggiungo tre considerazioni.
    1. Oltre al rispetto per l'autore, serve il rispetto per il lettore, in questo caso un bambino. I bambini non sono stupidi. Possono non capire qualcosa, possono interpretare e discutere tra loro o chiedere ai genitori, ma non è che accettino come oro colato tutto quello che leggono. La lettura aiuta a sviluppare lo spirito critico, ma come fai, se da "criticare" non resta niente?
    Io ho letto il primo Piccole donne, ho storto il naso leggendo di Jo che abbandona i suoi sogni d'avventura perché "il mio destino è tra pentole e pignatte" (parole sue...se nessuno le ha ri-editate!), ho pensato "che scemenza". Fine. Perché abbiamo questa convinzione che un bambino abbia bisogno di un onnipresente adulto che gli spiega cosa deve pensare? Perfino in letteratura, fateci caso: nei libri di Dahl e soci gli adulti intervengono pochissimo, sono i bambini a fare la storia. Nei romanzi di oggi, c'è quasi sempre un nonno saggio, un maestro o un adulto di riferimento che salva la situazione. Non sono sicura che sia una buona cosa.
    2. Anche volendo tralasciare l'aspetto etico della faccenda, questa operazione non funziona. Se dico "di corporatura massiccia" invece che "grasso", non faccio altro che attirare l'attenzione su una caratteristica fisica che dovrebbe essere una tra le tante (bruno, alto, riccioluto, lentigginoso...), e che invece diventa un difetto così vergognoso da non poter essere nominato. Mi sembra che si ottenga esattamente l'effetto contrario a quello desiderato.
    L'obiettivo a cui dovremmo puntare è "tutti diversi, tutti giusti così", non mascherare dietro imbarazzati giri di parole le caratteristiche che riteniamo "fuori dal canone". Dovremmo abolirlo, il canone.
    3. Io scrivo narrativa storica, cioè il campo che potenzialmente risentirebbe di più di queste censure. Devo mettere in scena bambine egizie che vanno a scuola con i maschi? Bambini romani che dicono per favore e grazie ai loro schiavi? Ginnasi greci in cui il ragazzino sovrappeso o troppo magro viene applaudito dai compagni?
    Non posso farlo. Piuttosto metto una nota a margine, un box colorato, un'introduzione, un approfondimento a fine libro.
    Esempio pratico e recente: l'anno scorso ho scritto una storia con protagonisti micenei, a un certo punto un ragazzo dice a una bambina "stai zitta, la parola spetta gli uomini". Nota a piè di pagina per spiegare che è una citazione dell'Odissea, richiamo all'appendice a fine libro dove si spiega che nell'antica Grecia le donne non avevano diritto di parola, mentre oggi ognuno è libero di esprimere la propria opinione. E' così complicato? A questo serve la storia: a stimolare la riflessione, fare confronti, capire che le cose non sono sempre state così, che sono esistiti - ed esistono - altri mondi. Insomma, che la storia la facciamo noi. Ieri e oggi.

    Scusate per lo sproloquio, ma è un tema che professionalmente mi tocca molto da vicino!
    Giorgia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'idea di riscrivere la storia è inquietantissima. Poi, peer carità, i film in costume che di aderenza storica non hanno nulla sono sempre esistiti, però qui è più inquetante. Perché si proporrebbe come "verosimile" sono una versione socialmente accettabile del passato. Inorridisco al solo pensiero.

      Elimina
    2. Sono parzialmente d’accordo specie con il primo e l’ultimo punto, però aggiungerei due cose: nel primo caso penso a Il mio vicino Totoro dove le due bambine se la cavano da sole in un sacco di situazioni elaborando le loro paure per mezzo delle fantasie, mentre il padre osserva da una certa distanza senza che si capisca quanto sia cosciente di quello che accade. Per la riscrittura ho trovato sconvolgente il caso del film da Via col vento, non riscritto per fortuna ma prima ritirato e poi riproposto con un avviso diciamo storicizzante. La riflessione è che in paesi come gli USA, che hanno una scarsissima conoscenza e coscienza della storia, forse perché la loro si basa su uno sterminio, fenomeni come questi possono nascere molto più facilmente, proprio perché non si sa come maneggiare e approcciare la storia. Da noi il guaio grosso lo fa la subordinazione culturale che vede in tutto quello che arriva da oltreoceano il non plus ultra del progresso e della democrazia. Insomma ignoranza da un lato e egemonia passivamente subita dall’altro. P.

      Elimina
  5. A me questa volontà di voler modificare le versioni dei libri mi ricorda tanto con orrore il Ministero della verità del romanzo 1984 di Orwell che si occupava di riscrivere la storia modificando le parole e le informazioni. Per me il fatto che un libro venga modificato in via definitiva (non potremo più leggere l’originale) senza il consenso del suo autore mi sembra un abuso intollerabile. Che poi non capisco l’idea di voler “tutelare” i bambini che sono delle persone forse più capaci e intelligenti di tanti adulti, concordo con il commento di Giorgia, io a otto nove anni ho letto dei libri che non erano per ragazzi e ne sono uscita rafforzata, a volte questa mania è solo l’alibi degli adulti per fare cose riprovevoli.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esatto. È un alibi per i genitori, un modo per gli educatori per non avere guai con i genitori, insomma, i bambini centrano poco o niente.

      Elimina
  6. Mi riaggancio a un commento qui sopra per ribadirlo anch'io: i bambini non sono stupidi, sanno collocare un contenuto in un determinato contesto. Il bambino può essere impressionato da una parolaccia ma non resterebbe stupito dinanzi a un "grassone" lanciato contro un personaggio obeso che presenta determinate caratteristiche. Perché dire "grasso" è offensivo? Ci sono scuole di pensiero che cercano di sfatare questo pregiudizio al contrario. Essere grasso equivale a essere magro, non può essere semplicemente una variabile? La questione poi Jane Austen è assurda e non descrive il carattere di Matilda. Sono d'accordo, Dahl è ritenuto un banale intrattenitore di bambini che andava corretto. Censori di regime.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti, e poi non si capisce perché allora non censurino anche Lewis: se ben ricordo, parlando con la bibliotecaria, Matilda dice di aver apprezzato molto "Il leone, la strega e l'armadio". Ma le Cronache di Narnia sono piene zeppe di opinioni personali di Lewis molto discutibili, tipo che le donne non possono fare le direttrici di scuola perché hanno quest'idea assurda che i ragazzi vadano ascoltati anziché frustati...

      Elimina
    2. Lewis è considerato un autore, Dahl un semplice intrattenitore. Apprendo ora che i romanzi di 007 subiranno la stessa sorte. Non è censura di regime, cosa che prevede un regime e quindi una (perversa ma comunque presente) progettualità. È solo stupidità e disperato tentativo di inseguire il mercato.

      Elimina
  7. L'unica cosa che posso dire è "teniamoci strette le vecchie edizioni", e vale lo stesso per l nuova traduzione de Il Signore degli Anelli!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La vecchia edizione de Il Signore degli Anelli tornerà in commercio: la lotta contro i "forestali" ha avuto successo.

      Elimina
    2. Non lo sapevo, che bella notizia!

      Elimina
  8. Non avevo riflettuto su questo aspetto della faccenda. In effetti è triste pensare che, un domani, potrebbero completamente sparire le edizioni originali e, prima o poi, Roald Dahl sarà stato un brillante esempio di politically correct. Inoltre è vero che così si sminuisce il valore dell'autore.
    I libri di Dahl sono tra i primi che ho letto da bambina, ho ancora le edizioni della Salani - collana Istrici, non armadilli come dice ogni tanto mia mamma! - e ho sempre fantasticato sul fatto che avrei tanto voluto leggerle ai miei bambini. Pur amando quei libri, mi ritengo una persona abbastanza aperta di mente, non mi hanno passato certe idee dell'autore (come razzismo e antisemitismo, per dirne un paio), e non vedo perché debbano farlo con i bambini di oggi. Se poi un genitore ci tiene così tanto si può anche spiegare ai bambini che non è gentile né corretto considerare in maniera negativa le persone sovrappeso, e che Dahl è semplicemente figlio del suo tempo. Credo che i bimbi piccoli diano più peso alle parole delle persone che amano, piuttosto che a un libro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le parole dei libri sono importati. Ma, ammesso che sia proprio il caso di sostituirle, che almeno ci sia l'avviso in copertina e che sia possibile reperire l'originale.

      Elimina