domenica 29 settembre 2013

Perché scrivere un racconto


Se qualcuno se lo stesse chiedendo, non ho vinto GialloLuna, ma neppure ne l'aspettavo. Ho inviato un apocrifo sherlockiano che era anche un racconto natalizio ambientato sul Lago d'Orta a un concorso a cui non importava nulla né di Sherlcok Holmes, né del Natale né tantomeno del Lago d'Orta, diciamo che è stato un miracolo arrivare in finale...
La manifestazione Giallo Luna, che comprendeva ben più del concorso letterario, concerti, incontri, un laboratorio nelle carceri con risultante antologia con copertina scelta tramite concorso nei Licei Artistici, mi è piaciuta molto.
Ne sono tornata con idee per tre racconti, di cui uno particolarmente folle, e l'idea per questo post.

Ho notato che gli italiani, sia come lettori che come autori, hanno una netta preferenza per il romanzo.
A volte, quando parlo con degli scrittori o aspiranti tali, mi liquidano in fretta se nomino i racconti. Io scrivo romanzi, dicono, con tono di superiorità e io penso che sia folle la sola idea di scrivere un romanzo senza essersi fatti le ossa con i racconti.
Volevo quindi spezzare una lancia in favore della scrittura e quindi della lettura dei racconti.

Perché scrivere un racconto?

La prima cosa che mi viene in mente è Libertà di sperimentare. Un romanzo è un lavoro che dura anni, quello di un racconto giorni, settimane. Possiamo sperimentare stili differenti, generi nuovi (questa sera volevo provare il mio primo "vagamente horror"), prenderci carico di personaggi con cui non potremmo convivere a lungo. Questo per me è un fattore abbastanza primario. Con i personaggi di un romanzo devo convivere, si diceva, anni, sostituire il loro modo di vedere il mondo al mio. Perché siano dei buoni personaggi devono avere difetti e lati oscuri. In ogni caso devo poter psicologicamente reggere la lunga convivenza. Un racconto presuppone una convivenza minore e quindi posso sperimentare punti di vista più estremi che non reggerei su narrazioni più lunghe.

Test di fattibilità. Prima di buttarmi nella stesura di un romanzo provo personaggi, stili e situazioni in narrazioni più brevi. Come si diceva, con i protagonisti di un romanzo bisogna convivere a lungo, se mi danno problemi già su una lunghezza di 40000 battute, figuriamoci su 400000!
Lo stile e il tono cambia a seconda della narrazione. Non so se il thriller ambientato nell'antica Roma troverà mai un editore, ma, se così fosse, i lettori scopriranno che lo stile della narrazione è molto diverso da quello de LA ROCCIA NEL CUORE. È ovvio, essendo due opere molto diverse per ambientazione e tematiche.
Non so gli altri, ma io non riesco a cambiare stile e tono per puro istinto e ho bisogno di vedere se la mia ipotesi di lavoro funziona oppure no. Una narrazione breve e autoconclusiva con l'ambientazione e i personaggi del romanzo che ho in mente è un ottimo modo per valutarne le possibilità.

Vincoli di rispettare. Molti iniziano romanzi che non riescono mai a finire o che si dilungano a dismisura. Un racconto ha per sua natura una lunghezza limitata. Già questo è un bel vincolo. Aggiungiamoci poi, magari, l'appartenenza a un genere. Un racconto fantasy deve in poche battute dare l'idea di un mondo. Un giallo deve avere una trama a orologeria. Un rosa deve avere una storia d'amore appassionante. In non più di tot battute. È nel rispettare dei vincoli che si affina la tecnica. Le descrizioni diventano incisive quando si hanno poche parole a disposizione e vanno scelte bene. Insomma, per necessità si acquisiscono grandi e piccoli trucchi che poi ci saranno utili sempre.

Confrontabilità. I romanzi sono poco confrontabili tra loro, anche quando appartengono a uno stesso genere. Ma prendete una raccolta di racconti a tema. Molti autori si saranno trovati davanti agli stessi problemi e ognuno li avrà risolti a modo suo, quindi l'aspirante scrittore può vedere una dopo l'altra le diverse possibilità e scegliere quella che più gli è congeniale. Partecipare a un concorso per racconti con un tema che abbia poi un'antologia, finale, permette di leggere diverse possibilità e confrontarle con la nostra. È la basa della maggior parte degli esercizi proposti nelle scuole di scrittura, quindi è un'ottima palestra.

Far nascere nuove idee. A volte capita, scrivendo un romanzo, di arrovellarsi per giorni, settimane, mesi (anni?) su uno stesso problema. Scrivere racconti, si diceva, ci permette di variare maggiormente. La parte creativa della nostra mente diventa più elastica e allenata. Scrivere un racconto, quando siamo impantanati con un romanzo, è spesso il modo migliore per sbloccarci e risolvere il problema anche nel testo più lungo.

Voi come la pensate?

13 commenti:

  1. Sono 2 mondi completamente differenti che non devono essere messi in competizione. In Italia non esiste una tradizione per i racconti, come in America con le short story che hanno incoronato gente del calibro di Alice Munro, che scrive racconti inarrivabili e assai godibili. Non credo che chi si dedica al racconto abbia meno talento di chi scrive romanzi, ma un buon racconto può anche essere frutto di un paio di giornate particolarmente felici e ispirate, un romanzo no. Chi scrive da sempre racconti, senza mai tentare il salto sul romanzo, spesso con la scusa del tempo, credo che, non vorrei sembrare presuntuosa, abbia qualche carta in meno rispetto a chi si butta nelle 100 o anche 300 cartelle. Lo dico per esperienza, di tante ma tante persone che ho conosciuto e che frequento abitualmente che scrivono racconti anche validi, pochi si cimentano col romanzo e, come dice il mio coach, in fondo non ne hanno le capacità, gli manca quello slancio che fa stare al pc per anni, senza mollare la presa, un po' come per la pesca, non so mi è venuto in mente Sul lago dorato, la tenacia è intrinseca alla dedizione necessaria per scrivere un romanzo.

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  2. Sono generi diversi e credo che non sia il caso di stabilire una priorità. La Munro, che citi, Borges o Carver hanno trovato il loro posto tra i grandi della letteratura con i racconti. E se è vero che un buon racconto può essere fortuna, molti buoni racconti non sono un caso. Quello però che davvero mi ha stupito è scoprire che ai concorsi per racconti partecipano 100/200 racconti, a un concorso per romanzi in prima edizione in cui sono stata coinvolta, 2000. Sinceramente credo sia normale preferire il romanzo al racconto o viceversa, ma pretendere di essere un buon romanziere senza essere almeno un discreto scrittore di racconti mi sembra improbabile.
    Il racconto mi sembra un genere da rivalutare in lettura e una tappa inevitabile nella carriera di un autore.
    Io poi, personalmente, pur amando alla follia il romanzo, non potrei fare a meno della libertà che concede il racconto

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  3. In ultima analisi,credo come te che partire col romanzo senza un'adeguata palestra di racconti alle spalle sia folle. E comunque sbavature che potrebbero passare quasi inosservate o considerate con indulgenza nella mole di un romanzo, avranno decisamente un altro trattamento nella brevità del raconto. Nel racconto non sono ammessi cali di tono. Buon autunno!!! (tempo ideale per scrivere) sandra

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  4. Le ragioni che illustri sono sensate. Di recente stavo proprio meditando di provare a scrivere un racconto (non appena mi sarò liberata del romanzo in corso), per cambiare un po' tipologia.
    Finora ho preferito i romanzi perché la verità è che leggere racconti non mi piace molto, mi lascia sempre un senso di insoddisfazione. E' un parere del tutto soggettivo, ma ho bisogno di affezionarmi ai personaggi e di tempo per conoscerli. Però sicuramente un racconto è una sfida che voglio provare.
    Non sono d'accordo, invece, sul fatto che la palestra dei racconti sia fondamentale, credo che ognuno di noi sia diverso, per qualcuno serve farsi i muscoli scrivendo racconti, altri se li fanno in altri modi.

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  5. Io trovo sempre molte analogie tra la scrittura e l'altra mia grande passione, la corsa. Molti sognano la maratona e iniziano ad allenarsi con lo scopo di correrne una, magari entro la fine del primo anno di allenamento. Questo genere di podisti sono molto più soggetti a infortuni e di solito li si vede per un certo periodo e poi scompaiono. Ciò non toglie che un numero veramente esiguo di loro diventi buoni maratoneti.
    Altri iniziano gradualmente e si mettono alla prova nelle diverse discipline, corsa in montagna, campestre, corsa su strada, pista, scoprono cos'è più congeniale alle loro caratteristiche (la corsa in montagna, ad esempio, piace alla mia mente, ma non alle mie ginocchia...). Anni dopo li incontri di nuovo alle corse, consapevoli. Le loro "carriere" sono tendenzialmente più lunghe e con meno infortuni, perché si conoscono meglio.
    Il romanzo è la nostra maratona. Lo desideriamo tutti, ma secondo me è meno rischioso arrivarci con consapevolezza e allenamento (poi, è ovvio, ognuno deve trovare la propria strada)

    PS: anch'io ho amo affezionarmi ai personaggi, questo non toglie che alcuni racconti riservino davvero delle sorprese e per questo credo che sia un genere da rivalutare, sopratutto in lettura

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    1. Sarebbe interessante un post che illustri le differenze sostanziali tra i due tipi di storia (romanzo e racconto), oltre all'ovvio aspetto della lunghezza. Tempo fa avevo letto qualcosa del genere, ma non ricordo + dove...

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    2. Per quanto riguarda i racconti medio-lunghi (oltre le 15000 battute) io personalmente non vedo grosse differenze tecniche. Bisogna essere più incisivi, creare personaggi "memorabili", nel senso di "che rimangano facilmente impressi nella memoria" e non ci si può permettere sbavature nella trama. Per il resto io non cambio modo di lavorare dal romanzo al racconto e proprio per questo uso i racconti come test di fattibilità per le narrazioni lunghe.
      Stavo però pensando di scrivere un post "Perché scrivere un romanzo (e perché no)". Può interessare?

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    3. Sì, mi interessa soprattutto il "perché no"!
      Cmq il test di fattibilità è una cosa interessante...

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  6. E i resoconti delle campagne dove si infilano? Lì ti ritrovi dei personaggi che non hai "scelto" (a parte uno) ma cui sei sicuramente affezionato (con rarissime eccezioni...), una storia che è solo parzialmente tua, spesso i personaggi fanno cose che non ti aspetteresti mai, scrivi a puntate e non sai nemmeno come andrà a finire...
    Ed è immensamente più facile, perché non c'è il problema della pagina bianca o dell'ispirazione.Eppure hai parecchie possibilità di scelta ed effetti diversissimi anche in quel caso...

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    1. (sì, sto cercando di riconvertirla al fantasy... Vuoi mettere una bella campagna narrata da Tenar? è comunque un buon modo di sperimentare, di rendere un personaggio, un piccolo divertimento poco stressante...)

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    2. Quello è un raro e felice caso di narrazione ludica. Oltre tutto è una palestra utilissima, perché i vari giocatori possono interagire con lo scrittore e spiegare il punto di vista del proprio personaggio... Ah, forse è il caso che spieghiamo ai "non addetti" che stiamo parlando dei resoconti di una campagna di Gioco di Ruolo, in cui la storia viene creata insieme da tutti i giocatori (il narratore + i personaggi). E poi può prendere la forma di un vero e proprio romanzo a puntate di cui chi scrive, però, ha un controllo della trama solo molto, molto parziale.

      PS: per la riconversione al fantasy, c'è già un racconto concluso e uno in via di conclusione.

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    3. ...
      è vero, esistono dei "non addetti"... Sorry!

      Bene per la riconversione. Curiosa curiosa.

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  7. penso che tutto interessi, vedi quanti commenti a questo post cara Tenar. Hai fatto bene a specificare perchè resoconti della campagne mi veniva in mente una scampagnata in compagnia e non ci stavo capendo molto.

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