lunedì 14 marzo 2016

Ave Cesare! – recensione


È da una vita che i fratelli Coen ci raccontano quanto sia difficile e straniante fare i conti con il caos che domina la vita, accettare il fatto che, forse, nulla abbia senso. A volte si sorride (Il grande Lebowski, Fratello dove sei?), a volte predomina il dramma (Non è un paese per vecchi), a volte  l'accettazione è lucida disperazione (A serious man), ma l'unica cosa a cui possiamo anelare sono attimi fuggenti di grazia di Dio, fugaci, irripetibili e ben poco sotto il nostro controllo (Il grinta).
Quindi è piuttosto sorprendente (anche se in effetti non dovrebbe esserlo) scoprire che una certezza i Coen ce l'hanno: il cinema!
Preti e rabbini possono discutere all'infinito sul senso della divinità, ma davanti a una solida sceneggiatura e a un attore ben scelto annuiscono in coro. 
La realtà è altra, certo, infatti porta dolore e bombe atomiche, il cinema è finzione, ma rende la vita, questo caos di disperazione, sopportabile.
Questo è il cuore del film, uno dei più bei, divertenti e a tratti commuoventi, elogi al cinema e alla narrazione in generale.

Eddie Mannix di lavoro risolve problemi per conto di una casa cinematografica. Ogni sorta di problemi. Una star si fa fotografare fregandosene dell'esclusiva data allo studio? Mannix interviene. Un'altra si trova incinta e non sposata? Mannix interviene. Un attore va sostituito all'ultimo minuto? Mannix interviene.
È un lavoraccio, il suo, senza orari, sporco, che richiede una certa elasticità mentale ed etica (anche se poi lui si rimprovera solo qualche sigaretta di troppo) e infatti c'è chi gli propone un'alternativa. Intanto, però, un'improbabile congiura di sceneggiatori comunisti ha rapito la star di un film in costume che va ritrovata ad ogni costo!

I fratelli Coen sono implacabili e dolcissimi con il mondo del cinema. Le star sono bimbi viziati da prendere a schiaffi, gli sceneggiatore dei vigliacchi fuori dalla società che discutono di lotta di classe in ville di lusso, i registi dei frivoli interessati solo ai loro intrallazzi, i giornalisti degli avvoltoi a caccia di scoop. Allo stesso tempo le star sono persone fragili da indirizzare, profondamente buone e per per questo manipolabili, gli sceneggiatori hanno una loro integrità di fondo, i registi un loro genio e persino i giornalisti una loro dolcezza.
Perché sì, la realtà è caotica e, spesso, crudele, ma poi basta una battuta giusta, un'inquadratura ben fatta e per un istante, uno soltanto, tutto sembra acquisire senso. Il cinema ha una Verità che alla realtà sfugge.

Il tutto è raccontato in un film divertentissimo, dove a ogni porta che si apre entriamo in un modo differente, preso dalle pellicole anni '40. Ogni minuscolo film nel film è un piccolo gioiello, girato con amore che, tuttavia, non è cieco, ma ne descrive gli eccessi con affetto. Quindi c'è il western irrealistico, il film acquatico con la star, che, appena smessa la coda da sirena, sembra una scaricatrice di porto o il bellissimo spezzone musical con qualche ambiguità sessuale. Ogni segmento è un pezzo di bravura, per scrittura, recitazione e coreografia (il pezzo musical è fantastico e, suppongo, di una difficoltà tecnica assurda).

Personalmente questo film mi è piaciuto un sacco, se devo dirla tutta, più di The Revenant e anche della pellicola di Tarantino e mi ha stupito che gli oscar lo abbiano del tutto ignorato.
Forse è questo periodo un po' così, in cui alcune risposte non arrivano e, per riflesso, non mi sento in grado di prendere decisioni mie, un periodo in cui sento più vicina quest'ansia da mancanza di senso di cui tanto hanno raccontato di Coen. Che ci sia qualcosa, una Verità che alla realtà sfugge almeno nella narrazione, quasi mi ha commosso. Mannix è un eroe, a modo suo, l'unico eroe a cui i Coen siano disposti a credere. Forse mi ha commosso che anche i Coen abbiano bisogno di un eroe.
Non so spiegarlo fino in fondo. Ave, Cesare è un film leggero e divertente, dura la metà di certe osannate opere, sembra avere lo spessore della carta velina. Eppure sono uscita dal cinema con l'impressione di aver visto un grandissimo film, non privo di una sua, tutt'altro che scontata, profondità.

AGGIORNAMENTO 15/3/2016
Vado di freddissima, oggi, ma vi segnalo il bell'approfondimento su Sherlock Holmes e il Mistero dell'uomo meccanico sul sito dell'amico Andrea Cabassi, qui

15 commenti:

  1. Oh, bellissima recensione. Mi hai incuriosito. Lo andrò a vedere. :)

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  2. Il trailer fa ridere in maniera originale. Tu sempre sulla graticola eh? Anch'io ma sto cercando di viverla meglio rispetto alle ultime 2 settimane, altrimenti filo in psichiatria. Hai scritto un bel post. Sandra

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    1. Io mi sto rassegnando al fatto che la risposta non sarà (se mai arriverà, a questo punto...) quella sperata. Il che non è una tragedia in sé, ma obbliga a una scelta di vita davvero difficile...
      Forza e coraggio, Sandra, un abbraccio!

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  3. Non era tra i film che sarei andata a vedere al cinema ma forse mi hai convinta. :)

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  4. Se queste sono le premesse, il film va decisamente incontro al mio gusto, mi dà l'idea di una storia per nulla banale e gestita con grande qualità. Lo guarderò di sicuro. :)

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    1. I Coen hanno un loro stile e delle loro tematiche che devono piacere, quindi immagino che chi non li apprezza non amerà neppure questo, però, lo ribadisco, io ho riso un sacco ed era da un po' che non capitava.

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  5. Bella descrizione di questo cinema dei Coen.
    Mi capita di annoverare il cinema fra le "arti" imperdibili a scuola, raramente per le produzioni attuali, molto di più per il vecchio buon cinema che resta sempre un "evergreen".

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    1. Io amo molto il vecchio cinema, ma un paio di film veramente belli all'anno mi sembra che escano, quindi non mi sento di dire che il vecchio batte il nuovo.

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  6. Già il trailer mi attirava :) mi stupisce un po' che i fratelli Coen abbiano fatto un film di questo tipo (ma in fondo sono un ignorante del cinema).

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    1. In realtà è un film molto Coen, quindi se ti piace il loro cinema vai sul sicuro

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