sabato 19 marzo 2016

Scrittura e stato di flusso


Questa foto è stata scattata nel mio giardino, mercoledì, a mezzogiorno, a zero gradi, sotto la neve.
Oggi di gradi ce ne sono 22.
Credo che questo basti a dare l'idea di una settimana un pochettino impegnativa. In cui sono successe tante cose, alcune belle, alcune terrorizzanti, altre solo impegnative.
A scuola lo scambio con i francesi si avvicina a grandi passi, con tutti i preparativi pratici che incombono, con, quindi, riunioni, chiarimenti da dare e da ricevere. 
La risposta che tanto attendevo in ambito non scrittoreo  è arrivata e conferma una costante della mia vita. Tutto si può fare, ma mai in modo semplice. Il desiderio da realizzare è realizzabile, ma non comodamente. Mi attende una grande avventura, potenzialmente la più importante della mia vita. Dopo un attimo di spaesamento, l'entusiasmo sta tornando, ma ci sono anche tutta una serie di (fondate) paure. Quando avrò qualche dato in più probabilmente avrò tanto da raccontarvi in proposito.
Intanto è anche uscita la bella intervista su Sherlock Holmes e il mistero dell'uomo meccanico che trovate qui.
È in libreria l'antologia di racconti gialli Nuovi delitti di lago, che contiene un mio racconto, di cui trovate la presentazione qui
A sopresa è arrivata anche una bella proposta relativa alla scrittura che si realizzerà a novembre. Evviva!
In tutto questo io che faccio? Studio per il concorso a cattedra...

Nel mare magnum delle cose più o meno utili, più o meno interessanti, mi sono imbattuta in un concetto di cui non conoscevo la teoria, ma che ha molto a che fare con la scrittura.

LO STATO DI FLUSSO
Vi è mai capitato, compiendo un'attività altamente stimolante, di perdere completamente il senso del tempo e del vostro stato fisico, trovandovi poi, ore dopo, un po' perplessi di fronte all'orologio, magari con qualche parte del corpo dolente perché utilizzata troppo o tenuta ferma in posizione innaturale?
A me, devo dire, capita con una certa frequenza, sopratutto quando scrivo. L'ultima volta settimana scorsa (questa è stata troppo incasinata per qualsiasi cosa). Avevo miracolosamente il pomeriggio libero e, avendo un racconto da completare, ho deciso di lavorarci un'oretta per poi mettermi a studiare. Erano le 16 e secondo il mio programma alle 17 avrei dovuto iniziare a studiare. Del resto, mi sono detta, presto mi verrà sete e/o dovrò andare in bagno, appena mi alzo vado nell'altra stanza e mi metto a studiare. A mio onore va detto che di solito questo genere di impegni con me stessa li rispetto. Ebbene, quando infine la vescica ha reclamato con forza la mia attenzione erano le 19. Il racconto era finito e io non avevo la più pallida idea di che ore fossero. Non avevo mai controllato il cellulare, non avevo mai aperto fb o il blog, neppure avevo guardato l'orologio. Semplicemente, avevo scritto.
Ero entrata in uno stato di flusso.

Secondo uno psicologo dal nome impronunciabile, Csikszentmihàlyi, che per primo lo ha studiato negli anni '50, lo stato di flusso è uno stato di coscienza in cui si è talmente immersi in un'attività da perdere letteralmente coscienza di sé.
Lo studioso dal nome impronunciabile (se al concorso mi chiedono di scriverlo mi sparo) inizia a interessarsene osservando gli artisti che lavorano per ore su qualcosa che per loro è una sfida dimenticandosi anche di bere o di mangiare. 
Quando una persona è in stato di flusso è completamente focalizzata su ciò che sta facendo e, di solito, ottiene in quei momenti le sue performance migliori in campo creativo o sportivo.

La cosa davvero interessante di questi studi non è tanto che lo stato di flusso esiste, ma che non è necessariamente un dono divino a cui solo determinate menti possono accedere, ma che ci sono delle condizioni che favoriscono l'ingresso in stato di flusso e ci si può allenare ad esso.

Lo stato di flusso è una sorta di momento di grazia sospeso tra la noia e lo stress. Vale a dire che non possiamo attivarlo per fare un'attività che ci risulta troppo facile (noia) né una troppo difficile (stress). Se quello che facciamo diventa rutinario, pensiamo ad altro e al diavolo la concentrazione totale. Se è troppo difficile pensiamo troppo al come farlo, siamo troppo concentrati sul non sbagliare, sulle azioni da compiere, per dimenticarci noi stessi.

Vi sono dei fattori precisi che ci fanno capire se in quell'attività noi potremo entrare in stato di flusso:
– dobbiamo sapere esattamente cosa vogliamo ottenere, avere cioè obiettivi chiari.
– dobbiamo avere uno sguardo d'insieme, cioè sapere esattamente quale parte del lavoro finale stiamo facendo.
– l'attività non deve essere, come si diceva, né troppo facile né troppo difficile.
– deve essere un'attività per noi piacevole o il completarla con successo deve comunque essere un premio sufficiente.
– le singole azioni pratiche ci devono venire ormai spontanee al punto da non dover pensare a come compierle.

Vi sono inoltre dei fattori personali anche molto variabili che favoriscono la concentrazione totale. Questi vanno dall'ora del giorno, dalla presenza o assenza di rumore di fondo, dalla presenza o assenza di azioni "rituali" che ci facilitano (che vanno dal masticare la cicca, al sorseggiare il the...).

Il risultato, quando avviene, sono, appunto, una concentrazione profonda, una distorsione del senso del tempo, una perdita parziale o totale di autocoscienza. Si ottengono in questo stato mentale di solito delle ottime performance e, soprattutto, la sensazione di un pieno controllo sul proprio progetto e una profonda consapevolezza dell'effetto delle proprie azioni.

Va da sé che le nostre pagine migliori, probabilmente, le scriveremo in stato di flusso. 
Come scrivere in stato di flusso?
Tutto quello che ho scritto fino a questo momento si basa su studi scientifici rigorosi. Da qui in poi c'è solo un misto tra quello che ho capito e quello che ho sperimentato personalmente.
– Dobbiamo avere un pieno controllo del mezzo tecnico con cui scriviamo (programma informatico, computer, ciò che usiamo di solito, ad esempio per me scrivere con una tastiera di dimensione diversa da quella abituale è uno strazio e addio stato di flusso).
– Possiamo aiutarci se conosciamo cosa facilita la nostra concentrazione (la giusta ora, presenza/assenza di rumore di fondo, piccoli rituali...)
– Dobbiamo avere un'idea chiara di cosa andremo a scrivere e di come si inserisce nel progetto più ampio (es: so esattamente che ruolo avrà questa scena nel mio romanzo).
– Deve essere una sfida non troppo difficile. Cioè, secondo me, applicato alla scrittura, entreremo più facilmente in stato di flusso se: usiamo un personaggio che già conosciamo bene, scriviamo un genere  i cui meccanismi ci sono già noti, la scena che stiamo per scrivere non è quella che ci spaventa di più. Quindi è difficile, secondo me, entrare in stato di flusso al primo capitolo di un nuovo progetto, la prima volta che si sperimenta un genere o una tecnica, ma poi la cosa diventa più facile.
– Non deve essere un lavoro noioso o ripetitivo. Mai entrata in stato di flusso in revisione, ad esempio... O alla centesima riscrittura di quel maledetto passaggio che proprio non viene...

Dopo averlo studiato, ho pensato che spesso alcuni confondano lo stato di flusso con l'ispirazione. Solo che con ispirazione si intende qualcosa che non è per niente sotto il nostro controllo, mentre lo stato di flusso è uno stato mentale che tutti possiamo sperimentare e a cui ci possiamo allenare.

In effetti, anche se non conoscevo le basi teoriche e lo studioso dal nome impronunciabile, per anni, facendo atletica a livello agonistico, mi sono allenata a entrare e uscire dallo stato di flusso che ora mi è relativamente (badate bene) facile da attivare, sopratutto quando scrivo (ma anche quando studio o quando leggo). In effetti, sopratutto nello studio, che è un ambito più confrontabile, i benefici sono palesi: in stato di flusso si apprende di più in meno tempo. Io riesco a fare sessioni intense di non più di 45 minuti per volta e raramente nella mia vita ho studiato per più di tre ore al giorno, eppure mi sono diplomata, laureata, masterata e specializzata (adesso il concorso è un'altra cosa, perché passerà solo un terzo di noi e manca quella chiarezza di obiettivi che, come si è visto, è indispensabile).
Per la scrittura non so se vi siano degli studi specifici, ma credo che sia oggettivo che si scriva meglio in stato di flusso.

Voi cosa ne pensate?

24 commenti:

  1. Uh, molto interessante. Ripensando alla scrittura credo di aver scritto in stato di flusso qualche volta, di sicuro spesso perdo la cognizione del tempo. Giornata quasi estiva quella odierna, siamo venuti nella tua regione :D Sandra ps e per il resto spero che le paure poi ad affrontarle siano meno tremende del previsto

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    1. Molto bello anche oggi: ho fatto un paio di foto molto carine ai fiori selvatici.
      La cognizione del tempo la perdo fin troppo spesso, ma non sempre, purtroppo, è stato di flusso...
      Quanto alle paure, le si affronterà un passo alla volta, son proprio paure, non dati di fatto, quindi non c'è altro modo che prenderle per le corna e andare avanti...

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  2. Innanzitutto, spero che le fondate paure si rivelino meno spaventose di quanto si siano preannunciate.
    Pensando alla scrittura, invece, entro raramente nello stato di flusso. Accade solo quando muovo personaggi che conosco bene e so esattamente cosa deve accadere nella scena che sto scrivendo. Se possibile, deve anche essere una scena che mi è congeniale (battaglie, eserciti e lunghe traversate oceaniche mi causano ansia e scombussolamento).
    Lo stato di flusso lo provo spesso al lavoro: quando sto facendo un software di una certa complessità (ma non tale da costringermi a cercare suggerimenti in internet ogni cinque minuti), mi diverto e mi sembra di avere per le mani un interessante rompicapo da risolvere.
    Ho provato a iniziare alle 14 e ad accorgermi, solo a lavoro finito, che erano già le 17 e che ancora non mi ero nemmeno alzata per andare in bagno.

    P.S. il nome dello studioso non saprei nemmeno leggerlo a mente :)

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    1. Stato di flusso al lavoro! Praticamente un sogno! Non che il mio lavoro non mi piaccia, ma è sempre spostato verso lo stress, troppi stimoli, troppe cose a cui pensare contemporaneamente, anche nei giorni migliori se ne esce stremati...
      Per la scrittura sì, bisogna essere a proprio agio, se no anche lì vince lo stress.

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  3. Non sapevo dargli un nome, ma questa sensazione l'ho sperimentata eccome (anzi, ti ringrazio per avermi fatto scoprire come posso definirla correttamente).
    A dire il vero io gli stati di flusso li desidero proprio. Naturalmente non basta desiderarli per averli, anzi, spesso accade il contrario. In genere li riconosco - appunto - DOPO, quando sento il respiro lento, lieve, il cervello che sembra sedato a differenza del suo normale stato di iperattività... Mi capita sia quando scrivo che quando leggo certi libri o quando mi ritrovo a passeggiare o contemplare un luogo meraviglioso per i miei gusti.

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    1. Io sono stata molto contenta di trovare un nome per questa sensazione che in effetti sì, da un po' dipendenza. La parte più interessante dello studio riguarda proprio il come favorirne l'ingresso, anche se credo che sia una cosa cosciente solo fino a un certo punto (l'idea che un insegnante possa aiutare gli studenti a lavorare in stato di flusso mi sembra utopia pura...)

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  4. Non sai quante volte mi capita di immergermi in un'attività scordandomi di tutto. Nella scrittura è un fatto pressoché quotidiano, soprattutto quando ho un'idea per il post del blog. Mi siedo con un'idea chiara (magari mi venisse altrettanto facile quando penso al romanzo) ed entro in un meccanismo che centrifuga tutto: tempo, livello di attenzione, capacità di concentrazione... poi guardo l'ora e devo correre perché le incombenze premono. La mattina è il momento ideale: sono sola in casa, con un macello attorno a me, ma un gran silenzio. Dalle 8,30 alle 11,00 non ci sono per nessuno, solo per schermo e tastiera, però mi capita anche una cosa diversa, una variante dello stato di flusso di cui parli: c'è una vigile immersione, nel senso che scrivo scrivo scrivo, guardo l'ora e mi dico è già tardi, vabbè altri cinque minuti e smetto... Poi riguardo l'ora, dai un minuto ancora... E di minuto in minuto arrivo all'ultimo possibile per fare tutto il resto!
    Vorrei giornate intere tutte solo per me!

    Lo dico anche qui: la tua intervista condotta da Andrea- Sherlock è piacevolissima!
    Buona domenica! :)

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    1. :)

      Io preferisco il primo pomeriggio per lo stato di flusso. Alla faccia dello scrittore nottambulo!

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  5. Alle volte, quando leggo e scrivo mi dimentico di fare tutto. Mangiare, bere e andare in bagno. Adesso posso giustificare la cosa dicendo: “ehi, ero in uno stato di flusso!” Lo trovo molto elegante. :D

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  6. Sicuramente ho sperimentato l'immersione nello stato di flusso con alcune pagine del mio ultimo romanzo. In certe scene ero entrata in uno stato di leggera trance, come se tu venissi trasportato in un mondo diverso e hai lasciato il corpo fisico su un altro livello.

    Mi è capitato anche di recente nel leggere un romanzo che mi sta avvicendo in modo particolare: "La dama e l'unicorno" di Tracy Chevalier, ambientato tra Parigi e Bruxelles nel 1490 nell'ambiente dei pittori e dei tessitori di arazzi. Mi sono staccata a fatica dopo aver terminato il primo capitolo, che è sempre il più difficile. Penso che qualsiasi autrice ne sarebbe felice!

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    1. Sì, penso che gli autori in grado di portarmi dentro lo stato di flusso siano in effetti i miei preferiti

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  7. Lo stato di flusso così come descritto in questo post, mi ricorda molto lo stato meditativo così come lo intende la filosofia zen, che a differenza del buddhismo tradizionale non indica con questo termine uno stato di "trance": la persona è presente a se stessa e riesce a rimanere focalizzata sull'attimo presente senza che la sua mente subisca interferenze esterne. In questo modo, l'energia è libera di scorrere e ogni attività si svolge in modo autentico e puro.
    Io riesco a mantenere questo stato, ma non sempre. Mi è più facile con la prima stesura, che non quando revisiono. Quando leggo invece lo stato di flusso è quasi d'obbligo. Ho anche detto più volte a mio marito: la lettura è la mia meditazione preferita! :)

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    1. È proprio la stessa cosa, studiata, però, in ambito occidentale.
      Avendo io una mente più da scienziata ho capito meglio così e ho capito che ci si può allenare a entrarci anche senza essere dei mistici.
      Nella scrittura anch'io la sperimento di più in scrittura che in revisione, la revisione saltella un po' tra noia e stress, senza raggiungere mai quella magica via di mezzo.

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    2. Il merito dello zen è proprio quello di aver saputo "trasportare" la meditazione alle attività quotidiane, ragion per cui un individuo per entrare in questo stato dell'essere non necessariamente deve essere seduto a gambe incrociate, zitto e immobile, ma semplicemente rendersi pienamente consapevole di ciò che sta facendo, senza interferenze mentali. :)

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  8. Che bello. Che bella la sensazione di spossatezza e dolenzia alla fine di questa esperienza. Ti stiracchi, gongoli, con un sorriso che per alcuni potrebbe essere riconducibile allo stato di "beota". Ora so che nome dare a quel moto a luogo del cervello così meraviglioso.

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    1. Il bello, secondo me, è che alla fine sei anche relativamente poco stanco, meno che dopo uno stesso tempo di un'attività più stressante.
      E sì, è bello avere finalmente un nome da dare a questa sensazione.

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    2. Questo post mi è piaciuto tanto, parla di un mondo che amiamo.

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  9. Credo di non essere mai sceso al di sotto del livello di stress negli ultimi 4 anni +___+
    Noia? Noia è una parola inventata! :D

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    1. Dipende cosa si intende per noia. Ho ho con la noia quasi lo stesso rapporto di Holmes. Mi bastano due minuti e impazzisco.

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    2. Chi possiede un Kindle o un paio di figlie non può permettersi due minuti di noia. Io ho sia l'uno che l'altro :D

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  10. Entro volentieri in questa condizione e mi sento perduta quando ne esco.
    Non avrei saputo definirla quindi ti ringrazio di averne parlato, ora so di cosa si tratta.
    Potrebbe capitarmi molto più spesso se non ci fossero gli stupidi problemi quotidiani a distrarmi!

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