mercoledì 22 giugno 2016

Magico Vento - La guerra delle Black Hills e di personaggi che contraddicono i loro autori - Letture


Torno finalmente al blog dopo due giorni densi come il plutonio e con la gioia che si può immaginare abbia chi ha ricevuto le notizie che un buon numero dei documenti della mia maratona burocratica è da rifare e che al concorso scuola stanno passando all'orale solo circa un terzo dei candidati (per me ancora le notizie latitano, ma gli auspici non sono tra i migliori, direi...).

Però adesso mi prendo mezz'ora di pausa per raccontare di qualcosa che molto amo.
Quando si parla del "preferito" in un campo qualsiasi, il giudizio non può essere oggettivo. Magico Vento è stato e, credo, sempre sarà, il mio fumetto preferito. Perché mi ha traghettato dall'adolescenza all'età adulta. Perché mi ha fatto compagnia durante i primi tempi dell'università, quando non conoscevo nessuno. Perché mi veniva spedito anche quando ero in Erasmus. Perché la storia è splendida ed è scritta benissimo.

Ned Ellis è un soldato americano. A seguito di un incidente ferroviario viene trovato ferito e smemorato da una tribù lakota che lo adotta. Diventa un "uomo strano", cioè un uomo a cui è stato dato il (dubbio) dono della visione profetica. Col tempo Ned Ellis recupera la memoria, ma sceglie di restare con il suo popolo d'adozione e di condividerne il tragico destino.

I primi numeri, usciti nel lontano 1997, erano un prodotto ben strano. Un western atipico, molto ben documentato, ma con inserti horror, che sembrava non saper bene cosa voleva essere. Poi Gianfranco Manfredi (autore praticamente unico di tutte le sceneggiature) ha preso la strada della grande narrazione storica, facendo la scelta di raccontare la guerra che vide opposte le tribù native guidate da Toro Seduto e Cavallo Pazzo all'esercito degli Stati Uniti dalla parte dei nativi. Ne uscì una narrazione fiume di decine e decine di numeri collegati, culminata con cinque memorabili volumetti che raccontano dalle fasi cruciali della guerra (compresa la famosissima battaglia del Little Big Horn) fino alla resa e alla fuga degli ultimi ribelli. Quando ho scoperto che era stato pubblicato un volume in grande formato di questi ormai introvabili cinque volumetti, vi assicuro, ho vissuto un istante di felicità pura (anche quando l'ho trovato, alla terza libreria in cui l'ho cercato).


LA GUERRA DELLA BLACK HILLS - Un grande romanzo storico a fumetti
Non so quale accezione diate voi alla parola "fumetto". In ogni caso al 90% non si applica a questo volume che è un grande romanzo storico a fumetti.
Racconta la guerra indiana con una cura maniacale per il dettaglio e un rispetto per tutti i personaggi più unico che raro.
Siamo là, nelle Black Hills, territorio sacro dei lakota, loro concesso da una serie di trattati, ma in cui, purtroppo, era stato trovato l'oro, all'alba dello scontro frontale con l'esercito statunitense.
Le grandi figure storiche svettano come giganti. 

Io non so se fin dall'inizio Manfredi avesse progettato questa epopea. Di fatto il suo protagonista, Ned Ellis, è costruito a immagine di Cavallo Pazzo, guerriero dotato del dono della visione, dal grande carisma, che lo porta ad avere un enorme seguito, nonostante non fosse di fatto a capo di nessuna tribù. Decidendo di far interagire Ned e Cavallo Pazzo, quindi, vi erano una serie di "mine narrative" che Manfredi evita abilmente. I due si incontrano da protagonisti alla pari, due spiriti affini che si riconoscono subito come uguali. Ned, con il suo comunque riconoscersi anche negli americani (nei soldati semplici mandati a morire, se non nei politici), Cavallo Pazzo con il suo non voler essere capo, col suo dolore immenso per la figlia da poco morta. Entrambi con il dono non voluto della visione. Entrambi troppo lucidi per sapere che non c'è alcuna vittoria possibile, entrambi pronti comunque ad andare fino in fondo.
Ben diverso è Toro Seduto, che vorrebbe un futuro differente, vorrebbe scontrarsi alla pari con l'esercito statunitense (che batte più volte sul campo) e alla pari trattare poi una pace. Che non può, tuttavia, trattare un insieme di tribù come un esercito disciplinato, né ottenere dal governo statunitense quel trattamento alla pari che vorrebbe. Paradossalmente, come ben racconta Manfredi, Toro Seduto è vittima del proprio successo. Se avesse solo sconfitto l'esercito americano, forse, avrebbe avuto un trattamento migliore, ma come motore degli eventi che portano alla morte di un simbolo vivente come Custer, non può che attirare su di sé l'odio e il desiderio di vendetta di tutti gli USA.
Narrativamente, forse è Custer il capolavoro di Manfredi. Un uomo complicato, intento a costruirsi attorno una leggenda di cui è consapevole di non essere all'altezza, ma sincero negli affetti. Un uomo che ha una sua personalissima, ma in fondo coerente, morale, che lo porta a tentare il tutto e per tutto con un'armata di soldati ragazzini, consapevole di essere per i suoi superiori solo una vittima sacrificale e pronto a assumersene fino in fondo il ruolo.
L'apice emotivo della narrazione è forse il momento in cui Ned cerca in ogni modo di raggiungere Custer, nel pieno della battaglia. Per salvare un lakota che gli sta dando del traditore, si trova ad uccidere un ragazzino appena diciassettenne. Quelle poche tavole sono la descrizione perfetta di una guerra disperata, dove il fatto che la ragione stia tutta dalla parte dei nativi non li rende tutti eroi, né rende tutti gli statunitensi inumani. Umanissimo è Custer, il suo enturage e la sua armata di ragazzini, mandati a morire perché altri possano sterminare i ribelli in nome della giusta vendetta.
Del resto c'è una cura maniacale in tutti i personaggi, in quelli storici come in quelli inventati. Le figure femminili (una delle prime giornaliste di guerra, la moglie di Cavallo Pazzo, Scialle Nero e la guerriera Hanno paura di lei), i semplici vivandieri, il fuoricasta Spirito della Notte, mezzosangue in parte nero e per questo rifiutato da tutti, nessuno di loro passa inosservato.
Questo è un volume da avere e da leggere, anche se non si ama il fumetto. Se si ama il racconto storico, se si avverte il fascino dell'epopea dei lakota di Toro Seduto, ma non si vuole uno sguardo univoco e di parte, questo è un volume da leggere.


I LIMITI DELL'EDIZIONE
Ci sono purtroppo dei limiti in questa edizione, pure così bella, uno grafico e uno strutturale.

I cinque volumi vedevano l'alternanza dei cinque migliori disegnatori della serie (io ho un debole per Frisenda, autore anche della copertina del volume). Uno dei volumi era originariamente a colori ed è qui presentato in bianco e nero. Mi rendo conto che fosse un problema da gestire. Le bellissime tavole di Frisenda del capitolo "Rosebud" sono pensate per il bianco e nero, colorarle avrebbe annullato alcuni effetti di luce. D'altro canto, il volume "Il crepuscolo degli eroi" disegnato da Parlov era pensato per il colore e ricordo l'effetto della terribile visione di Ned sulla morte di Cavallo Pazzo, effetto dato anche dalla colorazione ad acquarello su fondo nero, che qui viene a mancare. Forse valeva la pena di mantenere quell'unico capitolo a colori, perché chi lo ricorda come tale ne sente davvero la mancanza.


Il secondo limite è ben più grave.
Originariamente questi erano 5 numeri della serie originale, dal 96 al 101. Una cavalcato conclusiva, ma iniziata col numero 16 della serie, quando per la prima volta è stato presentato Cavallo Pazzo. Parliamo di 80 numeri di presentazione ed evoluzione dei personaggi, con dinamiche e caratteri che si vanno a consolidare nella mente del lettore. Di Cavallo Pazzo in 80 numeri abbiamo seguito la stagione della speranza, il dolore per la morte della figlia, uccisa da una malattia portata dai coloni, la scelta di una ribellione solitaria e la dolorosa consapevolezza di essere diventato un simbolo, con tutti gli oneri mai cercati del comando. Questo, però, vale anche per tutti i personaggi secondari. Tutti hanno un passato e storie pregresse, tutti, anche la bambina con il flauto che si intravede in un paio di tavole o il giovane messaggero Fango che ha solo due battute.
Questo pregresso ovviamente non poteva esserci nel volume. Serviva un'introduzione e un rapido passaggio in rassegna dei personaggi principali, giusto per capire chi è chi. Mi chiedo con rammarico cosa capirà il nuovo lettore di questa storia. Per me, appassionata di lungo corso, è stato comunque necessario un bello sforzo di memoria (ad un certo punto, tanto per citare un esempio, diventa importante un vecchio scontro tra tale Pioggia in Faccia e il fratello di Custer, avvenuto una ventina di numeri prima). Ma per chi legge questa storia per la prima volta?
L'unica cosa che posso dire è non lasciatevi spaventare da qualche sfumatura incomprensibile, qualche rapporto di forza non narrato. La forza intrinseca di questa storia è tale, che anche se non vi sarà chiaro chi è Fulton o perché Ned odia Lungo Fucile, la narrazione può essere apprezzata ugualmente.
Un'introduzione, però, sarebbe davvero servita. E lo dice una che odia le introduzioni.

LA STRANA STORIA DI UN PERSONAGGIO CHE SI È PRESO IL SUO FINALE, NONOSTANTE IL PARERE DEL SUO AUTORE
Questi numeri, e in particolare l'ultimo, il 101 della serie originale hanno una strana storia.
Quando iniziarono a uscire tutti gli appassionati gridarono al capolavoro e le vendite si impennarono. Ma quasi tutti i lettori non comprarono il numero 102, né i seguenti, causando di lì qualche decina di uscite la chiusura della serie.
La cosa lasciò, comprensibilmente, interdetti autore ed editore. Com'è possibile che i lettori dicano che il n°101 è un capolavoro e poi non comprino il 102?
Il fatto è che Ned Ellis non poteva sopravvivere al suo popolo. 
Il finale del 101 (si tratta di eventi storici, non è spoiler) non è certo il finale di un fumetto bonelliano. I ribelli sono sconfitti, quelli nelle riserve costretti a spostamenti punitivi che li decimeranno, i pochi sopravvissuti in Canada destinati al declino. È la storia, non la narrativa. È morto Custer e Cavallo Pazzo. Il popolo di Toro Seduto, così come il lettore l'aveva conosciuto, non esiste più.
Ned Ellis non muore, però (come si fa a uccidere un eroe bonelliano?). Secondo le intenzioni di Manfredi, avrebbe dovuto unirsi ad altre tribù ribelli e in particolare offrire sostegno logistico agli apaches. Ma Ned Ellis, Magico Vento, è un soldato disertore che ha deciso di diventare un lakota e di condividere la sorte del suo popolo e in particolare quella di Cavallo Pazzo, fino alla fine. 
Ci sono personaggi particolarmente ben riusciti da risultare così forti da non obbedire neppure al loro autore. Sherlock Holmes non poteva morire in fondo a una cascata, con buona pace di Doyle. Ned Ellis ha scelto di morire con Cavallo Pazzo, con buona pace di Manfredi. L'ultima tavola mostra un luogo di sepoltura indiano nelle Black Hills e quattro personaggi che vi si allontanano di spalle. Poco importa che uno sia in effetti Ned. Anche rileggendolo ora, ho avuto la stessa sensazione di dieci anni fa. Un finale definitivo.
Né io né gli altri lettori volevamo vedere Ned in una riserva o in un circo. Lui voleva rimanere fino all'ultimo con Cavallo Pazzo. È talmente chiaro che quando Manfredi trova una scusa per allontanarlo, noi non ci crediamo. Il lettore non può credere a un personaggio che si muove contro la sua natura. E se un personaggio è scritto davvero bene ha più forza del suo autore. 
Nonostante tutti gli sforzi (per altro lodevolissimi) di Manfredi, Ned Ellis è morto con Cavallo Pazzo, come aveva sempre voluto.
Di solito, comprensibilmente, quando succedono cose simili, gli autori non sono molto contenti di questo ammutinamento interno e del ritrovarsi prigionieri delle premesse che loro stessi avevano posto. Eppure è anche la misura della riuscita di un personaggio.
Voi cosa ne pensate?

9 commenti:

  1. la seconda illustrazione che hai postato è stupenda, da lasciare a bocca aperta. Applauso per questa tua affermazione: E se un personaggio è scritto davvero bene ha più forza del suo autore. Per il resto: Dio mio sulla burocrazia e i doc. da rifare e sull'esito del concorso. Pat pat sulla schiena da Sandra

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    1. I disegni sono tutti molto belli, ovviamente io mi sono innamorata più della storia, ma anche l'aspetto grafico è stupendo (io ho un debole per Frisenda, l'autore della copertina).
      Per il resto, domani credo sbranerò un messo comunale, ma in un modo o nell'altro lunedì voglio avere tutto e tutto firmato. Questo potrebbe portarmi un po' lontana dal blog, però.

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    2. mi sembra una lontananza più che giustificata, appoggio in pieno il tuo obiettivo degno di un leone! :D Sandra keep calm & fauci spalancate!

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  2. Grazie, perché ahimé non conoscevo queste belle pubblicazioni. Tutto mi è familiare in queste narrazioni. Il romanzo storico che scrissi anni fa ha esattamente questo sfondo come base su cui ho costruito l'intreccio. Devo avere questa serie di fumetti!

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    1. Infatti ho pensato subito a te. Io non sono espertissima sull'argomento, ma qualche saggio l'ho letto e mi pare che la ricostruzione storica sia davvero impeccabile, quindi ti stra consiglio questo volume.

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    2. Grazie, lo cercherò. A Roma ci sono diversi negozi specializzati nel genere.

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    3. Dovresti trovarlo in qualsiasi libreria ben fornita

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  3. Peccato che il fumetto sia un genere così disprezzato. Io trovo che sarebbe un modo formidabile anche per far piacere ai ragazzi la tanto bistrattata Storia... soprattutto con un autore che cura i dettagli in maniera tanto maniacale.

    Questa serie mi conferma inoltre che ci sono storie autentiche più romanzesche di un romanzo, come quella di Cavallo Pazzo o Custer. Bello il finale "aperto"!

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    1. Stacchiamoci anche dall'idea che sia per ragazzi. Questo, ad esempio, non è per ragazzi. Affronta anche tutti i retroscena politici e se non si una un'idea di come girava il mondo in quegli anni risulta del tutto incomprensibile.
      Questo è decisamente un prodotto maturo, per un pubblico che ama approfondire. Sullo stesso argomento, ad esempio "Gli spiriti non dimenticano" di Zucconi è più adatto a un pubblico di ragazzi.
      A te, però, lo consiglio vivamente.

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