giovedì 15 dicembre 2016

Il bisogno del pubblico che sta dietro al successo dei best seller – scrittevolezze

Sono reduce da giorni un po' stancanti, non tanto per la pupattola, che è dolce è paziente, quanto per i lavori in casa, con il loro inevitabile corollario di piccoli disagi. Dal trapano che fora il muro del salotto mancando di poco il divano con "scusi, signora, pensavamo che fosse più spesso", alla corrente che va e viene, al rumore. La pupattola, povera, per tre giorni è stata senza pace, ogni volta che tentava si abbioccarsi ecco capitare qualcosa. Neppure fuori casa ha avuto tregua, con tanto di guasto al passeggino. Ieri finalmente i muratori hanno finito i lavori grossi e la pupattola sta ronfando rincorrendo il sonno perduto, mentre io sono alla terza pastiglia contro il mal di testa.
I ragionamenti fatti in questi giorni, sono stati senza dubbio lesionati dai martelli pneumatici, come tutto il resto, ma cerco comunque di renderne conto.

Tutto è partito dal commento di Helgado al post precedente, in cui esprimeva il proprio disappunto per chi critica gli autori di successo, a partire dai mostri sacri della letteratura.
Ho pensato al fatto che non solo criticare piace a tutti, ma che a volte ci sentiamo davvero nel giusto a farlo. Alzi la mano chi non ha mai pensato, di fronte a un libro di successo: "Io l'avrei scritto meglio!", "Io ho scritto un romanzo migliore di questa schifezza!"
La cosa buffa è che, almeno se parliamo di successi commerciali, nella maggior parte dei casi abbiamo ragione. Il libro best seller di cui tutti parlano non è nulla di speciale, ha una scrittura mediocre e noi avremmo fatto di meglio. Solo che in quel caso c'è stato un lavoro di promozione di cui noi non abbiamo beneficiato.
Però...
Innanzi tutto se ben guardiamo ci sono libri che hanno moltissima promozione e che si rivelano dei flop colossali e grandi successi che partono in sordina e crescono oltre ogni aspettativa. Ora si fa fatica a ricordarselo, ma Harry Potter non uscì con chissà quale promozione, per un editore al tempo non enorme. Quindi cosa, cosa succede?
Mi posi la domanda al tempo del di Twilight e, avendo alunne che stravedevano con i più imbarazzanti vampiri della storia della letteratura, girai a loro la domanda. Quello che emerse mi stupì. Un vampiro è per sempre. È immortale e immutabile, standoci assieme devi rinunciare alla possibilità di evolvere e forse alla tua anima, ma poi è per sempre. Come Bella, queste ragazze erano per lo più figlie di divorziati, sballottate tra una casa e l'altra, vedevano le sorelle maggiori con fidanzati che andavano e venivano e nessuna certezza lavorativa. Bella, che sarà in eterno giovane, nessuna necessità di lavorare e un ragazzo che la amerà per sempre, aveva su di loro un fascino che forse neppure l'editore che aveva lanciato il romanzo poteva immaginare.
C'era un bisogno di stabilità sentimentale che, quasi sicuramente per caso, la serie dei vampiri vegetariani ha intercettato.
Stessa cosa per le Cinquanta Sfumature, fine operazione commerciale con tanto di favoletta sull'autrice per quello che ne so studiata a tavolino che va però a intercettare un bisogno di rivalsa erotica, la rivendicazione di un amore che sia insieme favolistico e carnale che evidentemente c'era. Molte recensioni hanno evidenziato che le scene hard sono scritte bene, senza i voli pindarici per cui erano famosi gli Harmony più "forti" e senza scadere nel porno puro e semplice. Io non me ne intendo molto in materia, ma mi pare che abbia offerto un prodotto che non c'era, un romanzo non così spinto da doverti vergognare di avere in casa, ma che chiama le cose con il loro nome e che rispondeva a un bisogno o a un desiderio del pubblico.
Questo non ha nulla a che vedere con la qualità letteraria. Personalmente ritengo che Twilight sia scritto malissimo (non mi uccidano gli estimatori), a metà del secondo volume volevo sparare a me e decapitare tutti i protagonisti e ho trovato le descrizioni di raro imbarazzo. Ma capivo perché le mie alunne lo adorassero. 
In questi casi si successo letterario planetario, sopratutto quando poi l'autore non è in grado di ripetere il miracolo, c'è tanto di accidentale e non previsto. C'è, sempre, un libro che arriva al momento giusto per rispondere a un bisogno del pubblico. Non il libro migliore per rispondere a quel bisogno, ma quello arrivato al momento giusto.
Io ho da anni il dente avvelenato contro Licia Troisi che incarna tutto quello che io non voglio in un fantasy e che, mannaggia a lei, ha avuto un successo enorme, mai più ripetuto. Come persona mi sta anche simpatica, ma nel profondo penso che sì, io avrei fatto di meglio. Tuttavia riconosco che ha riempito un vuoto che nel mercato italiano c'era, è arrivata al momento giusto e il pubblico si è riconosciuto nelle sue storie.
Più ci penso e più mi rendo conto che se un romanzo ha un grande successo, c'è un motivo. Spesso non è un motivo letterario, ma un riuscire, spesso per caso, a intercettare i bisogni di un pubblico. Svilire le qualità letterarie di questi libri ha poco senso, perché spesso non avevano già in partenza chissà quali velleità. Né ha senso svilire il pubblico che li apprezza. Anche perché a volte noi stessi siamo quel pubblico. Alzi la mano chi non ha mai apprezzato neppure un best seller o un romanzo generazionale. Harry Potter non è il più bel romanzo per ragazzi che abbia letto, ma mi è piaciuto un sacco. Mi ci sono riconosciuta per dei motivi che forse non erano così chiari né nella mente dell'autrice né in quelli dell'editore, che magari non hanno a che fare con i meriti letterari, ma sta di fatto che, a suo tempo, ho fatto notte leggendo i romanzi del maghetto, invece di preparare gli esami universitari.
Un best seller può non piacerci, può non essere un gran libro, ma quasi sempre intercetta i bisogni o i desideri di un pubblico vasto.
Quando denigriamo un best seller o il suo pubblico tendiamo a dimenticarci che anche noi abbiamo amato almeno un best seller, siamo stati quel pubblico e vorremmo quel pubblico su cui sputiamo.
(E, comunque, poi l'invidia è un sentimento umano ed è sacrosanto anche odiare quel best seller che noi avremmo scritto meglio, sia chiaro).
Voi cosa ne pensate?

24 commenti:

  1. Man mano che leggevo il tuo articolo mi saltava sempre più alla mente uno dei Best-seller anni 90 per eccellenza: "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", il quale raccoglieva in sé tutti gli elementi che potevano interessare a noi, adolescenti del tempo: la rivalsa del ragazzino sfigato, la storia d'amore e una ribellione giovanile che si muove al di fuori dalla politica, e investe più la famiglia. Perché mi è venuto in mente? Sto leggendo, dopo vent'anni, il nuovo romanzo di Enrico Brizzi. Ricordo perfettamente lo stile, pieno di regionalismi e tutt'altro che armonioso, che se era perfetto per JF, in "il matrimonio di mio fratello" è una stonatura. C'è un quarantenne che ricorda il passato, con lo stesso linguaggio di un quindicenne. Il target dei due romanzi è il medesimo: noi siamo tutti "Fruscianti" invecchiati. Ma in quei vecchi valori non ci rispecchiamo più. Per questo non diverrà mai un Best-seller.

    Il tuo discorso fila alla perfezione, tant'è che ho fatto un excursus mentale per scovare tutti i bisogni soddisfatti da opere di scarsa qualità (esistono anche Best-seller scritti benissimo: Elena Ferrante su tutti). Li ho scovati tutti, tranne per uno: "la verità sul caso Herry Quebert"...

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    1. Certo, ci sono best seller scritti benissimo, questo, però, da solo non spiega il loro status, che è dovuto all'essere arrivati, per lo più per caso, nel giusto momento. Herry Quebert me l'avevano prestato, ma sono stata dissuasa dalla mole, quindi non so spiegarmi il suo successo, però ho sentito anche parlarne molto bene, quindi un suo pubblico lo ha avuto.

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    2. La trama è abbastanza godibile, ma la scrittura lascia molto a desiderare.

      In ogni caso questo post mi ha dato l'idea per un articolo, che vorrei scrivere se riesco prima di Natale, altrimenti subito dopo le ferie. :)

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    3. Jack Frusciante è un ottimo esempio di "best-seller per caso". Penso che abbia fatto successo perché è uscito nel momento giusto al posto giusto. L'ho letto molti anni dopo la sua pubblicazione e l'ho trovato improponibile.

      Ci sono fenomeni passeggeri e veri talenti, il giudice è il tempo che passa. Twilight a me è piaciuto, ma non credo che sarà letto dalle generazioni future!

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    4. Il momento giusto è il successo di quasi tutti i best seller. Alcuni arrivano al momento giusto per noi, spesso per motivi imponderabili.

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  2. Ma sì dai è umano criticare, rosicare il best sellerone di turno. Entrano in gioco un sacco di dinamiche, non ultimo il gusto personale per cui, concordo con sopra Herry Quebert è un paccozzo insulso e Harry Potter una genialata. Non capisco il successo di Chiara Gamberale e Anna Premoli ma di sicuro come dici tu appagano qualche bisogno di lettrici diverse da me. Sandra

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    1. Capire le dinamiche dietro ad alcuni successi, secondo me, mette anche in pace con noi stesse perché poi pensi "ok, il motivo è quello, va be' io però sono un'altra cosa". O, almeno, a me è servito, forse mi ha reso un po' arrendevole (pensando che per alcune cose non ci fosse spazio in Italia ho finito per non proporle proprio, ma io sono un po' un caso limite).

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  3. Io rispondo così:

    Ma s'io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni
    credete che per questi quattro soldi, questa gloria da stronzi, avrei scritto narrazioni;
    va beh, lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il "crucifige" e così sia,
    chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato...

    Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante,
    mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più d'un cantante:
    giovane e ingenuo io ho perso la testa, sian stati i libri o il mio provincialismo,
    e un cazzo in culo e accuse d'arrivismo, dubbi di qualunquismo, son quello che mi resta...

    Voi critici, voi personaggi austeri, intellettuali severi, chiedo scusa a vossìa,
    però non ho mai detto che a descrizioni si fan rivoluzioni, si possa far poesia;
    io scrivo quando posso, come posso, quando ne ho voglia senza applausi o fischi:
    vendere o no non passa fra i miei rischi, non comprate i miei libri e sputatemi addosso...

    Secondo voi ma a me cosa mi frega di assumermi la bega di star qua a pontificare,
    godo molto di più nell'ubriacarmi oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare...
    se son d'umore nero allora scrivo frugando dentro alle vostre miserie:
    di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo...

    Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone, io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista,
    io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista!
    Io frocio, io perché scrivo so imbarcare, io falso, io vero, io genio, io cretino,
    io solo qui alle quattro del mattino, l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare!

    Secondo voi ma chi me lo fa fare di stare ad ascoltare chiunque ha un tiramento?
    Ovvio, il medico dice "sei depresso", nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento.
    Ed io che ho sempre detto che era un gioco sapere usare o no ad un certo metro:
    compagni il gioco si fa peso e tetro, comprate il mio didietro, io lo vendo per poco!

    Colleghi autori, eletta schiera, che si vende alla fiera per un po' di milioni,
    voi che siete capaci fate bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni...
    Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete,
    un romanziere fallito, un critico, un teorete, un sodale o un influecer a sparar cazzate!

    Ma s'io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso,
    mi piace far racconti e bere vino, mi piace far casino, poi sono nato fesso
    e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
    ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e in culo tutto il resto!

    ... scusate il linguaggio.

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    1. L'avvelenata di Guccini è sempre attuale tranne per il fatto che "un laureato conta più di un cantante" adesso è meglio fare il cantante e magari piazzarsi a Xfactor, ormai una laurea non serve più a niente, puoi perfino diventare ministro senza averla e, soprattutto, non serve ad arrivare alla pensione che resta sempre "davvero importante"

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    2. Sottoscrivo, Giulia. Di laureati ce n'è troppi. Anche di scrittori, si dice, ce n'è troppi. Di cantanti: mai abbastanza. :)

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    3. Guccini vince sempre!
      Io scrivo come posso, quando quando posso, come ne ho voglia senza applausi o fischi

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  4. Mi caschi a fagiolo. Nel senso che più che l'invidia o se lo avessi scritto meglio, mi soffermo su Licia Troisi. Ero tentata di comprare un suo libro mesi fa. Poi arrivo ultima tra quali libri comprare. Ho preferito comprarlo a mio figlio. E che sento? Tu lo avresti scritto meglio. Ora il dubbio se comprarlo ce l'ho. Da ciò che scrivi e dalle recensioni dei tuoi libri, sei brava. Mi potresti dire però perché non ti piace come scrive? Sto chiedendo troppo, forse. :/

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    1. Ah, io non sono in grado di giudicare la Troisi. Per me è un po' un insieme di tutto quello che si critica nel fantasy.
      Però riconosco che si tratti di un'autrice intellettualmente onesta che col tempo ha imparato a fare il proprio lavoro con mestiere.
      Poi, per carità, se si vuole staccare la testa con una storia con tutti i cliché del genere messi proprio al solito posto, scritta senza brio ma nemmeno biasimo ci sta. È rassicurante e anche questo è un bisogno importate a cui dare ascolto.

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  5. Sono d'accordo con quanto dici anche se devo aggiungere che inspiegabilmente parlando della saga di Twilight con colleghe che insegnano letteratura inglese tra cui una che tiene anche corsi all'università e traduce per famose case editrici esse mi hanno tutte assicurato che è scritto splendidamente almeno per quanto riguarda la lingua originale. Anche a me sembra assurdo perché non sono riuscita a leggere oltre la terza pagina. Mi rendo conto che criticare i bestseller a volte sia fuori luogo come è fuori luogo dire qualunque cosa che non sia bella nei confronti del prossimo ma mi rendo conto che a volte non ci si può proprio trattenere. Uno dei pochi bestseller commerciali che ho letto è stato il codice da Vinci e per quanto la trama mi sia piaciuta ho trovato davvero difficile mandare giù lo stile, io non sono una scrittrice ma perfino io ho pensato a tratti che avrei potuto scriverlo meglio...

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    1. Non ho letto Twilight in originale, ma in italiano... Ecco, le mie alunne dicevano "mi piace perché capisco tutto, è scritto semplice", cosa che per me non è un così gran complimento, ma per qualcuno evidentemente sì.
      Il codice da Vinci... Chi di noi non ama una bella avventura, che solletica il gusto del proibito, mettendo in discussione le verità della fede? È arrivato al momento giusto, per altro scopiazzando altri libri deliranti che però condivano meno bene le loro teorie del complotto (c'è stata anche una causa per plagio, di cui però ho perso il finale). L'idea geniale lì era, secondo me, unire Indiana Jones a una certa blanda blasfemia. Non di mio gusto, ma difficile non comprenderne il fascino.

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  6. Mi è capitato di leggere romanzi che scalano le classifiche che proprio non mi sono piaciuti, anch'io per esempio non capisco il successo di Anna Premoli (ho letto "L'importanza di chiamarti amore" e non mi ha fatto impazzire, però sembra che gli altri libri siano più belli, anche se non credo che lo sperimenterò)...

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    1. Non ho letto la Premoli e, visti i vostri commenti, dubito di farlo, così ad occhio, considerando ad esempio gli alunni, secondo me una certa semplicità di linguaggio paga, così come la rivisitazione delle solite favole di sempre.

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  7. Ho letto “Twilight” quando ancora non aveva ancora raggiunto l’apice del successo. Avevo poco più di vent'anni e mi ha emozionata così tanto che me lo sono letta in doppia lingua, inglese e italiano. L'anno scorso ho provato “Midnight Sun”, in cui Bella è un ragazzo, e non mi ha fatto né caldo né freddo. Dipenderà dall’età?

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    1. Assolutamente. Mentre lo leggevo, io già quasi trentenne, pensavo proprio "però a sedici anni lo avrei amato"

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    2. Questo rende ancor più inspiegabile l'ammirazione delle mie colleghe cinquantenni!!

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  8. Molto interessante il tuo discorso!
    Ho letto Twilight quando avevo sedici anni, ma non sono mai stata interessata ai romanzi d'amore, quindi l'ho fatto solo perché le mie amiche mi dicevano "non puoi criticarlo se non l'hai letto".
    Invece ammetto di essere stata una fan di Licia Troisi. Ora mi rendo conto di tutti i difetti dei suoi libri, ma a quattordici-quindici anni li ho letti e adorati (almeno le prime due trilogie, poi mi sono accorta che continuava a scrivere storie con la stessa trama cambiando solo i nomi). Credo che il motivo per cui mi piacevano così tanto fosse la presenza di una protagonista femminile nel fantasy, quando invece nella maggior parte degli altri libri di quel genere le ragazze erano sempre relegate a ruoli minimi. Con Nihal mi potevo finalmente identificare nella protagonista.

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  9. Non ti dico quali fantasy terribili ho letto io a 14 anni. In terza media avevo molto amato la trilogia di Dragonlance, riletta anni dopo mi ha fatto vergognare di me stessa. Eppure a 14 anni mi ha fatto sognare, anche quello dei sogni dei ragazzini è un desiderio da non sottovalutare e da rispettare.

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  10. Ho provato questa sensazione con la narrativa di successo di Banana Yoshimoto. Ero giovane e leggendo Kitchen o Amrita (in realtà, fino a un certo punto, ho tutta la sua bibliografia) dicevo "voglio scrivere come lei" e raccontare nel suo modo, poi non so, crescendo la magia si è persa del tutto e la mia impressione si è ribaltata, certe volte arrivo sì, a dire: cavolo, io scriverei meglio, ma perché lei è Banana Yoshimoto e io resto una M.G qualunque? Invidia? Beh, forse sì.
    La curiosità non mi avvicina a Twilight o alle sfumature, mio figlio ha tutti i libri di Harry Potter, ma niente, non sono nemmeno un po' interessata a capire le ragioni di tanta fama. Ecco, questo è un tipo di successo che non mi suscita invidia alcuna.

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    1. Tra Harry Potter e Twilight a mio avviso c'è un abisso. Il primo è, almeno fino a tre quarti, una saga molto meno banale di quanto si possa pensare, non è, probabilmente, la più bella serie per ragazzi mai scritta, ma può competere per il titolo. Twilight è proprio un successo commerciale dalle strane motivazioni.
      Comunque sì, il tuo rapporto con la Yoshimoto è più che comprensibile, anche sano, come tutti gli allievi senti di esserti distaccata dalla maestra e poter volare con le tue ali. Che poi il mondo non ti (ci) capisca, beh, questo è un altro, dolente, discorso.

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