Ogni estate, o almeno ogni vacanza, è in qualche modo segnata da uno o più libri. Quasi sempre nel mio caso non sono i libri che avevo pensato di leggere alla partenza, ma libri che si sono imposti, mi hanno chiamato. Molto spesso hanno sostituito il loro immaginario con il mio, dato che l'estate è per me il territorio del possibile, dell'esplorazione e del non delineato. Il tempo del fantastico, della fantascienza e dell'horror. Ho letto per la prima volta d'estate Il signore degli anelli, Il segno dei quattro, la saga dei Vorkosigan, It, i primi libri di Sanderson, Hyperion, Amleto, anche l'Iliade l'ho letta d'estate. Tutti libri che mi hanno portato in un altrove che la mia fantasia ha deciso di colonizzare e fare suo. Quindi non mi aspettavo che quest'anno il posto di "libro dell'estate" se lo contendessero due saggi. Diversissimi tra loro, per altro. A modo loro, però, mi hanno parlato di cose talmente lontane dal mio vivere comune che, pure essendo basati su ricerche stra rigorose, hanno saputo nutrire anche la mia sete di meraviglia e plasmare il mio immaginario.
Storia naturale della domesticazione dei mammiferi
Da archeologa laureata in archeologia del neolitico non mi è sembrato vero di imbattermi per caso, in una libreria in cui siamo entrati per capre se stava effettivamente per piovere oppure potevamo riprendere la via, in questo testo non recentissimo, ma fondamentale che mi era sempre sfuggito.
Ho iniziato a leggere con la boria di chi queste cose le ha studiate pensava di sapere già tutto. Invece non solo non era vero, ma in ogni caso è stata una lettura che ho affrontato con occhi nuovi e che mi ha rivelato più poesia e filosofia che scienza.
Cosa pensiamo che sia naturale e cosa artificiale nella nostra Europa? Se è evidente che il campo coltivato e la mucca che pascola in un alpeggio sono dovuti all'intervento dell'uomo fa impressione pensare che prima dell'arrivo dei romani nelle mie terre non c'erano conigli a saltellare nei prati, non c'erano daini nei boschi né gatti in nessuna casa o cascina, così come non c'erano castagni nei boschi. Magari, però, avrei intravisto uno degli ultimi leoni.
Nel vecchio mondo uomini e animali domestici convivono da così tanto tempo e così interconnessi che è difficile pensare al nostro territorio senza di loro o distinguere cosa ha fatto l'uomo e cosa la natura.
E se avevo studiato da tempo le modifiche che la domesticazione ha portato alle specie domestiche non aveva mai pensato che anche l'uomo si è domesticato insieme agli animali. Un animale domestico capisce il padrone. In modo rudimentale un'oca, una pecora o una mucca, in modo sofisticato un gatto o un cane. Ma anche l'uomo capisce il proprio animale domestico, con un livello di empatia assai superiore di quello necessario per la caccia. Per comunicare con gli animali dobbiamo entrare in sintonia con loro e per farlo dobbiamo essere più in sintonia con noi stessi. Ci sono tutte delle capacità di empatia che l'uomo deve necessariamente aver affinato nei millenni di convivenza con gli animali, diventando in qualche modo "più umano".
Mi hanno poi affascinato moltissimo i capitoli sulle domesticazioni sfiorate e quelle possibili. Nel primo animali che sono arrivati a un passo dall'essere domestici e poi per motivi storici, magari il crollo della civiltà che li aveva selezionati, non è più proseguita la loro domesticazione. Fossi nata (ricca) nell'antico Egitto o nell'antica Roma avrei avuto al guinzaglio un ghepardo, animale che a quanto pare si adatta molto bene alla vita da salotto. Per riprodursi, però, ha bisogno di ampi spazi e se non sei un patrizio romano davvero ricco o un faraone il tuo giardino non ti permette di accogliere cucciolate di ghepardo, da cui la fine delle linee di sangue domestiche. Ma i ricchi signori indiani con un sacco di spazio e di tempo da dedicare agli esperimenti avevano anche gli orici da latte e in Egitto pare ingrassassero le iene come si fa con le oche da paté (non è pervenuta però la ricetta del paté di iena).
Altrettanto affascinante il capitolo sulle nuove domesticazioni. Se da tempo conoscevo le volpi domestiche siberiane, che in poche generazioni hanno perso i loro tratti selvatici e hanno variato la colorazione del mantello, non sapevo di esperimenti per gli alci da sella o per i lamantini che aiutino a tenere puliti i fondali dalle alghe.
Infine, la conferma di qualcosa che abbiamo sempre saputo. I primi esperimenti di domesticazione non sembrano essere stati fatti per scopi utilitaristici. Popolazioni paleolitiche hanno allevato cuccioli di orso, di lupo e di pantera prima di pensare a cosa farne. Insomma, tutta colpa o merito degli occhioni di qualche bambino e del suo "papà lo posso tenere? Me ne occuperò io...".
Leonardo, genio senza pace
Voluto, invece, è stato il saggio su Leonardo. Quest'anno ho letto moltissimo sul rinascimento italiano (su questo tornerò), approfondendone sopratutto gli aspetti artistici. Di Forcellino avevo già apprezzato un saggio su Michelangelo e quindi mi sono buttata su Leonardo.
Ho trovato un libro appassionante, da leggere d'un fiato, che mi ha regalato tante sorprese su un personaggio che più o meno tutti ci illudiamo di conoscere. Un unico limite, è scritto da uno storico dell'arte che rimprovera neppur troppo tra le righe a Leonardo di aver messo in secondo piano la pittura per una ricerca di conoscenza troppo poco finalizzata per portare a risultati concreti. Insomma, fosse stato per Forcellino, Leonardo sarebbe stato rinchiuso in una stanza e obbligato a finire tutte le sue opere e al diavolo i codici, il volo e il corpo umano!
Ma andiamo con ordine, le sorprese.
Innanzi tutto inquadrare Leonardo nel suo tempo, con la sua travagliata storia personale di figlio illegittimo adorato dai nonni e detestato dal padre, ma anche i suoi studi e le sue frequentazioni. Scoprire che sì, era un genio, anzi, Il Genio, ma non era l'unico ad avere interessi così eclettici, che era per certi versi normale per un artista occuparsi anche di balistica, fortificazioni, anatomia e scienze naturali. Come ricorda Forcellino gli artisti dovevano essere un po' chimici o alchimisti per creare i colori, lo studio della natura era propedeutico per la sua rappresentazione, così come quello dell'ottica e se ci si occupava anche di scultura in bronzo prima o poi qualcuno ti chiedeva consulenze militari, perché se sai fondere una statua sai anche fare un cannone. La novità di Leonardo è quello di essere attratto dalla ricerca pura in un mondo di spiriti pratici. I suoi studi anatomici sono volti a vedere come funziona il corpo, non a studiarne la rappresentazione, come fa Michelangelo, o a cercare immediate applicazioni medici, così come il volo è affascinante di per sé. Quando Leonardo si propone come ingegnere capace di risolvere problemi contingenti o come artista che porterà a termine determinate opere in realtà cerca fondi e pretesti per la ricerca pura, da cui poi i tempi di consegna biblici e la difficoltà a trovare credito presso i potenti.
La cosa più sorprendente, almeno per me, è stata l'immagine stessa di Leonardo. La vulgata ci ha presentato un uomo bonario perso nel suo mondo. In realtà, stando alle fonti, si presentava quasi come uno stilista di oggi. Curatissimo ed eccentrico, amante degli abiti di lusso dai colori e le fogge insolite e anima delle feste. Che Leonardo curasse scenografie e costumi per feste sontuose l'ho sempre saputo, ma pensavo fosse una sorta di ripiego per sbarcare il lunario, invece pare fosse una sua passione e ci si divertisse parecchio. Anche negli ultimi anni, quando non dipingeva più e il re di Francia lo trattava con molto rispetto non mancava di progettare automi per feste e disegnare costumi sontuosi. Alle feste poi amava presenziare da assiduo frequentatore del bel mondo, con i suoi allievi/amanti su cui si sprecavano i pettegolezzi (il che forse spiega anche l'imbarazzo del padre verso un figlio illegittimo sempre sulla bocca di tutti). Ecco, se il Leonardo che cerca di spiccare il volo dal castello sforzesco di Milano, preoccupato di essere visto da qualcuno, già prima me lo immaginavo, questo Leonardo frivolo vestito di rosa e oro per me è nuovo e divertente.
Curioso è anche lo sguardo dell'autore su Leonardo. Forcellino, da bravo storico dell'arte, per certi versi si mette nei panni dei suoi committenti e si rammarica delle potenzialità non espresse e dei quadri non dipinti. Si sa che Leonardo spesso abbandonava un'opera a volte solo per noia, a volte per seguire nuove passioni, a volte perché si spinge troppo oltre nello sperimentare nuove tecniche che poi non danno i risultati sperati. Se noi oggi rimaniamo estasiati anche di fronte agli abbozzi, alle opere rovinate o ai disegni preparatori, oltre che alle poche e famosissime opere complete, i suoi committenti erano assi meno contenti. In un'epoca in cui i Michelangelo e i Raffaello producevano un capolavoro dopo l'altro la lentezza di Leonardo e la sua attenzione ondivaga era snervante. Per i committenti i suoi interessi variegati non erano che distrazioni che lo distolgono dall'unica cosa che secondo loro avrebbe dovuto fare: dipingere. Ecco Forcellino ce li fa prendere in simpatia, facendo capire al lettore quanto dovesse essere snervante avere a che fare con Leonardo e quanto pretenzioso dovesse apparire ai loro occhi.
Direi quindi che questo è un saggio assai consigliato a chiunque voglia indagare la figura di Leonardo al di fuori degli stereotipi in cui è imprigionata, anche perché scorre rapido e la precisione dei riferimenti non rende la prosa meno piacevole.
Il saggio sulla domesticazione degli animali deve essere davvero interessante. Mi incuriosisce.
RispondiEliminaÈ molto bello, l'unico limite è che è del 2001 (non so perché lo abbiano ri pubblicato ora) e ovviamente non tiene conto degli ultimi studi genetici.
EliminaMi sembrano due saggi davvero interessanti. Io invece ho letto molti thriller.
RispondiEliminaMi sono piaciuti molto, di fatto ho abbandonato i thriller per loro.
EliminaHo da poco letto "Il genio di Leonardo raccontato da Monna Lisa", di Alberto Angela. Non mi è sembrato un testo eccezionale, ma ed è stato un piacere sapere qualcosa in più su un personaggio tanto famoso da rendere facile il non conoscerlo affatto. Il primo saggio di cui parli, invece, sarà mio quanto prima. ;)
RispondiEliminaEsatto, Leonardo è talmente famoso che non ci si rende conto di non sapere quasi nulla di lui. Ti consiglio entrambi questi saggi, assai diversi tra loro, ma entrambi interessanti e piacevoli.
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