Ci sono progetti scrittorei che sembrano eterni. Li si comincia, poi si cancella, si torna indietro. Ci si interrompe, si pensa di abbandonare. Li si riprende in mano, si cancella, si riparte. Ci si interrompe.
A volte è la vita a imporre questi ritmi. Succede qualcosa, ci si interrompe, si riprende in mano, si cancella, si riparte.
Sono anche rassicuranti a modo loro. Significa avere una storia in cui tuffarsi. Quando si scrive in modo spezzettato per certi versi preferisco avere per le mani un progetto lungo piuttosto che uno corto. I racconti devo progettarli, scriverli e terminarli tutto d'un fiato. I romanzi sono escursioni lunghe nella terra delle storie, so che ci si starà mesi, se non anni. Mi predispongono a un ritmo diverso e mi dispensano dal concentrarmi su altro. Dopo tutto ho già la mia storia da scrivere.
Questa storia in particolare l'ho iniziata a luglio del 2016. A ben vedere non è neppure tantissimo tempo, un anno e qualche mese. Tanto, ma non tantissimo per una prima stesura.
In questo periodo, però, sono successe tantissime cose e in tutte questa storia mi ha fatto compagnia. Pensava a questa storia, in auto, mentre andavo a estrarre la traccia per l'orale del concorso docenti, ci pensavo per distrarmi nei convulsi giorni che hanno preceduto l'incontro con la pupattola. Ci pensavo durante le sue prime nanne a casa, quando ero convinta che se avessi smesso di guardarla avrebbe potuto lei smettere di respirare.
L'ho messa in pausa e l'ho ripresa, al punto da non ricordarmi i nomi di parecchi personaggi. L'ho dato per morta e poi l'ho resuscitata.
La mia sensazione irrazionale è che questa storia mi avrebbe fatto compagnia per sempre.
E mi andava bene.
Tra tutto quello che ho scritto è senza dubbio la storia più leggera, decisamente commedia, un mondo di personaggi in cui potersi tuffare senza troppe angosce esistenziali. Con tanti deliziosi quesiti tecnici con cui occupare la mente.
Adesso, poi, se riesco a dedicare alla scrittura due ore alla settimana è tanto. Quindi quando ho iniziato le lezioni a scuola ho pensato "ora non la finirò più".
Senza guardare a che capitolo ero. Senza ragionare sul punto della trama.
E poi, semplicemente, sono arrivata in fondo.
Senza rendermene conto mi sono travata a -2 capitoli dalla fine. Di fatto, tutto era già successo, bisognava solo trarre le ultime conclusioni. Quaranta e più capitoli scritti.
È una sensazione strana, spiazzante, un po' malinconica.
Non ho voglia, davvero, di scrivere l'ultimo capitolo.
Non ho voglia perché penso che la revisione di un'opera scritta in questo modo sarà un incubo.
Non ho voglia perché non so gestire il poi. Il mio unico invio del mio lavoro precedente a oggi non ha dato alcun frutto. Non ho il tempo e le energie per farmi self, non ho forza contrattuale per i big quindi non so, poi, che fare delle mie storie.
Non ho voglia principalmente perché non voglio abbandonare questa storia e il porto sicuro che ha rappresentato. Non voglio lasciar andare, neppure verso un bel finale, i miei personaggi bislacchi, che mi hanno fatto innamorare delle loro stranezze.
Non voglio lasciare questa storia come non voglio che finisca un periodo della mia vita, così sconvolgente e ricco di sorprese da non sembrare neppure vero.
Però adesso la pupattola dorme. Che mi piaccia o no è il momento di scrivere la parola fine.
PS: a voi è capitato di non voler finire una storia?
Direi che mi è successo nelle scorse due settimane, ogni scusa era buona per non mettermi al tavolo da disegno.... Poi le scuse erano rilevanti, malattie, consigli di classe ma pur sempre scuse....!
RispondiEliminaEcco, stessa situazione!
EliminaCi sono storie che restano nel cuore, in realtà ho sempre puntato alla parola fine ma poi i personaggi mi restano addosso per un bel po'. Dopo la parola fine però c'è la revisione ed è un modo per perfezionare alcuni tratti della storia o dei personaggi, diventa un modo per restare ancora nella storia...
RispondiEliminaLa revisione io un po' la soffro. Non è la stessa cosa, è un guardare la storia dall'esterno e un po' mi mette tristezza.
EliminaMi capita praticamente ogni volta, ti capisco in pieno. Penso che a un certo punto sarà la stessa storia a lasciarti andare. Forse ancora non è il momento.
RispondiEliminaQui è proprio la storia a urlarmi "guarda che sono finita, sbrigati a mettere l'ultimo punto"
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaA me mai. Anzi: c'è sempre qualcosa che mi blocca dall'arrivare alla fine. A volte si tratta di qualcosa di materiale. Oggi per esempio volevo scrivere, però c'è stato un contrattempo e sono riuscita a dedicarmici solo la mattina. Altre volte invece sento qualcosa dentro di me. Una sorta di paura della fine che lotta contro il mio desiderio di farcela.
RispondiEliminaOra comunque aspetto il file. ;)
Io più che paura della fine ho paura del dopo, del nulla che spesso si mangia le mie storie.
EliminaIo ho abbandonato il mio secondo romanzo, mai terminato, arenato intorno al decimo capitolo. Peccato, perché era assai diverso dal primo, stavo sperimentando una scrittura diversa, più essenziale. Poi, mi resi conto che stava prendendo una piega difficile, verso epoche storiche che avrei dovuto approfondire meglio. Quindi, per altri impegni ho mollato. Mi manca però quella storia, e non è detto che non la riprenda prima o poi.
RispondiEliminaIo ne ho un pacco di romanzi interrotti al decimo capitolo! Alcuni sono anche pieni di buone idee, ma o non ero in grado di portarle avanti o si è esaurita la spinta creativa. Di certo il decimo capitolo è lo scoglio principale. Superato quello arrivo in fondo.
EliminaForse vuoi che ci sia sempre.
RispondiEliminaOppure la concluderai quando sarà necessario, quando ti sentirai pronta a volerlo fare, per staccartene.
Moz-
Sì, vorrei che ci fosse sempre. Ma, ahimé, come per tutte le cose della vita, non è così
EliminaCerto che mi è capitato. I motivi magari possono essere diversi, le reazioni pure. A volte mi dispiace proprio, altre volte penso: non avrei proprio dovuto iniziare a scriverlo.
RispondiEliminaSe penso che non avrei dovuto iniziare abbandono. Se arrivo in fondo è perché ho amato quella storia.
EliminaNo, mai. Quando ne inizio una, non vedo l'ora di finirla.
RispondiEliminaSe ti affezioni così tanto, allora fanne una trilogia o una saga :D
Eh, no, per motivi di trama non è possibile un seguito. Ed è una cosa che mi spiace un sacco.
EliminaNeanche qualche "spin-off"?
EliminaNo, temo di no.
EliminaA me non è mai capitato. Anzi, ora che ho due grandi cantieri aperti (il terzo romanzo dei crociati da revisionare e il romanzo sulla rivoluzione francese da proseguire), mi sta venendo un po' l'ansia. Spero di non inciampare nei rotoli dei cavi! :)
RispondiEliminaMa figurati, salterai gli inciampi alla grande!
EliminaCapisco che cosa dici, specie per il discorso della revisione :D
RispondiEliminaUn bel respiro e facci sapere il titolo del lavoro appena finito!
Si sa che con i titoli sono un disastro...
EliminaNo. In realtà sono più contenta quando la finisco, perché ne inizio tante e poi le lascio incomplete. Mi capita di avere un'idea e, strada facendo, di affezionarmi a un'altra idea e poi a un'altra ancora. A quanto pare mi piace iniziare, più che finire, invece sarebbe proprio il caso di finire ciò che ho iniziato. 🙂
RispondiEliminaLa tentazione di saltare da un'idea all'altra ce l'ho spesso anch'io. Mi impongo di tenere come prioritario un progetto e forse anche per questo quando finisce mi sento un po' persa.
EliminaMi è capitato eccome, e sì di solito succede con le storie lunghe. Ti affezioni ai personaggi, diventa parte della tua giornata, è una delle mille cose che hai nella lista di quelle "Da fare", e poi finisce senza preavviso!
RispondiEliminaMagari può aiutarti il fatto che, finita una storia, un'altra è lì che aspetta di essere scritta :)
Sì, forse c'è il fatto che il dopo sia molto nebbioso a rendere questo distacco più traumatico
Elimina