Le vacanze, quando finalmente sono arrivate, ci hanno portato in montagna.
Sarà che tutti dicono che i bambini devono essere portati al mare, ma sui monti, negli ultimi anni, per far fronte alla concorrenza, si sono super attrezzati per i pupattoli.
Passeggino o zainetto e si arriva comodi comodi in posti come quello in foto, dove davvero fatico a provare nostalgia per l'odore della crema abbronzante, le meduse, la paura che il cucciolo si perda nella spiaggia, la sabbia ovunque, insomma, tutti quegli elementi che costellano i miei ricordi di "vacanza estiva al mare per bambini".
Con molto coraggio, il marito ha portato in lettura gli scritti della combriccola della scrittura privata e quindi ho potuto raccogliere tutti i pareri dei miei, questa volta letteralmente, quattro lettori. Gente che mi conosce, che legge quello che scrivo abitualmente, e che ha letto questo esperimento, sapendo che per me il gioco era anche liberarmi di qualsiasi paletto editoriale.
Devo dire che tirare le fila è piuttosto spiazzante e mi ha fatto scoprire cose della mia scrittura di cui probabilmente non ero del tutto consapevole.
Eccone qui alcune, alla rinfusa.
– Non c'è davvero modo di farmi scrivere qualcosa che vada oltre a un bacetto. Non importa quanto disinibiti possano essere i miei personaggi, non importa se i lettori sono quattro e non si fanno alcun problema. Su questa cosa prima o poi bisognerà lavorare seriamente, credo.
– Permettersi di mettere più di se stessi nei personaggi perché tanto mi leggono in quattro che già mi conoscono è stato un errore gravissimo.
Reazione del marito:
"Questo personaggio è come te quando hai il ciclo. Uguale. Mi viene voglia di prenderlo a sprangate. Ti sopporto perché ti ho sposato e sono pochi giorni al mese, ma pure leggere queste paranoie? Ogni volta che arriva il suo punto di vista mi vien male"
E io non sapevo se volevo uccidere per questa reazione me stessa, il marito o il personaggio.
Timida domanda finale:
"Ma alla fine non gli hai voluto bene neppure un po'?"
"No"
– Lasciata a me stessa sono terribilmente melensa. Mi faccio venire il diabete da sola.
– Lasciata a me stessa mi annoio a scrivere descrizioni, ma poi ne sento la mancanza.
– Non importa se leggeranno in 4 e se so che costoro non sono stati nei luoghi in cui si muovono i miei personaggi. Sono terribilmente a disagio nell'ambientare una storia in un luogo reale che non ho visitato. Il risultato è che chiudo i personaggi in casa o comunque in ambienti chiusi, come certi film italiani a basso budget che sono ambienti solo in interni. Cosa che per altro ho sempre detestato.
– Quando penso a una storia sono come il protagonista di "Mattatoio n°5", continuo a passare da un momento all'altro della vita dei miei personaggi, magari su un'arco temporale di trenta o più anni. Tuttavia non mi sembra che la coerenza interna venga meno. A volte racconto conseguenze di cause che ancora non conosco, ma che di certo ci sono.
– Il mio registro è il malinconico, lasciata a me stessa niente drammoni, niente scoppi di risa. Cieli grigi. A volte mi faccio noia da sola.
– Il lettore ideale influenza molto la scrittura, se poi il lettore ideale è una persona concreta è tutto più scoperto.
"Questo è il personaggio preferito di X, devo assolutamente metterci questa cosa che X mi ha raccontato".
Insomma fanservice allo stato puro. Paradossalmente credo che il personaggio in questione ne sia stato molto arricchito.
– Devo lavorare di più sulla gestualità dei personaggi. Come si muovono, come camminano, le pose tipiche. Me le perdo via e rischio che diventino creature di puro pensiero, anche quando si tratta di individui che invece si esprimono molto con la fisicità.
– Nel tornare a scrivere un racconto per un concorso mi è venuta l'ansia.
"Oddio ora non so più scrivere per un pubblico generico". E ho pensato che sono proprio le frasi per cui il marito prenderebbe a sprangate me e i miei personaggi. E quindi ho finito il racconto. Vedremo poi che fine farà.
Voi come vi vedete riflessi nella vostra scrittura?