Trovare in libreria, senza essermelo aspettato, un corposo volume di racconti della mia autrice preferita, Ursula K. Le Guin, è stato uno dei più bei regali di questo Natale.
Ritrovato e perduto è una strana antologia. Le precedenti antologie che avevo letto (I dodici punti cardinali, La rosa dei venti e Su altri piani) erano tutte state curate dall'autrice stessa e ogni racconto era introdotto e contestualizzato. La mia prima impressione, qui, invece, è di essere di fronte di una raccolta fatta un po' a casaccio, dove storie fantascientifiche si intersecano a racconti realisti, mini saghe, fa poi irruzione il fantasy e si torna infine alla fantascienza.
Molti racconti sono legati a saghe più ampie, ben 7 sono legati al Ciclo dell'Ecumene, che raccoglie la maggior parte della produzione fantascientifica dell'autrice, tre invece sono legati alla saga fantasy di Terramare e hanno tutt'altro impianto stilistico.
Tutti i racconti, però, sono conclusi in loro stessi e in effetti, proprio la natura meticcia di quest'antologia può dare un'idea dello spessore stilistico e contenutistico dell'autrice.
Questioni di stile
Proprio sullo stile vorrei spendere qualche parola prima di analizzare i racconti che più mi hanno colpito.
Ursula K. Le Guin è qualcosa di unico. È nata nel 1929 in California, ma la sua formazione è impregnata da una parte di antropologia culturale (il padre era un famoso antropologo, studioso delle culture dei nativi americani) e dall'altro di letteratura europea (si è laureata in letteratura rinascimentale italiana e francese, leggeva e scriveva anche in queste due lingue). Ne risulta uno stile molto poco "americano", che al senso dell'essenzialità unisce l'eleganza stilistica di una prosa morbida in cui c'è un costante ricerca della parola giusta, dell'unico aggettivo perfetto. La sua è una prosa allo stesso tempo semplice e ricercata. Il lettore deve arrivare esattamente là dove l'autrice vuole che arrivi, attraverso una serie di suggestioni mai banali.
Purtroppo io la leggo in traduzione, ma leggo anche in traduzioni le due autrici che secondo me hanno uno stile in qualche modo affine al suo: Marguerite Yuorcenar e Alice Muroe.
Ci tengo molto a questo punto. Si parla sempre dei temi della Le Guin e sicuramente lei si definiva una scrittrice anarchica e femminista, dando quindi maggiore importanza al cosa scriveva. Sta di fatto che a me sembra al livello di gente molto premiata anche per il come scrive.
Una scrittrice anarchica e femminista
Se c'è una parola che può unire questi racconti così diversi è proprio "femminismo".
A volte il femminismo della Le Guin non sembra tale. Ci sono romanzi interi che hanno protagonisti uomini in mondi di uomini e di sicuro e di sicuro il femminismo della Le Guin non è del tipo che va a bruciare i reggiseni in piazza.
Le sue donne, e questi racconti ne sono pieni, sono fatte di granito. Possono essere scheggiate, abrase, levigate, ma resistono, vanno avanti con una capacità di resilienza che fa quasi paura. Non lottano contro gli uomini, vanno avanti nonostante gli uomini, sperando di trovarne qualcuno da guardare da pari. Sono donne che portano avanti la vita, la famiglia, i loro sogni in mezzo situazioni che, per lo più, sono complicate dagli uomini, dove sono gli uomini che dettano le regole e tuttavia, come acqua che filtra, loro trovano sempre una strada. Sono eroine silenziose. Lavoratrici, schiave che mandano avanti nonostante tutto le tenute, vecchie contadine. La vera differenza è che sono o diventano consapevoli del loro valore, dell'importanza che hanno nella società. E con ferma gentilezza rivendicano ciò che è giusto.
L'anarchia è meno immediatamente percepibile. Come diceva la Le Guin, non è l'anarchia di chi piazza bombe che le interessa, quella è solo delinquenza. È l'utopia di un mondo che non ha bisogno di regole esterne, perché ciascuno ha già una propria rettitudine interiore. È un'utopia che lei stessa sa essere illusoria (uno dei suoi romanzi più premiati ci racconta l'orrore dietro l'apparente messa in pratica di un'utopia simile). Eppure tendere a un ideale ci migliora. Tutti i suoi protagonisti, in qualche modo, sovvertono in modo spesso silenzioso e sempre non violento le regole in cui sono immersi. Cercano una strada loro, più giusta, anche se destinata al fallimento.
Uno sguardo disincantato e dolce
La Le Guin racconta con dolcezza cose terribili. Non c'è nulla di ingenuo o favolistico nel suo sguardo. Le giuste rivolte portano sempre a violenza indiscriminata, gli ideali si fanno dittatura e non c'è limite al dolore che gli uomini possono infliggersi. Non c'è nessun dio salvifico, forse una speranza nel trascendente, che tuttavia non è mai certezza e comunque poco influenza questa vita. Tuttavia c'è sempre dolcezza. La pace è qualcosa di interiore, da costruire dentro di sé, con l'altro (poco importa se l'altro è un coniuge, un compagno, figli, amici, l'idea di "famiglia" è estremamente fluida) ed è possibile. Anche se effimera, fragile, in equilibrio sull'abisso, tuttavia esiste.
Racconti memorabili
Herne
Del tutto inaspettato in quella che si presenta come un'antologia di fantastico, è saga famigliare.
Racconta quattro generazioni di donne, che per vari motivi si trovano sole, in Oregon, dalla fine dell'800 agli anni '70 del novecento.
Ognuna a modo suo, queste donne sono delle pioniere, apritrici di piste. La prima è una pioniera nel senso letterale del termine, vedova, si sposta a ovest con i figli, fonda un nuovo paese. La seconda non accetta il tradimento del marito, preferendo vivere la donna divorziata. La terza accetta di portare avanti una gravidanza frutto di uno stupro e la quarta non rinuncia alle proprie ambizioni in nome delle convenzioni sociali. I quattro punti di vista si intersecano e si mescolano, dando a intendere quanto poco i mutamenti storici cambino le difficoltà delle donne sole, che sempre battaglie da combattere, quasi sempre in silenzio, senza neppure che i vicini si accorgano della lotta.
Mi ha dato molto da pensare questo racconto, non fosse altro per il fatto che non avevo mai letto una storia ambientata in quegli anni nell'America rurale raccontata da un'ottica esclusivamente femminile. E già questo mi ha fatto pensare.
Una storia alternativa o un pescatore del mare interno
Questo è un racconto il cui fascino sta ai bordi. A ben vedere è una banale storia di paradosso temporale e una storia d'amore piuttosto prevedibile. Ci porta però in un mondo dallo strano fascino, con convenzioni sociali spiazzanti, raccontate con la normalità di chi le vive abitualmente. E commuovente, ai bordi, accennata e non approfondita, è la storia della madre del protagonista. È un'aliena (una terreste), proveniente da un luogo lontanissimo, giunta in qualità di ambasciatrice. La Le Guin ingloba nei suoi racconti fantascientifici la teoria della relatività senza aggirarla, se non con l'ansibile (uno strumento che permette la comunicazione istantanea). Quindi questa donna è ancora giovane su un mondo alieno quando la sua famiglia, sulla terra, è morta da secoli. Suo figlio vorrebbe fare la medesima scelta. Nella domanda inespressa sul prezzo pagato dalla madre sta il fascino del racconto.
Il giorno del perdono; un uomo del popolo; Liberazione di una donna; Musica antica e le schiave
Questi quattro racconti compongono una mini saga all'interno dell'antologia. Ci portano tutti a Werel, un mondo schiavista in cui l'arrivo di gente di altri mondi, porta inevitabilmente alla ribellione degli schiavi. Si alternano, nei racconti, cinque punti di vista, tre di ambasciatori di altri mondi, uno di un esponente della vecchia aristocrazia schiavista e quello di una schiava che riesce a liberarsi.
Il racconto più forte è senza dubbio Liberazione di una donna, il memoriale della ex schiava, Rakam. La liberazione di Rakam, a livello burocratico, avviene quasi per caso, per il benintenzionato ma avventato gesto del figlio del padrone. Da un giorno all'altro gente non istruita, che non è mai stata altro che schiava si trova alla mercé di tutti. Le esperienze peggiori Rakam le vive infatti subito dopo questa avventata liberazione, da cameriera privilegiata viene presa, stuprata, costretta a prostituirsi. Diventa tuttavia consapevole della sua esistenza come individuo. Rakam lotta per una vita diversa, che passa per due punti essenziali, l'istruzione, osteggiata in primo luogo dai suoi ex-compagni schiavi (che cosa te ne fai di una conoscenza che non ha fini pratici? Le chiedono quando si appassiona alla storia) e il riprendere possesso del proprio corpo. Rakam è una persona mite, non ha certo il carattere di una rivoluzionaria, ma è tenace. Persegue con ostinazione la propria strada verso la libertà, costellata di dolore e di perdite, di tradimenti e la sua strada, inevitabilmente, diventa un modello per altri.
Dopo il finale dolce della storia di Rakam, arriva come una doccia fredda l'ultimo racconto, a ribaltare la prospettiva. Musica Antica è il nome di un inviato dell'Ecumene, la federazione di pianeti, che fin dall'inizio da aiutato la rivolta degli schiavi. Ora lui stesso si trova nel mezzo dei combattimenti. Vede la violenza che gli stessi "liberatori" infliggono a quegli schiavi che erano rimasti tali per semplice mancanza di alternative. La brutalità dei vecchi signori e dei nuovi liberatori si equivale. Il racconto si conclude con una bambino da seppellire, tanti interrogativi su una violenza nata come giusta ma poi diventata solo violenza, e poche risposte.
Il trovatore
Il trovatore ci porta verso il fantasy classico. Anche questa è una storia di ricerca di libertà attraverso la conoscenza e di ideali che possono trasformarsi in qualcos'altro.
È di fatto una mini saga condensata. Un altro autore ci avrebbe fatto dieci romanzi, la Le Guin lo condensa in un racconto. Ha uno dei passi più strazianti di tutte le sue storie, la morte di una schiava portata per la magia che usa fino alle sue ultime energie per permettere al protagonista di sopravvivere. Come molti dei racconti della saga di Terramare, a chi appartiene, anche se è perfettamente indipendente, è pensato come la trascrizione di un racconto orale. Provate a leggerlo ad alta voce a qualcuno e vi assicuro che rimarrà incantato.
Nell'alta palude
Nella sua semplicità, questo racconto, che già conoscevo, è uno dei miei preferiti.
C'è un mago impazzito in fuga. Si ferma, quasi per caso, in un villaggio, accolto da una donna sola, dove inizia a curare il bestiame.
È un racconto molto più semplice di altri presentati qui, eppure mi commuove sempre. Mi commuove l'intesa tra il mago e la donna, che non ha nulla dell'attrazione sessuale, è un accettarsi nella diversità, accettando anche di non potersi capire. Mi commuove la condizione del mago, la cui mente non è libera, può fare grandi cose, può compiere grandi danni. L'istinto della saggezza direbbe di ucciderlo o rinchiuderlo per la sicurezza di tutti. Insomma, è un pazzo che può asservire le anime della gente! Vince invece la fiducia e anche, se vogliamo, l'idea del lavoro come cura e riabilitazione. Il mago scopre di poter guarire gli animali, ha un lavoro da fare, una sua utilità e pertanto, in barba alla saggezza, chi dovrebbe rinchiuderlo decide di non farlo.
Sarà banale, ma mi scappa sempre la lacrimuccia sul finale.
Paradisi perduti
Chiude la raccolta un romanzo breve, che come tale era stato già pubblicato da Delos.
Ne avevo già parlato e quindi vi rimando alla vecchia recensione, qui
Sono stata lunghissima e me scuso.
Per tutta la vita, questa autrice, più o meno coetanea di mia nonna, mi ha mostrato la strada. Ho preso in prestito per la rete il nome di un suo personaggio che era, tra le altre cose, ben prima che lo diventassi io, una madre adottiva. Senza le sue opere non sarei la persona che sono, la mia mente non si sarebbe formata allo stesso modo.
Anche adesso che non c'è più, continua a mostrarmi la strada.
Per una volta ho davvero un debito di riconoscenza verso Mondadori che ha deciso di tradurre un'opera che probabilmente pochissimi leggeranno, qui in Italia, ma che è davvero cibo per la mente.
Un'autrice o autore ma vale anche per la musica direi, che mostra la strada è davvero un'alleata e parte di noi in maniera profonda. Immagino bene Come Ti possa essere sentita trovano questo libro così prezioso. Benissimo quando l'editoria è tanto illuminata da proporre queste opere
RispondiEliminaÈ stato proprio un bel regalo e mi ha sbloccato un sacco di idee e di voglia di fare, quindi direi che era necessario
EliminaHo "conosciuto" la Le Guin sul tuo blog e ora mi sono messa a leggere un suo libro, "I reietti dell'altro pianeta". Non sono ancora arrivata a metà per cui sospendo il giudizio in attesa di finirlo, però per il momento non sono del tutto convinta. In parte credo sia un problema di traduzione, comunque. Mi pare che la scrittura non sia del tutto scorrevole.
RispondiEliminaPer quanto riguarda le tematiche, ci sono cose molto molto interessanti, ma non sono ancora riuscita a entrare appieno nella storia, mi sento un po' un pesce fuor d'acqua, come se non riuscissi a mettere insieme i pezzi. Ma come dicevo voglio finirlo per farmene un'idea migliore. Comunque leggerò altro di suo.
Non so quale traduzione tu abbia, né se ve ne sia più di una in giro (considerato che ci solo almeno tre titoli italiani per questo romanzo direi più di una). In ogni caso è molto particolare, perché le due linee temporali alternate spiazzano, ma è un romanzo che ha nell'annullamento del tempo una delle proprie tematiche. Inoltre anche la scrittura è volutamente fredda e essenziale perché si seguono i processi mentali di un matematico. Tra i libri della Le Guin è, per certi versi, il più celebrale e il meno emotivo. Quest'antologia è l'ideale per farsi un'idea a tutto tondo del suo stile.
EliminaIn effetti non sapevo bene da cosa partire, però preferirei romanzi più che racconti.
EliminaE' cerebrale ma ci sono anche molte emozioni del matematico e che non capisco appieno. Non so perché faccio fatica a raffigurarmi i due mondi, mi sembrano "astratti", non come se potessero esistere davvero. Comunque procedo.
Traduzione di Valla.
EliminaNon so, a me piacciono le traduzioni di Valla della Le Guin, forse perché sono le prime che ho letto. In resto forse è anche una questione di gusto personale, di Anarres ho un ricordo forte, di un mondo arido, ventoso come certe zone di frontiera di film western. Di certo, però, l'ormai introvabile "La mano sinistra delle tenebre" è più emotivo e anche il pianeta raccontato è in qualche misura più tangibile.
EliminaÈ bello quando un'autrice diventa una guida, mi hai incuriosita con la tua descrizione. I racconti di donne resilienti hanno sempre una grande potenza.
RispondiEliminaMolti di questi racconti mi sono piaciuti assai. Ma io sono di parte.
EliminaThankks for posting this
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