Sia agli atti: non auguro a nessuno l'influenza di quest'anno. Sopratutto non auguro a nessuno di ammalarsi in tandem con il pargolo, mentre il marito è rapito dal lavoro, con il contagio che si sparge in un attimo anche ai nonni. Inguaita con il virus, ho lottato con i nuovi, meravigliosi, maledetti termometri digitali, che li provi in un orecchio e risulti che sei bollito nella tua stessa febbre, li provi nell'altro e sei freddo come un cadavere di tre giorni prima. Li dai in mano al nonno e ti sparano temperature nelle più svariate scale, forse calcolano la pressione atmosferica e la probabilità di neve, ma al telefono con la pediatra non sei assolutamente in grado di dire quanta febbre abbia tua figlia...
In tutto questo non ho scritto, non ho letto se non libri illustrati per l'infanzia (sempre gli stessi che abbiamo in casa, visto che eravamo murate vive), ho guardato qualche cartone animato e ho fatto lunghe discussioni filosofiche con i peluche di casa (e col gatto, che è assimilabile per vitalità ai peluche).
Più o meno riemersa dal malanno, aspetto il mio turno scrutinio, per parlarvi di due libri letti a cavallo delle vacanze natalizie.
IL SEGRETARIO DI MONTAIGNE
Ho già avuto modo di scrivere qui che Montaigne è uno dei personaggi del rinascimento che più mi affascina. Pensatore libero, assai meno pigro e inetto di quanto amasse descriversi, depresso cronico, grafomane, osservatore attento del suo presente, è un personaggio sfaccettato che ci ha lasciato, con i suoi "Saggi", un'opera dall'impianto tanto moderno da essere stato definito "il primo blogger della storia".
Tempo fa mi ero anche imbattuta in un articolo molto ben documentato che ipotizzava, in occasione del viaggio di Montaigne in Italia un ruolo da diplomatico occulto o addirittura di agente segreto al fine di trovare una soluzione pacifica alle guerre di religione in Francia. All'epoca avevo pensato che sarebbe stato bellissimo creare un romanzo a partire da quello spunto, magari con come io narrante proprio un segretario.
Quando mi sono imbattuta in questo romanzo di Luca Romano, quindi, sono corsa ad acquistarlo, fremendo un po' per l'attesa un po' per la rabbia da "ah, qualcuno ha sviluppato prima di me l'idea".
Il segretario di Montaigne si è rivelato una lettura allo stesso tempo piacevole e deludente.
Piacevole perché la prosa è scorrevole, immerge in un'epoca affascinante senza appesantire il lettore con eccessive descrizioni o pedantezze lessicali. Il protagonista, il segretario, appunto, è un soldato ugonotto che, per salvarsi la vita si finge cattolico (complice un Montaigne molto aperto sul piano religioso) e ben si adatta a posare la spada per impugnare la penna del segretario. Ci offre una visione "dal basso" del rinascimento, guardato dalla gente comune, che si innamora della sarta, viene sfruttato dal potere e, in fin dei conti, abbandonato senza troppi pensieri quando non è più utile. Il protagonista vorrebbe essere trattato da pari da Montaigne, capisce di poterne seguire i pensieri meglio di molti nobili blasonati, ma è comunque un servo e, per quanto il suo padrone sia aperto e premuroso, il suo destino è comunque quello di un servo.
Per quanto sia interessante, quindi, lo sguardo Jean-Marie Cousteau l'ho trovato comunque un poco limitante. Per ovvie ragioni questo giovane soldato reinventatosi segretario non ha gli strumenti per seguire davvero il pensiero di Montaigne in tutte le sue implicazioni. La figura del pensatore francese diventa quindi un po' una cartolina. Vengono esposti i alcuni passi dei Saggi, ma in modo piuttosto decontestualizzato. Montaigne stesso appare un pacioso signore un po' malinconico, a volte un po' perso nei propri pensieri, più macchietta che personaggio. Il viaggio in Italia è uno sfondo buono come qualsiasi altro per raccontarci un po' di vita del rinascimento (sempre interessante e ben narrata), e una trama che si sviluppa in pratica negli ultimissimi capitoli e esclude totalmente Montaigne.
Il romanzo rimane quindi una piacevole lettura per gli amanti della storia, che sa anche un poco di occasione mancata e rischia di scontentare sia chi cerca un po' d'azione, sia chi vorrebbe un maggior approfondimento sul personaggio di Montaigne.
LA MISURA DELL'UOMO
Più o meno stessa epoca, ma tutt'altro stile è il giallo storico di Marco Malvandi.
Malvaldi sceglie di raccontare il rinascimento con lo sguardo dell'oggi, con uno sguardo divertito, che spiega le stranezze dell'epoca. Ci porta, con un giallo, nella Milano di Ludovico il Moro, quando Leonardo lavorava alle sue dipendenze.
C'è, dietro a questo romanzo, un enorme sforzo di documentazione e semplificazione. Malvaldi prova a raccontarci un rinascimento non "normalizzato", portandoci nei meandri dei giochi di potere e di passione della corte milanese, pur mantenendo uno stile semplice e frizzante. Non sempre il gioco riesce. Ci si perde nella miriade di personaggi secondari e nei retroscena politici, tra fazioni religiose e doppi e tripli giochi. Proprio il tentativo di mantenere la prosa agile rende in realtà facile perdersi e il continuare a ricorrere alle appendici per ricordare "chi è chi" rischia di rompere il piacere della lettura. Stesso problema hanno le caratterizzazioni dei personaggi. Malvaldi vuole darcene un'immagine vivida, ma allo stesso tempo far correre la trama e quindi la complessità dei pensieri scivola via, tra la macchietta e il non approfondito. Così se ho molto apprezzato un Leonardo non troppo angiografato, con la sua predilezione per i giovani apprendisti, i vestiti vistosi e il pettegolezzo, a perdersi è la profondità di pensiero e lo sguardo sul mondo.
Ne risulta comunque una lettura piacevole. Personalmente mi è sembrato un esperimento per raccontare il rinascimento in modo non ingessato, ma comunque abbastanza aderente alle fonti. Un esperimento non del tutto riuscito, ma interessante. Del resto, rendere vivi e credibili personaggi come Leonardo è tutt'altro che facile. Spero che Malvardi ci ritenti, magari lasciando la prosa più ariosa, senza quest'ansia che sembra aleggiare tra le pagine: "non è che poi il lettore si annoia?"
Montaigne lo ricordo bene, dovetti leggere gran parte dei suoi "Essais" all'università. Trasformare il Rinascimento in fiction, boh, non so, in realtà credo che si rischi sempre di fare qualche "americanata" nel peggior senso del termine, almeno viste le nuove tendenze (ogni riferimento alla fiction sui Medici è puramente casuale. Oppure no...)
RispondiEliminaSono entrambi infinitamente meglio della fiction sui Medici. C'è un bel lavoro dietro in entrambe. Per questo un po'mi spiace che siano entrambe piacevoli ma non del tutto soddisfacenti.
EliminaNoi x ora esentati tranne mia mamma, in forma lieve forse perché ha fatto vaccino. Speriamo stia lontana. Letture sempre interessanti, anche se spesso diverse dai miei gusti, almeno in teoria.
RispondiEliminaIl confronto tr ai blog è bello anche perché ci si scambia informazioni su letture che noi non affronteremmo.
EliminaConcordo con quello che hai detto a Sandra: mi piace sentire parlare di libri ai quali non mi accosterei di mia spontanea volontà.
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'influenza, il velo pietoso è un tappeto. :D Noi, tutti sterminati a catena, ma ora, per fortuna, fuori dal tunnel.
qui si fa un po' fatica a uscire dal tunnel, ma ce la faremo...
Eliminaconoscevo solo il secondo, ma non ho neancora letto nè uno nè l'altro!
RispondiEliminaNon eccezionali, ma gradevoli entrambi
EliminaEcco! Mi hai fatto venire voglia di leggere Malvaldi. Finora mi strizzava solo l'occhio... ;-)
RispondiEliminaMalvaldi ha fatto cose pregevolissime. Altre, diciamo, per pagarsi il mutuo. Questo sta nel mezzo, gradevole senza essere nulla di che
EliminaSono attratta dal romanzo di Malvaldi, un giallo storico con Leonardo mi sembra interessante come approccio, mi piace molto anche il titolo...
RispondiEliminaÈ un libro piacevole. Nulla di più, nulla di meno.
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