Ogni volta che mi capita di avere una seconda media finisco per perdere di vista la mole enorme del programma di letteratura per "impantanarmi" nella Divina Commedia.
Ok, quest'anno mi sono fatta un po' prendere la mano. Complice un'insegnante di sostegno e una classe oggettivamente più creativa e volenterosa della media abbiamo letteralmente trasformato una parte dell'aula nell'inferno. Non so neppure io come ci siamo trovati con questo enorme cartellone che mostra i gironi illustrati, con tanto di Virgilio e Dante staccabili da spostare su e giù al momento della spiegazione (peccato che poi non ci hanno dato la scala per raggiungere la parte alta dell'Inferno).
Non ho ancora, come prof, tutta questa lunghissima esperienza da poter dire che quanto sto per raccontare accada sempre, ma per come ho vissuto io la cosa, ciò che succede è più o meno questo:
"Ragazzi, adesso iniziato la Divina Commedia!"
"No, prof, pietà, cosa abbiamo fatto di male?!"
Mesi dopo.
"Ok, adesso abbiamo finito la Divina Commedia!"
"Ma come, prof, di già? Non facciamo altri pezzi?"
E io, ogni volta, ringrazio il cielo per l'immensa fortuna di essere nata nel paese di Dante che ci ha regalato un'opera dalle infinite chiavi di lettura, capacissima di incantare a qualsiasi età la si legga.
Se devo essere sincera, però, non posso dare torto ai ragazzi che vivono nel terrore della Divina Commedia. Sembra che ci sia tutto un movimento interno alla scuola, con la complicità dei libri di testo, che alimenta il loro terrore.
La Divina Commedia è difficile.
Basta aprire un medio libro di testo per aver paura di Dante. C'è sempre, in qualsiasi libro di letteratura, un tot di testo tra il nome dell'autore e il primo brano presentato. Che lo si voglia o no, diventa una sorta di barriera che ci separa dal testo. Più è lungo e più abbiamo l'impressione che il testo che andremo a leggere sia complicato. Più la spiegazione è lunga in relazione al testo e più abbiamo l'idea che il testo che andremo a leggere sia difficilissimo.
Ora, la Divina Commedia è oggettivamente difficile e un'introduzione è necessaria, ma vedere venti pagine al posto dell'abituale mezza è terrorizzante. Dà l'impressione di accostarsi a qualcosa che non è alla nostra portata. E in effetti sembra che i libri di testo la pensino così. Spiegoni su spiegoni per brani di canti sempre più brevi da edizione a edizione.
Siamo tutti d'accordo che in seconda media non si possa leggere tutto l'Inferno, magari neppure un canto completo, ma vogliamo andarci in questa Selva Oscura? Vogliamo conoscerlo Caronte? E Paolo e Francesca? La selva dei suicidi? Ulisse? Libri di testo che sulla guida del docente dichiarano di non aver inserito Paolo e Francesca perché "troppo difficile" mi sembrano insultare l'intelligenza dei nostri alunni.
Perché, davvero, è così difficile? I pre requisiti dovrebbero averli. Sapere cos'è un poema, quindi cos'è un canto, cos'è un endecasillabo, riconoscere uno schema metrico. Il medioevo dovrebbe essere stato studiato e acquisito. La parte davvero complicata è far capire i fondamentali teologici indispensabili a chi viene da una religione diversa, ma questo può aprire la porta a interessanti confronti.
Trovo molto triste l'idea che qualcuno studi la Divina Commedia senza leggerla, senza assaggiarne neppure un pezzettino.
Io odio, odio con tutta me stessa, i libri di testo che presentano la Divina Commedia con la parafrasi a lato. Primo perché spesso questa parafrasi è sbagliata (quest'anno continuo a imbattermi in parafrasi sbagliate, in quasi tutte le nuove edizioni scolastiche e non solo, mi è pure venuto il dubbio che a sbagliare fossimo io e tutti i miei prof precedenti, ma no, porca paletta, sono proprio sbagliate), secondo perché in questo caso nove studenti su dieci non leggeranno mai il testo originale.
E invece dobbiamo andarci in questa Selva Oscura, a guardare le fiere negli occhi, per perderci insieme a Dante.
La prima lezione è il terrore assoluto. Che lingua parla questo?
La seconda lezione è terrore parziale. Questa cosa necessita attenzione, che fatica!
La terza lezione è cauto ottimismo. Posso provare a fare la parafrasi, prof?
La quarta lezione (e siamo a Caronte) è: va beh, prof, ma si capisce!
Caronte è il punto di svolta. Il momento in cui ormai si è fatta amicizia con il testo. Non fa più paura. Non è vero che c'è così tanto da studiare, una volta che si è capito come funziona e di cosa stiamo parlando.
Il momento in cui si legge e si può iniziare a ragionare su Dante e con Dante.
Perché la Divina Commedia è una magnifica palestra di educazione emozionale.
Quello di Paolo e Francesca è il delitto passionale più famoso della storia, terribilmente simile a millemila fatti di cronaca. Si presta a mille ragionamenti, dalla riflessione sulla violenza a quello sulla lapidaria attribuzione delle colpe di Dante (galeotto fu il libro e chi lo scrisse). Ogni verso può aprire finestre di discussione. Paolo e Francesca, come qualsiasi altro brano della Divina Commedia, a partire da quelli più famosi
Mi fa tristezza pensare che per molti, in primis per chi scrive certi libri di testo, la Divina Commedia sia troppo difficile per i ragazzi. Se proprio si deve, meglio fornirne una versione ridotta e addomesticata. Meglio ancora ridurre ancora a qualche pagina nozionistica da mandare a memoria.
Meglio non far scoprire che tutto sommato leggere Dante non è così impossibile. Sia mai che acquisiscano un pizzico di autostima e perdano il sacro terrore per la disciplina!
Che poi il risultato è che fanno amicizia persino con i demoni traghettatori!
Quindi, fino a che non arriverà un ispettore ministeriale a impedirmelo con la forza (cosa che inizio a pensare non così improbabile) io continuerò a portare i miei alunni all'Inferno.
Voi cosa ne pensate? Colleghi prof, vi inoltrate in Dante? Da ragazzi siete stati portati all'Inferno? È stato un trauma?
PS: alla fine di ogni lezione, c'è un mio alunno che alza la mano: "prof... Ma non è successo davvero? Non è andato davvero nell'Aldilà? Cioè, sembra davvero che si stato, ma io mica ci credo"
Se devo essere sincera, però, non posso dare torto ai ragazzi che vivono nel terrore della Divina Commedia. Sembra che ci sia tutto un movimento interno alla scuola, con la complicità dei libri di testo, che alimenta il loro terrore.
La Divina Commedia è difficile.
Basta aprire un medio libro di testo per aver paura di Dante. C'è sempre, in qualsiasi libro di letteratura, un tot di testo tra il nome dell'autore e il primo brano presentato. Che lo si voglia o no, diventa una sorta di barriera che ci separa dal testo. Più è lungo e più abbiamo l'impressione che il testo che andremo a leggere sia complicato. Più la spiegazione è lunga in relazione al testo e più abbiamo l'idea che il testo che andremo a leggere sia difficilissimo.
Ora, la Divina Commedia è oggettivamente difficile e un'introduzione è necessaria, ma vedere venti pagine al posto dell'abituale mezza è terrorizzante. Dà l'impressione di accostarsi a qualcosa che non è alla nostra portata. E in effetti sembra che i libri di testo la pensino così. Spiegoni su spiegoni per brani di canti sempre più brevi da edizione a edizione.
Siamo tutti d'accordo che in seconda media non si possa leggere tutto l'Inferno, magari neppure un canto completo, ma vogliamo andarci in questa Selva Oscura? Vogliamo conoscerlo Caronte? E Paolo e Francesca? La selva dei suicidi? Ulisse? Libri di testo che sulla guida del docente dichiarano di non aver inserito Paolo e Francesca perché "troppo difficile" mi sembrano insultare l'intelligenza dei nostri alunni.
Perché, davvero, è così difficile? I pre requisiti dovrebbero averli. Sapere cos'è un poema, quindi cos'è un canto, cos'è un endecasillabo, riconoscere uno schema metrico. Il medioevo dovrebbe essere stato studiato e acquisito. La parte davvero complicata è far capire i fondamentali teologici indispensabili a chi viene da una religione diversa, ma questo può aprire la porta a interessanti confronti.
Trovo molto triste l'idea che qualcuno studi la Divina Commedia senza leggerla, senza assaggiarne neppure un pezzettino.
Io odio, odio con tutta me stessa, i libri di testo che presentano la Divina Commedia con la parafrasi a lato. Primo perché spesso questa parafrasi è sbagliata (quest'anno continuo a imbattermi in parafrasi sbagliate, in quasi tutte le nuove edizioni scolastiche e non solo, mi è pure venuto il dubbio che a sbagliare fossimo io e tutti i miei prof precedenti, ma no, porca paletta, sono proprio sbagliate), secondo perché in questo caso nove studenti su dieci non leggeranno mai il testo originale.
E invece dobbiamo andarci in questa Selva Oscura, a guardare le fiere negli occhi, per perderci insieme a Dante.
La prima lezione è il terrore assoluto. Che lingua parla questo?
La seconda lezione è terrore parziale. Questa cosa necessita attenzione, che fatica!
La terza lezione è cauto ottimismo. Posso provare a fare la parafrasi, prof?
La quarta lezione (e siamo a Caronte) è: va beh, prof, ma si capisce!
Caronte è il punto di svolta. Il momento in cui ormai si è fatta amicizia con il testo. Non fa più paura. Non è vero che c'è così tanto da studiare, una volta che si è capito come funziona e di cosa stiamo parlando.
Il momento in cui si legge e si può iniziare a ragionare su Dante e con Dante.
Perché la Divina Commedia è una magnifica palestra di educazione emozionale.
Quello di Paolo e Francesca è il delitto passionale più famoso della storia, terribilmente simile a millemila fatti di cronaca. Si presta a mille ragionamenti, dalla riflessione sulla violenza a quello sulla lapidaria attribuzione delle colpe di Dante (galeotto fu il libro e chi lo scrisse). Ogni verso può aprire finestre di discussione. Paolo e Francesca, come qualsiasi altro brano della Divina Commedia, a partire da quelli più famosi
Mi fa tristezza pensare che per molti, in primis per chi scrive certi libri di testo, la Divina Commedia sia troppo difficile per i ragazzi. Se proprio si deve, meglio fornirne una versione ridotta e addomesticata. Meglio ancora ridurre ancora a qualche pagina nozionistica da mandare a memoria.
Meglio non far scoprire che tutto sommato leggere Dante non è così impossibile. Sia mai che acquisiscano un pizzico di autostima e perdano il sacro terrore per la disciplina!
Che poi il risultato è che fanno amicizia persino con i demoni traghettatori!
Compito di realtà: scegliere una terzina e illustrarla tenendo conto della descrizione di Dante |
Voi cosa ne pensate? Colleghi prof, vi inoltrate in Dante? Da ragazzi siete stati portati all'Inferno? È stato un trauma?
PS: alla fine di ogni lezione, c'è un mio alunno che alza la mano: "prof... Ma non è successo davvero? Non è andato davvero nell'Aldilà? Cioè, sembra davvero che si stato, ma io mica ci credo"
Niente Dante x me alle medie, grande rammarico, abbiamo fatto un grande cartellone gioco dell'oca sull'odissea e fu beh epico. Vedendo un mio personaggio anziano mi chiesero di rifarne il viso in grade grande per Ulisse e una mia compagna disegno' il corpo. Ho un ricordo splendido di quei giorni in collaborazione tra italiano e educazione artistica con le 2 insegnanti. Grazie per avermeli fatti ricordare. Paolo e Francesca emozionano gli animi sempre.
RispondiEliminaSperiamo che anche i miei alunni ne conservino un ricordo bello e duraturo come il tuo
EliminaMio nipote è in seconda media, voglio proprio chiedergli se e eventualmente come studia l'inferno.
RispondiEliminaSì, per favore, fammi sapere.
EliminaLe introduzioni spaventano anche me, anche perché solitamente sono l'apoteosi della noia e del linguaggio astruso (per non parlare degli spoiler!)... mi sono dato la regola che leggo l'introduzione solo se l'ha scritta l'autore, altrimenti la leggo solo a libro finito (in realtà quasi sempre faccio il pigro e non la leggo, ma vabbè :D )
RispondiEliminaPS: io sono sicuramente un cane in disegno, ma dalle tue foto - Virgilio e Dante semoventi esclusi - mi sembrano lavori di bambini delle elementari, non di alunni di seconda media! Sono un criticone? ;-)
Io non ho idea di quello che dovrebbe essere il livello di disegno di seconda media. Sono una capra a disegnare. Quel lavoro per me era valutato per gli elementi inseriti, quindi un qualsiasi Caronte con capelli e barba bianca, occhi di fuoco e remo in mano andava bene.
EliminaIndubbiamente è un testo che "spaventa" a più livelli. Il primo è quello linguistico, davvero arduo visto che è un italiano vecchio di secoli e di non facile comprensione all'inizio, al quale si aggiunge l'ulteriore difficoltà di essere scritto in versi.
RispondiEliminaPoi c'è il livello referenziale. Dante fa riferimento a eventi storici, principi teologici e concezioni che sono ignote all'uomo medio di oggi, quindi a ogni strofa si aprono, come scatole cinesi, una quantità enorme di note e spiegazioni per rendere chiari i riferimenti e le affermazioni del poeta.
Poi c'è l'aspetto scolastico: i ragazzi sanno che tutte quelle cose non sono una lettura di piacere, dovranno impararle e verranno interrogati su tutti questi contenuti, ciò gli causa repulsione verso il testo.
Insomma, capisco la paura dei ragazzi. Io pure ammetto, da ex studente, che non impazzivo per la Divina Commedia.
Per contro, una volte finiti gli studi, senza l'assillo di essere interrogato o di dover spiegare ogni concetto, ho letto per conto mio il Decameron del Boccaccio, meno simbolico e più "concreto" per certi aspetti, oltretutto in prosa anziché in poesia. Ed è stato amore profondo.
È da qualche anno che mi riprometto di leggere il Decameron, tanto più che ne ho addirittura due edizioni... che sia proprio questo l'anno giusto? ;-)
EliminaIntanto ti dico che sono rimasta incantata dai disegni: sono bellissimi (poi c'è quel Dante, in alto, nella prima illustrazione, che è fantastico!) Anch'io ho avuto a che fare con libri di testo che semplificano e riducono: quelli dei miei figli sono così; loro approfondiscono da altre Divine Commedie, compresa una stupenda, illustrata, che era di mio nonno. A entrambi Dante piace molto e uno, in particolare, il grande, ha proprio una passione per i canti dell'Inferno. (Non ti nascondo che l'anno scorso, in terzo liceo, mi facevo dare lezioni da lui, perché mi piaceva rivivere quelle incredibili storie, che purtroppo non ricordo più benissimo.)
RispondiEliminaPenso anche che sia compito di un bravo insegnante comunicare la bellezza di uno studio, impegnativo, come potrebbe sembrare quello di Dante. Tu ci sei riuscita, se il risultato è quello che racconti.
I tuoi figli hanno la fortuna di poter approfondire e di avere genitori interessati, per molti non è così e quindi credo sia un peccato non farli mai incontrare con il testo di Dante.
EliminaConcordo con te, la divina commedia è una magnifica palestra di educazione emozionale, che bella definizione che hai trovato. Credo sia importante entrare nella Selva oscura per insegnare ai ragazzi come affrontare la vita. La divina commedia offre spunti incredibili e vari di insegnamento, dentro l'opera c'è davvero tutto. Io sono un'entusiasta della divina commedia. Si vede?
RispondiEliminaSi vede. E ne sono felice!
EliminaMio figlio l'ha letta quest'anno, con la prof che gliel'ha fatta amare. Io cerco di farla amare ai miei studenti... Spero di riuscirci
RispondiEliminaCerchiamo, di più non possiamo fare!
EliminaHo insegnato prima a Firenze, poi nel contado, e da noi Dante è considerato una specie di Padre della Patria e le seconde scalpitano, letteralmente, per cominciarlo il prima possibile e implorano di imparare a memoria certi brani. Personalmente sono contraria all'obbligo di imparare a memoria qualcosa che non siano le tabelline o la lista dei verbi irregolari inglesi, ma se qualcuno vuol proprio impararsi qualcosa a memoria gliela risento e se la dice bene gli metto anche un bel voto. Di conseguenza, quando si arriva all'iscrizione sulla porta dell'Inferno il registro di classe diventa un prato fiorito di otto, nove e dieci che è un piacere guardarlo. La lingua non gli risulta molto difficile, caso mai il problema a volte è la costruzione del periodo - ma con un po' di pazienza se ne viene a capo. Quanto alle parafrasi, sono assolutamente d'accordo con te: se proprioproprioproprio devono assolutamente metterne una, potrebbero almeno controllare che sia corretta! E ci sareb be parecchio da ridire anche su molte delle note.
RispondiEliminaCome avrai capito, il mio problema non è fargli amare Dante, ma piuttosto evitare che la vivace simpatia che provano per lui si trasformi in avversione - insomma, cercare di non nuocere.
Ma che bella l'atmosfera che respiri! Io insegno del "distretto dei rubinetti", ogni tanto dico che i miei ragazzi sono come gli eschimesi, sanno 100 vocabili per dire "valvola", sanno tutto dell'ottone e qualcuno disegna o assembla rubinetti. Ma la letteratura non è esattamente il primo dei loro pensieri...
EliminaPresente! Che te lo dico a fare? In seconda, Dante è per me un'opportunità ghiotta, ma delle tre Cantiche scelgo essenzialmente l'Inferno per darmi da fare con letture drammatizzate e quant'altro.
RispondiEliminaNon tutti i ragazzi sono in grado di penetrare in questo mondo complesso. Per quanto lo si approcci con ogni strumento, a volte alcuni li percepisco dispersi, smarriti. Però poi c'è sempre uno zoccolo duro che accoglie gli stimoli e li rilancia come hanno fatto i tuoi ragazzi.
In una scuola in cui insegnavo diversi anni fa, realizzarono un disegno del cono dell'Inferno che era a dir poco impressionante, altro quasi un paio di metri, sfondo scuro, diversi materiali a rappresentare i vari gironi. Era un capolavoro. Non c'erano ancora gli smartphone per immortalare il capolavoro, peccato.
Questi disegni dei tuoi alunni sono dolcissimi. :)
Peccato non averlo immortalato!
EliminaI disegni dei miei non sono certo capolavori, ma ci hanno provato tutti e per me questo vale moltissimo.