C'è una parola che in questi ultimi anni scolastici aleggia nelle scuole, pronunciata con desiderio e timore: PON.
I PON sono progetti finanziati dalla Comunità Europea che permettono di attivare laboratori non banali con risorse che sono di norma fantascienza. Ma... Ma... Ma... Tra il dire il fare c'è di mezzo la burocrazia.
Così capita sovente che un progetto scritto in un momento venga approvato tre anni scolastici dopo, con tutto un corpo docenti cambiato, con tutto da riadattare in corsa. Capita che un PON sullo studio e la valorizzazione dell'ecosistema lacustre finisca nelle mani di un'insegnante di lettere di formazione storica che da quel momento si mette a inseguire ricercatori dell'Istituto Nazionale di Ricerca. Capita che tra un'immersione e una conferenza internazionale una ricercatrice finisca per incantare la docente di lettere con la storia straordinaria delle cozze del lago d'Orta, tornate in modo avventuroso dopo la bonifica che ha ridato vita a un lago che prima era morto. Capita che poi la burocrazia dell'Istituto Nazionale di Ricerca, quella della scuola e quella del PON siano del tutto inconciliabili e si debba rifare tutto da capo. Capita che si trovi un gruppo di ragazzi interessato, disposto a spendere un pomeriggio a settimana per tutto un quadrimestre per studiare l'ecosistema del lago, ma che per iscriversi al suddetto PON si debba portare ogni sorta di documento di padre, madre e così via credo fino alla settima generazione, e tu vai a spiegarlo a un sistema informatico che ci sono situazioni in cui una madre, per dire, può risiedere in Africa.
Può capitare alla fine, in una mattina di giugno, che tutto acquisisca un senso, quando questi ragazzi che sono nati o hanno i genitori nati non importa dove si appropriano della spiaggia che è la LORO spiaggia, quella in cui tutte le estati vanno a fare il bagno. Questi ragazzi troppo spesso accusati, solo per il fatto di appartenere a una determinata fascia di età, di essere tutti dei delinquenti potenziali, o, quanto meno, vandali in pectore. Invece loro hanno visto una bacheca dismessa proprio davanti al molo della spiaggia e per quella bacheca hanno preparato un pannello bilingue (lavorando con GIMP sui computer della scuola, il che è stata un'odissea nell'odissea, tra file scomparsi all'improvviso e esclamazioni sconfortate "io il grafico nella vita mai!") per spiegare la straordinaria storia del Lago d'Orta.
E sono stati loro a spiegare ai giornalisti che sin dagli anni '30 del novecento il Lago d'Orta si era trasformato in una gigantesca pozza d'acido ed è stato poi stato oggetto di uno dei più grandi progetti di bonifica riusciti del mondo. Hanno raccontato di come il ripopolamento stia ancora avvenendo per gradi, di come come per ultime siano arrivate le cozze e di quanto sia forte questo progetto per cui sulle cozze viene messo un microchip perché in caso di rilascio di sostanze inquinanti i molluschi si muovono in modo particolare e quindi vengono usate come sentinelle.
E mentre si mettevano in posa, giustamente fieri del lavoro svolto, io pensavo che il senso di appartenenza ha poco a che vedere col luogo in cui sei nato o da cui vengono i tuoi genitori e molto con il luogo che ami, che vuoi conoscere e di cui vuoi prenderti cura. Più permettiamo ai ragazzi di farlo, più diamo loro gli strumenti per capire e più naturalmente si preoccuperanno di proteggere e valorizzare invece che di danneggiare.
E, alla fine, il mio insegnare sta tutto qui, nel sentire un ragazzo che ha partecipato al progetto dire a un altro che non ci ha partecipato "ma lo sai che se butti un liquido nel lago ci sta per nove anni? E poi ci devo fare il bagno anch'io..."
Perché alla fine, questo non è più "il lago", ma è davvero "il nostro lago".
Non posso farvi vedere i ragazzi che hanno lavorato al progetto, perché alcuni di loro non hanno l'autorizzazione per la diffusione delle foto via social (è già stata una corsa reperire quelle per il cartaceo...), ma il pannello ve lo faccio vedere. Lo hanno fatto ragazzi delle medie, non periti grafici o studenti del liceo artistico. Adesso sta alla Spiaggia di Lagna, comune di San Maurizio, sulla bacheca proprio davanti al pontile.
Un grazie speciale ai ragazzi, a Monica Spadacini di Ecomuseo del Lago d'Orta e alla dott.ssa Riccardi, esperta di ecosistemi lacustri.
Complimenti ai ragazzi, gli auguro che questo entusiasmo civico non vada perduto col passare degli anni e coi tanti compromessi che a volte bisogna fare con la vita man mano che scorre.
RispondiEliminaMi illudo che il senso civico si acquisti proprio all'età delle medie. Speriamo bene, dai...
EliminaUn ahimè raro esempio di progetto che va a buon fine. I ragazzi chiedono questo: che si dia loro un'occasione per agire. Nella scuola in cui lavoro io la burocrazia soffoca ogni nostra velleità, chiedono autorizzazioni anche per scendere le scale fino al teatrino scolastico solo perché appartiene al Comune. Non è un clima in cui ci si sente liberi di agire.
RispondiEliminaEppure andiamo avanti, stiamo ricostruendo la biblioteca scolastica, stiamo pensando a progetti più coinvolgenti per il prossimo anno. I ragazzi e il loro entusiasmo ce lo chiedono.
Insegnare in un piccolo paese è di sicuro un vantaggio, perché alcuni passaggi sono più facili. Devo dire però che la burocrazia di questi progetti europei è particolarmente straniante. Peccato perché passa un po' la voglia di rimettersi in gioco, quando invece gli esiti sono molto belli per tutti.
EliminaChe dire? Siete in un posto stupendo ed è bello che lo si possa vivere appieno con i ragazzi nonostante la burocrazia soffocante.
RispondiEliminaSì, sarebbe un peccato non farlo. Abbiamo scoperto che alcuni nostri alunni non conoscevano neppure i nomi di tutti i paesi intorno al lago...
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