Ogni anno scolastico è un'epopea a se stante.
Quello 2020/2021 è stato un poema eroico di stampo omerico, con sempre nuovi pericoli da superare, difficoltà imprevista, ostacoli all'apparenza insormontabili. Un anno fa siamo arrivati a giugno esausti, ma con una sorta di euforia interiore la sensazione di avercela fatta, di aver raggiunto una qualche Itaca interiore.
Il problema di tornare a Itaca è che si scopre, sempre, che nel frattempo Itaca è cambiata, le persone che la abitavano sono invecchiate, Argo si regge in piedi il tempo di salutarti prima di spirare e tu stesso non sei più quello che è partito.
Non siamo più, tutti quanti, quelli che sono partiti a inizio pandemia. Questo è stato l'anno scolastico in cui abbiamo dovuto fare i conti con noi stessi, con le voragini createsi negli animi, con la diffidenza verso il futuro. Un anno in cui i ragazzi si sono trovati troppo da vicino a fare i conti non solo con i lutti, ma con la loro stessa mortalità, in cui, nel momento in sembrava ci si potesse riaffacciare alla vita abbiamo dovuto invece affacciarci alla guerra. Una guerra che ha per noi la faccia dei profughi arrivati per alcuni giorni nella nostra scuola. Sguardi spersi, difficoltà a comunicare, nostalgie che non siamo in grado di consolare.
Quest'anno è stato, in gran parte, il viaggio eroico dei ragazzi attraverso la terra desolata del loro animo. Non ho messo neppure una nota sul registro, non ho alzato la voce, ma per la prima volta nella mia carriera da prof mi sono trovata a gestire degli attacchi di panico (trovandomi grandemente impreparata), dei pianti scoppiati senza apparente motivo. Ho dovuto fare i conti più con gli sguardi spenti che con la vivacità da arginare.
Per lasciare una traccia di tutto questo, probabilmente nella speranza di seppellirlo, l'ultimo giorno di scuola abbiamo interrato una capsula del tempo. Una scatola che sarà aperta tra dieci anni, nel 2032, piena di materiali che possano permettere ai ragazzi del futuro di capire questo nostro tempo.
I miei alunni hanno scritto ai ragazzi del futuro e io, grazie a quelle lettere, ho finalmente capito, almeno un po', la terra desolata in cui si stanno muovendo.
Nella nostra zona il covid ha colpito duro. Molti di loro hanno avuto l'esperienza di essere in casa con i genitori malati, che non riuscivano ad alzarsi dal letto. Spesso dovevano badare ai fratelli più piccoli. Alcuni di loro hanno perso i nonni, ma non mi ero reso conto che molti hanno temuto di perdere i genitori, che stavano male nella stanza accanto alla loro. Si sono trovati di colpo investiti della responsabilità degli adulti e sopratutto hanno toccato la fragilità degli adulti a cui ora, spesso, nascondono il proprio malessere per non aggravare il loro. Perché quando finalmente sono usciti dall'isolamento si sono accorti di essere passati senza accorgersene dall'infanzia all'adolescenza. I miei alunni sono entrati in lockdown a 10/11 anni, hanno frequentato la prima media a singhiozzo, in pratica hanno ripreso a vivere a quasi 13 anni. I loro corpi e le loro menti sono cambiati in questo tempo sospeso. Ora si sentono in parte derubati di un momento che non potrà più tornare, in parte inadatti al loro nuovo presente. Gli sport e le attività lasciate a 11 anni non si possono riprendere a 13 come se niente fosse. C'è chi non si sente più capace, chi tradito dal proprio corpo, chi non riconosce più se stesso e gli amici di prima. Percepiscono come iper giudicante il mondo virtuale in cui avevano trovato rifugio eppure faticano a muoversi in quello reale.
E noi, gli adulti, invece di accoglierli con un abbraccio, critichiamo la loro mancanza di entusiasmo, ci stupiamo per la loro apatia e intanto apparecchiamo per loro un mondo che si preannuncia sempre peggiore. Rimproveriamo loro la mancanza di ottimismo mentre risuonano le notizie di bombardamenti vicino alle centrali nucleari.
Se la caveranno. Lo so che se la caveranno. Una delle cose che nonostante tutto siamo riusciti a fare, l'anno scorso, è stato ascoltare in diretta l'ultima testimonianza di Liliana Segre. Lei ci ha ricordato che a tredici anni si è fortissimi, si può resistere quasi a tutto. Ma non è detto che sia facile.
Non so come sarà il mondo tra dieci anni, anch'io fatico a guardare il futuro con ottimismo. Spero di esserci quando la cassetta sarà dissotterrata. Spero di avere contatti con qualcuno di quei ragazzi che allora avrà 22/23 anni. Spero di riuscire a contattare almeno qualcuno per dire loro che abbiamo aperto quelle buste. E ci siamo ricordati di quanto loro siano stati coraggiosi nell'attraversare quella terra desolata in cui si era trasformata la loro Itaca.
Se qualcuno volesse inoltrarsi in un futuro alternativo (ma non per questo ottimista) ecco un nuovo capitolo de L'assedio degli Angeli
La mia nipotina, che ieri ha affrontato la prima prova dell’esame di terza media, è stata fortunata. Nessuno si è ammalato gravemente in questi due anni abbondanti nel suo giro stretto. Non ha toccato da vicino la tragedia, è sempre stata molto solida, ma chi lo sa quanto la pandemia abbia inciso nel profondo? Di sicuro non potrà recuperare lo scambio culturale con gli studenti francesi, a cui la sua classe avrebbe aderito, e puf è saltato, e molto altro.
RispondiEliminaMi si stringe davvero il cuore a pensare ai tuoi alunni nelle stanze dell’isolamento, che temono per la vita dei genitori e anche per i piccoli ucraini dagli sguardi persi. Sì, si è fortissimi a tredici anni, tempi di recupero che io mi sogno, ma davvero si hanno gli strumenti per affrontare tutto questo? Non ho risposte. Ti ringrazio per le mancate note, immagino che qualcuno la meritasse, per quel percorso deviato verso l’affetto magari abdicando talvolta alla disciplina. E ti auguro tutto ciò che tu auguri a te stessa rispetto alla capsula del tempo, che è una grande idea.
Innanzi tutto un grande in bocca al lupo alla tua nipotina! I miei hanno iniziato oggi gli scritti, tutti seri e compunti, come se di colpo fossero già adulti. Spero tanto che crescendo si riapproprino della vita e, come si diceva ne L'Attimo Fuggente "ne succhino il midollo". Questo però è stato davvero un anno strano. Da un punto di vista della disciplina il nulla assoluto da segnalare, tanto che dico spesso che dovrò fare un corso per re imparare a gestire le classi. È che a volte la tranquillità non è l'unico indicatore per il benessere dei ragazzi.
EliminaCredo di capire dalle tue parole una situazione che non ho vissuto da vicino. La vita ci segna, sempre, ma questo periodo di covid ha avuto (spero di poter usare il passato) caratteristiche particolari, di cui è impossibile immaginare le conseguenze. Del resto le osserveremo. Senza giudicare troppo, spero.
RispondiEliminaEsatto. Confido nelle capacità di recupero tipiche dell'età, ma è un fidarsi senza dei dati oggettivi. Chissà davvero come sarà la vita tra dieci anni.
EliminaQuesti ragazzi hanno vissuto una fase di profondo smarrimento e precarietà in un momento già precario della loro vita, l'età tra i dieci e i tredici anni è un'età difficile perché la personalità si sta formando attraverso grandi insicurezze. Temere di perdere i genitori è uno dei terrori più grandi dell'infanzia, forse questo li aiuterà a essere degli adolescenti migliori, ad apprezzare di più quello che si ha senza darlo per scontato. Molto bella l'idea della capsula del tempo.
RispondiEliminaEcco, sì, devo dire che emerge un rapporto con i genitori diverso. Meno conflittuale, più consapevole delle difficoltà degli adulti. Ma c'è anche chi non parla con i grandi dei propri problemi per paura di sovraccaricarli di stress.
EliminaDalle mie parti abbiamo avuto ben pochi morti, pochi ricoveri e solo la solita valanga di positivi, nell'ultimo anno soprattutto tra i giovanissimi. Tuttavia anche qui ci sono un sacco di problemi e questi ragazzi sono, come dire, un po' rattrappiti. Niente, credo, che non si possa curare con un periodo di normali rapporti sociali... almeno spero. Ma nel frattempo anche noi siamo diventati un po' strani. Certo che da voi è stato tutto davvero molto più complicato, e se penso che a noi è sembrato complicatissimo anche così...
RispondiElimina(sono Murasaki, e dispero di riuscire mai più a commentare con il mio nome)
Non so se sia stato più complicato. Ad esempio non abbiamo avuto nessun problema con le norme di sicurezza. In una situazione in cui chiunque ha almeno un conoscente prossimo morto di covid nessuno si sogna di togliersi la mascherina, anzi. Però sono rimasti rattrappiti dentro, ecco, la tua espressione è bellissima. Poi c'è da dire che abbiamo avuto una sfiga cosmica non indifferente. Nel corso dell'anno ci sono stati quattro o cinque incidenti mortali in zona che hanno coinvolto dei ragazzini. Nessuno che io conoscessi personalmente, ma alcuni dei miei alunni invece erano loro amici. E questi lutti hanno pesato davvero tanto.
EliminaE sugli attacchi di panico mi sono fatta anch'io una modesta cultura :( - Murasaki, again
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