Chi lo avrebbe mai detto? Io, ad esempio, ad un certo punto ne ho dubito. Perché Maggio è, sempre, "il mese che uccide tutti i prof". È una corsa a ostacoli tra i documenti da compilare, tutti in ordine e tutti bene (alcuni hanno dei non trascurabili valori legali nel remoto caso in cui qualche famiglia facesse ricorso). Quest'anno poi ho anche pescato un paio di non trascurabili carte imprevisti tipo "mio papà si rompe un ginocchio e si prende, di nuovo, il covid" o "arrivo in classe di alunni ucraini con evidenti tracce di stress post traumatico e non parlanti alcuna lingua a me nota", questa da leggersi anche come "chi lo avrebbe mai detto, ti trovi a spiegare Napoleone con il traduttore di Google!". Maggio quindi è stato incasinato e surreale, come ormai è tipico della mia vita, ma un po' più del solito. Però sono ancora qui. E, lo posso scrivere nero su bianco, su Urania.
Su Urania di giugno, infatti, in coda al romanzo "L'ultimo cerchio del Paradiso" c'è un mio racconto, La nave di Hilde.
Non farò finta di non esserne super felice e orgogliosa. Io pubblico poco, pochissimo. Pubblico poco per vari motivi che dipendono principalmente da me. Come autrice voglio fare l'autrice, non l'ufficio stampa, l'addetta alle pubbliche relazioni, la promoter. Non propongo i miei scritti ad editori che non si occupino di questi aspetti. Peggio. Non propongo i miei scritti per pubblicazioni che non stimo. Io, nel mio piccolo, quel poco che faccio, voglio che stia là dove sono i miei miti. E i miei miti in fatto di fantascienza oggi si chiamano Le Guin, McMaster Bujold, Jemisin, McDonald, solo per citare i primi che mi vengono in mente. Di ciascuno di questi autori ho almeno un volume appartenente a una collana di Urania. Quindi che uno dei miei racconti stia su Urania è, né più né meno, uno dei sogni della mia vita che si realizza. Poi, sia chiaro, mi crea anche tantissima ansia da prestazione. Perché il racconto non è in coda a un romanzo qualsiasi, ma uno inedito in Italia, per cui c'è non poca attesa, come testimoniano i commenti al Blog di Urania. Il che giustifica il mio entusiasmo e la mia paura. Non prego che il mio racconto sia letto. So già che verrà letto. Devo "solo" sperare che piaccia.
La nave di Hilde
Da dove nascono i racconti? Dall'inconscio, ovviamente, dallo scantinato della mente, dove le idee fermentano e poi risalgono con la loro forma già concreta fino alla mente cosciente. Ma a volte c'è qualcosa, un fatto concreto che permette di aprire la porta che conduce in cantina e permette al racconto di uscire con più facilità. In molti casi per me è un'arrabbiatura. Un'arrabbiatura specifica, quando ho a che fare con una storia di cui secondo me è stato buttato il potenziale. Quando si risveglia prepotente la parte meno trattabile del mio carattere che urla a gran voce "io però l'avrei fatta meglio". "Ah sì?" ribatte la Beghina, l'organizzatrice della mia mente, "Allora fallo".
Nel caso specifico questo racconto viene da un film La nave sepolta . L'idea di base mi sembrava bellissima, sopratutto per me che ho studiato archeologia. C'è una nave sepolta nel tuo giardino. Qualcuno deve tirarla fuori. Non si sa cosa c'è dentro. Non si sa cosa c'è dentro di te, cosa verrà fuori da te mentre scavi la nave. Bellissimo. Il film l'ho lasciato a metà. Una noia abissale. Lunghissimo, come sono lunghissime e prolisse le storie oggi che vanno sulle piattaforme e sembra che il montaggio se lo siano tutti dimenticati.
Facciamo una cosa più breve, quindi. Però che bella la nave che emerge pian piano. Aliena col suo provenire da un altro tempo. Aliena, con il suo provenire da un altro tempo. A forma di manta, non di nave. Non è bellissimo un relitto a forma di manta che fluttua nello spazio? Cosa dare per poterci salire, per essere la prima salirci? Che cosa ci scoprirei di me stesa? Quanto è pericoloso? Ed eccola emergere dal mio inconscio, già completa, la bellissima nave che viene da un altro tempo che fluttua nello spazio e la piccola storia che ci gira intorno.
Un amico mi ha chiesto quanto questo racconto sia ispirato alla canzone La casa di Hilde di de Gregori. Non lo so. Ma ovviamente conoscevo anche la canzone e una parte nella fermentazione dell'idea deve pur averla avuta.
So invece da dove viene un personaggio, l'unico personaggio che io abbia preso (quasi) pari pari dalla realtà. Il gatto Calibano è il gatto di mio marito (Orlando Calibano Nerone, Primo del Suo Nome):
E Calibano ci presenta una chicca che voglio condividere con voi, il libro che sto terminando: I sogni si spiegano da soli della mia amata Ursula K.Le Guin.
Perché in qualche modo gli scritti della Le Guin arrivano a me sempre al momento giusto, né prima né dopo. Da bambina quelli per bambini, da adolescente quelli da adolescente e da adulta sempre quelli giusti. E così ora in questa raccolta di scritti è arrivato a me il piccolo saggio sulle madri scrittrici. Che mi ricorda, ci ricorda, che è un falso mito quello che i libri siano "figli" e come tali escludano la possibilità di altri figli. Che le donne possono essere madri, rimanere senza figli e dedicarsi alla carriera, anche intellettuali o possono essere madri e dedicarsi alla carriera intellettuale. Essere madri e scrittrici, buone o pessime, come madri e come scrittrici a seconda del proprio talento e del proprio impegno e non pessime per forza in una cosa, dato che si è anche l'altra.
È stato bello, oggi, leggere queste frasi:
"I bambini piccoli mangiano i libri. Ma poi sputano dei pezzetti che possono essere incollati (...) e quindi la cosa è sì, terribile, ma non così terribile".
E quindi oggi, proprio oggi, esce nella collana che pubblica i miei miti letterari, un racconto confezionato secondo le indicazioni del mio Mito letterario: incollando i pezzettini (di vita, di idee) smangiucchiate da mia figlia nel bel mezzo di una pandemia mondiale.
Per chi volesse leggere qualcos'altro (sempre fatto a partire da pezzettini masticati e incollati), c'è il nuovo capitolo de L'assedio degli angeli
Pubblicare su Urania è un traguardo di cui andare davvero fieri, anche chi, come me, non è appassionato di fantascienza ne conosce il prestigio.
RispondiEliminaMi spiace per tuo padre. Il periodo è molto faticoso un po’ per tutti e aggiungere imprevisti di questo tipo rende il fardello assai pesante.
:)
EliminaChe bella soddisfazione avere pubblicato un racconto su Urania, puoi esserne giustamente fiera, io non leggo molta fantascienza mi piacciono però i film, almeno alcuni li ho apprezzati molto,di recente non ne ho visti molti però, forse perché il mio tempo è sempre più risicato...
RispondiEliminaLa fantascienza è un genere in cui narrativa e cinematografia differiscono parecchio, secondo me dovresti provare qualcosa, sopratutto la nuova fantascienza che sta uscendo in questi anni lo trovo super interessante.
EliminaPosso solo immaginare cosa significhi la realizzazione di questo sogno, Antonella. Un approdo, se vogliamo restare in tema di navigazione. Urania, che è la punta di diamante della letteratura di sci-fi in Italia, con un tuo racconto dentro, è qualcosa che mi emoziona. Questa estate voglio leggerti, voglio conoscere la Antonella Mecenero scrittrice.
RispondiEliminaAggiungo: ho visto quel film, io sono arrivata fino al termine. Mi è piaciuto molto e mi è capitato di consigliarlo. L'idea alla base ha affascinato molto anche me.
EliminaSpero davvero che il mio racconto ti possa piacere. Quanto al film, non so, forse ero molto stanca io, ma se a un certo punto ho iniziato a farmene un altro in testa con navi volanti e gatti bionici, evidentemente quanto passava sullo schermo non mi stava prendendo un gran che. Peccato, perché l'idea era grandiosa.
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