venerdì 29 novembre 2013

Quello che impariamo dai nostri maestri


Ognuno ha i propri scrittori preferiti. A volte vorremmo essere i nostri scrittori preferiti o quanto meno vorremo essere stati noi ad aver scritto quelle storie meravigliose. A volte ci viene la tentazione di provare a diventare i nostri scrittori preferiti. Essere il "nuovo X" o "l'Y italiano". Che magnifica, pericolosa tentazione!
Da prof so che devo insegnare ai miei alunni a trovare la propria forza, devo aiutarli a formulare le loro idee, non le mie. Da autrice, so che devo trovare la mia voce, le mie storie, che siano mie, non pallide fotocopie sbiadite di storie già scritte. 
E tuttavia mi chiedo, cosa posso imparare dai miei autori preferiti? C'è qualcosa che può aiutarmi a rafforzare la mia voce? 
In parte l'amore per un autore è una questione affettiva/emozionale. La mia scrittrice preferita è Ursula Le Guin anche perché ho incontrato sempre i suoi libri al momento giusto, a nove anni il mio primo fantasy è stato un suo libro per bambini, andavo alle medie quando ne ho scoperto i seguiti, scritti per adolescenti, all'università mi sono imbattuta nei suoi capolavori. Avessi trovato questi libri in ordine inverso non li avrei capiti o li avrei ignorati.
Eppure in ogni cosa impariamo per esperienza, osservazione e imitazione. Anche nella scrittura. Quindi vi propongo un esercizio. Chiedetevi perché amate un dato autore. Isolate gli elementi che più vi colpiscono e chiedetevi se potete applicarli alle vostre storie. La scrittura è una questione di consapevolezza. Quindi non possiamo che avere vantaggi, credo, da questo esercizio.

Quali sono, dunque, le caratteristiche che vorrei rubare alla mia autrice preferita?

- Eleganza stilistica anche nella scrittura di genere
Scrivere letteratura popolare, scrivere letteratura di genere non significa essere sciatti. Perché mai chi scrive storie di genere non deve essere elegante? Diretto, certo, chiaro, sicuramente, non noioso. Ma questo non vuol dire rinunciare all'eleganza stilistica. Vorrei rubare alla mia autrice preferita la capacità di tessere una prosa che scorra come seta, a prescindere dal genere della storia.
Ecco un esempio di descrizione di un'asettica astronave:
"... Niente che si nasconde in minuscole fessure, agita viticci, sgaiattola nell'ombra, depone le uova, si lava la pelliccia o fa tre giri su di sé prima di stendersi col naso sulla coda. Non c'è niente con la coda. Nel mondo non c'è niente che ha tentacoli, pinne, zampe o artigli. Nel mondo non c'è niente che volteggia. Niente che nuota. Niente che fa le fusa, abbaia, ringhia, ruggisce, cinguetta, trilla o lancia ripetutamente due note, una quarta discendente, per tre mesi l'anno. Non esistono mesi dell'anno. Non esiste la luna. Non esiste l'anno..."

- Una scrittura densa
Di cosa parla il romanzo che inizia con la citazione con cui si apre il blog, La mano sinistra delle tenebre? La trama è facile da riassumere. È la relazione, mischiata con pagine di diario, di un inviato terrestre su un pianeta che non ha mai avuto contatti con altri mondi. Ma di cosa parla? Di solitudine, di differenze culturali, di intelligenza emotiva, di adattamento ad ambienti ostili, di utopie politiche e della loro perversione, di come nascono le condizioni che portano alla guerra, di relazioni interpersonali e quindi, in senso lato, di amore e di come queste vengono condizionate dalle barriere culturali. Di come la divisione di genere condiziona la nostra società e di come potrebbe essere una società dove maschile e femminile non esistono. Ma anche del desiderio di controllo che hanno gli esseri umani e quanto esso sia inutile e di come le profezie potrebbero solo dimostrare l'inutilità di conoscere il futuro. Tutto questo in quanto? la mia edizione (francese) è di 340 pagine. Un libricino. Ursula Le Guin è una scrittrice che non ha paura di intersecare tematiche importanti e di aprirsi a speculazioni filosofiche in quelle che in apparenza sono storie d'azione. I suoi libri migliori sono, a mio avviso, proprio i più densi.
Dalla mia autrice preferita ho imparato a non avere paura delle idee complesse e che una buona storia non si misura a spanne o a centimetri di spessore.

- I protagonisti come uomini e donne di pensiero
Nei romanzi della Le Guin c'è tutta un'ampia casistica di personaggi improbabili, specie come protagonisti di romanzi di genere. Un fisico teorico. Una vedova di paese. Una matematica. Una ragazza che sa di essere il personaggio incompiuto di un poeta morente. Sono tutte persone poco atte all'azione. Animi introversi e filosofici. E funzionano. Proprio perché così palesemente inatti all'azione, quando ci si trovano dentro, non possono che attirarsi le simpatie dei lettori. E ragionare, il loro essere attori coscienti degli eventi, dona spessore alle storie. I protagonisti de La roccia nel cuore sono un ragazzo appassionato di fisica e un prete esperto in storia del vicino oriente antico. Piuttosto improbabili. L'averli pensati come protagonisti possibili lo devo senza dubbio alla lettura dei romanzi della Le Guin e di dialoghi di questo tono (inseriti in una storia d'avventura):
— L’ignoto. L’imprevisto, l’indimostrato, è tutto questo la base della vita. L’ignoranza è la base del pensiero. La mancanza di prove è il terreno dell’azione. Se fosse provato che non esiste un Dio, non ci sarebbe religione. [...] Ma anche se fosse provato che esiste un Dio, non ci sarebbe religione… Ditemi, Genry, che cosa è conosciuto? Che cos’è sicuro, prevedibile, inevitabile… la sola cosa certa che voi sappiate sul vostro futuro e sul mio?
— Che dobbiamo morire.
— Sì. In realtà c’è una sola domanda alla quale si può rispondere, Genry, e noi sappiamo già la risposta… La sola cosa che rende la vita possibile è la permanente, intollerabile incertezza: non sapere che cosa verrà dopo. ( La mano sinistra delle tenebre)

Voi che cosa avete imparato o vorreste imparare dai vostri maestri?


2 commenti:

  1. Direi la profondità nel trattare argomenti solo apparentemente leggeri e la capacità di creare personaggi davvero indimenticabili come i fratelli Trotter per Jonathan Coe. Questo molto in breve. Ah intendevo "vorrei imparare" non che l'abbia già imparato ecco.

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    1. Certo, anch'io vorrei imparare. Diciamo che ci provo in maniera consapevole, ecco.

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