Ultimissima foto di fiori (pure un po' sfocata...) per un post che non è tanto una Scrittevolezza, quanto una paranoia personale.
Quando scrivo io mi metto sempre tutta una serie di maschere e mi scelgo sempre dei protagonisti ben diversi da me. Che poi magari diano forma a cose che penso è un altro discorso, ma mi sento sicura se so che tra me e loro c'è una bella distanza. Tutti i protagonisti delle mie storie lunghe sono uomini, tanto per citare il dato più macroscopico. Uno di essi è pure Sherlock Holmes e chi sta scrivendo sabato mattina è rimasta per cinque minuti a fissare un giardino senza riuscire a distinguere un cane da un cespuglio (eppure il fatto che il cespuglio abbaiasse era un buon indizio, credo). Un altro è un prete quarantenne e io non sono neppure praticante. Su Giulio Cesare non c'è neppure bisogno di dire quanto poco mi somigli.
Con loro mi trovo bene, io al mio posto di autrice, loro a quello di protagonisti, per quanto possa emozionarmi e soffrire con loro, mantengo sempre le debite distanze. Però ho sempre avvertito la mancanza di un buon protagonista femminile, una di cui si possa esclamare: "che donna!"
Dato che i personaggi non si comprano al supermercato ho sempre pensato che le cose stessero così e basta. Avrei incontrato la mia protagonista al momento giusto, come il vero amore.
Ecco adesso è arrivato a bussare alla mia testa un signor personaggio femminile. Una che pretende una parte da protagonista e che sarebbe perfetta per me.
– Bene. – le ho detto. – Vediamo come funzioniamo insieme con un racconto.
Perché così faccio sempre.
E così adesso ho una trama a me congeniale per un racconto e una signora protagonista e non riesco a scriverlo.
Perché è troppo simile a me. È in sostanza un'archeologa che si è riciclata, più o meno mia coetanea, con un pessimo carattere e una gran voglia di indipendenza che fa fuggire a gambe levate gli uomini (diciamo che ha il carattere che avrei se non avessi incontrato il Nik) e tutta un'altra serie di caratteristiche che mi sono proprie.
Mi sento nuda davanti alla tastiera e mi trovo in una situazione di imbarazzo immotivato e del tutto irrazionale.
A qualcuno è mai capitata una cosa simile?
Non so che dirti, Tenar... io metto sempre un po' di me nelle storie che scrivo, non per forza nei personaggi. Mi è capitato di creare personaggi con delle sfaccettature che erano mie in tutto e per tutto, ma non ho provato un senso di imbarazzo... sarà che sono una gran faccia da culo, ma ho scritto con serenità. Che poi magari, a scriverle, le cose le riesci anche ad affrontare... no?^^
RispondiEliminaMoz-
potremmo chiamarla la sindrome da Drevlin...
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIn effetti non mi è mai capitato, più che altro perché scrivendo di altri, immergendomi nei fatti loro, tendo a dimenticarmi di me stessa. Però potrei consigliarti di concentrarti prima di tutto sugli aspetti di lei che non ti corrispondono affatto, per prendere un po' le distanze.
RispondiEliminaNon dici se usi la prima o la terza persona, però di certo quest'ultimo punto di vista Infine... capisco la sensazione bruttissima di sentirsi a nudo, però sei poi così sicura che anche gli altri noteranno le somiglianze?
Mi spiace non posso proprio aiutarti anche se mi è piaciuto molto questo tuo post.
RispondiEliminaE' che i miei protagonisti mi somigliano sempre parecchio. Nel primo romanzo ero quasi io, nel secondo molto io di testa, anche se con vita diversa, nel terzo la protagonista non tanto io, ma l'amica - personaggio comunque importante, invece sì. Però ho adorato mettermi nei panni di un uomo, nel secondo romanzo che è a 3 voci marito, moglie e figlia. Direi di assecondare il personaggio che ti si è palesato.
La mia non è tanto una paura di giudizio su di me, quanto di perdita di obiettività come narratrice. Ho paura di farne la mia "Mary Sue" o di sovrapporre la mia voce alla sua.
RispondiEliminaIn ogni caso, come ogni paranoia, questa vive di tempo libero. Per "fortuna" una serie di "amabili" imprevisti hanno già riempito la mia agenda. Il tempo per scrivere cala. Cala il tempo per farsi troppe domane e si scrive e basta.
Non si può evitare di mettere qualcosa di se stessi nei propri scritti, e non è detto che questo sia un male, anzi, potrebbe essere l'occasione per affrontare certi aspetti inconsci, protetti dalla rassicurante maschera del personaggio.
RispondiEliminaCome scrittrice hai questa risorsa, e se ora ti senti "a nudo", forse significa che ti stai avvicinando a un nodo che per te è importante. Lo scrittore esce cambiato alla fine di ogni storia.
"... adesso è arrivato a bussare alla mia testa un signor personaggio femminile."
Bene, ma perché proprio adesso? Probabilmente perché ora tu sei pronta per conoscerlo, con tutto quello che rappresenta.
Non farti troppe domande, lascia fluire la scrittura senza razionalizzare: avrai tutto il tempo di farlo quando ti staccherai dal testo nella fase della correzione e riscrittura. Allora intuirai le risposte.