mercoledì 8 ottobre 2014

Cercando il mio Watson


Sul sito della Sherlock Magazine è uscito l'articolo di presentazione ufficiale del romanzo
È arrivato il momento, quindi, di dare uno sguardo al "dietro le quinte" per raccontare il viaggio che mi ha portato a conoscere il mio protagonista.
Canonico, ma troppo vecchio!

Appena ho capito che la mia storia si sarebbe svolta nel 1881, a ridosso degli eventi narrati ne uno studio in rosso, cioè quando Sherlock Holmes aveva da pochi mesi trovato un nuovo coinquilino, ho scoperto che il vero protagonista della vicenda non poteva che essere lui, il dottor J.H.Watson.
La cosa sorprendere è stata rendersi conto che conoscevo Watson assai meno di Sherlock Holmes. 
Chi era dunque il mio protagonista?
Troppo vecchio e troppo tonto


Il problema sorge dal fatto che tutto il nostro immaginario Sherlockiano, che lo vogliamo o no, è contaminato dalle innumerevoli trasposizioni cinematografiche e televisive del personaggio. E per decenni a fianco di Sherlock Holmes abbiamo trovato un signore di mezza età con in baffi e un accenno di pancetta, spesso e volentieri non troppo sveglio. Nel 1881, però, Watson dovrebbe avere 29/30 anni. 
È bastato questo dato per farmi capire che dovevo andarmi a cercare il mio protagonista tra le pagine di Doyle dando per scontato che di lui non sapevo nulla!
Ho riaperto Uno studio in rosso cercando di rileggerlo con occhi nuovi.
Troppo in salute
Watson si presenta nella prima pagina e una cosa subito mi colpisce come una fucilata. Nella prima pagina de Uno studio in rosso il buon dottor Watson, l'incarnazione stessa della correttezza, mente o quanto meno omette!
Ci racconta di essere tornato in patria dopo essere stato ferito in guerra, quand'era assistente chirurgo militare e di non aver nessun parente in Inghilterra. Parole ben peculiari da parte di chi, anni dopo, ci racconterà di un fratello alcolizzato.
Ecco che le mie antenne di autrice hanno iniziato a rizzarsi. Abbiamo un uomo che, dopo essersi laureato in medicina, si arruola e parte per l'oriente, mentre il fratello si dà all'alcol... Qualcosa deve essere andato veramente male nella famiglia Watson!

Troppo moderno
Nella mia mente inizia a delinearsi l'idea che la partenza per la guerra sia stata per il giovane Watson un piano B. C'è qualche altro indizio qua e là. Per tutti i 56 racconti e i 4 romanzi non c'è una volta che il dottore dia prova di essere attaccato al denaro, eppure è sempre dolorosamente consapevole di non essere ricco, al punto uscirsene con un'esclamazione infelicissima con la futura moglie (meno male che non sei diventata ricca! Se no, non avrei mai osato corteggiarti!). Se Holmes ha la noncuranza del denaro di chi non ne è mai stato davvero a corto, Watson ha una consapevolezza della propria debolezza economica che sa di brutte esperienze passate. Eppure ha condotto buoni studi, che all'epoca erano costosi.
Preferisco non commentare...
Non c'è una vera prova nel testo, ma ci sono indizi per pensare che qualcosa abbia lasciato soli e senza mezzi i fratelli Watson e uno abbia reagito arruolandosi mentre l'altro cedeva alla bottiglia.
A questo punto ho considerato un nuovo elemento.
Watson ama le storie d'avventura, ne legge e ne scriverà, per certi versi, quindi, in nostro medico neo laureato è un aspirante scrittore. 
Nel volersi/doversi arruolare deve aver considerato anche questo: la ricerca di un'avventura da raccontare, forse anche di un eroe.
In guerra, però, le cose non vanno male, vanno peggio.
C'è amarezza nelle parole con cui Watson parla della sua esperienza bellica, anche se non è tipo da piangersi addosso e liquida la cosa con "sfortune e calamità".
Poi viene ferito.
Gli sherlockiani hanno discusso all'infinito sulla ferita di Watson che ne Uno studio in rosso dovrebbe essere alla spalla, anche se poi zoppica tutta la vita. A parte la geniale soluzione BBC (ferita alla spalla e zoppia psicosomatica) a me è venuta in mente un'altra cosa.

Incredibile: troppo giovane!
Watson si definisce assistente chirurgo. Operava. Ora, non so voi, ma io, fossi un chirurgo di neppure 30 anni mi preoccuperei molto di più di una lesione a un braccio che di una zoppia permanente. Magari in futuro sarà la gamba a darmi più fastidio, ma giocarmi la carriera di chirurgo a trent'anni sarebbe davvero molto, molto più duro. Questo, oltre tutto spiegherebbe lo scarso entusiasmo successivo di Watson per il proprio studio medico (che è sempre pronto ad affidare a un collega), già a fine ottocento c'era una bella differenza tra un chirurgo e un medico di famiglia. Watson, con i suoi nervi d'acciaio e la sua propensione all'avventura, sognava certo di operare in emergenza, non di curare raffreddori!
Troppo canino...

Eccoci dunque tornati a Londra, nella tarda primavera del 1881.
Un uomo di quasi trent'anni, età in cui si stilano i primi bilanci, che si trova a contemplare il fallimento del proprio piano B. 
È un assistente chirurgo in congedo per motivi di salute, zoppica e sa che probabilmente lo farà per tutta la vita, le sue finanze sono disastrose. È un aspirante scrittore che non ha trovato una storia da raccontare.
È ferito, demotivato, incerto sul cammino da prendere, eppure non è sconfitto.
Ha bisogno di dare un indirizzo alla propria vita, ma è ancora disposto a dare tutto per una causa in cui creda, a patto di trovarla.  
Cosa più importante, è disposto a guardare il mondo senza fermarsi alle apparenze e a dare delle seconde opportunità alle persone. Ha la dote rara e preziosa di non sentirsi sminuito dai successi altrui.


Non so voi, ma io, arrivata a questo punto, morivo dalla voglia di conoscerlo meglio e di raccontare la sua storia!






10 commenti:

  1. Con la tua ricerca mi hai davvero stupito, non solo per il fatto di mettermi davanti l'ovvietà di non conoscere veramente colui il quale ci parla in ogni storia di Holmes, ma anche con la ricerca di dettagli e le conseguenti deduzioni, giustamente da appassionata ma anche da degna allieva dei nostri eroi! E ho sempre più voglia di leggere il tuo libro ;)

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    1. In realtà di tutto questo lavoro nel romanzo c'è ben poco, il nostro Watson è chiuso come un riccio e parla pochissimo di sé. Però il lavoro a ritroso sulla costruzione del personaggio mi ha aiutata non solo con questo romanzo, ma in generale nella gestione dei personaggi, anche quelli originali. Inoltre muovere personaggi così trattenuti aiuta a lavorare di sfumature, una frase o una reazione deve sottintendere tutto un mondo.
      PS: e poi spero che il romanzo ti piaccia!
      Tenar

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  2. L'intuizione è una qualità fondamentale per uno scrittore, forse ancora più importante della creatività. E tu ne hai da vendere :)

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    1. Come scrivevo sopra, lavorare a ritroso sui personaggi mi ha interessato tantissimo, al punto che consigliere a chiunque voglia scrivere di produrre apocrifi (non necessariamente sherlockiani, ovviamente).
      Tenar

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  3. Mi sono arrivate le copie stampate! L'introduzione è stata tenuta segretissima da editore e curatore. Si intitola "Un Watson per amico".
    Ed è quasi scappata la lacrimuccia.

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  4. Ma il tuo è un lavoro encomiabile!
    Non posso che leggere il libro a questo punto.

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    1. Adesso sono nella fase "ma guarda quante cose potevano essere fatte meglio!" spero, però, che il romanzo ti piaccia.

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  5. Complimenti per il lavoro certosino, quanto ti capisco... Toglimi una curiosità (se puoi): ma il ragazzo raffigurato in copertina è Watson o Sherlock? O nessuno dei due?

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    1. È una libera interpretazione del grafico del tema "uomo meccanico".
      Nessuno dei due ha una benda sugli occhi, Sherlock ha i capelli neri pettinati in modo diverso, però, servisse per un caso, potrebbe presentarsi in questo modo. Watson non si vestirebbe così neppure con una pistola alla tempia.

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