mercoledì 13 maggio 2015

I confini di una storia – scrittevolezze


Sei andato fuori tema!
Vi è mai capitato di trovare questa frase sul retro di un tema? E poi magari di passare ore a chiedersi dove, come e perché esattamente fossimo incappati in quel giudizio. Noi avevamo scritto solo le frasi necessarie a chiarire il nostro pensiero! Era la traccia, maledetta lei, ad essere ambigua!
Questi traumi giovanili riemergono subdoli quando scrivo. Perché, in fondo, una storia è un organismo, ha cuore e anima, ma ha anche un corpo. Come per qualsiasi corpo, sia l'anoressia che l'obesità sono dannose e, nei casi più gravi, letali.
E quindi cosa inserire di quei tre saggi letti per la documentazione? E tutti gli eventi riassunti nelle sedici pagine della scheda del personaggio? E quel personaggio secondario che però ha una storia così speciale, non è un peccato non metterla dentro? Non approfondiamo l'ambientazione? Il passato del luogo? Le leggende?
Non è solo questione di rischiare l'infodump, l'introduzione di informazioni eccessive e inutili, è proprio una questione di alimentazione della storia. Il rischio è tanto quello di farle soffrire la fame quanto quello di rimpinzarla allo stremo.
La cosa peggiore è che non c'è una regola precisa. Ci sono storie magrissime e scattanti come levrieri e solide, placide, storie san bernardo. Ci sono imponenti storie mastino napoletano, ma funzionano anche minuscole storie pechinese.
Nel panico generale che mi prende in questi casi, mi sovviene un ricordo d'infanzia. La storia infinita, ricordate? Ogni storia ne generava un'altra, da cui il titolo, ma l'autore ci riportava gentilmente sul sentiero principale con la formula "Ma questa è un'altra storia e si dovrà raccontare un'altra volta"

La difficoltà, dunque, sta nel capire quando la NOSTRA storia sta diventando UN'ALTRA storia, da raccontare, se mai, un'altra volta.

Non sempre è facile capirlo perché le sottotrame si intrecciano, si intersecano e ciò che in una narrazione può donare profondità, in un'altra può essere un'inutile lungaggine.

Bisogna porre dei confini, una sorta di arbitrario, ma indispensabile, Vallo di Adriano per distingue l'impero narrativo su cui possiamo governare e gli incogniti territori stranieri, che magari abbiamo esplorato, ma di cui non dobbiamo occuparci in questa sede.

Le mura possono essere alte e soffocanti, oppure lontane, basse e amichevoli, ma in qualche modo CI DEVONO ESSERE.
Il libro che mi ha fatto ragionare di più su questa necessità è IT, del maestro King, romanzo ipertrofico, affascinante e apparentemente anarchico. Sono sempre più convinta che quello che ha trasformato IT in un capolavoro, salvandolo dal disastro che facilmente avrebbe potuto essere, è l'avere dei confini solidi e invalicabili.
Chi l'ha letto sa che all'inizio c'è una barchetta di carta che fugge al controllo di un bambino. King non si accontenta di raccontarci la storia del bambino. Segue la barchetta, ben oltre il destino del bimbo. La vediamo finire in un tombino e da lì in una fogna. Le righe si susseguono nel raccontarci il suo viaggio solitario, nascosto agli occhi umani. E poi, quando ormai eravamo certi che l'avremmo seguita fino al mare, la barchetta esce dai confini della storia. Ci viene detto proprio così, non una, ma più volte nel corso del romanzo. Si seguono oggetti, eventi, personaggi ben oltre i loro rapporti con i protagonisti, finché non varcano un confine invisibile al lettore, ma ben chiaro all'autore. I confini di IT non vengono mai esplicitati, ma coincidono con quelli geografici e psicologici di Derry, la città infestata da IT, a ben vedere la vera protagonista della vicenda. Qualsiasi digressione, deviazione rispetto alla trama principale, apparente allungamento del brodo è permesso finché è connesso a Derry. Anni interi della vita dei protagonisti lontano dalla città  vengono riassunti in poche righe. E la cosa, è innegabile, funziona.

Non ho ancora capito davvero come si tracciano davvero i confini di una storia, ma so che servono. Immagino che tutto stia nel rispondere alla domanda:
Di chi o di che cosa è la storia che voglio raccontare? Quali sono i confini che intendo pormi?
IT ha dei protagonisti ben tratteggiati, ha anche un riconoscibile primo attore che si evidenza all'interno del gruppetto, eppure non è lui e non sono i suoi compagni a determinare i confini della storia. In caso contrario sapremmo ben di più dei loro anni lontano da Derry.

I confini di una storia possono essere legati a un luogo, come per IT.
Posso essere legati a dei fatti precisi, pensiamo a un giallo classico: non ci interessa nulla che non sia strettamente connesso all'indagine.
Possono essere legati a una tematica che vogliamo esplorare.
Possono essere ben definiti, proprio come il vallo costruito dai romani o riconosciuti in modo istintivo.
Non hanno nulla a che fare con quello che noi conosciamo, con la documentazione e la costruzione di eventi, luoghi e personaggi. Dobbiamo, infatti, conoscere cosa c'è oltre i confini. Ha a che fare, però, con l'alimentazione della storia, dobbiamo capire fino a che punto possiamo/dobbiamo nutrirla e come prenderci cura di lei.

Mentre scrivevo Nulla che non sia già mio, ad esempio, mi sono accorta Coy sfiora storie e personaggi interessanti. Ne incontra uno, sopratutto, che in due battute dà l'idea di avere una storia assai interessante dietro (e, vi assicuro, ce l'ha davvero). Ma quella non è la sua storia. È la storia di Coy e, se vogliamo, del suo primo tradimento. Tutto il resto e, a maggior ragione, ciò su cui lui non si sofferma, non fa parte della storia. È oltre i miei confini. Non importa quanto affascinanti fossero quelle possibili digressioni. Erano un'altra storia.

Voi vi siete mai trovati a ragionare sui confini delle vostre storie? La cosa vi ha creato delle difficoltà?   

27 commenti:

  1. Con la scrittura del mio romanzo sono partito da un assunto del genere di quello che descrivi. Tutto ruota intorno a una parola e il confine stabilito è quello oltre il quale la trama smette di avere attinenza con questa parola e i suoi significati.

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    1. Ecco, quello dei confini è un problema che mi sorge sempre dopo... Mi sa che hai avuto un'ottima idea a delimitare sin da subito la materia di cui ti vuoi occupare.

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  2. Nel mio romanzo, "31 dicembre", i confini sono per loro stessa natura delimitati dalla trama, intendo dire che la protagonista sceglie di vivere un capodanno alternativo affidandosi ad una struttura dove è possibile selezionare una storia ed entrarci dentro da attrice grazie alla moderna tecnologia della realtà virtuale. Dunque racconto una storia dentro un'altra e, all'interno di quest'ultima i personaggi mettono in campo le loro di storie, insomma il rischio era di disperdere il contenuto in molteplici sfaccettature che facessero perdere il filo. Ma tutte quelle sfaccettature erano funzionali alla vicenda narrata perché rappresentano di fatto il corpo del mio romanzo.
    Sì, lo so, non hai capito un tubo!
    Un discorso un po' contorto, mi rendo conto!

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    1. In effetti... Però, credo di capire. Ci sono storie che hanno bisogno di essere circoscritte in confini ampi, perché è percorrendo strade apparentemente secondarie che si arriva al centro della narrazione. Vero?

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    2. Ma come ci sei riuscita?
      Intendo, a fare una sintesi così perfetta? :)

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  3. Oddio no, in realtà no, le mie storie hanno confini molto liquidi anche se rimane saldo il succo della faccenda. Sandra

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    1. E ti sei sempre trovata bene con i tuo confini liquidi? A me capita spesso di volermi inoltrare in un sentiero narrativo ma che, ahimè, mi porterebbe troppo lontana...

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    2. Sì, direi di sì, c'è da dire che i nostri generi sono diversi, forse il "rosa" permetti maggiori sconfinamenti. Sandra

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    3. Non saprei... Infatti mi intriga il tuo modo di procedere, così come mi intriga il tuo stile. In effetti la storia divaga (piacevolmente), ma poi torna sempre sui binari e non c'è mai l'impressione di girare a vuoto, anzi.

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    4. Sì, è così. Grazie per l'intrigamento :D

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  4. In genere no, anche perché sono assai monotematico e ossessivo, non spazio molto, quindi è difficile andare fuori tema.
    Uno dei miei punti deboli è proprio che non riesco a scrivere romanzi lunghi e di largo respiro proprio perché preferisco concentrami su un argomento specifico e non fuoriuscirne.

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    1. Anche avere mura troppo soffocanti può essere un problema, infatti. Forse noi donne siamo più prolisse e il rischio è quello di esagerare...

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  5. Qualche mese dopo aver iniziato la stesura del mio primo romanzo ho dovuto fare un passo indietro, e sopprimere un bel po' di personaggi e sotto-trame. Mi piacevano molto, e magari li riciclerò in altre storie, ma in quel momento avrei messo troppa carne al fuoco.
    Individuare il "cuore della storia" mi è stato utilissimo, perché mi ha consentito di eliminare tutto ciò che non è direttamente legato al percorso del protagonista. Esistono comprimari interessanti, con storie tristi e meritevoli di essere raccontate, ma queste storie hanno diritto di stare nel romanzo solo perché si intrecciano in modo inequivocabile a quella del protagonista e finiscono, volenti o nolenti, per condizionare anche la sua vita. Questa al momento è la mia discriminante. :)

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    1. P.S. Che bello: dico "primo" come se ne avessi scritti 10. In realtà, al momento è l'unico, e non è nemmeno finito :-D

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    2. È evidente che nella tua mente ci sono altri mille romanzi!
      Anche a me spiace stralciare storie e personaggi secondari. Di solito li poto già in fase di progettazione, però che dispiacere...

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    3. Questa osservazione mi è stata rivolta anche da Salvatore, nel periodo di potatura: "non è che hai messo mille romanzi in uno"? :-D All'inizio forse era così: dopo tanti anni di silenzio, avevo mille cose da dire! Poi però mi sono data una regolata. :p

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  6. Il problema è quando i confini si espandono, cioè tu li tracci, li pensi ben solidi e loro si allontanano tutt'attorno. Allora la storia lievita all'interno dei confini come la pasta frolla. In questo caso sono costretta a tagliare il superfluo, però penso sempre che potrei ricavarne dei racconti.

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    1. Ecco, capita sempre anche a me. Più che la pasta che lievita, rischia di diventare un mostro informe e tentacolare, per questo, poi, finisco per mettere dei paletti anche troppo rigidi. Mi manca ancora la via di mezzo, suppongo.

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  7. Il mio romanzo non è solo andato fuori tema, ha proprio cambiato dimensione! Se fosse a scuola prenderei un bel quattro sui denti. Sigh.

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  8. Lisa, il sei a chi sa scrivere in modo corretto non lo neghiamo neppure se in un tema su Dante ci scrive la ricetta per gli agnolotti (e questo la dice lunga su come siamo messi a scuola...).

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  9. Nelle mie storie - almeno nella prima stesura - tendo a essere stringata e aderire molto alla traccia, come se avessi paura di annoiare chi legge, perciò schivo ogni divagazione e forse anche qualche approfondimento. Durante la revisione rimpolpo. Mi piacerebbe però scrivere qualcosa di più complesso e articolato, che metta in gioco altre capacità. Chissà, forse mi capiterà, prima o poi.

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    1. Anch'io ho lo stesso problema, prevedere uno svolgimento tutto sommato lineare. Di solito non inserisco molte sottotrame e forse sbaglio

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  10. Ho fatto una sola esperienza di "scrittrice", con un romanzo piuttosto poderoso, storico e di formazione, servendomi di tantissimo materiale della mia tesi di laurea sui Nativi americani.
    Ricordo che non ebbi mai la sensazione di una direzione diversa della storia. Avevo fissato una protagonista e quattro esperienze precise da farle vivere, in una sorta di progressiva "formazione".
    Dovrò riprendere in mano quel romanzo per vedere se ha qualche possibilità di pubblicazione!

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    1. Wow! Mi appassiona molto la cultura dei Nativi Americani. Spero di poter leggere il romanzo un giorno, devi assolutamente lavorarci

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    2. Sì, quel momento dovrà pur giungere. Grazie, Tenar!

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