lunedì 27 giugno 2016

History lost in story – Scrittevolezze

(Prego e spero che il mio titolo in inglese abbia senso, suonava tanto bene...)
Da archeologa in disarmo, i romanzi storici sono per me tormento ed estasi. Estasi perché ogni scusa è buona per tornare in quell'altrove temporale che da sempre amo, il passato. Tormento, perché non c'è come un errore storico in un romanzo storico per scatenare le ire del Drago Interiore. Il mio istinto, in questi casi, è sempre prendere il romanzo in questione e scagliarlo con violenza non importa dove. Reazione che, si capisce, ha i suoi lati negativi. I romanzi storici hanno, chissà perché, la tendenza a essere corposi e, quindi, pesanti. Se scaglio un oggetto dal mio divano le probabilità di beccare una finestra o una delle mie piante sono piuttosto alte, purtroppo. Se poi il romanzo è in digitale finisce pure che mi rompo il kindle. Quindi non solo mi arrabbio, ma la mia giusta ira non può nemmeno essere sfogata!

Il fatto è che il povero autore di romanzi storici, quando vuole essere tale, scrive muovendosi in un campo minato in cui è quasi impossibile arrivare alla fine del percorso (e della narrazione) senza finire almeno in una trappola.

UNA QUESTIONE DI ETICA: AMERICANA VS EUROPEA
Semplificherò al massimo (lettore abbia pietà), c'è tutta una corrente di pensiero nella narrativa americana (oddio, anche di quella del romanzo d'appendice ottocentesco) che si può riassumere in una frase:
Mai rovinare una bella storia con la verità
Ecco, per chi segue questa massima, tutti i problemi che possono essere segnalati non si pongono proprio. Prendono personaggi storici che mai si sarebbero potuti incontrare e li fanno brindare assieme, fregandosene altamente di ogni verosimiglianza. Un esempio recente? La serie tv "Da Vinci's Demon", in cui a un certo punto, mi informa Wikipedia, Leonardo, Macchiavelli e Amerigo Vespucci partono allegramente per le Americhe alla ricerca di un libro maledetto.
Ecco, con questo tipo di narrazione non ha senso infuriarsi. Si riconoscono a pag.3 o al terzo fotogramma, ci si può astenere o prenderle come sono. L'importante, sopratutto se si è studenti, è non pensare che raccontino la storia e non riportare quanto letto o visto in un compito in classe.
Grazie al cielo non tutti gli americani fanno narrazione storica così e quasi tutti gli europei si attengono a un'etica diversa:
Si può inventare solo negli interstizi della storia, in quello che le fonti tacciono, senza smentirle mai
Qui il gioco si fa sottile e delicato. Il narratore deve farsi a sua volta storico, a volte più dello storico stesso (mi è stato fatto notare che a volte gli storici sono interessati alla conferma o alla smentita di questa o quella teoria, mentre il romanziere è a caccia del particolare di vita vissuta, della minuzia su cosa si mangiava a colazione che spesso agli storici interessa poco o niente) e inventare una trama che faccia da contrappunto ai fatti, senza smentire mai ciò che è stato appurato e studiato. Ovviamente, però, a questo punto il lettore è autorizzato a giocare con l'autore e a controllare se abbia o meno fatto i compiti a casa. Per altro, più l'autore è accurato e più il lettore si infurierà per le sviste.

IL PASSO FALSO È SEMPRE DIETRO L'ANGOLO – GRANDI SCIVOLONI
Si potrebbero riempire post su post sugli errori storici nei romanzi storici. Alcuni sono quasi leggendari, come i famosi orologi ai polsi delle comparse di Ben Hur. 
Il problema è che chiunque può sbagliare e anche il romanzo meglio documentato può cadere sui fondamentali.
Appartiene a un'altra epoca, quella in cui i romanzi si facevano bene, con i correttori di bozze ancora ben pagati La grotta di cristallo di M. Stewart, un romanzo che io per prima ricordo con infinito affetto. È una rivisitazione storicizzata del mito della tavola rotonda, collocata intorno al V sec. d.C. e narrata in prima persona da Merlino. Come cura nella resa dell'ambientazione è quasi impeccabile, niente a che vedere con il pur epocale Le nebbie di Avalon che risponde molto più all'etica "mai rovinare una bella storia con la verità (storica)". Eppure... Prima pagina, narratore interno, V sec d.C "mia madre era bionda come le barbe del mais". Se avessi scagliato il romanzo giù dalla finestra alla prima pagina mi sarei persa una narrazione memorabile, ma ancora mi chiedo come sia arrivata fino all'edizione italiana una frase così.
Del resto pare anche che il padre del romanzo storico, sir Scott, nel suo Ivanhoe abbia mandato in giro in pieno medioevo gente con la tabacchiera!

IL PASSO FALSO È SEMPRE DIETRO L'ANGOLO – PICCOLE MALEVOLE SCIVOLATE
Se persino il padre del romanzo storico è incappato in grandi scivoloni, come si può pensare che un autore normale non incappi almeno in un piccolo errore?
Pensate sia più perdonabile?
Sbagliato! Il grande scivolone fa quasi tenerezza, sopratutto quando è tanto macroscopico che non lo si può attribuire a ignoranza. È la svista che ci fa apparire il tutto più umano.
Gli strali peggiori gli autori di narrazione storica se li sono presi per gli errorini. Quelli piccoli e all'apparenza insignificanti.
Perché c'è una legge malevola della Sfiga Cosmica che fa sì che se scrivi un romanzo in cui c'è un errore che il 99% dei lettori non potrebbe notare, ebbene quel romanzo finirà di sicuro in mano al massimo esperto mondiale di quella minuzia. E lui si farà carico di avvisare il restante 99% di lettori del tuo errore.
Ricordo una lunga pagina di scuse apparsa su un Tex (narrazione da cui io personalmente non mi aspetto tutta questa correttezza filologica, ma evidentemente altri sì). In una vignetta un personaggio stava per seguire il cattivo di turno e rassicurava Tex: "gli starò incollato come un francobollo alla busta". Ho scoperto grazie alle scuse che nell'anno in cui pare sia ambientata la storia, in America non c'erano i francobolli.
Del resto io sono ancora ferma a pagina venti del romanzo ambientato nell'antica Roma. Un personaggio ha esclamato "per le vestali di Giunone" e io, niente, non riesco ad andare avanti. Aspetto ancora che le fiamme di Vesta inceneriscano l'autore (Roberto Genovesi).
Del resto l'autrice di un blog che mi piace assai, I dolori della giovane libraia, mal sopporta un romanzo che io, invece, ho molto amato: Il club Dumas. Motivo? Lei è un'esperta di biblioteconomia e storia del libro e non tollera gli errori in quest'ambito che ha riscontrato (che alla mia lettura sono passati in cavalleria).
Il fatto è che chi è molto appassionato di un dato periodo storico o di un dato argomento non vede l'ora di leggere un (ennesimo) libro che ne parli. Se il testo sarà di suo gusto, l'autore ha conquistato un fan fedele e affezionato. Se questo tipo di lettore, però, trova un errore, per quanto piccolo e insignificante possa sembrare, sarà suo dovere morale dirlo al mondo.

ATTENTO A QUELLO CHE DICI! E A CHE DICE IL PERSONAGGIO!
C'è poi una più subdola categoria di errori storici, quelli lessicali.
Anche l'autore più meticoloso rischia di far dire o pensare a un personaggio storico una parola che fa riferimento a una categoria mentale che il personaggio non può possedere.
Questo è un inciampo comune anche nel fantasy, non solo nella narrazione storica. In questo momento sto pregustando il finale di stagione de Il trono di spade, di questa sera. Tuttavia nel corso di questa stagione sono sobbalzata un paio di volte sulla poltrona, quando un personaggio ha usato parole come "sodomita" o "zelota" (vado a memoria, pietà, potrebbero essere altre). Termini, in ogni caso, che rimandano a un contesto biblico e a un substrato cultuale giudaico cristiano che come **** potrebbe avere un abitante di Westeros allevato al culto dei sette dei/del dio rosso/del dio dai mille volti?
A volte si pecca persino per troppo studio e si creano dei (deliziosi?) cortocircuiti storici. C'è una serie che mi è piaciuta non poco Le indagini del principe Meren, è ambientata nell'antico Egitto, è scritta da un'egittologa e si vede. Ho riso un sacco, però, quando il protagonista ha detto che avrebbe preso degli appunti su un "ostrakon". Un ostrakon è un pezzo di ceramica che viene inciso, un post-it ante litteram, insomma. Peccato che il termine "ostrakon" sia in greco classico. Un archeologo è abituato a chiamare "ostrakon" qualsiasi pezzo di coccio con un su un appunto, ma il principe Meren, che vive secoli prima che il greco classico sia parlato, certo non avrebbe chiamato il suo coccio "ostrakon". 
I modi di dire e le frasi fatte sono, poi, un incubo da mettere in bocca a personaggi del passato. Un medioevale non può essere libertino, un antico romano non può esclamare: "questo è tutto un altro paio di maniche"!

OGNI NARRAZIONE STORICA È UN CAMPO MINATO
C'è un certo masochismo che spinge l'appassionato ad aprire un libro sull'argomento che gli è più caro, perché è assai probabile rimanerne delusi, con arrabbiatura che no, non passano più.
C'è un masochismo ancora più grande che porta a scrivere narrazione storica. Perché o si segue l'idea che "l'importante è la bella storia e poi chissenefrega", oppure ci si infila nel ginepraio di cui ho cercato di rendere conto. 
Bisogna fare i compiti a casa in modo meticoloso, con la consapevolezza che comunque ci sarà sempre qualcuno che ne sa più di noi. E sì, il nostro testo arriverà proprio nelle sue mani. E sì, che lo farà sapere. E se anche così non fosse, ci sarà sempre un personaggio che esclama qualcosa di inappropriato, un antico greco a chi scappa un "Perbacco!", qualcuno che si prepara un pasto inappropriato, tipo un insalata di patate nell'Europa del seicento (che così, d'istinto, non sembra neppure così assurdo).
Eppure non c'è modo più affascinante di affrontare il passato che farlo rivivere attraverso la narrazione. C'è un fascino particolare che solo le narrazioni storiche hanno, che non le rende certo migliori, ma sottilmente diverse. Se leggiamo di Londra o della Polinesia o della Terra del Fuoco, tutto sommato possiamo pensare un giorno di poterci andare. Ma nei paesi bassi dei pittori fiamminghi, alla corte dei Medici o a quella di Augusto non abbiamo altro accesso se non tramite la narrazione. E questo, spero, valga qualche mal di pancia in più, sia per chi legge che per chi scrive.

17 commenti:

  1. Di recente mi è capitato di trovare un raro esemplare di "depresso" medievale, un elastico di gomma sempre nello stesso periodo e una serie di sviste immonde nel nuovo romanzo di Costantini, ambientato nel 2001. Anche il passato recente (e io lo so molto bene...) espone a scivoloni incommensurabili. Paradossalmente, occorre fare ancora più attenzione, perché ci sono cose che si danno per scontate, ma possono non esserlo. Questo vale sia nella scelta delle parole, sia per quel che riguarda leggi e norme varie. :)

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    1. Tecnicamente, temo, qualsiasi narrazione che sia ambientata in un periodo preciso e non in un oggi indefinito, è storica, con tutte le rogne del caso...
      ps: le leggi e le norme sono un incubo. Sempre.

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    2. Una cosa banalissima: i leggings fino a 10 anni fa si chiamavano fuseaux...

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    3. Io li chiamo ancora fuseaux. Sono proprio vecchia dentro...

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    4. Mamma mia, come siete "precisine"... XD

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    5. Onori e oneri della narrazione, temo.

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    6. Beh però un personaggio deve essere allineato al discorso comune. Ricordarsi dettagli come quando sono arrivati gli euro, o quando è entrata in vigore la legge antifumo, o quando è uscita tale canzone ascoltata dal personaggio è fondamentale per non cadere in contraddizione. Poi io odio gli anacronismi e le incongruenze, ho anche scritto un post al riguardo, quando hanno rovinato due romanzi altrimenti perfetti: http://appuntiamargine.blogspot.it/2016/01/anacronismi-e-incongruenze-in-un.html

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  2. Chiaramente il romanzo storico è più insidioso, ma siamo in un mondo assai mutevole per cui basta un salto indietro e si rischia. Una parte di Figlia dei fiordi è ambientata nel 1997 e ho dovuto prestare attenzione soprattutto al discorso tecnologia, anche abbigliamento e capelli sono pericolosi. Sandra

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    1. Come scrivevo a Chiara, hai scritto un romanzo storico, ambientato nel 1997, con tutti i rischi del caso! Sono sicura che te la sei cavata alla grandissima.

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  3. E' un ottimo post, molto interessante. Tocca temi decisamente rilevanti. Ritengo che la verità storica sia importantissima ma, allo stesso tempo condivido il tuo "non c'è modo più affascinante di affrontare il passato che farlo rivivere attraverso la narrazione". E la narrazione, si sa, può essere a volte "ribelle"!

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    1. Per come la vedo io la narrazione può essere ribelle per l'impostazione della trama, per la resa dei personaggi, ma se si tratta di storia, preferisco di no. La vedo come una questione etica. Se in una mia narrazione storica viene descritto un dato evento come reale, voglio che un ipotetico lettore studente possa riportare quanto trovato nel libro in un compito in classe, senza temere figuracce. In caso contrario mi sentirei colpevole.

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  4. Mais: è arrivato in Europa dopo la scoperta dell'America, quindi nel 500 d.C. non poteva esserci, ergo il narratore NON avrebbe dovuto usare quell'espressione. In originale com'è?

    In un romanzo ambientato nella preistoria ho letto nella prima pagina - non l'ho comprato proprio per quel motivo - che il cervo corse via come il diavolo.

    Secondo me prima di scrivere un romanzo storico bisogna leggere le opere storiche di quel periodo. Vuoi scrivere dell'Antica Roma? Leggiti tutti i classici latini e anche greci (che parlavano anche dei Romani).

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    1. In realtà sulle opere dell'epoca mancano un sacco di informazioni minute sulla vita quotidiana. Si raccontavano i grandi eventi, ma ad esempio per l'antica Roma ci sono enormi aree grigie, ad esempio sulla condizione dell'infanzia o della donna. Si sa tutto sulle battaglie, ma cosa mangiasse, per dire, lo schiavo medio, no.

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  5. La cosa meravigliosa è che se io avessi letto quei libri che citi, tutte quelle incongruenze in effetti inaccettabili mi sarebbero passate davanti senza colpo ferire!
    Beata ignoranza. Mia, ovviamente.
    Allora mi chiedo: chi scrive, forse, pensa di avere un pubblico fatto di gente come me, che non si soffermerebbe mai sul mais o sulla parola greca, se non per ignoranza, perché magari pensa più alla storia. Va da sé che, consapevole di ciò, non mi avventurerei mai, da scrittrice, in un terreno così impervio: scivolerei una riga sì una sempre!

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    1. Però immagina tuo figlio, che da quanto ho capito fa il classico, leggere un romanzo storico sull'antichità. Secondo me è sacrosanto che possa inglobare ciò che apprende dalla narrazione con ciò che impara a scuola, senza porsi il problema della distrazione dell'autore.

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  6. Ogni volta che si parla di romanzo storico capisco che faccio bene a non cimentarmi... ;)

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