mercoledì 8 marzo 2017

Dal classico al fumetto figure da proporre per l'8 marzo – introduzione


Mia madre era una femminista convinta. Troppo convinta. Verso i sei anni il mio sogno proibito era una gonna rosa che mettevo di nascosto solo quando d'estate ero in vacanza dei nonni. Davanti a lei mi sarei vergognata tantissimo a indossarla, manco fossi il nerboruto capitano di una squadra di rugby, invece che un'esile bambina bionda. Ovviamente portavo i capelli cortissimi nonostante i miei sogni boccolosi e mi è stata inculcata talmente a fondo l'idea che gli orecchini sono come gli anelli al naso dei vitelli che quando mi è stata ventilata l'ipotesi di metterli alla pupattola ho guardato il malcapitato come fosse uno che i bambini gli squarta un giorno sì e uno anche. 
Sono però anche consapevole di essere solo la seconda generazione nella mia famiglia di donne che possono autodeterminare la propria vita. 
Mia nonna apparteneva a una famiglia bene, una privilegiata che non ha sofferto mai fame o freddo e credo che anche il suo concetto di miseria fosse relativo. Ciò nonostante non le è stato permesso di continuare a studiare, perché una donna troppo istruita era considerata inutile. Il periodo della sua vita che ricordava con maggior piacere era quello della guerra, che ha passato in un postaccio, Omegna, al confine con la Repubblica Partigiana dell'Ossola, un posto dove partigiani e veri o presunti simpatizzanti venivano fucilati in piazza. Eppure lei ricordava quegli anni con nostalgia. Suo zio aveva una bottega là e, essendo per ovvi motivi a corto di garzoni, aveva preso la nipote come aiuto. Lo zio, poi, vendeva ai tedeschi dalla porta principale e teneva quella di servizio per i partigiani. Mia nonna fu arruolata quindi per portare cibo a partigiani nascosti, piccolo contrabbando, saltuari passaggi di informazioni. E sopratutto stava in bottega. Brevi anni di libertà rubata. Sessant'anni dopo ancora si dispiaceva di non aver continuato a lavorare in negozio. A ben guardare avrebbe avuto tutte le possibilità di farlo, persino di aprire una bottega sua. Ma non stava bene. La famiglia fu ben felice di vederla sposata a un uomo (mio nonno) economicamente un po' in disgrazia, ma che aveva rispettabilità da vendere in quanto professore e avvocato. E la moglie rispettabile di un avvocato non lavora in bottega. A pensarci adesso non credo che a mio nonno sarebbe importato poi molto. È che era semplicemente impensabile. Impensabile che una donna studiasse (almeno se un fratello maschio poteva portare avanti le attività di famiglia) o lavorasse senza averne la necessità. A ben guardare mia nonna sarebbe stata brava il doppio del prozio a portare avanti quelle attività che, ovviamente, non ereditò, perché suo padre si premurò di passare tutte le proprietà al figlio maschio. Non credo che mia nonna sia stata infelice nella sua vita ed era, agli occhi di mia madre la femminista, l'essenza stessa della donna reazionaria, tutta casa e chiesa, ma a me bambina raccontò senza giri di parole i propri rimpianti. Il fatto, principalmente, di non aver potuto scegliere. I suoi sogni, poi, erano del tutto ragionevoli: continuare a studiare o almeno a leggere, svolgere un lavoro rispettabile e per cui era portata. Ma tra le molte cose impensabili c'era che una donna potesse avere sogni propri.
Per questo, per la possibilità di scegliere che a me è stata data e a lei no, nonostante ne conosca fin troppo bene gli eccessi, sarò sempre grata al femminismo. La possibilità di scegliere e autodeterminare la propria vita è vecchia di appena due generazioni e a ben vedere è fragile e assolutamente non scontata.
Io alla fine ho scelto una vita che non sarebbe spiaciuta neppure alla mia bisnonna, un lavoro rispettabile (che la famiglia non è più così "bene" da permettermi di non lavorare), un marito rispettabile e ora pure una figlia, ma questa vita ho potuto sceglierla tra scavi archeologici, viaggi in solitaria, scegliendo studi, letture e amicizie come meglio credevo, fino ad essere sicura di cosa volessi davvero. Questo è non solo un privilegio che è stato conquistato, ma è anche necessario conservarlo. Io non voglio alcun futuro predefinito per mia figlia, solo che abbia la possibilità di scegliersi il suo, eppure troppe volte vedo alunne, ragazzine nate, supponevo negli anni della libertà, limitate persino nei sogni, esattamente com'era stata mia nonna.
Ragazze che ancora crescono pensando che ci sia un solo futuro possibile per loro, che la cosa importante sia essere graziose per essere scelte dal "giusto" ragazzo, magari quello che se fa una scenata di gelosia un po' eccessiva, magari anche fino al ceffone, lo fa "perché le ama".
Mi preoccupano un po' le letture che vanno in mano alle ragazzine e alle adolescenti di oggi. Noi, tutto sommato, anche accendendo la tv ci trovavamo di fronte ai famigerati "cartoni animati giapponesi", che però ci presentavano pallavoliste di successo e capitane d'armi insieme a giovani romantiche, cioè una vastissima gamma di modelli tra cui scegliere. Oggi abbondano le ragazzette "prescelte" impegnate a redimere il bello e maledetto di turno, future mogliettine da cinquanta sfumature. Non che ci sia nulla di male nel sognare il marito bello, ricco, innamorato e con un certo gusto per pratiche piccanti, purché sia chiaro che questa è una dei possibili sogni che una ragazza può avere, non l'unico.
Nel prossimo post (che il discorso si è fatto lungo e la palpebra cala, non tanto per l'ora, quanto per la stanchezza, dato che ogni tanto anche la pupattola non dorme la notte) quindi proporrò una serie di figure femminili letterarie in letture poco impegnative incentrate sul tema della scelta del proprio futuro.
Nel mentre inizio a chiede voi che letture proporreste su questo argomento.

16 commenti:

  1. Mi viene in mente Jo ( Josephine ) di "Piccole donne".

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  2. Io penso alle protagoniste austeniane (soprattutto Fanny di qualcosaAbbey, ma anche Elizabeth, Emma, o quella di ragione e sentimento) nonché alle protagoniste dei libri delle Bronte: Jane Eyre, per me icona prefemminista, e anche la sfortunata coprotagonista di Wuthering Heights. Della Alcott anche molto azzeccato "una ragazza fuori moda".

    Al momento non mi viene in mente nulla di più recente purtroppo,ma in adolescenza ero vorace lettrice di romanzi Vittoriani o di poco precedenti.

    Comprendo i drammi da figlie di femministe. Da bimba giocavo di nascosto con le Barbie di una cugina, la stessa che anni dopo mi ha spiegato come depilarmi, che a casa mia erano due tabù. Il primo reggiseno me lo ha comprato mia nonna,e quando ho iniziato a truccarmi mi lavavo la faccia alla fontana prima di rientrare in casa. Diabolico!

    Per reazione al mio corto caschetto infantile mia figlia ora pare Rapunzel, peraltro al momento ben contenta dei lunghi capelli e nonostante la nonna che sbuffa...

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    1. Che bello scoprire di non essere l'unica! Complice anche la dermatite atopica non ho mai imparato a truccarmi né a camminare con i tacchi. Non lo farei certo tutti i giorni, ma mi piacerebbe non sentirmi una totale imbranata (invece per le barbie ho combattuto e vinto)

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    2. Pensa che le Barbie sono io ora a detestarle, cercando in tutti i modi di disincentivare mia figlia e probabilmente facendogliele desiderare ancora di più.. Sui tacchi e il trucco alla fine ho vinto io, ma mi sono stufata in fretta: come dire che dopotutto la madre femminista aveva un po' ragione..

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  3. Anzi, recente e poco impegnativo, scelta futuro, protagonista femmina: Hunger Games!!!

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  4. La storia di tua nonna mi ricorda molto quella della mia, classe 1912, anche lei Piemontese e di famiglia benestante. Era la quarta di sette figli, aveva frequentato le Magistrali e iniziato a insegnare più per passione che per necessità, in un paesino, tutti i bambini dalla prima alla quinta insieme. Poi però fu obbligata a sposare mio nonno, il medico del paese. Dico obbligata perché lui aveva frequentato casa per un annetto, con la scusa di portare il grammofono per ascoltare la musica, ma tutti erano convinti che volesse sposare la mia prozia. Quando chiese la mano di mia nonna, il mio bisnonno disse: "se nel paese hanno visto che veniva qui e poi non sposa nessuno di voi, pensano che le mie figlie abbiano qualcosa che non va..."
    Mia nonna litigò con la sorella, che fino alla morte la accusò di averle rubato il fidanzato, e si sposò controvoglia, mollando il lavoro. Durante la guerra, tutti i giorni andava in bicicletta da Casale Monferrato a Torino per portare il pranzo a mio nonno che faceva il medico da campo, con tutti i rischi del caso. E anche lei ricordava quel periodo con grande nostalgia.

    Un personaggio femminile che ho amato fin da quand'ero ragazzina è Loveday Carey Lewis, del romanzo "Ritorno a casa", di Rosamunde Pilcher, però mi rendo conto che non è molto conosciuta. :)

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    1. Che storia! Troppo spesso ci dimentichiamo quello che accadeva appena ai nostri nonni.
      E grazie per la segnalazione del romanzo, non lo conoscevo.

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  5. Recentemente ho letto "La danza del girifalco" di Tiziano Nuvolone.
    È un romanzo leggero, incentrato su una giovane falconiera che insegue i propri sogni intorno all'anno 1000.

    Leggendolo ho pensato che sarebbe una lettura piacevole per ragazzi e che lo consiglierò alle mie bambine quando saranno diventate ragazzine.
    La tematica dell'autodeterminazione femminile è lasciata sullo sfondo ma proprio per questo risulta una lettura leggera adatta ai giovani.

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    1. Altro romanzo che non conosco. Grazie mille per la segnalazione!

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  6. Bella ed emblematica la storia di tua nonna, purtroppo per le donne (ricche e povere) diventava sconveniente o disdicevole “lavorare”.
    Fa rabbia non poter scegliere solo perché sei una donna, purtroppo spesso oggi a parte le leggi (non ancora del tutto paritarie) il luogo comune e la mentalità persistono e una donna sembra ancora oggi avere senso solo come moglie e madre, se lavora e fa carriera spesso la cosa non viene vista con favore. Credo che ci sia ancora molta strada da fare nonostante i progressi avuti grazie al femminismo.
    Per le letture io ho amato molto L’amante di Lady Chatterly proprio perché era una donna che contro tutti e tutto ha fatto le sue scelte di vita

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    1. Nessuno dice che non sia giusto scegliere di stare a casa a fare la mamma, purché sia una scelta. D'altro canto nella mia generazione sono più quelle costrette a scegliere di non fare la mamma, perché verrebbero licenziate e non se lo possono permettere. Nessuno si sognerebbe mai di licenziare un uomo perché è diventato padre!
      E l'amante di Lady Chatterly è piaciuto anche a me, ma per ovvi motivi non lo potrei consigliare a delle ragazzine.

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  7. La storia di tua nonna (e anche quella di Chiara) sembra la trama di un libro. Quelle erano epoche in cui le donne pativano un po' tutte la stessa sorte: mia nonna materna era una bomba di matematica tant'è che per anni era a lei che mi rivolgevo per risolvere i problemi che a scuola puntualmente non capivo. Si è sposata a diciannove anni con mio nonno, professore al liceo ed è diventata subito madre di quattro figli. Onestamente, però, lei non mi ha mai raccontato di avere avuto dei rimpianti o forse li teneva per sé (era molto schiva), chissà.
    Comunque è ovvio che nessuna donna vorrebbe vedersi confinata a un ruolo secondario, poi sentire che la donna non poteva nemmeno studiare è proprio riprovevole, ora però l'eccesso opposto vuole una donna che per dimostrare di essere all'altezza di ciò che le è sempre stato negato (o, perlomeno, che con difficoltà ha ottenuto) arriva per scelta a rinnegare la sua stessa natura: decide che non vuole più essere madre, pensa che matrimonio, famiglia, figli siano una limitazione per la propria realizzazione personale, oppure madri sempre più attente alla carriera che a dare un'educazione ai figli.
    È chiaro, parlo per generalizzazioni e spero di non essere fraintesa.

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  8. Ah, aggiungo che una figura di donna cazzuta è sicuramente quella di Edna O'Brien, di cui ho recentemente parlato, scrittirce all'avanguardia in un'Irlanda retrograda e sottomessa.

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  9. Tra le mie conoscenze molte vorrebbero una famiglia, ma tra contratti precari, dimissioni in bianco e altre amenità sono i loro conti in banca a decidere se possono o no fare figli, cosa che trovo molto triste.
    Per il resto non credo che si sia una "natura" pre definita per la donna. C'è chi un figlio lo vuole tantissimo, ma il suo organismo non è d'accordo e chi proprio non si sente portato e sente di poter essere più utile alla società facendo altro. Mi piacerebbe un mondo in cui tutti, uomini e donne, potessero scegliere di dedicarsi a ciò che sentono come il meglio per loro, magari sbagliando, certo, ma provando percorrere la loro personale strada per la felicità.

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