sabato 4 marzo 2017

Piovono Libri – La buona terra

Il prescelto di questo mese al gruppo di lettura è stato La buona terra un romanzo di cui, prima dell'estrazione, ignoravo tutto. Ho scoperto essere stato scritto nel 1931 da una scrittrice premio Nobel americana che ha vissuto gran parte della propria vita in Cina.
Prima di parlare del contenuto del libro e delle riflessioni sorte, due note personali.
Uscire la sera sta diventando difficile, non tanto per la pupattola, che è un amore e si addormenta a orari consoni e per lo più dorme, quanto per il peso non metaforico della suddetto pupattola. Ha da poco compiuto sei mesi ed è già taglia un anno per per la lunghezza, con uno sviluppo corporeo proporzionato. Alla sera, a un certo punto io semplicemente mi spengo come una bambola meccanica dalla batteria scarica e avrei anche bisogno un fisioterapista. Il gruppo di lettura ha l'unico difetto si essere ubicato a un'ora d'auto e l'idea di spegnermi sola alla guida in una notte di pioggia un po' mi preoccupava. Sono stata soccorsa dai lettori che hanno approntato, per me e un altro lettore malato, una chat audio via fb che ha funzionato alla grande e mi ha permesso di partecipare alla seduta dal mio divano, con la cucciola a portata di mano! GRAZIE DI CUORE! Se c'è una cosa che un po' mi manca in questi giorni è la qualità della conversazione e la serata è stata meravigliosa!
La seconda nota personale è che uno degli svantaggi dell'abitare in un piccolo paese è che non ci sono librerie, quindi in questi mesi sto acquistando per lo più i libri via internet. Quindi ho fatto arrivare il mio volume, scegliendo un "usato in buon condizioni"
In buone condizioni e in pratici fascicoli...
Ma veniamo ora al libro.
La storia, ambientata nella Cina del primo novecento, è quella dell'ascesa sociale del contadino Wang Lung, inizialmente poverissimo che, sopravvissuto con moglie e figli a una carestia epocale, brandello di terra dopo brandello di terra diventa il capostipite di una ricca famiglia.
La cosa che più mi ha colpita, nel confronto con gli altri lettori è che in quasi tutti la storia di Wang Lung ha rievocato memorie di famiglia. Si parla di un contadino cinese dei primi del novecento descritto da un'americana e a noi sono venuti in mente i nostri nonni. 
Io ho riconosciuto alcuni elementi dei racconti dei miei, il percepire la guerra quasi come una catastrofe naturale come le altre e come tale inevitabile (mio nonno ripeteva "mio nonno ha visto la guerra, mio padre ha visto la guerra, io ho visto la guerra, preparatevi a vedere la guerra"), delle conoscenze pratiche e raccapriccianti per sopravvivere alle carestia (la memoria di quali erbe mangiare, addirittura di quale terra mangiare in assenza d'altro), la vergogna per la propria scarsa istruzione una volta che le condizioni economiche sono migliorate, oltre all'attaccamento viscerale per la proprio "buona terra". Non sono stata l'unica, dato che una buona fetta della discussione è diventata un rievocare i propri ricordi di famiglia. 
È stato un bel momento di riappropriazione collettiva del proprio passato e che mi/ci ha fatto capire che la miseria più nera, quella che spinge Wang Lung a pensare di vendere una delle figlie e sua moglie a uccidere un neonato che non è possibile nutrire, è distante da noi solo due generazioni. Proprio come i figli di Wang Lung tendiamo a dimenticarci le nostre origini e le sofferenze patite dai nostri avi, magari per guardare con superiorità chi oggi si trova in queste condizioni.
La povertà, la fame e certe tradizioni contadine, però, sono evidentemente uguali in tutto il mondo e davvero apparteniamo tutti a una comune umanità se un libro che ci parla di cinesi di inizio '900 ci riporta ai nostri nonni.

Si è discusso, ovviamente, di quanta Cina autentica ci possa essere in questo romanzo scritto con maestria e stile assai piacevole da una donna americana che la Cina l'ha vissuta a lungo, ma sicuramente non ha sperimentato la realtà dei contadini analfabeti.
Credo che Pearl Buck fosse un'eccezionale osservatrice. L'autenticità della Cina mi appare non tanto nella descrizione dei pensieri di Wang Lung, che, appunto, diventa una sorta di contadino archetipo che potrebbe vivere ovunque, quanto nei personaggi che lui solo osserva, senza indagarne la psiche e senza neppure capirli, sopratutto quelli femminili. 
Il cuore emotivo del romanzo è, a mio avviso, costituito da O-Lan, la taciturna moglie di Wang Lung. 
Wang Lung è un contadino povero, quindi risolve in modo pratico il problema di avere un aiuto in casa e qualcuno nel letto: si compre come moglie una schiava di seconda mano, avendo cura di sceglierla brutta per pagarla meno. Pur essendo un uomo a suo modo gentile (si prenderà cura per tutta la vita, ad esempio, della figlia ritardata), Wang Lung non ha nessuna intenzione di stabilire un rapporto empatico con la moglie che per tutta la vita considererà stupida, una sorta di capace animale domestico. È nei gesti silenziosi di O-Lan, nelle sue frasi spezzate che emerge potente il ritratto di una donna pratica e caparbia, venduta come schiava da una famiglia a sua volta distrutta da una carestia, maltrattata dai padroni e che vede nel fortuito matrimonio una possibilità di riscatto sociale che può portarla ad essere il massimo a cui una donna può aspirare: madre di figli maschi legittimi in una grande casa. O-Lan per certi versi non sposa la persona Wang Lung, sposa la terra di lui e il suo ruolo sociale. O-Lan lavora fino al giorno del parto, si rivela vitale nei momenti di crisi, non chiede mai nulla per sé, se non portare ricchezza e prosperità alla famiglia e allontanare sempre più il ricordo dei suoi giorni da schiava. Non a caso l'unico suo cedimento avviene quando la famiglia si è già arricchita e il marito si porta in casa una concubina la cui serva è un'altra ex schiava della stessa famiglia presso cui O-Lan aveva servito. Non è la concubina a ferirla, ma l'altra schiava, forse il ricordo di se stessa schiava, il rendersi conto di non potersi mai del tutto affrancare da quel periodo della propria vita.
Emerge, grazie a queste figure, un mondo in cui le donne sono solo oggetti e funzioni, chiamate "schiave" anche quando sono libere. La vezzeggiata concubina Loto, del resto, non è più libera della moglie legittima O-Lan, né lo è la figlia legittima, costretta alla tortura del bendaggio dei piedi e consegnata come moglie ancora quasi bambina. E Wang Lung non è un uomo cattivo. È un contadino forse semplice nei pensieri, ma pratico e non privo di una sua gentilezza (indicativa è la sua scoperta che la figlia piange per il dolore ai piedi fasciati, dolore che la bambina era stata invitata a nascondere al padre, poiché lui di certo si sarebbe impietosito, le avrebbe sfasciato i piedi e questo le avrebbe nel migliore dei casi negato un buon matrimonio). Semplicemente non è stato educato a pensare le donne come individui dotati di intelligenza e sensibilità. Le sue crudeltà sono senza malizia o volontà di ferire, eppure non per questo meno dure. Anche questa non credo sia una realtà solo cinese. La mancanza di un'educazione sentimentale è, a mio avviso, alla base di molti drammi famigliari. L'empatia è solo in parte innata, va educata e coltivata come qualsiasi altra dote. Wang Lung trascorre tutta la sua vita senza, di fatto, mai capire o conoscere le persone che gli sono accanto, moglie, concubina, figli gli passano accanto senza che lui riesca mai a conoscerli davvero. Mi sono chiesta quanto lui stesso si conosca. Fa quello che è giusto fare, secondo gli insegnamenti di suo padre e desidera ciò che gli è stato insegnato desiderare. L'unico sentimento genuino è questo amore profondo e viscerale non solo per la terra, ma proprio per il lavoro nei campi, il contatto con il terreno, con il bue che traina l'aratro. La felicità vera Wang Lung non la conosce se non arando. Mi sono chiesta, leggendo, quante persone, ancora oggi vivano così, senza conoscere e senza conoscersi, con l'unica possibilità di imbattersi accidentalmente in ciò che il loro spirito desidera davvero.

Di questo libro non conoscevo neppure l'esistenza. Il mio interesse per l'epopea contadina della Cina di inizio novecento era, a dire il vero, scarsa. Eppure questo libro, più di tanti altri, mi ha riportato a me stessa, alle mie origini famigliari, a chiedermi da quale "buona terra" vengo io.
Miracoli della lettura e del gruppo di lettura.

11 commenti:

  1. Che cosa fantastica la lettura in gruppo. Devo dire che sono stati meravigliosi. Un'ora è tosta quando sei stanca. Per fortuna la tecnologia arriva in soccorso. Grazie per l'Info sul libro. Quasi, quasi...

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    1. Devo dire che ci ho messo parecchio a convincermi ad andare al gruppo di lettura, un po' per la distanza, appunto, e un po' perché temevo delle riunioni seriose e un po' asettiche, invece è proprio una gioiosa e allegra tempesta di cervelli a riprova che parla di libri è tutto meno che noioso.

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  2. Lo lessi quando avevo credo 14 anni, ma conoscevo gia sommariamente la trama che mia madre mi raccontava come "favola" quando io ero bambina è lei appassionata lettrice. Non ho mai scordato l'episodio della morte del neonato. E ho sempre adorato O-Lan, per la quale provo un'istintiva immedesimazione.

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    1. Credo che sia stato molto gettonato come libro da far leggere tra terza media e prima superiore. Io non credo che lo proporrei ai miei alunni, temo che abbia tempi troppo dilatati per l'attenzione degli adolescenti di oggi e forse questo è un peccato.
      (L'episodio della morte del neonato, così sobrio e duro ha tutta le forza della realtà delle tragedie contadine).

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  3. L'autrice preferita di mia mamma.
    Sandra

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    1. Io non conoscevo neppure la sua esistenza... Credo che sia un'autrice per certi versi "passata di moda", cosa che è un peccato.

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    2. Pare vada forte con le mamme allora, anche la mia la adora 😂

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  4. Che bello quando la tecnologia fornisce un soccorso insperato! Mi sa che questo libro fornisce una storia universale in cui ciascuno può riconoscersi: i nostri nonni che hanno vissuto la guerra e la fame. Le donne e il loro essere schiave, concubine, mogli, comunque sottomesse a una società maschilista.

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    1. Sì, questo uso della tecnologia, che non annulla ma amplifica i rapporti umani mi piace molto. E concordo anche con la tua analisi del libro.

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  5. Con gioia ho scoperto due giorni fa di avere questo libro in casa, stessa tua copertina. Quando lo leggerò saprò dove andare a scrivere un commento (spero che manterrai il blog per molti e molti anni).

    Helgaldo

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