sabato 2 dicembre 2017

Festa Mobile – Piovono Libri


Se vi siete chiesti come mai il blog taccia da qualche giorno, beh è perché siamo saliti sulla giostra delle malattie infettive, con la nuova arrivata "piedi-mani-bocca", malanno, pare, più fastidioso che grave. Ha tuttavia il suo strascico di vai dalla pediatra-in farmacia-organizza i turni nonni-riprendi dai malesseri notturni che si è portato via e si porterà via gran parte delle mie energie mentali

Fortuna che c'è il gruppo di lettura, più attrezzato che mai, pronto ad accogliermi in diretta fb per partecipare alla seduta direttamente dai casa mia, con un occhio sulla bimba addormentata. 
Non so se dalle mie parole traspaia quanto sia grata agli amici lettori che in quest'ultimo anno hanno fatto di tutto per venire in contro alle nostre esigenze di neo famiglia, facendoci sentire più che mai parte del gruppo, e tenendo viva la mia curiosità intellettuale con libri che, da sola, non avrei mai aperto.
GRAZIE DI CUORE RAGAZZI!

Ma veniamo al libro.

FESTA MOBILE

Festa mobile è l'ultimo libro di Hemingway, rimasto incompiuto al suo suicidio. Si tratta di una sorta di autobiografia degli anni giovanili trascorsi a Parigi in un, ai nostri occhi incredibile, fervore culturale. Negli anni '20, infatti, nella capitale parigina c'era la crème delle arti figurative e della letteratura in lingua inglese. Gli scrittori di lingua inglese, in particolare, creavano un gruppo coeso che si incontrava spesso, scambiandosi spunti e idee, anche quando le produzioni e la ricerca stilistica  percorreva strade assai diverse (ignoravo, prima di leggere il libro che Hemingway apprezzasse Joyce e lo avesse frequentato a Parigi, dato che nella mia testa sono autori talmente diversi da percepirli come inconciliabili).

Al contrario della maggior parte degli altri lettori presenti in modo reale o virtuale alla seduta, questo libro mi è piaciuto moltissimo. Hemingway come personaggio continua a starmi neanche troppo cordialmente antipatico, ma quest'opera è riuscita se non altro a farmelo capire un po' di più.

Dubito che avrei avuto le stesse sensazioni durante la lettura se non avessi saputo che questo era il libro a cui Hemingway stava lavorando quando si è suicidato.
Vi sono numerosi passaggi nel romanzo in cui, com'è ovvio aspettarsi, si parla del lavoro dello scrittore e Hemingway insiste più volte su una parola, sincerità. Uno scrittore, dice, deve principalmente essere sincero. E queste frasi mi sono rimaste in mente quando in altri passaggi sottolinea come in quegli anni, quando era povero (per i suoi canoni, come si è detto al gruppo, in realtà a Parigi faceva la bella vita, altro che, un operaio lo avrebbe preso a schiaffoni per le sue affermazioni), era felice. Una felicità di cui non era consapevole e destinata a sgretolarsi quasi in contemporanea all'agognato arrivo del successo letterario.
Ecco, io non potevo non pensare a quest'autore ormai anziano e famosissimo, depresso, ossessionato dall'idea della morte, che ripensava a un tempo passato e a una generazione di artisti allora suoi amici, giovani e pieni di ideali che, al momento in cui lui scrive, hanno ormai fatto una pessima fine. L'Ezra Pound (per me sicuramente la figura più interessante del romanzo) idealista e generoso divenuto poi apologeta del fascismo e infine rinchiuso in manicomio o Fitzgerald, morto ormai da tempo, dopo dolorose traversie.
Sotto il ricordo gioioso di questi anni parigini vissuti con leggerezza, addirittura con incoscienza, tra feste, corse ai cavalli, idealismo e sogni letterari, ho visto una sorta di dolente canto funebre per una generazione ormai sì, irrimediabilmente, perduta, a cui Hemingway si sentiva sopravvissuto suo malgrado.

Il secondo grande motivo di fascino è stato, per me, proprio l'immersione in questa generazione perduta.
La definizione, che Hemingway proprio non amava, è di Geltrude Stein, ricca signora che, insieme alla propria compagna, aveva organizzato intorno a sé il più importante salotto culturale parigino. In ogni caso generazione perduta indica un gruppo di autori diventati adulti in una prima guerra mondiale a cui, quasi sempre, avevano voluto fortemente partecipare. Si erano trovati sopravvissuti loro malgrado in un'Europa che, per altro, capivano molto poco, con i gradi ideali che li avevano mossi,se non sfumati, almeno molto confusi. Leggendo il romanzo mi hanno dato l'idea di un gruppo di intellettuali con più talento che consapevolezza di ciò che accadeva davvero loro intorno, mossi dal disperato desiderio di lasciare una traccia in un mondo che, tendenzialmente, era mosso da forze assai più grandi di loro.
Non mi ha stupito che per la maggior parte abbiano fatto una pessima fine, ma forse, per la prima volta e come non mi era capitato con altri romanzi che in qualche modo trattano della stessa generazione, come La cripta dei cappuccini, ho capito il loro spaesamento. 
Figli di un'epoca precedente si sono trovati in un mondo in troppo rapido mutamento con l'illusione e l'ambizione di volerlo capire. 
Come minuscoli surfisti che ambiscano a cavalcare un'onda di tsunami. Nulla di sorprendente che ne siano stati travolti.

Infine, la cosa che ha colpito tutti i lettori è il fatto che, insomma, anche Hemingway è stato un giovane scrittore alle prime armi. Uno che andava a spiare Joyce da lontano e si sentiva euforico per averlo visto mangiare. Uno che festeggiava felice un racconto venduto, chiedendosi se sarebbe mai stato in grado di scrivere un buon romanzo. Lo vediamo pieno di ammirazione per il già famoso Pound e stupito nel constatare le fragilità di Fitzgerald. Certo, nella rievocazione si toglie un gran numero di sassolini dalle scarpe e sono davvero pochi i personaggi  a cui non riserva qualche cattiveria. In generale, però, ci riporta a un giovanotto pieno di sogni e ambizioni che, però, non ha alcuna certezza sulle proprie effettive possibilità di realizzazione.
Da questo punto di vista è in qualche modo imprescindibile per uno scribacchino che abbia una qualsiasi ambizione. Per quanto Hemingway vivesse alla giornata, sregolato, sempre impegnato a bere, pronto a giocarsi alle corse i guadagni, come autore era estremamente disciplinato. Percepiamo quanta fatica e dedizione vi sia nella sua ricerca stilistica.

In tutto questo, Hemingway mi stava cordialmente antipatico prima di questa lettura e continua a restarmi antipatico dopo. Si conferma privo di empatia, costantemente concentrato sul proprio ombelico. Sembra ricordarsi con esattezza ogni alcolico bevuto, il nome del suo gatto, ma non quello del figlio e anche la moglie sembra una figura pallida, della cui felicità il buon Ernest non sembra occuparsi molto, se non come riflesso della propria. Nonostante questo, Festa Mobile mi ha dato molto, immergendomi in un mondo di cui sapevo poco, presentandomi sotto una luce inedita autori di cui avevo sempre sentito parlare e fornendomi tutta una serie di spunti di riflessione. È, insomma, un esempio perfetto di ciò che richiedo a un libro che non abbia solo lo scopo (nobile) di intrattenermi.

Infine, sono crollata prima di poter condividere con il gruppo, perché secondo me, la rilettura di questo libro è stata scelta dai francesi come reazione simbolica agli attentati del 2015.
Ci riporta alla Parigi migliore, che accoglie gli stranieri e fornisce loro l'humus intellettuale necessario perché possano sviluppare al meglio il proprio potenziale. È sicuramente molto altezzoso e molto francese il volersi riconosce in questo. Ma mi è sembrato meraviglio che la reazione a un attentato sia la lettura, una lettura che ci riporti al meglio che una città può dare.

6 commenti:

  1. Immaginavo che ci fosse di mezzo qualche malanno, virus, batteri & C.
    Non riesco a leggere Hemingway, niente da fare, ho interrotto 2 romanzi e non ci riproverò. Ma la tua analisi finale è molto bella. Buona ripresa.

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    1. Da come mi sento oggi, domani mi trovo a puntini pure io, ma facciamo finta che si sia in ripresa :)
      Il mio rapporto con Hemingway rimane complicato, ma questa sua specifica opera mi è assai piaciuta

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  2. Anch'io nutro una sana antipatia per Hemingway. Tempo fa mi pare di averne anche parlato in un post: "lo scrittore innamorato del mondo". Però il suo modo di scrivere mi ha sempre affascinato, perché lascia trasparire tutto il suo male di vivere.

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    1. Sì, mi ricordo del post. Al termine della lettura la mia antipatia rimane ma lo sento un po' meno alieno (anche se lo prenderei a legnate comunque)

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  3. Confesso di non aver letto nulla di Hemingway, il libro di cui parli mi incuriosisce grazie alla tua bellissima analisi. In bocca al lupo per la battaglia contro virus e batteri...

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    1. Credo sia piuttosto particolare all'interno della sua produzione, ma di certo te lo consiglio.

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