giovedì 15 gennaio 2015

Perché pubblicare un e-book tramite casa editrice – praticamente


Ieri sera ho aperto sull'e-reader il mio primo testo pubblicato esclusivamente on-line, Sherlock Holmes e il caso del detective scomparso e mi sono chiesta se, in fin dei conti, avrei potuto pubblicare il racconto anche da sola, come autoproduzione. La risposta è stata semplice: no.
Alcune motivazioni sono del tutto personali e si riassumono in un'unica espressione "mancanza di tempo". Oggi ho dato due esami orali, per una fortunata congiuntura astrale sono stata una delle prime a passare e un'ora a fa ero a casa. Non mi capitava, credo, da settembre. Domani ho un altro esame ed è solo per sfinimento e sprezzo del pericolo che in questo momento io sto postando e non studiando. Come mai avrei potuto anche solo pensare ad autoprodurmi?
Ci sono però alcune considerazioni più generali che forse vale la pena di condividere.
ATTENZIONE: non sto dicendo né voglio dire che l'autoproduzione sia il male o che gli autori facciano male ad autoprodursi. Voglio solo mettere l'accento su alcune cose su cui vale la pena di ragionare prima di fare una scelta.

Libertà vs professionalità
Credo che la scelta di un autore vada fatta sulla base di questo binomio. Autoproducendosi si ha piena libertà su tutto, ma si rinuncia all'aiuto di alcune figure professionali. Sta a ciascuno decidere se ne valga la pena.

Essere parte di un gruppo
Non importa se il testo sia cartaceo o digitale, nel momento in cui si entra in una scuderia editoriale si entra a far parte di un gruppo. Come ogni aspetto, anche questo è bifronte. Vuol dire essere riconosciuti come all'interno di determinati standard, quindi devi aver accettato di subire una selezione e devi riconoscerti in quegli standard. C'è da dire, però, che un racconto sherlockiano on-line di uno sconosciuto non lo comprerei, troppa la paura di trovarmi con una cosa illeggibile che sia un insulto ai miei personaggi preferiti. I racconti di Sherlockiana li prendo a scatola chiusa. Magari non tutti mi colpiscono allo stesso modo, ma c'è uno standard di qualità garantita di cui mi posso fidare.

Promozione
Per certi versi ritengo che sia più facile fare promozione a un libro cartaceo. Si contattano le biblioteche, le librerie, si fanno le presentazioni e una decisa di copie a volta si vendono. C'è chi così ne ha vendute parecchie centinaia, senza passare dai distributori. On-line è tutto più fluido. Lo spam, si sa, serve solo a farsi odiare. E quindi avere un ufficio stampa di riferimento non può che aiutare.

Conversione file/disponibilità sugli store/altri problemi tecnici
Ebub, kobo, kindle, Amazon, ibs... Aiuto! Io ho studiato archeologia preistorica, per la serie "i geroglifici sono già un sistema troppo complicato"! Come ne esco? Posso pagare un professionista. Certo. Ma io non ho le competenze per capire se abbia fatto un bel lavoro. E poi quale formato scegliere? Come scegliere lo/gli store?
Da buona preistorica risolvo la cosa con un "non è un problema mio". Ci sarà qualcuno che se ne occuperà (grazie!) se non lo fa, contratto alla mano, posso anche rompergli le scatole.
Alla fine ho visto che il mio e-book è disponibile sui vari store nei vari formati. Il mio kindle lo legge senza problemi, per quello che ne posso capire, non ha nulla da invidiare, a livello tecnico a un qualsiasi altro e-book. E posso continuare a ignorare come tutto ciò sia stato possibile

Grafica
Non ho scelto la copertina. Fino a martedì non sapevo neppure come sarebbe stata. Però avevo a disposizione gli altri numeri della serie per farmi un'idea. Io sono sempre quella che ha studiato archeologia del neolitico. So fare riproduzioni di vasi decorati con le conchiglie. Non è esattamente photoshop. Per me meglio poter contare su un grafico professionista.

Editing
Ok, qui io sono un disastro, ma anche chi riesce a produrre un testo quasi perfetto non si sente più sicuro se può far dare una rilettura a un professionista? Certo, il mondo è pieno di editor free lance. Che non lavorano gratis

Alcune considerazioni economiche
Quando si lavora su una casa editrice si guadagna una percentuale sul prezzo di copertina. Questa percentuale varia, ma, su un e-book venduto a pochi euro parliamo comunque di pochino. Diciamocelo subito. Non diventeremo ricchi. O, quanto meno, è molto, molto, molto improbabile che succeda.
Autoproducendosi la percentuale di guadagno sale. Ma. C'è un ma. I casi sono tre. Siete molto bravi in tutti i comparti tecnici e il vostro e-book ve lo siete fatti in effetti tutto da soli. Avete impiegato molto tempo e otterrete molta soddisfazione. Non siete molto bravi e avete arrangiato la cosa. Poco sbattimento e poco successo. Avete pagato dei professionisti. Vi ci vorrà un po' ad andare in pari.
Lavorando con una casa editrice seria non si paga nulla. 

CONCLUSIONI
Chiunque da casa propria può pubblicare un e-book. Evitando di collaborare con un editore si rinuncia a priori a tutta una serie di professionalità. Ognuno, quindi, deve valutare a cosa tenga di più nello scontro professionalità vs libertà. Ci sono alcuni casi fortunati in cui la professionalità e la libertà vanno a braccetto (ad esempio non aver studiato archeologia del neolitico di solito aiuta). In molti casi per fare dei lavori decorosi bisogna avvalersi di professionisti che, in quanto tali, non lavorano gratis. Di certo c'è un grande investimento di tempo.
Lavorare con una casa editrice significa accettare di essere parte di un gruppo, essere giudicati congruenti o meno con una data linea editoriale, ma di molte cose l'autore può non occuparsi.
Può, ad esempio, dimenticarsi quando il proprio e-book deve uscire, arrivare in ritardo a fare un minimo di promozione (ad esempio dopo un esame), postare la notizia dell'uscita su una pagina fb e sentirsi rispondere da uno sconosciuto "bello, già letto!" perché qualcuno ha comunque lavorato per il tuo testo.

Voi cosa ne pensate?

22 commenti:

  1. Pur smanettando con i computer da diverse decadi (e cavandomela anche discretamente) è esattamente per questi motivi che la probabilità che mi autoproduca è davvero bassa. Io, perlomeno, la vivrei come una specie di sconfitta: a quel punto, piuttosto, gratis.

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    1. Io non la vedo come una sconfitta, quando come un immane sbattimento che non ho voglia di sobbarcarmi.

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    2. Da editore, penso che il tuo ragionamento sia sbagliato. Il rifiuto da parte di una casa editrice non implica che il testo non valga nulla.
      In effetti, però, sia da cliente che da scrittrice, credo ancora nel valore del 'filtro' dell'editore, quindi in pratica finirei per fare il tuo ragionamento: piuttosto gratis ;)

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  2. Ti farai dei "nemici" dopo questo post... Hai portato argomentazioni valide, e alcune originali, nel senso che non vengono espresse di frequente. Per esempio, l'essere parte di un gruppo.
    Uno scrittore che lavora a contatto con la casa editrice acquisisce maggiore consapevolezza sulla propria scrittura, nel bene e nel male. Nei discorsi di chi punta direttamente al self-publishing senza passare dal filtro editoriale classico, noto un arroccamento dietro l'idea che il suo scritto non si tocca, anche se a parole sono tutti pronti ad accettare critiche costruttive, purché marginali.
    Se oggi un autore noto può teoricamente pubblicare per conto suo (ma non è affatto detto che la cosa lo interessi veramente), lo può fare perché ha alle spalle l'esperienza di quel lavoro di gruppo di cui parli. Tutti i punti che hai indicato un individuo solo non li può gestire professionalmente, crede di gestirli. E le piattaforme che portano avanti la filosofia del self-publishing fanno di tutto per farti credere che tu possa gestire tutti questi aspetti.
    Né gli uni né gli altri, in generale, si arricchiranno dal lavoro di scrittura. Ma se scrivere deve essere soprattutto consapevolezza di ciò che si mette nero su bianco, allora la casa editrice fa anche da casa, un luogo dove si cresce professionalmente rispetto al prodotto-libro.

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    1. Per i "nemici" finché non minacciano il mio gatto non mi preoccupo.
      A parte questo, credo che ci siano esperienze interessanti anche nel self, non sono mai per il bianco o nero. Consiglio solo di pensare bene a tutte le implicazioni.

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    2. dadovestoscrivendo, un bel pensiero per le case editrici, da tenere a mente.

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  3. Io sono più portate per l'editoria tradizionale sia per i motivi che dici tu, sia per una sorta di "pigrizia": sai che la mia pignoleria è maniacale, con il self-publishing non sarei sicura di poter dare al mio romanzo il livello qualitativo che mi aspetto.
    Al massimo potrei optare per una forma "guidata", ma quanto investire per l'editing, la grafica eccetera? Ne vale la pena?
    Il totale "fai da te" è assolutamente escluso.
    Avendo studiato comunicazione e lavorato per anni nel settore credo sarei in grado di valutare il lavoro di un grafico e di un marketing-manager (in questo anche io ho una discreta competenza, quindi potrei far da sola ed usufruire solo di un piccolo supporto) ma trovarne uno affidabile può essere un'impresa titanica.
    Un'altra mia paura è quella di finire "nel mucchio": il self-publishing in molti casi non è credibile. C'è tanta, tanta "fuffa" su amazon e le altre piattaforme. E per il senso comune il self è ancora visto come "la strada di quelli che nessuna casa editrice ha voluto"...
    Pertanto, si vedrà in futuro!

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    1. Hai già delle basi tecniche superiori alle mie. Ed è vero che c'è anche fuffa in autoproduzione, c'è anche tanta qualità, ma è difficilmente identificabile, tanto che se compro a scatola chiusa autori sconosciuti pubblicati da editori noti, leggo poco di self e solo opere che mi siano state consigliate da qualcuno di cui mi fido

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  4. Sono d'accordo con te in tutto e per tutto. Tra l'altro autopromuoversi non è affatto facile, ed è normale che sia così in un mondo come il nostro, dove la rete ti mette a contatto con tutto, ma toglie anche importanza a tutto. Io sinceramente non acquisto libri di autori che non conosco, a meno che non mi siano stati raccomandati da persona fidata E mi ispirino E/O abbia letto una recensione che non sia la solita sviolinata priva di valore. Molte persone che autopubblicano si informano, si ingegnano a fare il meglio, ma secondo me non hanno la percezione di quanto sia difficile vendere più di una manciata di copie. Forse è meglio così!

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    1. Appunto, l'autopromozione è difficile. Tutti noi abbiamo letto della ragazza autoprodotta che ha fatto un booktrailer trasmesso nei cinema prima di un film scelto ad hoc. Al di là dell'idea (ottima) quanti di noi ne avrebbero avuto le risorse, non solo economiche? La sua idea ha pagato alla grande, ma è evidente che ha potuto mobilitare risorse e tecniche non comuni e non alla portata di tutti.

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  5. Rispondendo prima a "dadovestoscrivendo", non vedo perché si farebbe dei nemici. Io sono sempre stato per la piena libertà di scelta e voglio provare entrambi i metodi. Quello che ha detto Tenar è vero, non c'è nulla da aggiungere.
    Sono scelte personali e anche sensate. Se non hai soldi da investire, non hai capacità grafiche, ecc., non puoi fare tutto da solo.

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    1. Appunto, è una scelta personale. È bene che sia oculata e non frutto della moda del momento o di una presa di posizione assoluta (del tipo il self è il bene/il male)

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  6. concordo su ogni singola sillaba, del resto ho fatto la tua stessa scelta. Aggiungo che è innegabile che nell'immenso calderone degli autopubblicati ci sia tanta fuffa, e non dite di no :D per cui diventa anche facile, anche con un buon prodotto, venire assimilati a testi di scarso valore. E non mi piace. Ho già commesso diversi errori di valutazione, ora che mi sono affrancata dal passato, mi affido solo a professionisti seri. Sandra

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    1. Sì, io davo per scontato di avere per le mani un testo di valore (cosa che scontata non è). Sai che sono d'accordo con te. Ci sono comunque della variabili diverse dal mi piace/non mi piace il mondo del self, che vanno ponderate. E non c'è una scelta giusta e una sbagliata, ma una migliore o peggiore per quell'autore in quel momento.

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  7. Sono tutte osservazioni condivisibili, a condizione però che l'editore sappia il fatto suo, cosa da non dare per scontata. E se avessero scelto una copertina che non ti piaceva? E se il prezzo deciso fosse stato troppo alto? E se la promozione non si fosse rivelata all'altezza? Certo, sono problemi in cui non ci si imbatte, se si sceglie un editore in gamba.
    Da parte mia, l'unica cosa che mi spaventa davvero nel SP è finire nel calderone, dunque capisco che pubblicare con un editore ti garantisca un prestigio che come autore fai-da-te non puoi avere, perché ormai si diffida a priori di questa categoria.

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    1. L'editore non si sceglie a scatola chiusa! Quando ho inviato il mio racconto (ormai un anno fa) avevo letto diverse altre opere pubblicate, conoscevo anche personalmente altri autori, sapevo perfettamente quale sarebbe stata la linea grafica delle copertine. Altre questioni si discutono in fase di contratto, bisogna essere consapevoli di cosa si firma.
      In ogni caso la regola aurea, secondo me, è non inviare testi a editori che non si conoscono e di cui non abbiamo letto niente.
      Per il self il rischio calderone è presente, ma dipende anche dalle scelte tecniche di cui sopra. Bisogna sapersi promuovere e presentarsi con un prodotto ben confezionato. Mica facile!

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  8. Le tue argomentazioni mi sembrano validissime ma devo ammettere che mi è capitato di leggere post di autori autopubblicati e anche quelli mi avevano convinto. Penso che in questo momento nessuno sappia veramente cosa succederà al mondo dell'editoria, le cose potrebbero cambiare molto in fretta. Non prendo posizione perché finché non ci si trova personalmente in una situazione non si può sapere come si reagirebbe.
    Ti ringrazio comunque per questo post, secondo me hai fatto bene a scegliere di esser pubblicata perché con gli esami e il resto sarebbe stato uno stress tale da rischiare di far male entrambe le cose.

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    1. Nei mesi di questo maledetto corso è uscito sia il romanzo che il racconto, cose che sarebbero state impossibili se avessi optato per il self.
      Se devo essere davvero sincera, quello che mi spaventa del futuro dell'editoria è che, seguendo l'esempio del self, anche gli editori chiedano sempre più cose agli autori, togliendo energia e spazio a quello che un autore dovrebbe prima di tutto fare: scrivere.
      Sia chiaro, poi, che questo post vale per il qui ed ora. Un domani tutto potrebbe essere diverso. Non vorrei però che un esordiente pensasse che su internet ci sia solo il self e che, dunque, determinate spese siano inevitabili.

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  9. Condivido tutti i punti e di certo non sono l'unica. In effetti conosco qualche autore self che farà il passaggio a pubblicazione tramite casa editrice, ma solo in formato digitale.

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    1. Il tuo post mi ha convinto ancora di più che il self proprio non fa per me, non per scelta ideologica, ma per mia incapacità

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  10. Sono d'accordo, salvo che il prodotto fai da te non sia poco più di una dispensa. Ma a quel punto ha più senso metterlo online free.

    C'è anche un aspetto, oltre a quelli che hai citato, da tenere conto. Non sono un esperto, ma ho dei dubbi rispetto all'aspetto fiscale. La tassazione sui proventi che vengono da una casa editrice come diritti d'autore è più conveniente rispetto a una vendita diretta. Che oltretutto presenta pure dei problemi di IVA oltre certe soglie nemmeno troppo alte.
    E considerata la giungla fiscale italiana il rischio è di dover spendere in commercialista (uno esperto nella materia tra l'altro) tutti gli eventuali guadagni.

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    1. Ecco un altro aspetto che non considerato (la mia competenza in merito arriva fino a "tieni tutte le carte e implora il commercialista dei genitori di occuparsene")

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