mercoledì 2 dicembre 2015

Rileggere i libri della propria adolescenza – L'erede di Hastur e L'esilio di Sharra.

Sarà che questi sono giorni faticosi, complice il fatto che, all'alba di dicembre, ancora non ci abbiano confermato la nomina sulla cattedra (cioè non sappiamo se insegneremo sullo stesso posto fino a fine anno. Lo so sembra assurdo, se ne è andato quasi un quadrimestre, ma così è). Sarà che ci sono altri pensieri e preoccupazioni. Sarà che per caso mi sono ricapitati in mano, ma ho riletto due romanzi della mia adolescenza: L'erede di Hastur e il suo seguito diretto L'esilio di Sharra. Un'esperienza assai strana e degna di essere condivisa.

UN TUFFO NEL PASSATO
All'inizio del terzo anno del liceo (per gli amici che hanno fatto il classico, la Prima Liceo) ho cambiato istituto. Ovviamente la mia principale preoccupazione non era il cambio di libri e di prof, ma se mi sarei fatta o meno degli amici. Da timidona com'ero, avevo forti dubbi in proposito. Ero una nerd ante litteram, occhialuta, che passava tutto il proprio tempo libero a fare uno sport assai poco fascinoso (la corsa di resistenza) o a leggere. Ebbene, dopo pochi giorni nella nuova scuola, già parlavo di libri con le nuove compagne. Pochi giorni ancora e L. mi avrebbe prestato quello che era il suo libro preferito. Il libro era L'erede di Hastur e L. è poi diventata una delle mie testimoni di nozze.

L'EREDE DI HASTUR E L'ESILIO DI SHARRA
Allora non pensavo di far parte di una sottocultura, né pensavo di avere in mano un libro "generazionale". Col senno di poi, forse sì. Per tutta una generazione di appassionati di fantastico questi libri sono stati l'equivalente di altri, più famosi, libri generazionali.
Adesso è difficile ricostruire la trama con una certa chiarezza. La saga di Darkover è una serie di romanzi per lo più autoconclusivi ambientati sul pianeta Darkover. Caratteristica del posto è il sole, una gigante rossa appena in grado di scaldare il pianeta, che vive pertanto un perenne inverno, e il fatto che gli abitanti abbiano sviluppato i poteri psi fino a farne una vera e propria scienza. Si scopre poi che i darkovani altro non sono che terrestri, naufraghi di un'astronave, che hanno però dato origine sul pianeta a una cultura a sé stante che ha solo lontani echi della nostra. Solo dopo millenni (anche a causa delle sfasature dello spazio-tempo) l'impero terrestre "riscopre" Darkover.
Questi romanzi, di fatto due parti di una stessa storia autoconclusiva, si ambientano proprio dopo la "riscoperta" del pianeta. L'impero terrestre vorrebbe annettere Darkover, ma la nobiltà locale teme di perdere la propria autonomia, anche se gli antichi poteri psi sono ormai quasi estinti. I protagonisti sono due giovani a cavallo dei due mondi: Regis Hastur, erede della più potente famiglia nobiliare di Darkover, che però sogna di viaggiare attraverso l'impero e Lew Alton, in parte darkovano e in parte terrestre, dotatissimo nelle arti psi. Nel tentativo di mostrare ai terresti le potenzialità dell'antica cultura darkovana Lew e un gruppo di giovani avventati riattiva però un'antica arma, che forse è qualcosa di più, un mezzo per richiamare entità non del tutto umane. Ne segue distruzione e morte e poi il difficile tentativo di porre rimedio al male fatto.
In mezzo c'è un po' di tutto, disperate storie d'amore, una selva di personaggi dalla fortissima personalità, ribellione ai ruoli sociali predefiniti, legami con le proprie origini e la necessità di confrontarsi con un impero globalizzato.

IL FASCINO CHE AVEVANO LETTI A QUINDICI ANNI
Questi libri non sono stati i miei preferiti in assoluto durante l'adolescenza, ma hanno avuto comunque un fortissimo impatto.
L'erede di Hastur parte come ogni buon YA dovrebbe fare. Lew ha all'incirca vent'anni e deve affrontare la sua prima missione diplomatica, Regis ne ha quindici e inizia il "corso da allievo ufficiale" nella guardia cittadina. È fin troppo facile immedesimarsi in loro.
Il mondo in cui sono immersi, però, è violento e moralmente ambiguo. Non ci sono "cattivi" non c'è un Voldemort o un qualsiasi oppressore. Ci sono, sì, adulti che trattano tutti con sufficienza, che vogliono che "il mondo continui ad andare come è sempre andato", organizzano matrimoni combinati, approfittano del loro potere e, chiusi nelle loro ideologie hanno ben poca attenzione ai sentimenti altrui, ma i guai, quelli veri, li causa tutti il benintenzionato Lew.
Sono tra i primi libri che mi hanno mostrato un mondo complesso, pieno di fascino e di problemi, dove fare la scelta "giusta" è tutt'altro che facile. A volte neppure c'è una scelta giusta. La difficoltà di crescere e di trovare se stessi mi era mostrata per la prima volta in tutta la sua complessa crudeltà. Lew, nel suo desiderio di autoaffermazione sposa la donna che ama e fa quello che ritiene giusto. Causa un disastro immane, la sua amata muore, lui rimane mutilato e passa il resto della vita (e il libro successivo) a cercare di convivere con il peso dei suoi errori. Regis vuole piacere, al nonno, l'unico parente che abbia, alla gente, che lo vede come il futuro punto di riferimento. È più incline al compromesso, a fare, almeno come facciata, ciò che ci si aspetta da lui. Appare il più debole dei due, almeno in apparenza.
Lo sguardo dei due protagonisti sugli adulti cambia. I due romanzi sono separati da uno stacco di cinque anni. Nel secondo libro si scoprono le ragioni degli adulti. Non despoti insensibili, ma persone tormentate, che hanno cercato, forse, di fare del loro meglio. A volte come esiti disastrosi.
Infine una ridda di tematiche (forse troppe, forse troppo confuse) fin troppo attuali negli anni novanta, quando io li ho letti (anche se sono romanzi di fine anni '70), il rapporto con la globalizzazione e la tecnologia, il ruolo della donna, il difficile equilibrio tra realizzazione personale e realizzazione delle aspettative altrui.
È stato, insomma, uno di quei libri che mi ha aperto a uno sguardo più complesso sul mondo.

RILEGGERLI A 35 ANNI
Non so da quanto non li prendevo in mano. Avevo paura. Avevo paura di scoprire che la me stessa adolescente avesse letto dei pessimi libri. Avevo paura perché nel mentre si sono scoperte delle cose assai brutte sull'autrice, ormai morta. Suo marito era un pedofilo e lei stessa (forse) ha abusato della figlia. Particolari che mi erano del tutto ignori durante la prima lettura.
Mi sono piaciuto lo stesso. Mi è piaciuta questa visione di un mondo puramente umano, senza un ideale superiore a cui fare appello, senza altra etica di quella personale. C'è un sottofondo di disperazione che certo allora non avevo colto. Qualcosa che un po' mi fa tristezza, che mi inquieta, perché è tutto terribilmente ambiguo a livello morale, ma che ha anche un fascino unico. Adesso che torniamo sempre più verso storie, sopratutto YA, manicheiste, dove almeno c'è il cattivo che è sicuramente cattivo, Darkover, dove non c'è nessun personaggio davvero che si possa in toto condannare o salvare, ha ancora più fascino.
Mi spiace che non siano più reperibili in Italia. Ma se li trovate su una qualche bancarella, valgono l'acquisto, nonostante la traduzione raffazzonata. È evidente che non è solo di oggi il problema della mancanza di una buona correzione di bozze. L'aquila bicipite (invece che bicefala) rimarrà, credo, per sempre nella mia memoria.

PROSPETTIVE CHE CAMBIANO
Non ho più 16 anni, ovviamente. Le cose cambiano.
Dyan, ovvero l'ambiguità protagonisti a parte, il personaggio che più rimane impresso è Dyan. Se c'è un "cattivo" è lui, il mostro d'armi del corso dei cadetti che abusa di uno di ragazzi e poi, per le astruse leggi darkovane, ne diventa padre adottivo. Un personaggio magnetico, arrogante, che spaventa, ma di cui si intuisce anche una profonda sofferenza.
Riletto oggi mi ha raggelato. Forse perché ora si conoscono retroscena così poco edificanti sull'autrice. Perché la condanna su questo personaggio non è totale e si percepisce che l'autrice lo ha amato. Perché è maledettamente realistico. E da adulta pensi: cosa farei se scoprissi che un mio amico, un collega di cui ho stima, abusa degli alunni? Da adulta e insegnante Dyan mi ha inquietato tantissimo, proprio perché non è un mostro e non è privo di umanità.
Da ragazza, paradossalmente, questa parte della storia mi aveva coinvolto ma non sconvolto. Leggevo ed ero coetanea dei ragazzi protagonisti ed ero perfettamente consapevole che l'abuso esiste e che un professore potrebbe fare certi pensieri su un alunno/a. L'anno prima a una mia compagna erano stati fatti apprezzamenti ai limiti del penalmente rilevante da parte di un docente (per altro prete. Sia detto che poi ha abbandonato tonaca e insegnamento). Insomma, da ragazza ero consapevole che persone come Dyan esistono e mi sembrava normale trovarne anche in un romanzo.
NOTA PERSONALE: gli adolescenti sono molto meno ingenui di quello che pensiamo. Non ha senso nascondere loro fatti scabrosi, tanto a 15 o 16 anni hanno già capito come gira il mondo. Ci sconvolgiamo forse più da adulti pensandoli più innocenti di come in realtà siano.
Lew Alton e Regis Hastur ricordo di aver molto amato entrambi, all'epoca. Oggi li ho trovati insopportabili. Regis è un eterno insoddisfatto. È il classico prima della classe che si lamenta quando prende 8. È bello, è ricco, è bravo e tutti gli vogliono bene. Ma si lamenta. Perché vuole andare in giro per la galassia e invece è l'erede di Hastur e deve rimanere nel suo castello con i suoi servitori. Perché vorrebbe far contento il nonno e sposarsi una brava figliola e invece è gay. Trova un bravo ragazzo, ma continua a lamentarsi. Glielo dice pure in faccia che lui, però, avrebbe preferito innamorarsi di una lei e non riceve in cambio neppure un pugno in faccia.
Lew Alton è pure peggio. Ha la sindrome dell'unica vittima. Capitano tutte a lui e lui è l'unico che soffre. Il padre per lui rinuncia a tutto e trascura il figlio minore, ma Lew non si sente amato. Si innamora di una brava ragazza, ma è invaghito pure della di lei sorella. La sua amata muore, lui si dispera, ma nel giro di poco ha già altre donne. Ma è sempre disperato. Perde una mano, è circondato da gente che sta peggio di lui, ma lui sente di soffrire di più. In tutto questo c'è sempre una brava donna che si innamora di lui, un bravo amico disposto a soccorrerlo, un parente che lo aiuta. Ma no, lui è quello che soffre.
NOTA PERSONALE: rileggendolo adesso mi sono resa conto che il mio primo fidanzato era Lew Alton. Lui fatto e finito. Avevo già letto il libro quando l'ho conosciuto (circa un anno dopo), ma questo non mi ha salvato. Fortuna che non sono una fragile donna darkovana. Lui certo avrebbe preferito fossi bruciata viva anch'io, invece l'ho lasciato in meno di due anni (non che la cosa non sia stata traumatica). Comunque rassicuratevi. Gli uomini alla Lew Alton trovano sempre una brava donna che si prenda cura di loro (e ascolti le loro sofferenze). Ironia della sorte o meno, oggi quel ragazzo sta proprio con L., la ragazza che mi ha prestato il libro.
Morale delle favola: ci sono errori da cui i libri non salvano.

Ecco, vi ho regalato uno scorcio della mia adolescenza.
A voi è mai capitato di rileggere dei libri legati alla vostra adolescenza? Com'è stato? Cos'è cambiato?

14 commenti:

  1. Credo di non aver letto alcun libro durante l'adolescenza :D

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    1. Davvero? metà delle cose che ho letto le ho lette in quegli anni, quando ne avevo il tempo...

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    2. Io invece ci ho dato dentro quando facevo il pendolare!

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  2. Io ho salutato l'infanzia con la lettura di quasi tutto il ciclo dei romanzi di Tarzan di Edgar Rice Burroughs, poi mi sono dedicato in modo esclusivo per circa tre anni alla fantascienza. Infine, intorno ai diciassette anni ho scoperto Poe che mi aperto la strada dei classici. Ho riletto ancora molto poco di quel periodo che va dagli undici ai sedici anni, a parte i fumetti - forse solo un romanzo di Tarzan che si era legato a delle circostanze speciali della mia vita - ma qualche rilettura in programma ce l'ho, soprattutto in ambito fantascientifico.

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    1. A volte sento la necessità di rientrare in contatto con il mio passato e un bel modo è rileggere dei libri legati a un periodo particolare.

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  3. Non mi è capitato di rileggere libri della mia adolescenza, però di recente ho iniziato un romanzo letto dieci anni fa (Il petalo cremisi e il bianco di Michael Faber) abbandonandolo dopo 300 su 1000 pagine perché lo trovavo noiosissimo...
    Sai che però mi hai fatto venir voglia di fare un tentativo? Rileggerò "Ritorno a casa" di Rosamunde Pilcher, anche se non è un YA, e poi scriverò un post. Ci vorrà un po' di tempo, però, perché anche questo è un bel tomo. :)

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    1. Neppure questi nascono come YA (alcuni della serie non lo sono per niente), ma in realtà questi due romanzi giravano tantissimo tra gli adolescenti appassionati di fantastico degli anni '90. Li avevo sempre considerati "molto femminili", ma in realtà li aveva letti anche mio marito, prestati da un amico. Per questo sono stati quasi "libri generazionali".
      Comunque hanno superato la prova del tempo, refusi a parte, sono dei bei romanzi, molto particolari e mi spiace che non ci sia una nuova edizione in giro.
      PS: aspetto il tuo post.

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    2. Il "nostro" (cioè dei fissati realisti) romanzo generazionale per eccellenza, però, credo sia Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Rileggerò anche quello. :)

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  4. Ammetto che anch'io provo la stessa paura che hai descritto, ovvero rimanere deluso.
    A te non è accaduto e ciò fa ben sperare, però riprendere in mano la saga di Conan di R.E. Howard o certi fumetti (perché, devo riconoscerlo, da adolescente leggevo più fumetti che narrativa, senza perdere del tutto questa abitudine neppure ora, a distanza di alcuni decenni) beh, un po' mi trema la mano. I ricordi son belli, non vorrei scolorirli...

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    1. Io leggo tutt'ora più fumetti che narrativa (farò un muto prima o poi per pagarmi i fumetti)! E Il Fumetto della mia adolescenza (Magico Vento, che iniziò a uscire quando avevo 17 anni e mi folgorò dai primi numeri) è tutt'ora tra i miei preferiti.

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  5. Spero di ricordare, fra dieci anni, questo post! Così potrò rileggere i romanzi di Christopher Paolini e magari essere riportata un po' a quando avevo quindici anni e mi innamorai perdutamente di uno dei protagonisti :D

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    1. Adesso sì, che mi sento vecchia. Quando sono usciti i libri di Paolini mi sa che avevo già finito l'università...

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  6. Io sto ritrovando la bellezza dei classici, letti durante l'adolescenza e alcuni poco capiti e apprezzati allora. Ogni dieci/quindici anni bisognerebbe rispolverare vecchie letture per vedere di quanto s'invecchia! :)
    L'aquila bicipite è una battuta!

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    1. Sì, il comparto classico è ben coperto grazie al gruppo di lettura. Quanto agli altri, i libri che mi hanno davvero colpito finisco sempre per riprenderli in mano.

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