lunedì 4 gennaio 2016

Il ponte delle spie – Visioni


È un film solido quello di Spielberg, girato con quella naturalezza che hanno gli americani nell'appropriarsi della storia, senza curarsi troppo se devono smussare qualche angolo, aggiustare qualche linea di destino, pur di raccontare quel che vogliono raccontare. In questo caso la vera storia di uno scambio, una spia russa per un pilota e uno studente americano, avvenuto nel 1960 a Berlino.
Un film compatto, che a primo impatto racconta solo quello che ci si aspetti racconti. Il solito americano eroe per caso, tutto d'un pezzo, capace di fare quello che deve essere fatto, portare a casa il risultato, salvare delle vite e mostrarsi superiore agli altri.
Il fatto che sia un film compatto, che a primo impatto si mostra proprio per quello che ci si aspetta non vuol dire che non abbia una sua stratificazione. 

È un film molto americano, fatto principalmente per gli americani e non è che racconti loro delle cose poi così rassicuranti, a voler ben vedere. 
Non è uno di quei film fatto perché gli americani ne escano felici perché si sono rispecchiati nel meglio possibile. Certo, il protagonista è un eroe americano e nel 1960 gli USA avevano più ricchezze e opportunità di Berlino Est. Ma l'America in quanto istituzione esce da questa pellicola con le ossa alquanto rotte. Viene rappresentata nell'ordine da: un giudice più che disposto a ignorare prove e procedure, un esercito che manda a morte i suoi ragazzi senza troppi complimenti e un servizio segreto più che disposto a ignorare un ragazzo finito nei guai, privo di importanza strategica.
Il ponte delle spie non è un film sull'America migliore a prescindere. Ma su ciò che gli americano riconoscono (o dovrebbero riconoscere) come valore, anche a dispetto delle scelte dei loro politici: il rispetto delle regole e dell'individuo.
Racconta un mondo che non c'è più, quello della guerra fredda, ma che, nella sua divisione manichea tra Noi e Loro non è poi così diverso da quello di oggi. 
E forse non fa male ricordare, sia pure con un po' di magniloquenza americana, che nostri valori non sono in un essere migliori a prescindere, in chissà quali tradizioni ancestrali, ma stanno nell'esserci dati delle regole fatte apposta per non ricadere nella barbarie nei momenti di crisi. E che Loro, i nemici, quali che siano, avranno anche dei valori in cui non ci riconosciamo, ma sono pur sempre essere umani. Degni di quel rispetto che è dovuto ad ogni essere umano e magari degni anche di stima.
La spia russa ha un aspetto dimesso e uno sguardo buono. Tratteggiata con poche battute, diventa ben presto per il protagonista come per lo spettatore una persona per cui parteggiare, proprio come i due ragazzi americani prigionieri.

Il ponte delle spie non è un capolavoro. Non rimarrà, credo, tra i 5 film più memorabili del regista,  ma è un buon film. Come un buon film deve essere, racconta una storia del passato, ma parla al presente, dicendo in modo semplice cose non del tutto banali.

Infine, è un film scritto bene. La cosa non è un gran che pubblicizzata, ma la sceneggiatura è firmata anche Cohen. Non c'è alcuna autorialità spiattellata, non è certo un film "alla Cohen". Ma scorre che è un piacere. Con una storia che ha la semplicità narrativa di una mattonata in testa. Con due blocchi temporali ben distinti da unire in qualche modo. Con un personaggio da aggiungere oltre la metà del film e per cui tifare. Con tutto un mondo vicino, ma stranamente quasi dimenticato da evocare e tratteggiare in poche scene. Un materiale narrativo che è quanto di meno cinematografico si possa immaginare. 
Questo alla fine, è il lavoro di scrittura, credo. 
Saper scegliere come tratteggiare con poco una scena o un personaggio perché rimanga impresso. Saper creare dei raccordi che non inducano al sonno. Sapere rinunciare anche alla propria autorialità per mettersi al servizio degli spettatori e rendere una storia fruibile. Che sarà anche vero che si deve chiedere uno sforzo allo spettatore, ma è altrettanto vero che, come spettatore, lo sforzo lo faccio solo la storia mi viene in qualche modo incontro e mi prende per mano.

9 commenti:

  1. Tocca ripetermi: vorrei vederlo, ma vado troppo poco al cinema. Bella e interessante la tua analisi. Buon ricomincio. Sandra

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    1. Allora il mio augurio per il 2016 è che ci sia anche più cinema!

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  3. Anche a me è piaciuto molto, l'ho trovato un prodotto di solido artigianato, come dire. Tra l'altro, avendo visto Berlino proprio quest'estate, non ho potuto fare a meno di confrontare la città di quegli anno e quella di adesso. Specie la scena quando la linea ferroviaria passa sopra il muro, e il panorama di desolazione ovunque...

    Buon 2016 anche da parte mia.

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    1. Sì, Berlino porta ancora i segni di quegli anni, che ora, tuttavia sono la migliore opportunità architettonica che ci sia in Europa, che ne fanno l'unica città con lo spazio di innovare.

      Buon 2016!

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  4. Visto pochi giorni fa, mi è piaciuto. Devo dire che il personaggio che meno mi ha rapito è stato proprio il pilota, vittima degli eventi e poco incisivo, ma vero anche che non gli è concesso molto spazio per esprimersi a dovere nella fase di prigionia.
    Ho apprezzato molto il discorso del protagonista, che fa poi da colonna portante del film: dimostrare la propria forza morale prima ancora di quella bellica, in virtù dei valori che si cerca di difendere e rappresentare.

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    1. Sì, il pilota è un ragazzetto mandato a morire, non ha neppure l'aria troppo sveglia. E tutto il discorso sulla Costituzione e sulle regole che non si possono dimenticare quando fa comodo (magari nello stesso momento in cui si dipinge il nemico come un barbaro assetato di sangue) è ciò che dà al film la sua ragione d'essere.

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  5. A me è piaciuto molto e penso di comprarmi il dvd. I film di spionaggio mi piacciono, ma questo è davvero ben fatto, non annoia, è pieno, poi, perché c'è azione, c'è movimento, ma anche la staticità del processo e i problemi familiari.
    La spia russa è uno spettacolo, poi: "Servirebbe?" :D

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    1. Infatti secondo me è scritto davvero bene, perché poteva diventare una noia abissale, invece si lascia guardare con piacere. Non un capolavoro, ma un film solidissimo

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