venerdì 31 marzo 2017

Treccia d'amore – Parte seconda, racconto inedito

Parte prima

Riassunto breve

Eris an'Tay sogna da sempre di essere la prima donna a partecipare, forse a vincere la Corsa dell'isola di Tiv, una famosa gara equestre che si svolge sull'isola in cui sorge la capitale e a cui partecipano i più famosi nobili del Leynlared.
Il padre di Eris acconsente a dare il permesse alla figlia a un patto: dovrà cercare di sedurre (e possibilmente farsi chiedere in sposa) il leylord, Amrod del Leynlared, che da dieci anni siede sul trono senza essere sposato e senza aver generato un erede.
Giunta a corte, Eris riesce inaspettatamente ad attrarre subito l'attenzione del leylord, anch'egli intenzionato a partecipare alla gara. La dama di compagnia di Eris propone quindi alla ragazza di far preparare un incantesimo che obblighi il sovrano ad innamorarsi di lei. Eris dovrà però procurarsi tre capelli del leylord, componente essenziale dell'incantesimo.
Ci riuscirà?

TRECCIA D'AMORE – PARTE SECONDA

Amrod, però, all’appuntamento non c’era.
Al suo posto c’era l’uomo dai capelli neri, il ciambellano, in sella ad un cavallo altrettanto nero.
Fuori dal contesto solenne della sala del trono, aveva un’aspetto meno imponente. Mostrava, anzi, un viso amichevole e non privo di ironia.
– Amrod è stato trattenuto, arriverà appena possibile – disse. – Nell’attesa, mi ha chiesto di tenervi compagnia.
– Grazie… Perdonatemi, non conosco il vostro nome, lord ciambellano.
Non poteva certo continuare a chiamarlo “lord ciambellano” per ore.
Lui sorrise. Aveva un bel sorriso e occhi grigi quasi come quelli di Amrod.
– Adman. Lord Adman Kalay.
– Non credo di conoscere dei vostri parenti.
Eris conosceva quasi tutti i più importanti nobili del Leynlared, ma tra loro non c’era nessun Kalay o an’Kalay.
– Ho avuto il titolo dopo la guerra.
Eris annuì. Quando il vecchio Leylord era morto all’improvviso, Amrod aveva diciassette anni e un gruppo di nobili aveva pensato che sarebbe stato facile farlo sparire e mettere sul trono un sovrano fantoccio. Era stato l’inizio della guerra civile. Due anni dopo, Amrod, leylord del Leynlared, aveva distribuito un certo numero di titoli ai membri più fedeli della sua resistenza. Lord Kalay, però, anche se aveva le spalle larghe, non aveva il portamento rigido di un guerriero. Teneva le redini con una mano grossa, che non avrebbe sfigurato intorno all’impugnatura di una zappa, ma con l’altra accarezzava affettuosamente il collo del suo cavallo.
– È una bella bestia, anche se non mi ci fiderei per una corsa di due giorni – commentò Eris.
– Ah, ma io non mi sogno neppure di lanciarmi in quella corsa da folli. Pare che pioverà, domani, e non mi piace né affrettarmi né infradiciarmi. Quanto a Buio, è un buon cavallo.
In quel momento si udì un nitrito. Laryel, la giumenta di Eris, girò la testa, ma non Buio.
Amrod era arrivato in compagnia di un uomo appena più anziano dai modi seri ed eleganti. 
– Mia signora, perdonate il ritardo – disse il sovrano. – Avrete sentito i pettegolezzi, immagino. Si dice che faccia attendere le belle ragazze preferendo la compagnia degli uomini. Temo che, almeno in questo caso, sia la verità. Vi presento Tivan an’el’Ver, generale del Leynlared. Sarà l’avversario da battere, ha già vinto le ultime tre edizioni della corsa.
Se Aleiana si era aspettata da quel pomeriggio una qualche svolta romantica, ne rimase delusa. Eris, invece, ne fu deliziata. Ispezionarono le miglia finali della gara con occhio esperto. Tivan an’el’Ver spiegò nel dettaglio le possibili strategie. I concorrenti potevano scegliere itinerari diversi, ognuno dei quali li avrebbe portati a compiere un giro completo dell’isola, ognuno aveva pregi e difetti. C’erano dei campi predisposti per la notte. Ognuno poteva decidere in quale far attendere il proprio secondo, anche se era libero di cambiare idea all’ultimo, l’importante era che passasse da uno qualsiasi dei campi, che fungevano anche da punto di controllo. Se avesse piovuto, Tivan consigliava il percorso più vicino alla costa, un poco più lungo. Quello interno, attraverso le colline, prevedeva numerosi guadi a torrenti che, a causa delle precipitazioni delle giornate precedenti, erano già prossimi ad esondare.
Amrod cavalcava uno splendido stallone grigio che rispondeva a tocchi leggeri delle ginocchia e delle mani. 
Quando alla fine tornarono al punto di partenza, un gruppetto di alberi di fronte a un prato, Amrod si avvicinò ad Eris.
– Proviamo i nostri cavalli ora – le disse. – Per sapere chi vincerà, se ci dovessimo trovare insieme in vista del traguardo. 
Eris annuì e, quasi senza aspettare il segnale, lanciò la sua giumenta al galoppo. 
Amrod non perse tempo. Il suo stallone era davvero un animale splendido. Tanto lui che Laryel erano più adatti alle lunghe distanze che a quella corsa forsennata, ma Eris notò con piacere che Amrod non le stava affiancato per cavalleria. Chino sul collo dello stallone, il leylord continuava ad incitarlo con silenziose carezze.
  Alla fine, Laryel giunse agli alberi un refolo prima dello stallone. 
– Ho vinto! – gridò Eris, voltandosi.
Amrod abbassò la testa, in segno di resa. Quando la rialzò, il viso si era fatto serio.
– Ditemi – disse. – Perché siete venuta a Caysal?
– Per essere la prima donna a vincere la Corsa di Tiv.
– Non per sedurmi? 
Aveva parlato con una tale serietà, che Eris rimase sorpresa. Si trattava, però, di un uomo che doveva vivere praticamente assediato da dame che cercavano di sedurlo e da proposte di matrimonio. Doveva ormai aver sviluppato una profonda noia nei confronti di tutti quei tentativi interessati. Tanto valeva essere sincera.
– Questo lo sperano i miei parenti. Una ragazza, secondo loro, è solo una merce da scambiare in una trattativa matrimoniale e non importa che sia la migliore addestratrice di cavalli che mai potrebbero incontrare.
Amrod annuì.
– Dunque non c’è nulla che io possa fare per dissuadervi dal partecipare, vero?
Eris stava per rispondere con una battuta, ma gli occhi grigi di lui erano troppo freddi per uno scherzo.
– Non è perché sono una donna, vero?
– No.
– Non mi direte il perché.
– No.
– Non mi direte neppure perché voi e Adman Kalay cavalcate cavalli sordi.
Questa volta lo vide esitare, come se non fosse più del tutto padrone della situazione.
– No.
– Dev’esserci uno strano rapporto tra voi e il lord ciambellano.
– Peculiare – rispose Amrod. – Ma non del tipo che voi potreste immaginare.

Al suo ritorno, Eris fu sgridata da Aleiana. Non era riuscita a procurarsi neppure uno dei capelli del leylord.

Quella sera dopo la cena la corte si trasferì nel grande salone delle danze.
Anche le voci sulle qualità di ballerino di Amrod erano fondate. Il sovrano danzava con una grazia impeccabile, alternando negli inviti giovani damigelle di buone speranze e mature lady a cui solleticare l’ego. 
– Non temete, chiederà anche a voi di danzare, prima di mezzanotte. 
Eris si girò di scatto. Lord Kalay pareva avere il dono di materializzarsi ovunque desiderasse, all’interno della reggia. Indossava un abito sobrio, di un grigio scuro, che quasi lo facevano sparire in quella variopinta assemblea di nobili tutti intenti a mettersi in mostra.
– Sono un ballerino assai mediocre, ma, se lo desiderate, mi farebbe piacere danzare con voi – disse l’uomo.
– Amrod vi ha ordinato di tenermi d’occhio per lui, dal momento che ho notato qualcosa sui vostri cavalli che riteneva non fosse evidente? – replicò Eris.
– Anche, mi ha detto che siete perspicace in modo quasi pericoloso. Ma danzare con voi mi farebbe davvero piacere. Del resto, se nella corsa doveste rompervi una gamba, non ne avrei più l’occasione per mesi.
– Certo che voi sapete come lusingare una dama.
Eris sorrise e si fece condurre al centro della sala.
Forse, per gli standard del Sal, lord Kalay era davvero un ballerino mediocre. Eris, però, non si era mai distinta neppure nel più periferico palazzo di suo padre e si scoprì a divertirsi mentre volteggiava nell’enorme sala illuminata a giorno, condotta da quell’uomo dalle mani grandi e delicate.
Quando la loro danza terminò, Eris trovò ad attenderla Amrod in persona.
– Spero che prima di ritirarvi mi concediate un ballo.
Eris quasi esitò. L’Amrod equestre non le metteva soggezione, perché in sella era consapevole di valere quanto i migliori fantini delle Ley e che titoli e bellezza non facevano correre più veloce un cavallo. Ma l’Amrod vestito d’un abito azzurro dai ricami d’oro, al centro del suo palazzo, era tutt’altra cosa. Si chiese se avesse una scusa per rifiutare, ma non la trovò.
Fortunatamente, la danza scelta da Amrod era un ballo tra i più semplici e la sua guida era così sicura da prevenire qualsiasi errore. Sapere di essere al centro dell’attenzione, però, le tolse però gran parte del divertimento. Quando terminarono, Eris aveva il fiato corto e le guance paonazze.
– Venite a prendere qualcosa da bere – le disse Amrod, scortandola verso il tavolo dove servivano bibite rinfrescanti. – Devo chiedervi perdono, non sono stato cortese con voi, oggi pomeriggio.
– Chiedete perdono sapendo già che ve lo darò e che comunque vi terrete i vostri segreti.
– Non sarebbero segreti, se non fosse così – rispose Amrod, divertito. – Vorrei però fare ammenda, purché non mi chiediate di non tentare di vincere, nei prossimi giorni.
– Mi basta che non chiediate a me di non cercare di vincervi.
– Non lo farei mai. Voglio una vittoria che abbia valore.
– Molto bene, datemi allora tre dei vostri capelli – chiese Eris.
A questo punto, tanto valeva provare.
– Volete farvi fare una Treccia d’Amore? – chiese lui, incredulo e divertito.
– Io no. La mia dama di compagnia, laggiù, è convinta di conoscere qualcuno che potrebbe farmela.
– E credete in queste cose?
– No. Tutti sanno che è praticamente impossibile deviare la volontà con la magia. Però la mia famiglia vedrebbe che mi sto impegnando. Se neppure voi ci credete, non avete motivo di negarmi tre dei vostri capelli.
Amrod sorrise.
– E perché no? Se le Trecce d’Amore servissero a qualcosa, sarei già dovuto cadere ai piedi di una ventina di fanciulle. Tenete.
Con un gesto noncurante, si strappò un ciuffetto di capelli e glielo porse.
Eris lo strinse nella mano. Era cresciuta credendo che la magia delle fattucchiere fosse solo una chiacchiera. Si chiese se una parte di lei non desiderasse invece che fosse reale.

Più tardi, quando Eris lasciò la sala, cercò un’ultima volta Amrod con lo sguardo. Stava parlando con Tivan ed entrambi avevano il volto teso. Eris sperò con tutto il cuore che il sovrano non stesse ordinando al più forte dei cavalieri iscritti alla gara di farsi da parte. Il mondo, ne era certa, era pieno di uomini meschini, ma si scoprì a sperare che il sovrano non lo fosse.

Illustrazioni di Viola S.


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