domenica 15 dicembre 2013

Scrittevolezze - La scrittura e le arti marziali


Ancora in quarantena da raffreddore, saltato per ovvi motivi il post "Visioni - Lo Hobbit", in compagnia di virus piuttosto affettuosi che vogliono starmi tutti vicini vicini, mentre il Nik sente la necessità di informarmi che i poliziotti londinesi non hanno licenza di uccidere, ma di mordere (non chiedetemi dove l'abbia letto), cerco di buttar giù un ragionamento scrittevole che, già dal titolo, minaccia di non essere troppo coerente.

Si parlava l'altra sera di arti marziali e di come un buon praticante applichi d'istinto, senza starci a pensare, tecniche apprese in anni e anni di studio. L'effetto, negli scontri d'alto livello, è di straordinaria fluidità, tutto accade velocemente e ci si chiede come, in una frazione di secondo, si possa scegliere una tecnica invece di un'altra. La verità è che non si sceglie, corpo e mente sono ormai talmente abituate all'esercizio quotidiano, che non si pensa più alla tecnica, ma solo al risultato che si vuole ottenere. Ne va da sé che questo livello non lo si raggiunge in pochi giorni, né in pochi mesi e neppure in pochi anni.
Il Nik mi racconta di come molti inizino pieni di entusiasmo e poi abbandonano quando dopo mesi di pratica sono ancora anni luce dall'essere karate kid, ancora in imbarazzo con concetti in apparenza banali come quelli di respiro e equilibrio. Eppure il maestro pare che si muova con grazia istintiva, per puro talento...
Io non penso che per la scrittura sia molto diverso. 
Per storia personale e forma mentis ho un approccio molto tecnico alla scrittura e non credo alla scrittura "di getto". Però penso che si debba diventare come i maestri di arti marziali, talmente padroni dei propri mezzi che quando ci si siede a scrivere sul serio non si deve stare concentrati su come di descrive un personaggio, sul mostrare e non raccontare, su come si faccia un dialogo, sul ritmo, ma solo sul risultato che si vuole ottenere. Il risultato è che il brano sembra essere scritto di getto, per pura ispirazione. Ma questa è un'illusione, proprio come quella che fa sembrare i maestri di arti marziali in possesso di riflessi sovrumani.
La verità, temo, è che per arrivare a questo livello bisogna provare e riprovare. Leggere mille volte i propri autori preferiti chiedendosi perché i loro testi funzionano. Provare fino alla nausea a scrivere dialoghi, situazioni e scene e personaggi. Esattamente come un qualsiasi praticante di una qualsiasi arte marziale prova e riporova i movimenti fino alla nausea, fino a che gli entrano fin nel DNA e non ha più bisogno di pensarli per eseguirli al momento giusto.
Sempre il Nik dice che il problema della scrittura, oggi, è l'apparente facilità. È l'arte espressiva più economica da praticare e tutti ritengono di possederne i rudimenti. Il Nik dice anche che tutti credono di sapere come respirare e mantenere l'equilibrio e che nelle arti marziali i primi mesi di pratica servono proprio a far vedere loro che non è così. 

Quindi, temo che la verità a cui dobbiamo abituarci è che nessuno o quasi può scrivere un romanzo di getto al primo colpo (almeno non un romanzo che non vada rivoltato come un calzino in fase di editing). Prima bisogna passare un infinità di tempo a "dare e togliere la cera".

Vi segnalo un blog che mi sembra contenere parecchio buon senso letterario: officina Masterpiece (anche per chi, come me, non segue Masterpiece).

Adesso non mi resta che risolvere un ultimo piccolo problema: domani, prima di andare a fare lezioni ai miei alunni, dovrei presentare il romanzo a quelli del mio vecchio liceo. Al momento sono quasi afona...

2 commenti:

  1. Condivido il concetto di dare e togliere la cera per anni prima di poter approdare a qualcosa di più concreto, tra l'altro rende perfettamente l'idea degli allenamenti necessari. Mi hai attaccato il raffreddore : ) però la voce - da trans - quella tiene.

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    1. Niente voce da trans per me, poca e stridula da streghetta, ma, nonostante il freddo, l'incontro è andato bene

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