sabato 10 gennaio 2015

Oltre il mio universo narrativo – Scribacchiando


Come si diceva nel post Poche idee e in compenso fisse ogni autore ha delle idee ricorrenti che saltano fuori con regolarità dalle sue storie, per motivi che a volte non sono del tutto sotto il controllo dell'autore stesso. Allo stesso modo ci sono zone d'ombra, tematiche che non vengono toccate, aggirate in modo più o meno consapevole. Di alcune cose un autore non si sente di parlare perché non si ritiene preparato, perché non sono nelle sue corde, perché ne ha paura. Di altre, semplicemente, non parla e neppure lui sa perché. Sono al di fuori del suo universo narrativo.
Ecco alcune delle mie "terre incognite".

Cose che, in un modo o nell'altro, nelle mie storie non ci sono, anche se non c'è un consapevole desiderio di evitarle (anzi, spesso c'è stato il tentativo di raccontarle):

– L'infanzia
È la prima cosa che mi è saltata agli occhi quando ho iniziato a pensare a questo post. Io lavoro con i ragazzini tra gli 11 e i 14 anni eppure mi sono accorta che i miei personaggi hanno sempre almeno 15 anni. Ha quindici anni Gabriele de La roccia nel cuore, Coy Sender del mio universo narrativo fantasy mai del tutto abbandonato entra in scena a quindici anni, poi ho tutta una schiera di sedicenni e diciassettenni. Eppure non ho nessun bambino. Ci ho provato una volta, con una storia lunga per pre adolescenti, ma non mi sentivo a mio agio e l'ho abbandonata prima del capitolo 10...

– Le città di oggi
Vivo in un paese di tremila abitanti, quando sono andata a studiare a Pisa (non a Milano) mi sono trovata così bene che sono scappata in Erasmus in Corsica, a Corte, seimila abitanti, dove invece stavo da dio. Non c'è da stupirsi che le mie storie non siano cittadine. Le uniche città che mi affascinano davvero sono Parigi e Venezia, ma dato che non ci ho mai vissuto per periodi lunghi, pur avendole visitate spesso, non le conosco abbastanza da poterle utilizzare.
Va un po' meglio con le città del passato, mi affascina molto la Roma antica in cui ho ambientato il racconto Come foglie nel vento e il famoso thriller inedito. Quando lavoro con Sherlock Holmes ogni scusa è buona per uscire da Londra...
Va da sè che non potrei mai scrivere Urban Fantasy, anche se il "fantasy rurale" mi affascina non poco.

– Fantascienza
Ricapitoliamo, abito in un paesino, odio guidare e ogni occasione è buona per litigare con i computer. Conosco e capisco cosa sta alla base della tecnologia, ma preferisco pensare che ci siano dei demonietti minuscoli che facciano andare tutti i miei elettrodomestici, come posso appassionarmi ad astronavi e robot?
Ho amato molto libri e film di fantascienza, ma quando ho provato a scrivere dei racconti fantascientifici i risultati sono stati quanto meno imbarazzanti.

– L'ossessione
I miei personaggi si innamorano, fanno delle idiozie per amore, ma non rimangono mai ossessionati dall'oggetto del loro desiderio. Non c'è amore/ossessione nelle mie storie e neppure ossessione per altre cose. Nonostante la narrativa sia probabilmente la mia ossessione, è un sentimento che non mi appartiene del tutto. Non capisco fino in fondo chi lascia del tutto l'ancora della razionalità e quindi non riesco a raccontare l'ossessione.

– Luoghi affollati
Il fatto di non amare i luoghi affollati, le discoteche, i negozi nei momenti di punta (sono andata per saldi on-line), ma anche i raduni mastodontici, i concerti etc. non dovrebbe impedirmi di scriverne. Eppure i miei personaggi se ne stanno ben lontani dai bagni di folla, oppure li osservano da lontano, da una posizione sopraelevata... 
Fa eccezione Lucca Comics, manifestazione che amo nonostante la folla (infatti ogni tanto mi sento male) e dove infatti ho ambientato un racconto.
Che su questo punto ci sia materiale per uno psicanalista?

– Horror
Non ho nulla contro l'horror, anzi.
È solo che se penso a una storia horror a un certo punto mi viene da ridere. Riesco perfettamente a sospendere la mia incredulità progettando storie fantasy, guardando o leggendo storie horror, ma non mentre progetto storie horror. Inizio a farmi domande stupide e così i miei licantropi intasano lo scarico della doccia con il pelo, i killer psicotici inciampano sul più bello, le "cose" non meglio identificate iniziano ad avere crisi d'indentità e il mio horror va a rotoli.


Cose che non scriverei neppure sotto tortura:

– Donne in ruoli tradizionali
Per carità, ci sono nelle mie storie bravi moglie e madri soddisfatte del loro ruolo, ma non potrebbero mai essere delle mie protagoniste. Io sono una ex archeologa che adesso per hobby ammazza le persone, mi sono rifugiata dentro tombe pranzando seduta sui sarcofagi, quando vado nel mio pub preferito finisco sempre per parlare di fisica (sempre, stranissimo, quando mio marito è andato in quel pub senza di me si è trovato a parlare di metrica e musica del settecento, sarà qualcosa nella birra?), come potrei mai raccontare la classica brava ragazza? Prediligo protagonisti maschili, quindi è facile fare il giro di quelli femminili: un'antropologa forense, un'addestratrice di cavalli, una guerriera, una trobatriz (una musicista medioevale), un'aspirante assassina adolescente... Proprio tutte casa e chiesa non c'è che dire...

– Storie in stile I love shopping
Mia madre li legge, quindi a volte mi sono trovata con questi libri in mano. Sono la prima a dire che alcuni sono scritti bene e si lasciano leggere con piacere. Però, state certi, se un mio personaggi sta entrando in un negozio per comprare delle scarpe, il suo ruolo sarà quello della vittima dell'assassino di turno.
E per quanto mi piaccia riguardare Pretty Woman, le possibilità che scriva una storia d'amore in un contesto patinato è pari a quella che io vinca al superenalotto

– Racconti erotici
Adesso ce n'è una grande richiesta. Storie erotiche o semplicemente storie rivolte a un pubblico femminile con un pizzico di erotismo. Se devo scrivo una scena di sesso. Se non la scrivo è meglio, ma insomma, se ci sta ci sta. La sola idea di scrivere un racconto erotico, però, mi fa partire le risate isteriche.

– Il drammone famigliare/sociale/la vera dura realtà di tutti i giorni
Dalla finestra della scuola dove insegno si vede l'isola da cui san Giulio ha scacciato i draghi, c'è ancora  la costola di uno di loro. Il mio ruolo ufficiale nell'associazione con cui collaboro e chiudere i gruppi durante le passeggiate con un drago di gommapiuma sulla spalla. Quando parlo di avere scheletri nell'armadio mi riferisco a quelle maledette ossa animali che mi servivano per un esame universitario e che poi non sapevo dove buttare, per non parlare del palco di corna di cervo che sta sopra all'armadio. Nel solaio di mia nonna, invece, ho trovato dei dobloni d'oro.
Questa è la mia realtà. Quella che viene ritenuta la "vita vera" non la posso raccontare.

E voi come siete messi? Cos'è che non scrivereste neppure sotto tortura? E cos'è che invece non riuscite a infilare nelle vostre storie neppure quando volete farlo?

14 commenti:

  1. Pensa che io invece adoro scrivere storie attinenti alla realtà, il disagio sociale, le ambientazioni metropolitane....
    Certo c'è sempre di mezzo anche dell'alto, sennò sarebbe una noia mortale, però i miei personaggi sono ben incastrati nel loro contesto e lo rispecchiano.
    C'è da dire una cosa, però : io racconto mondi attuali e reali, ma non sempre si tratta del mio mondo, anzi quasi mai. Il mio protagonista arriva da un quartiere malfamato milanese che conosco solo perché ci facevo volontariato ai tempi dell'università, mentre la coprotagonista è stata trapiantata nella metropoli da uno dei paesi più piccoli d'Italia (il ventireesimo per l'esattezza: lo volevo al centroitalia e ho dovuto scartabellare un po'). Poi ho un genio del computer, un no - global, un cocainomane. Insomma: la dura vita di tutti i giorni che racconto grazie al cielo non è la mia. Però esiste e mi piace parlarne. :)
    D'accordo invece per horror, fantascienza, chick-lit ed erotico. Per tre generi su quattro sarei negata, il quarto é tipica letteratura da spiaggia che non mi interessa molto.
    Mi sa che forse questo post lo scrivo anche io... ; )

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    1. Io non ho mai vissuto in una città e quindi non ne conosco le dinamiche, conosco i problemi sociali dei paesini (che ci sono, anche se spesso saltano meno all'occhio), il disagio di crescere in provincia, ma la vita di città proprio non potrei raccontarla. Sono ancora una che ogni volta che va a Milano prende la metro con il piacere con cui si sale su una giostra...

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    2. Anche io sono cresciuta in provincia, anche se Sanremo non è un paesino ma una città di media grandezza. Infatti non escludo in futuro di scrivere una storia ambientata lì. Anche le langhe piemontesi mi affascinano molto. Sull'ambientazione non ho grosse preclusioni a parte una ... di cui farò cenno nel post di stasera :)

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  2. Su molte cose ci assomigliamo, cara Tenar.
    L'infanzia non l'ho praticamente mai raccontata, ma amo i protagonisti dai 12 anni in su, sento di riuscire a raccontare meglio l'adolescenza.
    Anche io prediligo ambienti più provinciali, e se proprio deve essere una città, è una città vivibile e con lati provinciali.
    Niente fantascienza, e poche ossessioni.

    Non scriverei nemmeno sotto tortura un fantasy alla Tolkien con elfi alti due metri :)

    Moz-

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    1. A me il fantasy piace, ma Tolkien è Tolkien e quindi meglio evitare di emularlo. Niente elfi, nani o hobbit! Uno dei miei problemi con il fantasy a dire il vero è che c'è talmente poca magia e fantastico che alla fine non sembra più neppure fantasy...

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    2. Allora il tuo fantasy potrebbe piacermi :)

      Moz-

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  3. Ci mediterò!
    Guarda però che un horror ironico potrebbe essere una figata da scrivere... ;-)

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    1. Non so, ho sempre l'impressione che comunque sia già stato fatto (ma forse no). Una volta ho scritto una sorta di posta del cuore con ragazzine che si lamentavano dei loro amanti. Quella col vampiro centenario che non sapeva guidare e che quindi la costringeva a interminabili serate nel castello non riscaldato e senza televisione e quella col licantropo che perdeva pelo ovunque...

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  4. Post molto interessante, lo farò anch'io appena riesco. Intanto noto, come al solito in realtà, che scriviamo cose diverse e non scriviamo cose diverse. Bacio sandra

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    1. Sai che noia se tutti scrivessimo le stesse cose? Evviva la diversità.

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  5. La mia lista sarebbe uguale, tranne per le città di oggi. Mi spaventa l'idea di scrivere un romanzo storico, deve essere molto facile cadere in errori temporali ridicoli... meglio rimandare a quando avrò più esperienza!

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    1. Da buona archeologa conosco meglio la Roma di Cesare o l'Atene di Pericle che Milano. Saprei indicare con più precisione la strada per l'Aereopago piuttosto che quella per piazza Duomo!

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  6. Bell'esercizio stilare la lista dei propri tabù tematici, credo anche io ti seguirò a breve. Condivido quello sulla tecnologia (meccanica ed elettronica), anche se più che mancanza di passione per la materia è forse paura che il lettore scopra la mia abissale ignoranza sul tema. Credo che prima o poi mi costringerò a superare la cosa con ore di studio. :D

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    1. Per fortuna abbiamo interi universi narrativi e millenni di storia privi di tecnologia a cui attingere! In realtà la storia della scienza in quanto tale mi ispira non poco (da cui i miei uomini meccanici e annessi e connessi), è che oltre un certo livello tecnico mi perdo...

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