venerdì 27 marzo 2015

Prima che venga il gelo – Parte terza

Qui la Parte Prima.
Qui la Parte Seconda.

Riassunto breve: Ven è un giovane pastore della Ley del Nord. Un gruppetto di nomadi Coyranà giunti al suo capanno lo informa che poche miglia più a monte si è consumata una congiura. Il leyler (governatore) ha ucciso il Leylord e il suo erede.
Poco dopo, Ven trova in un fiume il corpo del giovane erede del Leylord, un suo coetaneo e scopre che è vivo, sia pure gravemente ferito. Lo porta al capanno, dove viene raggiunto dalle due donne del gruppetto Coyranà. Poco dopo sopraggiungono i soldati del leyler...


 I soldati del leyler erano vestiti di metallo e di nero. In tre avevano addosso più ferro, tra spada, picca e cotta di maglia, di quanto ce ne fosse nella casa dei Serder, giù in paese. Cavalcavano imponenti cavalli dalle lunghe criniere ed erano accompagnati da due grossi mastini dal collare irto di punte.
 Ven agguantò Puk con una mano che tremava, ma pensò che non c’era nulla di strano nel farsi vedere spaventato da dei soldati. Aveva portato il principe a spalla e tra l’odore delle pecore, della torba e quello di Puk, i mastini non potevano certo distinguere quello del ragazzo.
 – Cerchiamo un traditore. – disse uno degli armati, senza preamboli. – Dargli aiuto o riparo è un crimine che il leyler punisce con la morte.
  Di solito, notò Ven, le guardie parlavano in nome del leylord, di cui il leyler era garante nella Ley.
 – Tenete i vostri cani lontano dal mio. Com’è questo traditore?
 – È un ragazzo biondo, può trarre in inganno e sembrare gentile, ma è subdolo e malvagio.
 – Non c’è molta gente bionda qui in giro. – replicò Ven.
 Una delle guardie lanciò una lunga occhiata lasciva sulla ragazza.
 – Cosa ci fa una vagabonda coyranà con te, ragazzo? – chiese, con disprezzo.
 – So parlare da sola. – si fece avanti lei. – Mi chiamo Vilaya. Viaggiavo con mia nonna, ma lei ieri si è sentita male e abbiamo chiesto ospitalità al primo riparo che abbiamo trovato, da questo pastore.
  L’uomo che aveva parlato, il capo, sputò per terra a segnalare cosa pensava sul far entrare in casa dei coyranà.
 – Perquisite il tugurio. – ordinò agli altri.
  Adesso Ven sentiva che gli tremavano le gambe, oltre alle mani.
  Due degli uomini scesero di sella e aprirono la porta della casa con un calcio sufficiente a scardinarla.
  Un’abitazione con un ambiente solo non offriva molti nascondigli.
  Uno dei mastini entrò nella casa insieme agli uomini e un istante dopo si sentì la vecchia gridare.
  Ven e la ragazza, Vilaya, si precipitarono dentro a loro volta.
  Il mastino stava ringhiando alla vecchia, che tremava sdraiata sul giaciglio. Uno degli uomini le aveva strappato la coperta e stava infilando la punta della spada nel materasso di fieno. L’altro aveva aperto l’unica cassapanca e, senza un motivo apparente, stava prendendo a calci la torba accatastata per essere bruciata. 
  Ven sbatté gli occhi più volte, ma del principe non c’era traccia.
 – Volevo solo passare una notte al riparo! – stava piagnucolando la vecchia. – È un delitto anche questo, adesso?
 – Alzati, megera, se non vuoi che ti punzecchi con questa! – disse l’uomo con la spada sguainata.
  La vecchia prese a tossire, si passò una mano davanti alla bocca e la mostrò all’uomo sporca di sangue.
 – Sarai anche tu vecchio un giorno, ragazzo. – mugolò – Non posso alzarmi e anche se mi uccidi non cambi di molto il mio destino.
 – Non mi importa chi siete, non osate toccare mia nonna! – si intromise Vilaya.
 – Non c’è nessun altro. – parlò anche Ven. – Solo una vecchia malata. L’ospitalità, qua sulle alture, è una legge sacra. Ma non c’è nessun traditore.
 – Cosa succede? – gridò il capo da fuori.
 – C’è una vecchia coyranà decrepita che tossisce sangue. – rispose uno degli uomini armati.
 – Nessun altro?
 – No.
 – Venite fuori. Non abbiamo tempo di occuparci di tutti i rifiuti della terra. 
  I due uomini che erano nella casa si guardarono un po’ delusi. Uno sputò nel fuoco.
 – Puzzerò di pecora e di torba per tutto il giorno. – grugnì.
 – Non che per te peggiori tanto la situazione. – replicò l’altro, mentre indirizzava il mastino verso l’uscita.
 Ven si lasciò quasi cadere per terra, mentre le due coyranà rimanevano immobili. 
  Dall’interno, seguirono i rumori dei tre uomini che si rimettevano in sella, richiamavano i cani e ripartivano.
 – Troveranno il nonno e Damesh? – chiese Vilaya.
 La vecchia, con un movimento agile, saltò su dal giaciglio. Il corpo del principe era proprio dietro al suo, eppure, finché non si era mossa, era stato del tutto invisibile.
  La donna strizzò l’occhio a Ven e sputò a sua volta nel fuoco.
 – Ho dovuto mordermi la lingua per sanguinare. Nessuno si avvicina volentieri a qualcuno che ha i polmoni marci. – disse. – Il nonno e  tuo fratello sanno badare a loro stessi e hanno il grosso vantaggio di non avere nulla da nascondere.
 Ven guardò con scarsa simpatia il giovane sdraiato sul suo giaciglio, con la fronte imperlata di sudore e le palpebre che tremavano sotto chissà quale incubo.
 – Lo devo tenere qui? – chiese.
  L’anziana coyranà si strinse nelle spalle.
 – Non vedo dove tu possa metterlo. Per un po’, almeno, non torneranno.

  La lunga notte d’autunno era lenta a passare.
  Vilaya e sua nonna erano andate a cercare gli altri del loro gruppo e Ven era rimasto a vegliare il ferito. Secondo la vecchia sarebbe morto nella notte oppure sarebbe vissuto.
  Ven stava seduto per terra, con Puk a fianco, tra il giaciglio e il focolare, infelice e stanco. Doveva far bere il ragazzo a intervalli regolari. Il principe Amrod si agitava nel sonno della febbre, mugolava o emetteva singulti strozzati che sembravano dover essere il suo ultimo respiro. Ven pensava che sia che vivesse, sia che morisse, qualcuno gliene avrebbe fatto una colpa.
 – E tu dovresti essere il leylord? La guida e il padre di tutti noi delle Ley? – mormorò, per far passare il tempo. Almeno avrebbe potuto dire di aver parlato a un principe. – Non sai neppure badare a te stesso. Sono convinto che, se fossi in te, avresti orrore di essere qui, sdraiato sulla paglia, in mezzo alle pulci, a bere la stessa acqua che bevono i tuoi sudditi e le loro pecore. Non si può dire che non te lo sia meritato. Scommetto che potevi avere qualsiasi cosa tu volessi. Avresti potuto avere tutte le donne del mondo, senza neanche doverle pagare. Invece hai preferito fare quelle cose schifose con un altro maschio. E sei finito qua. Scommetto che, se lo avessi saputo, avresti capito che non ne valeva la pena.
 – Ne valeva la pena, invece.
  Ven sobbalzò.
  Gli occhi aperti e lucidi di Amrod brillavano nella semioscurità rossastra. 
  E adesso, pensò Ven, come avrebbe dovuto comportarsi? Doveva inchinarsi? Come doveva parlare?
 – Valeva la pena di tutto, tranne che della sua morte. – disse ancora il principe.
  Aveva una vocetta flebile da malato, ma non priva di ostinazione.
 – Perché mi hai salvato, se la pensi così?
 Ven era ancora del tutto pietrificato. Nel suo mondo i principi, neppure quelli moribondi, non parlavano in quel modo, da pari, ai pastori. Puk, però, si era già avvicinato al giaciglio, incuneando il muso nella paglia, nel caso il ferito volesse coccolarlo.
 – State simpatico al mio cane. – borbottò Ven.
  Amrod fece una smorfia che poteva essere un sorriso.

 Ben presto la febbre tornò a prendersi la coscienza del principe e Ven iniziò ad avere paura sul serio. Fino a quel momento non gli era importato molto del ferito. Si era preoccupato di più per la salute di certe vecchie pecore miti che erano state compagne delle sue interminabili giornate di pastore. Adesso che il principe aveva parlato, però, era diventato vivo ai suoi occhi. Un ragazzetto smunto con gli occhi tristi. In preda alla febbre tremava tale e quale a suo fratello, che era morto a cinque anni squassato dai brividi e dalla tosse.
Continua il prossimo fine settimana

Vi segnalo inoltre che su Kultural è on-line in mio post Breve apologia del racconto

6 commenti:

  1. Amrod è già il mio personaggio preferito! :-)
    Uffa... devo aspettare fino a sabato per la prossima puntata?
    Puoi darmi un'anticipazione?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Amord vince "personaggio con la testa più dura" tra tutti quelli di cui ho scritto. È difficile che non ottenga quello che ha in mente, compresa l'attenzione del lettore (e dell'autrice)

      Elimina
  2. Molto interessante, ben scritto e giusto l'articolo su Kultural. L'ho letto con piacere.
    Sandra

    RispondiElimina
  3. Bella lettura, ci torno con piacere. Ho scorso il tuo articolo su Kultural, e mi sono sentita un po' in colpa perché non apprezzo i racconti, nonostante ne abbia scritti e mi abbiano dato molte soddisfazioni. Non è perché li consideri di serie B, affatto. Solo mi piace la lettura lunga o mooolto lunga. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Preferire i romanzi è diverso dal dire che i racconti non sono letteratura! Non sentirti in colpa!

      Elimina