giovedì 24 settembre 2015

Ritorno a Baker Street


Come potete intuire dall'immagine, un altro mio racconto è giunto a pubblicazione.
Si tratta de Il caso dell'assassino smemorato, vincitore dell'ultimo Sherlock Magazine Award e farà compagnia al bel racconto di Patrizia Trinchero Fantasmi asfagani sul numero 35 della Sherlock Magazine.
Alla rivista di Delos ci si può abbonare, oppure si può acquistare il singolo numero, cartaceo o digitale.

Ho tantissima voglia di avere io per prima in mano la rivista, per leggere gli altri racconti e gli articoli e per tornare a Baker Street. Un ritorno di cui sento di aver bisogno. Appena terminerò (la terminerò mai?) la revisione del romanzo, inizierò a scrivere un apocrifo sherlockiano e già ne pregusto il piacere.
Piacere, del resto, è la prima parola che associo alla lettura e alla scrittura di apocrifi. 
Per quanto riguarda la scrittura non si tratta MAI di narrazioni facili. Ci sono vincoli tecnici linguistici e stilistici non indifferenti. Bisogna cesellare il proprio racconto affinché possa essere inserito negli interstizi della narrazione "ufficiale" e con la storia non si scherza mai. Ho imparato più cose sulla fine dell'800 documentandomi per degli apocrifi che in tutti i miei anni di studi.
Eppure per me è un piacere, così intenso che lo centellino, "tenendo in caldo" i racconti da scrivere per i momenti di bisogno.
Ho l'impressione di entrare fisicamente nel salotto di Baker Street, sentire il calore del fuoco, bere un buon the servitomi dalla signora Hudson, pronta a una chiacchierata stimolante. Mi sento tra amici. Sarà che nella vita vera ho il privilegio di conoscere un paio di persone che non sfigurerebbero nella famiglia Holmes (messaggio in codice per loro: Lele, ripensandoci, qualcuno poteva fare ben di peggio, non ha neanche finto ti essere finito in fondo a una cascata...). Sarà che discorrere di delitti mi mette di buon umore, sarà... Ma io a Baker Street sto proprio bene.
Proprio come Watson, sono contenta che Holmes mi trascini sempre in avventure insolite. Non mi intimoriscono i suoi modi eccentrici e spesso bruschi. Curiosamente, una volta che si entra in confidenza e si impara a rispettare i suoi spazi, Holmes si rivela un personaggio tutt'altro che intrattabile. Quasi fosse orgoglioso di fare vedere a quest'autrice di un altro tempo tutto quello che sa fare.
Watson poi è, per certi versi, un personaggio tutto da scoprire.
Holmes fa tanto il misterioso, ma il suo è più che altro un atteggiamento. Se gli si dà corda, finisce che raccontare anche della nonna, parente di un pittore paesaggista. Watson, invece, è chiuso come un'ostrica. Nel tempo, quella sua scarsa propensione a parlar di sé gli è valsa una fama non troppo lusinghiera, ma del tutto immeritata. Nei racconti originali, ascoltando i suoi silenzi e tracciando i contorni della figura che appare dietro i suoi mezzi accenni, esce il ritratto di un uomo tutt'altro che banale, con tanto dolore sulle spalle e una gran voglia di riscatto.

È curioso che sia il mio racconto, che quello di Patrizia Trinchero, partano dallo stesso presupposto. Watson ha servito come ufficiale medico nell'esercito, in Afganistan e lì è accaduto qualcosa che può causargli guai seri anche ad anni di distanza...

Presentazione racconto
Il caso dell'assassino smemorato
Il Watson ritornato dall'Afganistan, quello che conosciamo nelle prime pagine de Uno studio in rosso, è un uomo distrutto. Gravemente ferito in guerra, è considerato invalido e pertanto congedato. Zoppica, ha i nervi a pezzi, la salute malferma e non può pertanto lavorare regolarmente. È per questi motivi che divide un appartamento con un giovane consulente detective.
A un anno dal ritorno, Watson sta visibilmente meglio e affianca il coinquilino, ormai un amico, in alcune indagini, ma non si può dire che l'esperienza afgana sia stata dimenticata.
Da una serata passata in compagnia di altri reduci, il dottore rincasa tardi, ubriaco al punto da avere i ricordi confusi. Non è questo, però, ciò che preoccupa il suo coinquilino. Quando il detective Lestrade suona alla loro porta, Holmes è convinto che sia lì per arrestare Watson. Quello che neppure Sherlock Holmes può immaginare è che il dottore venga accusato di omicidio e che Watson, pur non ricordando gli avvenimenti della notte precedente, dichiari di aver effettivamente voluto uccidere la vittima.
Mentre Watson è costretto, in carcere, a ricordare alcuni degli episodi peggiori della sua vita, Holmes si lancia sulle tracce della verità, convinto che non tutto sia come sembri...

Vi invito a leggere il mio racconto e quello di Patrizia e anche a raccontarmi quali sono per voi i luoghi della narrazione in cui più vi sentite a casa.

21 commenti:

  1. ... poteva andare peggio... poteva piovere... :-D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ;)!
      Però, davvero, mi riesce facile immaginarlo come Holmes, con noi che lo cerchiamo per tutta la Svizzera...

      Elimina
  2. ...
    qualcuno sta cominciando a sudare freddo...

    (P.S: ti ricordo che in realtà qualcuno - un altro qualcuno - è già "disperso" in giro per il mondo, e in posti meno "rassicuranti" della Svizzera...)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io mi riferivo a lui, e apprezzavo il suo buon gusto nel non averci fatto credere di poter essere responsabili di una sua (presunta) dipartita... Rispetto a Holmes, una soluzione molto più fine.

      Elimina
    2. Mi scuso con gli altri lettori per le divagazioni personali. Abbiamo più candidati al ruolo di "Holmes onorario" e, in quanto tali, ci danno da pensare...

      Elimina
  3. Ti senti proprio a casa con Baker Street ed è bellissimo che tu possa tornarci ogni volta che vuoi, sono certa che le idee di apocrifi non ti mancheranno mai e la stesura delle prime pagine possa essere sempre la valvola di sfogo da revisioni rognose e altri guai. I miei posti-casa nella narrazione forse è proprio la casa, le pareti domestiche dei miei personaggi, quando li faccio muovere in cucina, mentre parlano tra loro, nel quotidiano più normale che ci sia, che diventa straordinario magari con i dialoghi o la situazione contingente. Attendo news sulla cattedra. Baci Sandra

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io invece, ogni volta che ho dovuto ambientare delle scene in cucina o in salotto mi sono sentita un po' stretta, vagamente claustrofobica... Il salotto di Beker Street fa eccezione, lì mi sento proprio a mio agio.
      PS: ho iniziato a lavorare, finalmente! Pensa che torno adesso da una riunione con i genitori. Appena possibile racconterò...

      Elimina
  4. Complimenti :)

    Io sto finendo di rileggere le opere di Holmes, ora sono all'ultimo dei 4 volumi che ho sono alle prese con le avventure de L'ultimo saluto di Sherlock Holmes.
    Man mano che leggo prendo appunti perché vorrei partecipare al concorso della Delos.

    Nonostante non ami le città, a me la Londra di Holmes affascina e so che un giorno rileggerò per la terza volta quelle storie, ma in lingua originale.
    Sono d'accordo sui vincoli linguistici e anche storici. L'unica mia "paura" sugli apocrifi è che si rischi di scrivere storie che Conan Doyle non avrebbe mai scritto, cioè storie che allontanino troppo il personaggio da ciò che è veramente. Non so se mi sono spiegato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, ti sei spiegato benissimo, è la paura di tutti!
      Per come la vedo io ci sono essenzialmente due scuole di pensiero. C'è chi cerca di scrivere esattamente come Doyle e solo racconti che Doyle stesso avrebbe scritto.
      C'è poi chi ritiene che si debba rispettare lo spirito dei racconti di Doyle e i suoi personaggi, ma che ci si possa avventurare anche il luoghi o tematiche non toccate da Doyle stesso. Io personalmente sono di questo avviso.
      Ho una mia idea del personaggio Holmes e del personaggio Watson che si basa sullo studio minuzioso del Canone, ma che è comunque mia, così come sono mie le riflessioni e gli interrogativi che traspaiono dai miei racconti.
      Vedo che tanti altri autori di Sherlockiana si muovono in questo solco. Se ti interessa inserti in quest'ambito ti consiglio di leggere un bel po' dei racconti editi

      Elimina
    2. Io penso di essere invece della prima scuola di pensiero :)
      Però, a dirla tutta, credo che le due scuole di pensiero vadano fuse.

      A me piacerebbe scrivere una storia con lo stile di Doyle, ma alla fine sarà il mio stile che ricalca quel modo di narrare. Non possiamo inoltre sapere ciò che Doyle avrebbe scritto, ma solo supporre e le supposizioni lasciano il tempo che trovano.

      Infine, le riflessioni e gli interrogativi che traspaiono dai racconti sono sempre dell'autore, non di Doyle.
      Ho preso i tuoi 2 ebook tempo fa, poi ne prenderò altri.

      Elimina
    3. Allora leggi gli apocrifi di Solito, che sono impeccabili e, così d'istinto, credo i più affini a quello che vuoi scrivere tu

      Elimina
  5. Complimenti per la nuova pubblicazione, Antonella :)

    Tra i quattro libri di Doyle che ho in casa, ce ne sono anche due di Sherlock: Lo studio in rosso e L'ultimo saluto. Ma non li ho ancora letti; sono nel sovraffollatissimo scaffale dei libri in attesa. Quindi tutto quello che so del famoso detective mi proviene dal sentito dire e dalla visione, ormai lontana nel tempo, del film "Il mastino dei Baskerville".

    Intrigante la domanda sul luogo letterario. Io credo che sceglierei l'appartamento di via Sadovaja del Maestro e Margherita.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vedrai che l'originale è per certi versi più fresco e interessante delle versioni cinematografiche e del sentito dire. Ad esempio l'aspetto più "giocoso" e più virato alla commedia dei racconti di Holmes è stato riscoperto solo dalle versioni più recenti. Nei vecchi film Holmes è seriosissimo...

      Elimina
  6. Brava Tenar! Sono contentissimo per te. Soprattutto si intuisce benissimo la tua passione per il genere. Ed è esattamente di questo che parlo quando dico che bisogna scrivere quello che ci piacerebbe leggere! :D

    RispondiElimina
  7. Ha ragione Salvatore, anch'io ho notato il tuo entusiasmo e intuito il piacere che provi ogni volta che scrivi questo tipo di storie.
    Fai venire proprio una bella curiosità! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guarda è difficile dire a qualcuno "di me leggi questo", però, se ti ho fatto venire un po' di curiosità, leggi "Avventura a Parigi", lo considero uno dei miei racconti migliori.

      Elimina
  8. Congratulazioni, per l'occasione potrei rispolverare la foto scattata a Londra nell'ufficio di Homes in Baker Street ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Wow! Io non sono mai stata fisicamente a Baker Street :(...

      Elimina
    2. AHI! Rimediare assolutamente nelle prossime vacanze londresiane ;-)

      Elimina