martedì 5 gennaio 2016

Revisionare per il lettore – scrittevolezze


Le parti di On Writing che ho trovato più spendibili sono quelle sulla revisione. Che ci piaccia o no King come scrittore è fuori scala. È uno che ha scritto storie coerenti anche quando completamente fatto. Immagino che chiedere a lui come si scrive un romanzo sia come chiedere a Michelangelo di spiegarti come si fa una statua: "mah, tu guardi il marmo e la statua è già lì. Devi solo tirarla fuori." Il che poi è quasi uguale al kingiano "la storia è come un fossile che già c'è. Devi solo tirarla fuori".
Rassicura, però, che anche King debba revisionare come un qualsiasi uomo mortale.
Lì quello che racconta è molto più accessibile anche per un comune scribacchino. Probabilmente anche Michelangelo sapeva spiegare come levigare il marmo, a statua finita. Con la lima in mano, siamo tutti uguali, suppongo.

Quindi si scrive una prima volta con la porta chiusa per se stessi e si revisiona poi con la porta aperta pensando al lettore.
A meno di non essere impegnati in un soliloquio letterario, se vogliamo essere letti, una storia deve essere scritta o almeno revisionata pensando al lettore. Lo possiamo volere colto, attento. Possiamo decidere di concedere ben poco alla cultura pop. Ma in ogni caso dubbiamo rendere la nostra opera fruibile per il nostro lettore, quale che sia.

A questo punto, si dice, bisogna avere rispetto per il lettore
Tranne alcuni autori che dicono che no, non bisogna avere rispetto per nessuno (ma a me il sadomaso non piace in nessun campo, tanto meno in letteratura), siamo tutti d'accordo.
Bisogna revisionare tenendo presente il rispetto per il lettore.

Cosa vuol dire questo? Probabilmente ci sono mille modi per intendere il "rispetto per il lettore" e infinite sfumature.
Tuttavia per cominciare io seguo alcune regole semplici ma che, almeno per me, hanno un senso.

Il lettore ha un'intelligenza che va rispettata. Le informazioni basta fornirle una volta.
Il lettore ha una soglia di attenzione che va rispettata. Un elemento narrativo deve essere nominato almeno tre volte prima che il lettore creda ad esso.
Mi sono resa conto che queste due regolate da manuale narrativo base funzionano, vanno prese in coppia e risolvono un sacco di problemi.
Mettiamo la frase:
Zio Ernesto era il fratello della madre di Carlo.
"era il fratello della madre di Carlo" è un'informazione. Tu autore l'hai data, sta al lettore ricordarsela oppure no. Se questa frase è presente a pagina 1 e a pagina 510 risulta importante, il lettore può tornare indietro, controllare e pensare "cavolo, avrei dovuto saperlo!"
Zio Ernesto invece è un elemento narrativo. Non può sbucare fuori di colpo a pag. 510 con un ruolo fondamentale. Il lettore considererebbe il suo arrivo un'intrusione nel proprio mondo mentale. Perché il lettore creda a zio Ernesto come parte della storia deve quanto meno averlo già sentito nominare, possibilmente almeno tre volte. Più o meno di sfuggita a seconda di quanto zio Ernesto sia in effetti importante. Possono anche bastare tre frammette così:
– Aveva un solo parente vivente, zio Ernesto, fratello della madre.
– Anche quell'anno zio Ernesto aveva mandato un biglietto d'auguri.
– Ne aveva mangiato uno così buono solo una volta, a casa di zio Ernesto.
A questo punto zio Ernesto si è solidamente radicato nel mondo mentale di Carlo e quindi anche in quello del lettore. A pagina 510 possiamo andarlo a trovare senza che ci sembri piovuto dal cielo. E se poi sarà importante il fatto che sia fratello della madre di Carlo e quindi l'unico a sapere un segreto di lei va bene. Il lettore era stato avvisato.
Sta a noi costruire con calma il mondo mentale il cui la storia si svolge, al lettore ricordarsi le informazioni date.

Sembra una sciocchezza, ma ho scoperto che mi facilita parecchio la vita, sopratutto nei gialli. Perché mi capita di ripetere informazioni, quando scrivo la prima stesura. Poi però, seguendo questa regola è molto più facile tagliare. Aiuta anche contare quante volte si è nominato, anche di sfuggita, l'elemento di svolta. L'assassino, tanto per dire una cosa banale, non lo si può esporre subito, niente riflettori puntati, ma deve apparire nella storia almeno tre volte, prima che sia incriminato.
(Ok, poi da lettori bisogna cercare di dimenticarsela, questa regola, perché se no l'assassino lo si individua subito e a colpo sicuro, togliendosi un bel po' di piacere).

C'è poi anche la cara vecchia regola:
Se appare una pistola in scena prima o poi deve sparare
Ok, è vecchia, è superata, ma è meglio tenerla a mente.
Magari non tutte le pistole devono sparare, ma se abbiamo obbligato un lettore a prestare attenzione a un elemento narrativo (magari nominandolo tre volte) allora questa attenzione va ripagata. L'elemento va utilizzato.
Questo non vuol dire che tutto ciò che descriviamo deve avere uno scopo funzionale nella trama, ma se poniamo attenzione su un elemento sì. Se descriviamo un vaso in un salotto a pag. 1, poi a pag 50 la protagonista entra in salotto e spolvera il vaso e a pag 120 bagna i fiori al suo interno, poi a pag 250, quando l'assassino entra il salotto lei deve salvarsi spaccandogli il vaso in testa o almeno provarci. O essere messa in pericolo dall'assassino con il vaso. 
Se così non accade abbiamo chiesto al lettore un'attenzione immotivata, uno sforzo di memoria (ricordati che c'è un vaso!) che poi non è stato ripagato.

Va da sè, che io ho fatto esempi con il giallo perché con il giallo lavoro, ma un elemento potrebbe avere un significato simbolico/emotivo e non funzionale, ma in ogni caso dobbiamo nominarlo tre volte per far sì che il lettore creda alla sua esistenza e poi dobbiamo usarlo.
E, altrettanto ovviamente, queste regolette banali non bastano per rispettare il lettore. Però aiutano, anche solo a cambiare prospettiva, perché mettono il lettore e non più la storia al centro.
In fase di revisione la storia c'è già, adesso bisogna renderla fruibile al lettore, tener conto anche delle sue esigenza, far in modo che si trovi a suo agio. Il che non vuol dire semplificare i contenuti o la prosa, ma solo dargli la possibilità di orientarcisi dentro.
Insomma, per dirla come una vecchia pubblicità, queste regole non bastano, ma aiutano.
Se non altro, aiutano me.
Voi cosa ne pensate?

21 commenti:

  1. Pensa che coincidenza: ho finito di leggere la parte della revisione di "On Writing" giusto oggi pomeriggio :D ! In ogni caso sono d'accordo sull'intero post: ogni storia va adattata ai lettori, e il rispetto per il lettore è fondamentale. Lo è nel senso che descrivi tu, ma anche in quello contrario: è vero che ogni tanto i concetti vanno ripetuti, ma non troppo spesso. Io credo che riproporre di continuo la stessa informazione, anche la più banale (ad esempio, un personaggio che ha i capelli rossi) sia altrettanto irrispettoso: un lettore si potrebbe sentire trattato da stupido, o annoiarsi. Come dice sempre King, ci vuole equilibrio, un po' in ogni comparto della scrittura :) .

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    1. Le informazioni una volta sola, gli elementi narrativi tre. Poi come tutte le regole, un po' di elasticità, dipende dal romanzo, banalmente anche da quanto è lungo. Ma se un tizio ha i capelli rossi di base lo dire una sola volta, poi si può dire che il maglione stona o no con i suoi capelli e cose simili. Il tizio, invece, in scena almeno tre volte, se è importante.
      Ovvio, il tutto dosato con buon senso.

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  2. Se non sbaglio la "regola" della pistola è di Cechov, giusto?

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    1. È passata alla storia come sua, ma anche il teorema di Pitagora si dubita sia di Pitagora...

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    2. Il fatto che si chiami "teorema DI PITAGORA" per me è più che sufficiente :-P

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  3. Credo nella bassa attenzione del lettore. Si ricorda solo ciò che lo emoziona. Le frasi su zio Ernesto a pagina 510 sono state cancellate dalla mente perché sono solo parole. Se il ritratto di zio Ernesto ci guarda severamente dalla parete della sala da pranzo, ma devo inserirlo in una scena, forse me ne ricorderò quando apparirà di persona. Il vaso dev'essere prezioso per il protagonista, legato a un sentimento, per poterlo utilizzare. O è solo un escamotage per risolvere una scena. Anche la pistola deve avere personalità, una sua storia. Altrimenti è solo una parola confusa in mezzo alle altre.

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    1. Dipende dall'importanza di zio Ernesto, suppongo. Se a pag. 510 passiamo da zio Ernesto giusto per un saluto e lui dà a Carlo il vecchio diario di sua madre per poi sparire definitivamente dalla storia, l'importante è che si sapesse della sua esistenza.
      Dare personalità, poi è il compito specifico dell'autore, quella cosa che nessuna regola può insegnare.
      Secondo me a volte conoscere l'escamotage per risolvere la scena è già un buon punto di partenza, poi sta all'autore renderlo memorabile.

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  4. La coerenza interna è il dono più grande di un vero narratore.
    Penso, per dire, a due opere opposte come contenuti: "Il Signore degli Anelli" e "Il fu Mattia Pascal". Nel primo caso Tolkien trasporta il lettore in un mondo di totale fantasia dove tutto, persino i dettagli più minuti, appartengono a una dimensione aliena alla mostra. Eppure già dopo poche pagine il lettore si sente perfettamente a sua agio in quel mondo e non vi trova nulla di strano o assurdo: ha una sua logica interna.
    Pirandello invece narra una storia ambientata nella realtà che conosciamo, però così improponibile! Il tipo di storia che, se ce la riferisse un amico come pettegolezzo gli risponderemmo: ma davvero pretendi che io creda che si sia verificata tutta questa serie di coincidenze impossibili tutte assieme?
    ... Però a Pirandello non riesco a rispondere così. Mi illude che sì, insomma, non è poi così assurdo credere che sia avvenuto davvero tutto quel che racconta il signor Pascal.
    Tutto ciò grazie alla perizia con la quale sanno inserire ogni minima informazione all'interno del testo. E tanto più esagerano, tsnto più io, lettore, non mi sento affatto preso in giro.

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    1. Sì, se si inseriscono i particolari nel modo giusto si può introdurre il lettore in qualsiasi mondo mentale. È questa la magia, suppongo.

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  5. Saranno banali, ma sono anche fondamentali, e non sono così ovvie come sembra (tant'è che la maggior parte dei manoscritti che mi capitano sotto mano le ignorano)

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  6. Buon senso, certo. Come il colore dei capelli che citi, se il protagonista o un altro personaggio ha i capelli rossi può essere rilevante per esempio al sole, si scotterà più facilmente, e da lì si possono aprire scenari es. il rosso di capelli andrà più volte al presidio medico locale per ustioni da sole e lì incontrerà una simpatica infermiera e se ne innamorerà. Qui l'elemento capelli rossi è fondamentale. Insomma, evitare informazioni poco funzionali, se non quel poco che serve da contorno alla trama. Post, come sempre ricco di interessanti spunti e analisi condivisibili. Grazie. Sandra

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    1. Certo, se invece il personaggio ha i capelli rossi perché non è calvo e di un qualche colore dovrà pur averli dirlo una volta basta e avanza. Se invece è un personaggio importante tutto può partire anche dal suo avere i capelli rossi!

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  7. Io sono un caso a parte: la mia soglia di attenzione è vicina allo 0,1, ciò significa che spesso le informazioni non mi restano in mente e dunque corro sempre avanti e indietro nella narrazione alla ricerca di quei nomi o quelle situazioni che non ricordo (in questo l'ebook mi è utilissimo grazie al suo strumento di ricerca); l'elemento narrativo ha più chance se è ripetuto tre volte! Se mi comporto da lettrice anomala (quando ciò che leggo mi piace non mi soffermo su dimenticanze e passaggi, mi lascio trasportare dalla sensazione generale che la lettura mi lascia dentro), terrò invece conto di questi suggerimenti quando scrivo, nel rispetto dell'attenzione dei lettori che spero non siano come me!

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    1. Ogni lettore, ovviamente, è diverso. Noi però cerchiamo di fare del nostro meglio per tutti!

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  8. Sono regole che applico anch'io, o almeno ci provo. E' importante che la lettura risulti fluida e non inceppata da "e questo, cos'è, chi è?" e "perché?". Ogni volta che il lettore si sofferma a porsi domande, sbuffa; spesso lo faccio anch'io. Poi ci sono alcuni gialli intricati o storie di spionaggio che non riesco a seguire, ma in quei casi l'autore è innocente. Il mio tipo di attenzione, che si focalizza sulle emozioni e sui personaggi e scivola sui dettagli, non è proprio adatta per quei generi. Il tuo "La roccia nel cuore", invece, faceva per me.

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  9. Penso che ciò che hai scritto sia molto utile, perché anche io tendo a ripetere informazioni, un po' per insicurezza e un po' perché non mi ricordo di averle già date (succede anche il contrario, però: credo di aver scritto una cosa, che poi era in un brano tagliato). Il detto della pistola lo conosco dal 2005, quando in un seminario di sceneggiatura ci avevano mostrato il primo quarto d'ora di "Thelma e Louise" per individuare gli elementi utili a definire la storia. L'esempio di Zio Ernesto mi scioglie un bel dubbio relativo a un personaggio minore ma che sarà importante (guarda caso) proprio alla fine della storia. Considerando la mole, spero che nominarlo solo tre volte mi basti...

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    1. Come suggerisce Hel, meglio nominarlo in in un contesto particolare, con delle frasi fatte bene, in modo che rimanga più impressa.
      PS: sì, il tutto funziona anche in sceneggiatura, anzi, gli sceneggiatori tendono a essere " più scientifici" degli scrittori, quindi è sempre utile fare un corso di sceneggiatura o leggersi un manuale.

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  10. Condivido molto quello che scrivi in questo post, in effetti ci sono delle regole da osservare nel rispetto del lettore e con il giusto equilibrio. Possiamo dimenticarcene presi dalla foga della prima stesura, ma in fase di revisione occorre correggere il tiro.

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    1. Del resto è proprio per questo che serve la revisione.

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