mercoledì 27 aprile 2016

Prospettive rinascimentali – impressioni dai Saggi di Montaigne


Sono un po' sotto stress, di questi tempi.
Col concorso che incombe alle porte e altre faccende a cui stare dietro ho l'impressione di tralasciare tutta una serie di cose che prima o poi verranno a bussare alla mia porta con il manganello in mano. Amici che non sento da mesi, incombenze burocratiche un po' meno impellenti accantonate, documenti scolastici che qualcuno si è dimenticato di sollecitarmi e tutto il mondo che riguarda la scrittura. Il blog stesso è un bel po' trascurato e si vede.
Alla sera sono troppo stanca per leggere romanzi. Come intuibile dalle mie ultime recensioni, mi butto sui fumetti, che sono "scritti grandi" (ma non per questo non intellettualmente stimolanti, vedasi Kobane Calling). Quindi non sto leggendo, né il romanzo del caro amico, che pure promette tanto bene, né quello dell'amica blogger che promette altrettanto bene e neppure i due della mia autrice preferita trovati nell'angolo occasioni di una libreria qualche tempo fa. Non vogliatemene, sono tutti lì che aspettano.
Curiosamente, in questo panorama di deprivazione narrativa, mi è venuta voglia di rinascimento. 
Da tempo provavo simpatia per Michel de Montaigne (per altro molto citato anche dai teorici dell'istruzione che sto studiando di questi tempi) e complice un'offerta di amazon ho preso una selezione dei suoi Saggi (era gratuita, mentre quella integrale, 1200 pagine e fischia costava un botto, ma penso che rimedierò).
Non pensavo di mettermi davvero a leggere Montaigne adesso. Insomma, una persona sana di mente, stressata e sotto esami non si mette a leggere per diletto filosofia di fine cinquecento. Pensavo che era semplicemente qualcosa da avere sotto mano. Invece Montaigne va giù che è un piacere.
Considerando il mio stato psicofisico è inutile che mi metta a dissertare su chissà quali grandi verità filosofiche e vi lascio a qualche considerazione sparsa che vale quel che vale.

A – Il classico spaventa più del necessario. Magari si scopre una lettura piacevole e leggera. Nel caso specifico io me ne sto fregando del tutto dell'aspetto filosofico di ciò che sto leggendo (per altro le note potrei averle scritte io, per quel che mi aiutano su questo punto). Quello che mi piace di Montaigne è il gusto per l'aneddoto curioso, il pacato ragionare sul mondo, il tono da chiacchierata. Non c'è neppure la fatica di dover seguire una trama. È una delle letture più rilassanti che mi siano capitate in mano.

B – Il latino insegna a scrivere.
Sicuramente avere una buona traduzione in italiano moderno aiuta, ma la prosa è di rara scorrevolezza. Ha una precisione sintattica e un equilibrio nella costruzione della frase che fanno sì che si legga che è un piacere. È infinitamente più facile da seguire di un medio articolo di giornale. Ho il forte sospetto che questo sia dovuto al fatto che il buon Michel pensasse in latino e scrivesse in francese. Pare infatti che i genitori gli abbiano affibbiato un tutore, quand'era bambino, che lo obbligava a usare solo il latino che è pertanto la sua lingua madre. Si può dire quel che si vuole sull'utilità del latino, ma è indubbio che insegni a organizzare una frase più di altre lingue. 
In ogni caso è evidente anche a una classicista in disarmo come me che quest'opera è stata pensata in latino e che è più chiara di molta prosa contemporanea.
Magari sarebbe il caso di ricordarsene, la prossima volta che viene proposto di abolire il liceo classico.

B.2 – La cultura classica insegna a pensare.
Le inutili note non fanno che evidenziare come questo o quel pensiero siano stati espressi da Montagne per la prima volta in epoca moderna e poi ripresi da Tizio o da Caio. Per quanto io abbia il massimo rispetto per il buon Michel, il 99% di tali pensieri sono applicazioni alla sua vita e al suo tempo di pensieri dell'età classica. Mica lo nasconde, spesso cita un brano antico, lo commenta e ci ragiona da uomo del suo tempo. L'importanza di indagare il proprio animo, lo sguardo sul mondo laico e privo di pregiudizi, il mettere il relazione un comportamento con la cultura e il grado di istruzione di chi l'ha compiuto sono tutte idee che il buon Michel trova in ciò che legge. Ci ragiona, contestualizza l'opera nel momento in cui è stata scritta e poi ci ragione alla luce della propria esperienza. A volte, in effetti, se ne esce con considerazioni di rara acutezza.
Anche di questo mi ricorderei la prossima volta che viene proposto di abolire il liceo classico.

C – Se fossi un'adolescente che riempie la Smemoranda di frasi a effetto avrei fatto caccia grossa. Oggi cercherebbero di arruolarlo in pubblicità. Mi piace pensare che lo farebbero invano.

D – Comunque sia per ragionare bene bisogna avere la pancia piena, una discreta salute e una buona cultura. Forse dell'ultimo aspetto si può fare a meno, ma i primi due sono indispensabili.

E – Ogni tanto fa bene guardare indietro.
Il buon Michel inizia a scrivere dicendo che ormai ha 38 anni, si è ritirato dalla vita pubblica e non gli resta che prepararsi a morire. Dopo tutto, aggiunge più avanti, la maggior parte delle persone che ha conosciuto è morta prima dei 35 anni, riuscendo anche a combinare qualcosa nella vita.
Ora, forse c'è un po' di maniera in queste frasi, ma non dubito che Montaigne dicesse l'esatta verità. Nella seconda metà del '500 la vita media era poco sopra i trent'anni e, superati i 35, ogni raffreddore e ogni taglietto poteva essere l'ultimo.
Proprio ieri via fb qualcuno ha cercato di convincermi che la chemioterapia sia inutile e un giorno sì e uno no si sente dire che i vaccini sono inutili. Ecco, magari sarebbe utile, ogni tanto, andare a vedere come si viveva senza tutte queste cose, scegliendo magari una fonte non di parte. E ricordarci così che chi arrivava a 38 anni era un miracolato.

F – Per essere un tizio del '500 che, sì, ogni tanto viaggiava, ma per lo più stava o nel suo castello o a Bordeaux è straordinariamente consapevole di che sta accadendo nel suo mondo (per altro attraversato da ogni sorta di novità, dato che siamo in anni di scoperte geografiche e guerre di religione). Questo mi dà da pensare sull'importanza dei moderni mezzi di comunicazione.

Confido che queste osservazioni saranno di più e meglio organizzate a fine lettura, per intanto mi sembrava interessante condividerle.
C'è anche nella vostra esperienza qualche opera che si è rivelata molto più piacevole e scorrevole del previsto?

6 commenti:

  1. Proprio questa. Li ho dovuti studiare ai tempi dell'università gli "essays" di Montaigne, e quando ho visto i due volumi dell'edizione Mondadori ho pensato a un mattone di proporzioni colossali.
    Invece lo stile è talmente discorsivo, aneddotico, che quasi mi ha fatto venire in mente (sacrilegio forse) il "nostro" Luciano De Crescenzo quando spiega la filosofia... Decisamente una lettura piacevole, altro che "mattone".

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  2. Tra l'altro è stato un precursore dei graffitari. Aveva riempito le pareti del suo studio di citazioni greche e latine.
    Comunque posso dire che anche i miei ex amici, ora che hanno superato la cinquantina, stanno morendo che neanche li pagassero, la maggior parte di cancro.

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    1. Sì, è vero, un graffitaro. Tra l'altro non è l'unico lato della sua personalità un po' inquietante.
      PS: mi spiace per la seconda parte del tuo commento.

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  3. Ho letto una recente biografia di Robespierre di Peter McPhee che mi serviva per rinfrescare un po' le idee. Pensavo che fosse un mattonazzo sulla politica del famoso rivoluzionario, invece è stato molto piacevole. Per quasi la metà del volume narra, fonti alla mano, di come si viveva in una placida, cattolica cittadina di provincia nella Francia di fine 1700. Di conseguenza la biografia parla molto della sua infanzia con i nonni e le zie (era orfano), dei suoi studi a Parigi nel collegio e della sua prima giovinezza, come avvocato di Arras. Di solito le biografie parlano maggiormente dei quattro anni rivoluzionari, quelli più convulsi ma di cui si possiedono più informazioni. (Per la cronaca, era morto a trentasei anni...)

    Sì, la vita media era molto breve anche se riuscivi a superare la prima infanzia. Il vaiolo nel 1700, ad esempio, era devastante.

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    1. Sembra interessante questa biografia dei Robespierre.
      E, sì, finiamo sempre per dare per scontate certe conquiste della medicina che scontate non erano per niente.

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