lunedì 7 novembre 2016

A tu per tu con Brandon Sanderson

Da dove cominciare?
Chi segue il blog sa che Brandon Sanderson è un autore che mi piace. È giovane, ma scrive un fantasy maturo. Da che ho iniziato a lavorare con le parole e le trame ho un problema: fiuto i colpi di scena con troppa disinvoltura. Tutti a dirsi sconvolti dalle morti della saga de Il trono di spade, ci fosse stato un colpo di scena uno che mi avesse davvero sorpreso. Certo, magari qualche personaggio minore è sfuggito alle mie previsioni, ma ho un'idea piuttosto precisa di come evolverà la vicenda, ce l'ho dal primo libro e finora nulla mi ha smentito.
Di Sanderson ho letto per prima la saga dei Mistborn e a fine libro primo ho capito che no, non avevo la più pallida idea di quello che sarebbe potuto succedere. L'ho divorato, apprezzando sia il "come andrà a finire?" che la tutt'altro che banale meditazione sulla religione che stava alla base della vicenda.
Ho letto poi praticamente tutto ciò che di suo è stato tradotto e nulla mi ha mai deluso, ma molto mi ha stupito. Quando prendo in mano un suo libro non so mai cosa aspettarmi, cambiano le atmosfere, le tematiche, le ambientazioni, ma non cambia mai l'accuratezza con cui sono descritti mondi e vicende. Lui, più di tutti, negli ultimi anni, ha tenuto desto il mio senso del meraviglioso.
Ormai non è più un autore di nicchia o una giovane promessa. Si parla da tempo di trasposizioni cinematografiche o televisive delle sue opere. Tra gli autori sotto i 60 lui e Neil Gaiman sono per me il top della narrativa fantastica.
Quindi capite che l'idea di andarlo a intervistare per me era un sogno non da poco. Fino all'ultimo ho pensato che la cosa non sarebbe andata in porto. O che non era come avevo capito. Sarebbe stata una conferenza stampa e forse sarei riuscita ad alzare la mano per fare una singola domanda.
Invece no. Ero io, lui, il fotografo e il traduttore, in una bella villa liberty di Lucca, con la luce che filtrava dalle finestre dai vetri colorati.

L'intervista la sto ancora sbobinando. Il mio mio non inglese è subdolo, perché non l'ho mai studiato, ma ho sempre viaggiato molto. Quindi, spannometricamente capisco e persi nella discussione, non tutto è stato tradotto e ora ho il mio da fare a tradurre quel "spannometricamente" in "quello che esattamente ha detto". Le foto ufficiali ancora non mi sono arrivate. 
Ma le impressioni, quelle ve le posso regalare.

La prima cosa che colpisce in questo ragazzone americano è l'umiltà e la gioia nel fare quello che fa. È un nerd e non se ne vergogna e vuole dare al lettore esattamente quello che lui cerca. Storie, tante storie, che giungano a una conclusione, con una trama non scontata. Che detto così è una sciocchezza. Quale lettore non ama avere tante storie diverse dei suoi autori preferiti, possibilmente che giungano a delle conclusioni? Nella prassi, quanti autori ci offrono davvero questo?
Sanderson è uno scrittore che pensa da lettore e con molta umiltà scrive per i lettori, probabilmente per il lettore che è in lui. Questo non vuol dire svendersi, tutt'altro, vuol dire lavorare sodo, consapevole di avere un pubblico attendo ed esigente che va trattato con rispetto.
Quello che mi ha trasmesso è la consapevolezza di avere il privilegio di fare ciò che ha sempre desiderato fare, unita alla consapevolezza che sono i lettori a permettere tutto questo e che pertanto vanno rispettati. Non assecondati, attenzione, ma rispettati.
Che Sanderson fosse un gran lavoratore lo sapevo già, ma parlando con lui ne ho avuta la conferma. La scrittura è un lavoro certosino. C'è una serie di suoi romanzi che è ambientata in Stati Uniti sconvolti dall'apparire di super eroi folli che hanno modificato completamente l'economia e la geografia stessa delle città. Eppure per costruire quelle città mutate è partito dallo studio delle cartine e dalla storia stessa delle città reali, dando così alla sua New York allagata o alle sua Atlanta fatta di sale un realismo e una consistenza unica. Un'idea può partire da un "e se?", ma un romanzo ha bisogno di lavoro di costruzione e di studio.
Non c'è nulla di improvvisato in quello che fa. Ho visto i disegni del suo universo e il bozzetto di un giornale di uno dei suoi mondi alternativi. Non c'è un particolare fuori posto. 
Sanderson sa esattamente cosa vuole fare. Abbiamo parlato un po' dell'evoluzione della saga dei Mistborn (cose che, forse, in Italia vedremo tradotte tra dieci anni, considerando che siamo indietro di parecchio su ciò che è già edito negli USA e lui si riferiva a cose su cui sta ancora lavorando). Sarebbe stato facile riproporre ai lettori cose note. Gli stessi personaggi, le stesse ambientazioni, le stesse situazioni. Ci sono autori che sono campati una vita (o stanno campando una vita) facendo questo lavoro, per la gioia dei loro editori. Lui vuole mostrare mondi in evoluzione andando a parare in qualcosa (per i particolari dovrete aspettare l'intervista) di inedito nel panorama della letteratura fantastica. Ci vuole una gran determinazione e una gran fiducia nei propri lettori per fare una cosa del genere (io lo immagino il suo editore a chiedergli mille volte se era proprio sicuro, se non era meglio far tornare in campo i personaggi dei primi libri di successo...). Eppure è questa la chiave del suo successo, credo. 
Per quanto il mercato americano dia sicuramente più opportunità del nostro, neppure lì emergere è facile. Lui non ha mai voluto essere emulo di nessuno, anche se i suoi riferimenti li ha ben chiari in testa. È emerso perché ha portato qualcosa di nuovo e vuole continuare a farlo, perché alla fine il pubblico può anche essere rassicurato dalla riproposizione di ciò che ha amato, ma l'innamoramento arriva con le novità. Non credo che Sanderson voglia un pubblico di vecchi ex innamorati fedeli e rassicurati, ma lettori sempre pronti a stupirsi e a innamorarsi di nuovo di nuove storie. C'è una bella dose di rischio in questo. Eppure non è quello che davvero chiediamo un autore?

Infine, Sanderson mi ha trasmesso una cosa del tutto inaspettata. Bontà. Un ragazzo buono, che fa quello che ama, vede il mondo per quello che è, ma ha un'intelligenza non venata da cinismo. Ho pensato che è fatto della pasta dei suoi eroi. Che non si illudono e non sono perfetti. Che spesso e volentieri sbagliano. Ma alla fine sono profondamente buoni, almeno nelle intenzioni. 
Spesso nei suoi romanzi ci sono storie di riscatto, curiosamente, credo che ci sia molto di autobiografico. Immagino Sanderson adolescente, nerd e tutt'altro che sportivo, con genitori assai preoccupati per il suo futuro, ma con una fiducia nelle proprie possibilità che alla fine è stata più che ripagata. È difficile non pensare ai suoi personaggi, che partono sempre dal basso, eppure sono mossi da una fiducia che viene sfidata e messa alla prova, ma il più delle volte alla fine viene ripagata.

Alla fine, ne sono uscita anche con una gran voglia di scrivere e di non darmi mai per vinta. Lui quando ha pubblicato il primo romanzo ne aveva dodici nel cassetto. Non uno, non due, non tre. Dodici. Di questi dodici, parecchi ora hanno visto la luce (il che spiega anche la sua apparente inumana velocità di scrittura: si era portato avanti un sacco col lavoro). Quindi chissenefrega se qualcosa rimane nel cassetto. C'è sempre la speranza che ne esca.
Non ho ancora la testa per riprendere a lavorare su un romanzo, ma un racconto l'ho iniziato. Nei ritagli di tempo, a tarda sera, in modo imperfetto, chissenefrega, ma ho tutta l'intenzione di finirlo. 


15 commenti:

  1. DODICI? Really? Oh. Che belle tutte queste sensazioni che sai trasmettere anche a chi come me legge magari altro. Complimenti ancora, Dio mio.
    Sandra

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    1. Da bravi autori si impara sempre, anche se scrivono cose diametralmente opposte a quelle che frequentiamo noi. E lui è molto bravo.

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  2. Wow. Non vedo l'ora di leggerla. :-)

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    1. Quasi pronta. Devo solo trovare un gentile volontario per la parte non del tutto tradotta.

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  3. Certo dodici romanzi (nemmeno racconti, quelli, forse, sarebbero pochi) nel cassetto fa impressione. Il tuo chissenefrega mi piace molto, perché è lo spirito giusto di chi scrive e poi... chi vivrà vedrà, ma intanto non mi perdo in chiacchiere inutili e faccio quello che mi piace fare. ;)

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    1. Lui l'ha detto con estrema naturalezza, raccontando del fatto che i genitori erano preoccupati per il suo futuro e lui non sapeva dar loro torto, dato che non aveva fatto molto nella vita, a parte scrivere dodici romanzi rimasti inediti... Ecco, credo che questo vada ascritto alla voce "perseverare".

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  4. Non conosco l'autore, ma da come ne parli si capisce che nel suo campo è bravo. Chissà che soddisfazione per te poterci parlare di persona.

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  5. Che sia un gran lavoratore si vede dalla lunghezza dei suoi romanzi :)
    Insomma, mi tocca iniziare a leggere i suoi fantasy, anche se ora sono più orientato su altre letture.

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  6. Sto vedendo alcune sue lezioni su youtube, è un grande! :)

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  7. Mi hai fatta emozionare con il tuo racconto! Ci sono persone che portano con sè una luce e una carica che si trasmettono intorno. Credo che approfondirò la conoscenza di Sanderson, anche tramite Youtube, visto che Flavia lo ha trovato lì. Un "grazie" con un tocco di invidia! ;)

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    1. È uno di quegli autori che ha piacere a condividere i propri trucchi del mestieri. Secondo me è una risorsa meravigliosa per chiunque voglia scrivere, ma ovviamente lo è di più per chi scrive fantastico.

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  8. Deve essere stato veramente bello.
    Vorrei vivere anch'io un'emozione come questa prima o poi.

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    1. Magari un incontro con un attore o un autore teatrale che stimi!

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