In questi giorni, tra caldo, pupattola e scuola, l'unico neurone rimasto addetto al ragionamento si sveglia di rado. In uno di questi sprazzi di coscienza, ho letto questo post di Hel, che è come il solito intelligente e illuminante.
Di fatto, per i pigri, propone una strategia vincente per giungere alla pubblicazione, seguita non solo dall'autrice che lui cita, ma da molti altri con buon successo. Costruire un blog curato su uno specifico argomento che desti l'attenzione del pubblico, trattarlo con ironia e sapienza linguistica. Con l'aumentare dei lettori si ingolosiscono le case editrici e si può arrivare a pubblicare davvero bene, ovviamente un libro che abbia uno stile molto vicino a quello del blog.
Il successo della strategia, se ben eseguita, è comprovato. I primi autori usciti da blog sono arrivati a pubblicazione già nei primi anni 2000 e non si contano mamme blogger, cuoche blogger, esperte di relazioni blogger che poi hanno pubblicato manuali o romanzi, ovviamente ispirati alla loro vita di mamme, cuoche, esperte.
Un caso particolare di questa strategia è rappresentato da Zerocalcare. Come lui stesso racconta in un'intervista, è incappato in un editore particolarmente illuminato che ne ha fiutato le potenzialità e gli ha consigliato di crearsi un seguito via blog.
Da qui sorge spontanea la domanda, che infatti mi ha più o meno fatto anche Hel. Se la strategia funziona e la conoscevo da tempo, perché non l'ho seguita?
Tutti questi esperimenti hanno una parola che li accomuna. Leggerezza. I blog sono piacevoli e ironici e danno vita a pubblicazioni leggere e ironiche, dal peso intellettuale della carta velina. Perché è questo che crea più condivisione e letture nei social.
Persino quando un blog ha una forte caratura intellettuale, come questo, l'aspetto che più facilmente giunge a pubblicazione è quello leggero e ironico. Perché è questo che cercano gli editori.
L'unica eccezione che conosca è proprio quella di Zerocalcare e del suo atipico editore (che, sarà un caso, vende fumetti di qualità come fossero caramelle, perché fa quello che non fa nessun altra casa editrice fa), che però vive uno scollamento sempre maggiore tra i lettori del suo blog e quelli delle sue opere. Mi spiego, nel blog continua a raccontare storielle ironiche e leggere sulla vita dei trentenni di oggi che hanno un sacco di condivisioni e poi nelle pubblicazioni cartacee ti piazza reportage da Kobane che, giustamente, spiazzano non poco alcuni dei suoi lettori abituali. Certo, almeno il 50% dei suoi lettori lo segue comunque e questo basta e renderlo il caso editoriale più interessante degli ultimi anni. Per qualche ragione, però, a meno di non avere alle spalle BAO (e non avere il talento di Zerocalcare, suppongo), se si vuole pubblicare bene a partire da un blog bisogna puntare su ironia e leggerezza.
Ci ho pensato, ci ho pensato seriamente per Seguendo la cometa. Fare un blog tematico e parlare con ironia e leggerezza di adozioni, solo di quello. E puntare alla buona pubblicazione. Ma un po' non avevo tempo e un po' non mi andava di fare strategia editoriale sulla mia storia di adozione.
Il mio problema, un po' in generale sta qui. So quali sono le strategie editoriali che pagano, ma non le applico.
In generale gli editori cercano testi che vadano verso target di lettori molto ben definiti e già individuati e molta disponibilità nel promuoversi. Se proponi qualcosa che viene identificato come letteratura di genere, viene richiesto, spesso, qualcosa di non impegnativo a livello intellettuale.
Posso scrivere questo genere di cose? Penso di sì.
Lo voglio? Non lo so, ma penso di no.
Più la vita prosegue, e più il mio tempo per scrivere diminuisce e più si impone una scelta. Seguire una strategia editoriale precisa e scrivere qualcosa su misura rispetto alle richieste o seguire le miei idee con la consapevolezza e che ogni pubblicazione è una grande scommessa.
Tutto sommato sono propensa alla seconda strada.
So cosa voglio scrivere? Sì, penso di sì.
Letteratura di genere che non rinunci alla riflessione che spesso ha una nota piuttosto forte di malinconia. I miei protagonisti sono antieroi ostinati che vanno avanti consapevoli di essere destinati alla sconfitta.
Molto spesso in fase di valutazione le mie idee non convincono. Non per stile, ideazione, impianto narrativo, ma per target di riferimento. Due personaggi diversi, sottoposto a due pareri diversi, sono stati cassati in quanto "sembrano dei perdenti". L'antieroe, va bene, a quanto pare, se ha tratti quasi da super eroe. Se è uomo deve essere fascinosissimo e far innamorare tutte le le lettrici e avere i tratti "del vero maschio", quali che siano.
Eppure... Eppure... Sono lontana ere geologiche dal grande balzo editoriale e devo mettere in conto che probabilmente non avverrà mai. Eppure... Qualche coraggioso lo trovo per pubblicare qualcosa e, più ciò che scrivo è atipico rispetto al genere di riferimento e più ricevo apprezzamenti. I numeri sono pochi, anche per essere la nicchia della nicchia.
Arrivata a questo punto della mia vita, con un lavoro che basta a nutrirmi e che, pur con tutte le sue grane infinite, mi piace, devo chiedermi voglio scrivere per pubblicare o voglio pubblicare quello che scrivo?
Voglio pubblicare quello che scrivo. Alle migliori condizioni possibili, senza fretta, seguendo la mia strada. Sapendo che non posso essere scelta per la mia strategia editoriale, per il mio target di riferimento (che secondo me c'è, anche ben definito, ma non sempre questa opinione è condivisa). Sapendo che posso perdere la scommessa e trovarmi alla fine del cammino con chili di opere nel cassetto e un numero di pubblicazioni che è, comunque, solo la punta di un iceberg.
Intanto sabato si va a Cattolica, a uno dei concorsi per racconti gialli più prestigiosi con un racconto estremamente atipico. Se avessi partecipato per vincere non avrei inviato quel racconto, il cui a farla da padrona è la malinconia, la protagonista di fatto è morta e il personaggio maschile più importante è piuttosto distante al "vero maschio" (un mite ometto di mezz'età, mite, pingue e senza neppure un acume da Sherlock Holmes). Essere arrivata in finale con questo racconto è già di per sé una vittoria. Chissà, magari a un certo punto mi stancherò e scriverò un giallo ironico con per protagonista una professoressa imbranata che trova il vero amore nel baldo e virile investigatore. Avrò cura di evitare qualsiasi tematica sociale, ma aggiungerò qualche bullo brutto e cattivo senza approfondimento psicologico e un ex violento e cattivo senza approfondimento per stare al passo con i tempi. Nel blog parlerò in modo ironico e leggero di scuola e avrò un sacco di like da altri professori, che saranno il mio target di riferimento. Non escludo di farlo, anzi. Me la gioco come un'ottima possibile idea È solo che al momento continua ad essere attratta da storie e personaggi più oscuri e la mia narrativa cammina in penombra. Il pieno sole ancora non mi interessa.
L'importante, credo, è essere consapevoli del proprio cammino. Nel mio, al momento, ogni pubblicazione a un che di miracoloso e va presa come tale.
Voi quale strada state percorrendo?
PS: PICCOLO GIOCO BOTANICO LETTERARIO. Il fiore che ho fotografato nel mio giardino appartiene a una pianta che ha la sua importanza (indizio, non tutta la pianta ha importanza) in un grande romanzo. Chi indovina di che pianta si tratta? (Manu, tu hai già indovinato!)
Eppure... Eppure... Sono lontana ere geologiche dal grande balzo editoriale e devo mettere in conto che probabilmente non avverrà mai. Eppure... Qualche coraggioso lo trovo per pubblicare qualcosa e, più ciò che scrivo è atipico rispetto al genere di riferimento e più ricevo apprezzamenti. I numeri sono pochi, anche per essere la nicchia della nicchia.
Arrivata a questo punto della mia vita, con un lavoro che basta a nutrirmi e che, pur con tutte le sue grane infinite, mi piace, devo chiedermi voglio scrivere per pubblicare o voglio pubblicare quello che scrivo?
Voglio pubblicare quello che scrivo. Alle migliori condizioni possibili, senza fretta, seguendo la mia strada. Sapendo che non posso essere scelta per la mia strategia editoriale, per il mio target di riferimento (che secondo me c'è, anche ben definito, ma non sempre questa opinione è condivisa). Sapendo che posso perdere la scommessa e trovarmi alla fine del cammino con chili di opere nel cassetto e un numero di pubblicazioni che è, comunque, solo la punta di un iceberg.
Intanto sabato si va a Cattolica, a uno dei concorsi per racconti gialli più prestigiosi con un racconto estremamente atipico. Se avessi partecipato per vincere non avrei inviato quel racconto, il cui a farla da padrona è la malinconia, la protagonista di fatto è morta e il personaggio maschile più importante è piuttosto distante al "vero maschio" (un mite ometto di mezz'età, mite, pingue e senza neppure un acume da Sherlock Holmes). Essere arrivata in finale con questo racconto è già di per sé una vittoria. Chissà, magari a un certo punto mi stancherò e scriverò un giallo ironico con per protagonista una professoressa imbranata che trova il vero amore nel baldo e virile investigatore. Avrò cura di evitare qualsiasi tematica sociale, ma aggiungerò qualche bullo brutto e cattivo senza approfondimento psicologico e un ex violento e cattivo senza approfondimento per stare al passo con i tempi. Nel blog parlerò in modo ironico e leggero di scuola e avrò un sacco di like da altri professori, che saranno il mio target di riferimento. Non escludo di farlo, anzi. Me la gioco come un'ottima possibile idea È solo che al momento continua ad essere attratta da storie e personaggi più oscuri e la mia narrativa cammina in penombra. Il pieno sole ancora non mi interessa.
L'importante, credo, è essere consapevoli del proprio cammino. Nel mio, al momento, ogni pubblicazione a un che di miracoloso e va presa come tale.
Voi quale strada state percorrendo?
PS: PICCOLO GIOCO BOTANICO LETTERARIO. Il fiore che ho fotografato nel mio giardino appartiene a una pianta che ha la sua importanza (indizio, non tutta la pianta ha importanza) in un grande romanzo. Chi indovina di che pianta si tratta? (Manu, tu hai già indovinato!)
Non ho idea per la pianta!
RispondiEliminaQuanto al tuo post, che dire... anche a me è venuto in mente di scrivere qualcosa di legato al mio blog (ho già iniziato, dopo un certo post dei mesi scorsi), vediamo che succede -conscio che non ho chissà quale seguito, ma infatti non è una strategia ma una vera evoluzione di un post-.
Moz-
Secondo me il punto non è quanto seguito si ha, ma quanto si ha cura del seguito che si ha
EliminaSulla pianta figurati, ma mi hai incuriosita attendo qualcuno più bravo di me.
RispondiEliminaSul resto penso che ci scriverò un post, sperando di non tirare fuori sempre le stesse cose tra lagna e soddisfazioni.
Ottimo per Cattolica, anni fa vinse una mia amica.
Sandra
Che bello leggerti, mi era mancato. Mi era mancato perché sono lontana dalla blogosfera. Sono lontana dalla blogosfera perché scrivo cose che trasformo in racconti. Scrivo racconti e mi diverto un sacco. Ma mi manca il blog.
RispondiEliminaDetto questo: non sono una brava blogger, se puntassi tutto su quello mi sarei dovuta dare al giardinaggio già da un po’. E di piante non ne capisco niente. Ecco perché non ho idea di cosa sia quell’oblungo e verdastro vegetale dai toni lilla che campeggia in alto. XD
Io sto facendo un po' fatica a fare tutto in questi giorni, ma il blog mi manca, pubblicherò meno, certamente, ma per il momento non credo di riuscire a disintossicarmi...
EliminaTorno con somma gratitudine per aver linkato il blog di Zerocalcare, ovvio che so chi sia, l'ho pure visto all'opera a Torino, ma il suo blog mai e ci sono queste strisce sul dormire sul divano che sono assolutamente superbe. Grazie. Sandra ps. è chiaro che il suo è un successo stra mega meritato
RispondiEliminaZerocalcare secondo me è un grande, però è anche la prova che c'è una scollatura tra ciò che funziona in rete e ciò che funziona fuori e di questo bisogna anche tener conto.
EliminaIo ormai da tempo seguo la strada del "pubblicare per scrivere". Pubblico (ovviamente in self) ciò che io sento di dover dire, raccontare, esprimere, e lo sottopongo all'esame dei lettori che ovviamente sono pochi, pochissimi. Ma se dovessi scrivere inseguendo un "target" e utilizzando una serie di cliché narrativi perché "piacciono al mercato" sono sicuro che scriverei una schifezza dopo l'altra. Meglio essere un onesto me stesso che la brutta copia di qualcun altro.
RispondiEliminaChe poi, secondo me, nessuno sa cosa piaccia al mercato...
EliminaBeh, certi generi sono "evergreen" (vedi i gialli o i romanzi rosa), per altri generi si segue l'onda (tipo il successo delle famigerate sfumature di grigio e l'improvviso proliferare di romanzetti soft porno...)
EliminaSembrano fiori di lupino, ma non ne sono sicura.
RispondiEliminaMi immedesimo nel tuo dubbio, che è anche il mio, e condivido le tue conclusioni. I compromessi a volte possono anche essere stimolanti, ma in pratica non credo che si possa scrivere al proprio meglio se ci si allontana dagli argomenti e dagli stili che si sentono di più - che possono sempre cambiare nel tempo, naturalmente.
E Grazia vince con il lupino!
EliminaIo non ne avevo idea, prima che la suocera mi illuminasse, per decenni ho confuso i lupini con una varietà di carruba, pensa te...
Potremmo anche citare Daniele Imperi di Pennablù: da esperto di blogging, anche se nel suo blog tratta altri temi legati alla scrittura, è approdato a un libro su questo tema. O Luisa Carrada, che dal blog Il mestiere di scrivere ora pubblica con parecchi editori saggi sulla scrittura professionale.
RispondiEliminaIl discorso prescinde dalla narrativa. Anzi, se pensiamo alla saggistica il passaggio da un blog specifico, magari scritto da una buona penna, con prosa leggera, ha molte più chance di approdare a un editore che potrebbe essere interessato alla pubblicazione.
Alla fine quello che fa la differenza è la consapevolezza della strada che si è presa, come dici bene a conclusione del post. Quello che mi sorprende a volte è che a una chiara strategia di marketing rispetto alla singola pubblicazione, non ci sia da parte di molti autori un legame razionale con gli argomenti del proprio blog, che spesso sono più generali.
Helgaldo
Per la saggistica il discorso fila liscio, anche se, anche in questo caso, ci sono argomenti che in rete tirano più di altri. Ad esempio più si va nel settoriale e più la rete funziona solo in versione assai divulgativa.
EliminaTutto poi è una questione di consapevolezza e prospettiva. A me personalmente sul blog piace chiacchierare per lo più di argomenti libreschi e quindi anche di ciò che scrivo. Non mi piacerebbe vivere il blog solo in funzione di ciò che scrivo. Volendo trasformare la scrittura in professione aprirei piuttosto un blog più specifico con un altro pseudonimo e terrei questo per la chiacchiera libera. Temo di essere affezionata alla vena di anarchia insita nel mio carattere...
Leggerezza. E Calvino, da qualche parte, si fa un bel "facepalm" e pensa: "Lo sapevo che andava a finire così". :P
RispondiEliminaDipende sempre da ciò che scrivi e vuoi pubblicare. Zerocalcare fa fumetti e il mercato editoriale dei fumetti è diverso da quello della narrativa e della saggistica.
RispondiEliminaLe mamme blogger sono decisamente troppe, come le cuoche blogger: nel senso che quelli sono ormai campi abusati e cosa vuoi scrivere di nuovo?
Anche io voglio pubblicare quello che scrivo e non saprei proprio che blog creare per attirare le grazie degli editori.
Il caso Zerocalcare, proprio perché di caso si tratta, non credo dipenda dal fatto che scriva fumetti, ma da un mix di abilità dell'autore e buona gestione dello stesso.
EliminaPer il resto, se non lo sai tu che sei un esperto di blog men che meno lo so io, anche se le esperienze di altri mi dicono: ironia e disimpegno.
Ironia e disimpegno che significano? Non sono argomenti da trattare, ma modi di porsi. Puoi usare ironia e disimpegno scrivendo di bulloni in acciaio e blatte del deserto, ma dubito che attirerai un editore.
EliminaDi blogging so come si deve scrivere in un blog e come gestirlo, ma da qui a sapere cosa potrà attirare gli editori ce ne passa. Nessuno può saperlo, anche perché di quali editori parliamo?
Tutti quei (pochi, una manciata) di blogger che sono passati dal blog al libro hanno attirato alcuni editori perché avevano un nutrito seguito, non certo per cosa scrivevano. L'editore ha visto un guadagno possibile in quei blogger.
Io non faccio quei numeri e nemmeno tu e nemmeno gli altri che ci leggono. Io non scrivo nemmeno di temi che possano portare quei numeri, quindi la futura pubblicazione di racconti e romanzi me la devo giocare in altro modo: alla vecchia maniera, cioè, spedendo manoscritti e sperando.
Ho visto che Grazia ha già individuato il fiore! :)
RispondiEliminaC'è anche il blog di un avvocato di cui non ricordo il nome che mi pare abbia pubblicato un libro a seguito della sua attività tematica di blogging. L'idea è vincente quando sei seguito da un pubblico numeroso ed è probabile che le case editrici, come dice Daniele, ti notino per questo. Non mi stupirei, per esempio, se dopo il caso "Vagina" scrivesse un libro pure La Gazza, non so se la conosci: su Fb spopola con i suoi post molto vicini a quelli della succitata blogger/scrittrice. Potrebbe diventare una moda, che io, tuttavia, non saprei abbracciare: nel mio blog sono me stessa ed "esporto" una certa immagine di me, ma che argomenti tratto, non certo da farci un libro. Una casa editrice cosa potrebbe propormi! Ma a me va bene così: non userei ciò che mi diverte fare come un modo per arrivare alla pubblicazione, perlomeno non terrei il blog con questo scopo.
In più credo che se, alla lunga, un blog a tema possa non stancare, più romanzi tratti da esso possono invece risultare ripetitivi, cioè puoi contare sulla novità del primo libro, ma poi...
Quello è un altro rischio. O si crea una serie, oppure...
EliminaPer quanto riguarda la fotografia della pianta, avevo persino paura a osservarla troppo per paura di vederla appassire... Ho il pollice nero per le piante. :( Ho visto che Grazia ha salvato la pianta, ora.
RispondiEliminaSulle strategie posso dirti che non ne ho nessuna. Vado dove mi porta il vento. Ho concretizzato alcune progetti, ma senza fretta e con i miei tempi lunghi. Ne ho altri in cantiere che intendo portare avanti nello stesso modo. La mia parola d'ordine è: divertirmi!
Vediamo, se qualcuno ti propone un libro sui retroscena della Rivoluzione (che io comprerei immediatamente) sei l'eccezione che conferma la regola, perché tratti l'argomento con competenza senza affidarti alla risata facile. Mi auguro davvero che Laterza o chi per lei ti proponga qualcosa.
EliminaSei davvero molto gentile, Tenar. Massimiliano mi aveva suggerito di fare un libro con gli articoli del Caffè della Rivoluzione. Ci avevo pensato anch'io, a dire il vero. A occhio e croce la stesura del romanzo mi occuperà ancora un anno... dovrei essere circa a metà. Per cui vi opprimerò ancora lungo!
EliminaTi prego, fallo il libro sulla rivoluzione (oltre al romanzo, si intende)!
EliminaIo sono sempre più propensa a credere che esistano diversi tipi di editoria e che il romanzo tendenzialmente debba puntare a un target ampio, di gente da narrativa di consumo. Questo per ciò che riguarda l'editoria più comune. Poi esistono i romanzieri veri, i vari Peter Ackroyd o William Boyd, e lì è tutta un'altra storia.
RispondiEliminaNon saprei. A me piacciono probabilmente le vie di mezzo, romanzi che non si presentano come mattoni ma non per questo debbano rinunciare alla riflessione. Il cinema è maestro in questo, quanti dei film che entrambe amiamo sanno intrattenere e far riflettere insieme?
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